Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20083 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20083 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5898/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE LTD,
-intimata-
e
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 5496/2023 depositata il 08/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 5496/2023, pubblicata l’8/8/2023, ha riformato la decisione di primo grado del 2021 che, all’esito di acquisizione dei documenti, richiesti con ordinanza in data 10.4.2019, e di consulenza tecnica d’ufficio, aveva respinto la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE con la chiamata in causa di RAGIONE_SOCIALE rimasta contumace, volta a sentire accertare l’esclusiva titolarità in capo a RAGIONE_SOCIALE dei diritti di sfruttamento economico in edicola dei Dvd per il territorio Italiano, in relazione ai Film « RAGIONE_SOCIALE » e « Il Prigioniero -The Prisoner », l’illecito sfruttamento da parte della convenuta, con condanna della stessa a restituire all’attrice i proventi illecitamente ricavati dalla commercializzazione dei supporti e al risarcimento dei danni, patrimoniali e non.
L’attrice COGNOME aveva agito in giudizio, assumendo: – di avere raggiunto un accordo, in qualità di licenziante, con la RAGIONE_SOCIALE per la distribuzione in edicola dei dvd relativi alla serie tv « Spazio 1999 », concedendo a quest’ultima un’opzione per l’acquisto dei diritti di distribuzione in edicola dei dvd relativi alle serie tv, complete di tutti gli episodi, « Il Prigioniero -The Prisoner » (composta di 17 episodi) e « UFO – Minaccia dallo spazio »; – di avere successivamente, il 19/5/2016, stipulato con la Content un contratto, definito sempre « RAGIONE_SOCIALE », per la distribuzione in edicola dei dvd relativi alle due serie suddette; – ma la CP non aveva rispettato l’impegno di versarle nei termini pattuiti un minimo garantito, nonostante le reiterate richieste di Pulp e il contratto prevedeva, all’art. 2, che « Payment in due time is of the essence of this Agreement. No Licensed Right shall vest in Distributor until full payment of Guarantee in accordance with the below » (« Il pagamento tempestivo è elemento essenziale di questo accordo. Nessun diritto viene trasferito al Distributore fino al momento in cui non sarà stato effettuato il completo pagamento
del Minimo Garantito concordato »); – di avere successivamente appreso che la RCS stava commercializzando i dvd della serie « UFO » e aveva annunciato la commercializzazione dei dvd della serie « Il Prigioniero» ed essa le aveva inviato una diffida, senza esito; – di avere appreso che, con contratto stipulato in data 7.9.2016, la RAGIONE_SOCIALE aveva concesso alla RAGIONE_SOCIALE i diritti di sfruttamento per la distribuzione e commercializzazione delle serie televisive « RAGIONE_SOCIALE » e « RAGIONE_SOCIALE », in abbinamento con i quotidiani « Il Corriere della Sera » e « La Gazzetta dello Sport », nei territori della Repubblica italiana, di San Marino e della Città del Vaticano, e che in esecuzione di tale contratto erano stati prodotti 243.000 dvd pattuiti relativi alle due serie televisive, consegnati alla RCS, la quale aveva corrisposto il prezzo concordato a CP e messo in vendita i dvd.
Il Tribunale aveva respinto le domande, ritenendo che la RAGIONE_SOCIALE avesse « legittimamente acquistato i diritti di sfruttamento economico delle serie televisive ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘ dal 7/9/2016 al 31/12/2016, in forza del contratto stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE la quale, in quanto facente parte del RAGIONE_SOCIALE, risultava titolare dei relativi diritti, che erano stati ceduti dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE con accordo del 19 maggio 2016 ».
La Corte d’appello ha respinto l’appello incidentale di RCS e accolto quello principale di Pulp, con condanna della RCS a pagare alla Pulp l’importo di € 45.815,00, oltre interessi al tasso legale dalla data della presente sentenza al pagamento.
