Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12884 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 12884 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2524/2023 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, domiciliata per legge in ROMA alla INDIRIZZO presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione rappresentata e difesa dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE , domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME, domiciliati per legge in ROMA alla INDIRIZZO presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– controricorrenti – avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di GENOVA n. 1162/2022 depositata l’8/11/2022 .
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 10/02/2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME, ossia gli odierni controricorrenti, nell’anno 2016 convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova, con rito sommario di cognizione, la RAGIONE_SOCIALE (allora ma ora RAGIONE_SOCIALE, qui ricorrente) per ottenerne la condanna al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno cagionato per effetto dell’illecito possesso mantenuto da parte convenuta sugli immobili al cui rilascio era stata condannata con sentenza passata in giudicato e per la conseguente indisponibilità degli immobili protrattasi per alcuni anni , ossia dall’anno 2008 all’anno 2016 .
Il Tribunale, disposto il mutamento del rito, istruì la causa con prove testimoniali e consulenza tecnica di ufficio e all’esito rigettò la domanda affermando che la convenuta RAGIONE_SOCIALE aveva invitato i ricorrenti subito dopo la sentenza del 2008 a prendere possesso dei beni e diede rilievo alla condotta tenuta successivamente da parte attrice che, pur portando in esecuzione il capo della sentenza inerente gli obblighi risarcitori, aveva del tutto trascurato il proprio diritto per la parte relativa al rilascio degli immobili, omettendo di portare in esecuzione il titolo per ben otto anni, dimostrando, se pure parte convenuta avesse mantenuto, come sostenuto, la disponibilità di fatto dei beni, in realtà non provata, una tolleranza all’altrui uso del tutto inusuale.
I Marsano-Monteleone proposero appello e la RAGIONE_SOCIALE propose appello incidentale sull’eccezione di prescrizione del diritto.
La Corte d’appello di Genova ha, con la sentenza n. 1162 del 8/11/2022, accolto l’appello principale e parzialmente l’incidentale ed ha condannato la società al risarcimento del danno in favore degli appellanti, per oltre ottantaduemila euro.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che la condanna della società al rilascio dei beni e la sua condanna al risarcimento del danno implichino necessariamente l’accertamento in fatto circa il possesso, o, quantomeno, la disponibilità di fatto degli immobili in capo alla predetta società, costituendo tale accertamento il presupposto necessario e imprescindibile delle due statuizioni di condanna al rilascio e risarcitoria. La Corte d’appello, i nvece, non ha condiviso la decisione del primo giudice di addebitare un’inerzia colposa agli appellanti tenuto conto della pendenza del giudizio di appello e del giudizio di cassazione, solo a seguito del quale gli appellanti hanno intrapreso l’azione esecutiva che ha condotto effettivamente al rilascio del bene.
La Corte territoriale, i nfine, ha accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla società con appello incidentale, che chiedeva fosse riconosciuta la prescrizione di tutte quelle mensilità per le quali, all’avvio della controversia erano decorsi i cinque anni .
Avverso la sentenza n. 1162 del 8/11/2022 propone ricorso per cassazione, con tredici motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Rispondono con controricorso NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il Procuratore generale non ha presentato conclusioni.
Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza camerale del 10/02/2025, alla quale il ricorso è trattenuto in decisione e il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti:
1 Violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata desume, implicitamente e incoerentemente, da un precedente giudicato la prova di fatti successivi allo stesso: si censura la sentenza nella parte in cui desume la prova non solo della
titolarità dei beni ma anche del possesso o, in ogni caso, della disponibilità di fatto in capo alla ricorrente, negli anni oggetto della domanda giudiziale in discussione e quindi dal 2008 al 2016, dal passaggio giudicato della sentenza del Tribunale di Genova dell’anno 2008, che l’avrebbe implicitamente accertato nel periodo ante riore all’anno 2008.
Violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 115 c.p.c., degli artt . 2697 c.c. e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza toglie rilievo a prove decisive, assunte, per fatti successivi in quanto contrastanti con il giudicato su fatti antecedenti.
Violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 345 c. p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.: la ricorrente sostiene che trascinando in avanti il giudicato del 2008, di fatto la sentenza d’appello ha applicato l’art. 345 c.p.c., violando peraltro tale norma, per carenza di: i) una domanda in tal senso (che comunque avrebbe dovuto essere effettuata in appello, nel giudizio precedente) ii) i suoi presupposti sostanziali.
Violazione dell’art. 132, secondo comma n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.: motivazione apparente in relazione alla contestazione circa una condanna per danno in sé stesso in assenza della necessaria allegazione e prova per fondarla.
Violazione degli artt. 1223 c.c. e 2043 c.c. e dell’ art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3, c.p.c., per aver condannato parte convenuta ad un danno in sé stesso, in via meramente automatica, senza la allegazione e la prova della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, della sussistenza di un danno ed anzi con la prova contraria della mancata intenzione da parte degli attori di mettere a frutto il bene.