La Corte territoriale ha osservato che: a) diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure , secondo cui sarebbe stati in presenza di una « condizione risolutiva (di adempimento) », quella pattuita, all’art.2 (per il mancato pagamento del corrispettivo minimo di € 35.000,00 entro il 10.7.2016), nel contratto del maggio 2016 tra RAGIONE_SOCIALE, integrava una « condizione
sospensiva » di adempimento, ma la Pulp aveva rinunciato ad avvalersene, sia inserendo nello stesso contratto, al paragrafo 4, la previsione che, in caso di mancato o ritardato pagamento, la Content avrebbe potuto comunque versare le somme dovute alla Pulp più una penale del 10% per ritardato pagamento, entro un ulteriore termine tassativo di 14 giorni consecutivi successivi a partire dal 10.7.2016, sia avendo la Pulp consegnato alla Content i « master » (le matrici) per la riproduzione dei dvd delle serie tv, adempiendo al contratto e dandovi esecuzione « a prescindere » dall’inadempimento della controparte nel pagamento del corrispettivo minimo; b) nel contratto concluso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, quale titolare dei diritti di sfruttamento economico dell’opera, in base all’accordo intervenuto con la Pulp in data 19/5/2016 (mai risolto), pur non essendo parte contraente, dichiarava, garantiva e autorizzava; c) il lecito trasferimento dalla RAGIONE_SOCIALE alla RCS presupporrebbe un trasferimento da parte della RAGIONE_SOCIALE Partners alla CP Rights dei diritti di distribuzione e commercializzazione delle serie televisive « RAGIONE_SOCIALE » e « Il Prigioniero », che tuttavia non era possibile ritenere esistente, alla luce di quanto documentato in atti, anche perché il contratto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE contemplava, al par.4 (« ogni subdistributore avrebbe dovuto essere pre-approvato per iscritto dalla Pulp tranne la RCS, che si dava per pre-approvata »), la necessaria approvazione da parte della Pulp del trasferimento dei diritti alla CP da parte della Content; d) il contratto di trasferimento dei diritti, tra la Content e la CP, che ne aveva disposto con il suddetto contratto in data 7.9.2016, doveva esser provato per iscritto, ai sensi dell’art. 110 l.d.a., e, diversamente, non solo la prova di tale contratto non era stata fornita in giudizio, ma il contratto in data 7.9.2016 non faceva alcun riferimento a un tale accordo negoziale, pur indicando, peraltro, la Content quale titolare dei diritti oggetto di disposizione con tale contratto; e) quanto alla esistenza di un « gruppo
societario » tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, essa non era stata dimostrata, non risultando dalle visure camerali, e la RAGIONE_SOCIALE aveva solo prodotto corrispondenza, da cui risultava che il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE avesse un ruolo direttivo anche nella RAGIONE_SOCIALE, ma in ogni caso, anche laddove fosse stato provato che le due società facessero parte del medesimo gruppo, non vi era alcuna automaticità di contitolarità di diritti tra società appartenenti al medesimo gruppo e non era stata fornita alcuna prova del trasferimento dei diritti di sfruttamento delle due serie tv dalla RAGIONE_SOCIALE alla CP; f) la RCS doveva ritenersi, non risultando che essa avesse chiesto ragione della legittimazione di Content (intervenuta nel contratto), soggetto diverso peraltro dalla propria contraente, malgrado fosse a conoscenza dell’accordo intervenuto tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (vedasi par.4 del contratto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, riguardante anche RCS) e quindi RCS aveva sottoscritto un contratto per « acquisire il diritto di sfruttamento, mediante stampa e vendita su dvd, delle due serie televisive nella consapevolezza della titolarità in capo alla Pulp o, comunque, senza contestare la titolarità in capo alla dante causa della Content »; g) la statuizione in punto di esaurimento comunitario del diritto di privativa avendo il Tribunale ritenuto che il primo distributore sine titulo delle due serie tv « Il Prigioniero » e « UFO » fosse la CP, dante causa della RCS, e non quest’ultima, e conseguentemente che il diritto di esclusiva di Pulp si fosse esaurito – non era corretta, come lamentato da Pulp, in quanto il contratto stipulato tra la CP e la RCS aveva per oggetto i diritti di sfruttamento ( corpus mysticum ) e non i supporti fisici ( corpus mechanicum ), e RCS, non la CP, aveva messo in commercio, in violazione dei diritti di sfruttamento di Pulp, i dvd mediante cui è stata realizzata la violazione del diritto d’autore, chiedendo alla Siae i bollini per la distribuzione delle due serie TV in qualità di « produttore » del supporto fisico (e non in
qualità di « importatore », come avrebbe dovuto chiedere, se avesse importato i supporti dvd acquistati dalla CP).
In ordine al quantum del risarcimento del danno, da riconoscere a Pulp, tale danno doveva essere parametrato non agli utili eventuali ricavati da RCS dalla commercializzazione dei dvd delle due serie, bensì, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 158 l.d.a., e quindi utilizzando il criterio del c.d. prezzo del consenso. Ma non era provato che la Pulp ne avesse mai tratto e che ne avrebbe tratto in futuro un utile diverso da quello ricavabile dalla cessione a terzi dei diritti di sfruttamento economico, come ha appunto fatto con il « Deal Memo » del 16.5.2016. Conseguentemente, alla Pulp andava liquidato, in via equitativa, un danno nella misura del corrispettivo della cessione del diritto di sfruttamento economico previsto dal contratto stipulato con la Content (€ 35.000,00), maggiorato del 10%, come il contratto stesso prevedeva in caso di pagamento ritardato rispetto a quanto pattuito, poiché il pagamento disposto con la sentenza era equiparabile a un pagamento ritardato, rivalutato alla data della presente sentenza, e quindi nella misura complessiva di € 45.815,00. Non poteva essere liquidato il danno non patrimoniale in difetto di prova.
Infine, in accoglimento della domanda di manleva, proposta dalla RCS nel costituirsi tempestivamente in giudizio, stante la pattuizione nel contratto in data 7.9.2016 dell’art. 8.7 (con il quale la CP ha garantito « di essere titolare esclusiva e/o comunque di poter disporre dell’Opera di tutti diritti di cui al presente contratto e di essere conseguentemente in grado di conferire a RCS tali diritti secondo le modalità e i termini contenuti nel presente Contratto. CP Rights dichiara e garantisce che i DVD contenenti l’Opera sono idonei per la loro commercializzazione. Pertanto CP Rights terrà indenne RAGIONE_SOCIALE da qualsiasi pretesa le venga mossa in merito a tutto quanto precede ed agli usi che RCS farà dei diritti concessi in ottemperanza al presente contratto, manlevando RCS da qualsiasi
azione o pretesa che possa, in relazione a ciò, essere mossa o avanzata da terzi »), la CP doveva essere condannata a corrispondere alla RCS quanto quest’ultima avrebbe dovuto corrispondere alla Pulp in esecuzione della sentenza.
Avverso la suddetta pronuncia, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, notificato il 27/2/2024, affidato a quattro motivi, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (che resiste con controricorso e ricorso incidentale) e, a mezzo servizio postale, il 1°/3/2024, in Londra, della RAGIONE_SOCIALE (che non svolge difese).
La controricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.La ricorrente principale lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 158 l.d.a. e della Direttiva Enforcement n. 2004/48/CE (art. 13) e la violazione e falsa applicazione D. LGS. N. 140/2006 , in relazione gli art. 1223, 1226 e 1227 del codice civile e art. 2059 c.c., nonché vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., per avere la Corte d’appello applicato il c.d. prezzo del consenso quale unico strumento risarcitorio e ciò in modo difforme dalla normativa in materia, non essendosi tenuti in considerazione il tempo di permanenza dei titoli in questione in commercio, e ciò a partire o dalla data di messa in vendita o dalla data di diffida alla commercializzazione, gli utili tratti « direttamente o indirettamente » dalla pubblicità e non essendo stato correttamente applicato il valore medio delle royaltie s in relazione al numero, alla durata, alle modalità di emissione e al tempo di permanenza delle opere in commercio; b) con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 158 comma 3 l.aut. e degli artt. 2043 e 2059 c.c., nonché vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, n. 3 e 5 c.p.c., per non avere il giudice d’appello riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale, ravvisabile, per l’impresa, nel pregiudizio arrecato alla reputazione dell’opera ovvero
all’avviamento dell’impresa; c) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione di una norma di legge art. 1353 c.c., per avere la Corte errato nel qualificare la condizione in questione quale condizione sospensiva, anziché quale condizione risolutiva, per non avere il giudice di appello valutato il comportamento complessivo delle parti, in relazione all’art. 360, n. 3, nonché vizio di motivazione e omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 n. 5 c.p.c.; d) con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c. , per avere la Corte d’appello, nel regolare le spese del doppio grado di giudizio, trascurato di provvedere sulle spese di consulenza tecnica.
2.La controricorrente propone ricorso incidentale in quattro motivi, lamentando: a) con il primo motivo, la violazione dell’art. 110 l.d.a., in relazione all’art. 360 nr. 3 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo della controversia rilevante, in relazione all’art. 360 nr. 5 c.p.c., e la violazione dell’art. 2702 cod. civ., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non fosse titolare dei diritti sulle serie TV poi licenziati a RCS, con erronea valutazione della prova della titolarità dei diritti in capo a RAGIONE_SOCIALE o, comunque, del consenso all’utilizzo dei diritti da parte di RAGIONE_SOCIALE, che non richiedeva prova scritta; b) con il secondo motivo, la violazione dell’art. 25 l.218/95 e della Sect. 41 del Companies Act 2006, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 1388 cod. civ. e dei principi in tema di spendita del nome implicita, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., e l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., con riguardo alle dichiarazioni di RAGIONE_SOCIALE contenute nel contratto e alla corrispondenza RAGIONE_SOCIALE; c) con il terzo motivo, la violazione degli art. 1372 e 1379 c.c. e del principio di relatività degli effetti del contratto e del divieto di alienazione in relazione al nr. 3 dell’art. 360 c.p.c.; d) con il quarto motivo, la violazione
dell’art. 110 l.d.a. in relazione al nr. 3 dell’art. 360 c.p.c., deducendo che la RAGIONE_SOCIALE non ha provato per iscritto la titolarità dei propri diritti, la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in relazione al nr. 3 dell’art. 360 c.p.c., non sussistendo alcuna ammissione di RAGIONE_SOCIALE in ordine alla titolarità dei diritti in capo a RAGIONE_SOCIALE, la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., assumendo che un eventuale riconoscimento stragiudiziale non preclude la contestazione dei fatti costitutivi del diritto dedotto dalla controparte.
Esaminando il ricorso principale, incentrato, nei primi due motivi sulla liquidazione del danno, la prima censura è infondata.
La Corte d’appello ha liquidato il danno è stato sulla base dei diritti che l’utilizzatore avrebbe dovuto riconoscere e non sulla base degli utili ricavati dalla RCS perché non era stato provato che l’attrice avrebbe commercializzato le serie TV. Ad avviso della Pulp, doveva invece essere aggiunto al prezzo del consenso la retroversione degli utili, essendo il primo il danno emergente -soglia minima di liquidazione – ed il secondo il lucro cessante.
L’art.158 prevede, al secondo comma, che il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227 del codice civile e « il lucro cessante è valutato dal giudice ai sensi dell’articolo 2056, secondo comma, del codice civile, anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione del diritto. Il giudice può altresì liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l’autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto» . Al terzo comma, si prevede che possano altresì riconoscersi i danni non patrimoniali ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile.
La norma prevede quindi il duplice criterio della c.d. retroversione degli utili conseguiti e del c.d. prezzo del consenso, sempre
nell’ambito di una liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c..