Violazione e (o) falsa applicazione artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere desunto
la prova della volontà di mettere a frutto il bene dalla sentenza del 2008.
Violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per avere desunto la prova della redditività concreta dei beni (inutilizzabili e abbandonati) da circostanze inconferenti quali le responsabilità di tale situazione o le decurtazioni di danno effettuate in precedenza.
Violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.: motivazione apparente in relazione alla serietà e concretezza dell’offerta di invito al riprendere il possesso degli immobili.
Violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 1220 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.: l’offerta della RAGIONE_SOCIALE doveva essere valutata, nella sua serietà e concretezza, anche in relazione al comportamento di chi la riceveva.
Violazione degli art. 1223 cod. civ., in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ., poiché pur avendo accolto l’eccezione di prescrizione della convenuta, riducendo così il danno al periodo 26/11/2009-28/6/2016 (e dunque un mese per l’anno 2009), la Corte d’appello ha calcolato i mesi di indisponibilità degli immobili da risarcire per l’anno 2009 in undici.
Violazione dell’art. 1282 cod. civ., in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la sentenza, maggiorando con gli interessi legali la somma liquidata in Euro 82.467,21 a titolo di risarcimento danni per la mancata disponibilità degli immobili, ha duplicato la stessa voce di danno.
Violazione degli art. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3 cod. proc. civ. poiché pur avendo accolto l’eccezione di prescrizione della convenuta, riducendo così il danno richiesto al periodo 26/11/2009-28/6/2016, la sentenza ha posto le spese di lite e di consulenza tecnica di ufficio ad integrale carico della ricorrente.
Violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.: motivazione apparente, contraddittoria e illogica in relazione alla condanna alle spese.
Il primo, il secondo e il terzo possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi e aventi riferimento al giudicato e al ragionamento presuntivo, oltre che al difetto di motivazione.
L’ultima censura ora ricordata, ossia quella mossa in relazione all’art. 132, comma secondo n. 4, c.p.c., è del tutto infondata atteso che la motivazione della Corte territoriale è ampia e diffusa nonché logica e coerente e supera agevolmente il cd. minimo costituzionale, di cui alla giurisprudenza nomofilattica di questa Corte, risalente di oltre un decennio e tuttora stabile (Cass. n. 7090 del 03/03/2022 Rv. 664120 -01; Sez. U n. 8053 del 7/04/2014 Rv. 629830 – 01).
Essi sono, nel resto, infondati e in parte inammissibili, per avere la Corte d’appello logicamente affermato che quanto accertato nella precedente controversia, ossia nella causa decisa in primo grado dal Tribunale di Genova, con sentenza n. 1370 del 28/03/2008, confermata in appello con sentenza della Corte territoriale n. 1264 del 12/12/2012 e passata in giudicata a seguito di sentenza di questa Corte n. 7785 del 20/04/2016, comportava la fondatezza dell’assunto, ritualmente proposto in questa causa, senza alcuna violazione dell’art. 345 c.p.c., in ordine all’indisponibilità degli immobili in capo ai Marsano-Monteleone e al conseguente loro diritto al risarcimento dei danni, che essi, per una libera scelta processuale, hanno preferito azionare in separato giudizio, e sin dal primo grado, piuttosto che far valere in appello, e tanto anche in considerazione della circostanza che l’esito delle fasi di impu gnazione nella detta controversia presupposta, di dichiarazione di nullità di un atto pubblico di compravendita, era incerto, cosicché le prove raccolte nel primo grado del presente giudizio erano comunque superate.
Il secondo motivo è altresì, ove autonomamente considerato, infondato, poiché la scelta del materiale probatorio è rimesso all’esclusivo governo del giudice del merito, che decide di avvalersi di quello ritenuto dotato di maggiore forza di convincimento (Cass. n. 37382 del 21/12/2022 Rv. 666679 – 05) e nella specie la Corte di merito ha ritenuto adeguatamente provato, sulla base dei precedenti giudiziali tra le stesse parti, che il possesso degli immobili dell’eredità di NOME COGNOME fosse rimasto in capo alla RAGIONE_SOCIALE
La critica al ragionamento presuntivo è peraltro, incoerente, posto che nella specie la Corte di merito ha ritenuto provato lo spossessamento e comunque la mancata disponibilità materiale degli immobili sulla base del giudicato intervenuto tra le parti e comunque secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 3541 del 13/02/2020 Rv. 657016 – 01) in sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso.
Il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo pure possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi.
Essi sono infondati.