Questa Corte (Cass. n. 21833/2021) ha già chiarito che « La legge non esprime un precetto rigido di preferenza per i due criteri suggeriti; sebbene l’espressione utilizzata (“quanto meno”) lasci, in verità, intendere che quello del c.d. prezzo del consenso costituisce l’indicativa liquidazione di una soglia solo minima della liquidazione. I due criteri, dunque, si pongono come cerchi concentrici, avendo il legislatore indicato come il secondo sia quello che permette una liquidazione c.d. minimale, mentre il primo, dall’intrinseco significato anche sanzionatorio, permette di attribuire al danneggiato i vantaggi economici che l’autore del plagio abbia in concreto conseguito, certamente ricomprendenti anche l’eventuale “costo” riferibile all’acquisto dei diritti di sfruttamento economico dell’opera, ma ulteriormente implementati dai ricavi conseguiti dal plagiario sul mercato ».
Questa Corte, al riguardo, ha già osservato che il giudice può utilizzare il metodo del beneficio ritratto dall’attività vietata « assumendolo come utile criterio di riferimento del lucro cessante », perchè « correlato al profitto del danneggiante, nel senso che questi abbia sfruttato a proprio favore occasioni di guadagno di pertinenza del danneggiato, sottraendole al medesimo », pur sempre « nell’apprezzamento delle circostanze del caso concreto » (Cass. 29 maggio 2015, n. 11225).
In Cass. n. 21833/2021, quanto al criterio della retroversione degli utili, si è ricordato che esso resta « ancorato alla regola della necessaria derivazione causale ex art. 1223 c.c., dal fatto illecito: ciò vuol dire che la somma, così come accertata quale ricavo per le vendite dell’opera realizzato dal responsabile, deve essere depurata, da un lato, dei costi sopportati dal medesimo ai fini di quelle vendite, e, dall’altro lato, dell’autonomo contributo al successo dell’opera, così come realizzata e diffusa sul mercato
dall’autore o dagli autori dell’illecito, per quanto tale successo dipenda dal lancio, propiziato dalla notorietà dell’interprete e dalle concrete capacità esecutive ed evocative del medesimo, tali da suscitare l’interesse del pubblico ».
Quindi per la liquidazione del lucro cessante il criterio preferenziale è quello dell’utile realizzato dal contraffattore e, in via residuale, l’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, quale soglia minima, a titolo di c.d. prezzo del consenso.
La Corte d’appello, nell’ambito della liquidazione equitativa del danno, ha scelto il criterio residuale, motivando sulla base di due circostanze, alla luce delle quali deve ritenersi abbia escluso l’esistenza di un danno conseguenza corrispondente agli utili realizzati: a) non era provato che il titolare avrebbe effettivamente commercializzato le serie TV; b) la distribuzione dei dvd era avvenuta grazie alla grande capacità di mercato di RCS e dunque all’apporto della sola utilizzatrice (circostanza che, secondo il giudice del merito, riconduce il profitto all’apporto « esclusiv o» dell’utilizzatore)
Non risulta quindi violato il principio di diritto di Cass 21883/21, 39762/21, di cui la Corte territoriale si mostra consapevole.
4.La seconda censura in punto di rigetto, per mancanza di allegazione e prova di un danno, alla luce della giurisprudenza di legittimità richiamata, della domanda di liquidazione del danno non patrimoniale in difetto di prova è inammissibile, limitandosi la ricorrente a sostenere che « per il semplice fatto che le opere sono state commercializzate senza il consenso della ricorrente si configura di per sé il danno non patrimoniale ».
Senza quindi censurare la complessiva statuizione, in punto di necessità della prova e di mancanza della stessa, nel caso in esame.