L a Corte d’appello ha motivato in ordine all’allegazione del danno da mancata disponibilità degli immobili e ha anzi affermato che il precedente giudicato, ossia quello formatosi sulla sentenza del Tribunale di Genova dell’anno 2008, che aveva già proceduto alla liquidazione dei danni fino al detto anno e con una decurtazione di tre anni, necessari secondo il consulente tecnico di ufficio per rendere fruibili gli immobili, costituiva prova della volontà dei Marsano-Monteleone di messa a rendita del bene e ha proceduto alla
quantificazione con logica elaborazione, sulla base della consulenza tecnica espletata in primo grado, nella presente controversia e decurtando quanto corrispondente alle annualità colpite da prescrizione (l’errore in cui è incorsa in sentenza la Corte territoriale è stato successivamente corretto, cosicché il decimo motivo di ricorso è superato giusta quanto si va a breve a specificare).
Giova, peraltro, a definitiva confutazione delle articolazioni censorie della società ricorrente, che, peraltro sono di esclusivo merito e non involgono specifiche censure in punto di diritto, rimarcare che l’impostazione della Corte d’appello in ordine alla liquidazione del danno da mancata disponibilità dell’immobile è stata riscontrata dalla giurisprudenza di questa Corte, a seguito dell’ordinanza interlocutoria richiamata dalla Corte territoriale, in punto di possibilità di liquidare il danno suddetto in via equitativa.
La giurisprudenza nomofilattica (segnatamente Sez. U n. 33645 del 15/11/2022 , intervenuta a seguito dell’ordinanza interlocutoria richiamata dalla sentenza impugnata) ha affermato che in caso di occupazione senza titolo di un bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chiede il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato. Nella specie si controverte appunto della mancata disponibilità degli immobili da parte degli eredi COGNOME per un periodo di otto anni, ossia dal 2008 al 2016, a causa del mancato, di cui è stata ritenuta adeguata prova, rilascio dei beni immobili da parte della RAGIONE_SOCIALE e, peraltro, la valutazione del danno è stata effettuata sulla base di consulenza tecnica di ufficio che ha esaminato e preso a base i canoni del mercato immobiliare nella zona centrale di Genova Nervi dove gli immobili degli eredi COGNOME sono ubicati.
L’ottavo e il nono motivo di ricorso, pure unitamente scrutinabili, sono innanzitutto inammissibili, in quanto non vertono su questioni
di diritto bensì pongono censure in ordine alle valutazioni della Corte di merito circa la serietà dell’offerta di disponibilità dei beni immobili da parte dell’ RAGIONE_SOCIALE Essi sono, inoltre, ove potessero essere scrutinati, infondati: vi è ampia, coerente e logica motivazione sulle ragioni per le quali l’offerta di messa a disposizione dei beni da parte della RAGIONE_SOCIALE non poteva ritenersi seria e non vi era prova della lettera a tal fine inviata dalla società al difensore degli eredi COGNOME risultando, peraltro, incoerente che alla lettera di questi spedita con raccomandata si fosse risposta con una missiva semplice ossia non con raccomandata con ricevuta. Peraltro, ulteriore smentiva all’asserita messa a disposizione dei beni è la frapposta opposizione all’esecuzione intrapresa dalla RAGIONE_SOCIALE avverso l’esecuzione in forza della sentenza di merito nella causa presupposta, superata soltanto a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado a seguito del rigetto del ricorso per cassazione con sentenza di questa Corte n. 7785 del 20/04/2016.
Il decimo motivo è superato dall’avvenuta correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza impugnata: su ricorso degli odierni controricorrenti la Corte territoriale ha, con ordinanza del 21/03/2023, ridotto l’originario importo del risarcimento, riducendolo di ulteriori undici mensilità e così in dispositivo statuendo: « ‘che liquida nell’importo complessivo di euro 82.467,21’ deve intendersi scritto ‘che liquida nell’importo complessivo di euro 71.686,66’ ».
L’undicesimo motivo è infondato: la somma liquidata a titolo di risarcimento non risulta essere stata liquidata all’attualità cosicché gli interessi legali sono dovuti, appunto, per legge.
Il dodicesimo e il tredicesimo motivo sono inammissibili, la soccombenza della RAGIONE_SOCIALE è stata pressoché totale e la circostanza che la compensazione sia stata negata perché la RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello incidentale non è vizio che
possa inficiare la mancanza di compensazione, poiché è questa a dovere essere motivata e non l’applicazione della regola della soccombenza invero è affermazione di questa Corte (Cass. n. 26912 del 26/11/2020 Rv. 659925 – 01) che il sindacato sulle pronunzie dei giudici del merito riguardo alle spese di lite è diretto solamente ad evitare che possa risultare violato il principio secondo cui esse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, restando del tutto discrezionale – e insindacabile – la valutazione di totale o parziale compensazione per giusti motivi, la cui insussistenza il giudice del merito non è tenuto a motivare.
In conclusione, il ricorso è infondato in tutte le censure e deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza della società ricorrente e valutata l’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per
il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di