5. Il terzo motivo, in ordine al mancato accoglimento della doglianza sul fatto che il contratto doveva intendersi sottoposto ad
una condizione risolutiva di inadempimento, con effetti reali anche nei confronti dei terzi, è inammissibile per carenza di interesse, essendo risultata la Pulp comunque vittoriosa in appello sul piano dell’ an della responsabilità, seppure con motivazione diversa dalla censura. Peraltro, non è oggetto di censura l’accertamento che con l’atto di appello è stata dedotta dall’odierna ricorrente la natura di condizione sospensiva di adempimento , sicché con l’odierna censura si deduce un fatto nuovo (in contraddizione con il contenuto dell’appello) . Infine, non risultano indicati i criteri ermeneutici violati.
La quarta censura denuncia l’omessa pronuncia sulle spese di CTU, poste a carico dell’attrice in primo grado, ma che in appello, essendo state le spese del doppio grado poste a favore dell’attrice -appellante, avrebbero dovuto essere poste, come le altre spese, a carico dell’appellata RCS, è inammissibile.
Le spese del doppio grado, stante l’accoglimento dell’appello principale, sono state poste a carico dell’appellata RCS soccombente, come da motivazione e dispositivo.
Non si verte in ipotesi di omessa pronuncia in violazione dell’at.112 c.p.c. ma di mero errore materiale emendabile sulla la mancata indicazione anche di quelle di CTU, sul cui ammontare vi è giudicato interno.
Passando al ricorso incidentale (tardivo, essendo la sentenza impugnata pubblicata l’8/8/2023), la prima censura è infondata.
Si denuncia, con vizio per violazione di norme di diritto (art.110 L.d.A.: « La trasmissione dei diritti di utilizzazione deve essere provata per iscritt o») e per vizio di motivazione, che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non fosse titolare dei diritti sulle serie TV, poi licenziati a RCS, con erronea valutazione della prova della titolarità dei diritti in capo a RAGIONE_SOCIALE o, comunque, del consenso all’utilizzo dei diritti da parte di RCS, che non richiedeva prova scritta.
La forma scritta ad probationem per la trasmissione dei diritti di utilizzazione dell’opera non sarebbe richiesta nei confronti dei terzi, per i quali il trasferimento è un mero fatto, e comunque vi sarebbe l’omesso esame del fatto, attestato documentalmente, del consenso prestato per iscritto dalla Pulp al sub-trasferimento a RCS In Cass. n. 3390/2003 (conf. a Cass. 13937/1999), si è chiarito che « la norma dell’art. 110 della legge sul diritto d’autore (legge 22 aprile 1941, n. 633), nel prevedere che la trasmissione dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno deve essere provata per iscritto, si riferisce all’ipotesi in cui il trasferimento viene invocato dal cessionario nei confronti di chi si vanti titolare del medesimo diritto a lui ceduto; essa pertanto non opera al di fuori del conflitto tra titoli, ovvero tra pretesi titolari del medesimo diritto di sfruttamento, allorché il trasferimento sia invocato dal cessionario del diritto di utilizzazione nei confronti del terzo che, senza vantare una posizione titolata, abbia violato tale diritto, compiendo atti di sfruttamento del medesimo bene, in tal caso l’acquisto potendo, quale semplice fatto storico, essere provato anche mediante mezzi diversi dal documen to».
Quindi, l’art. 110, nel prevedere che la trasmissione dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno deve essere provata per iscritto, si riferisce proprio all’ipotesi in cui il trasferimento viene invocato dal cessionario nei confronti di chi si vanti titolare del medesimo diritto a lui ceduto.
La Corte d’appello ha escluso che fosse stato provato un trasferimento da parte della RAGIONE_SOCIALE, contraente con RAGIONE_SOCIALE, licenziante, alla RAGIONE_SOCIALE, contraente con RCS, dei diritti di distribuzione e commercializzazione delle serie televisive « RAGIONE_SOCIALE » e « RAGIONE_SOCIALE ».
Veniva, infatti, in discussione un conflitto tra diversi titoli di proprietà intellettuale, quelli vantati dalla ricorrente principale e quello fatto valere da RCS, la quale aveva ricevuto dalla CP Rights
Ltd i diritti di sfruttamento per la distribuzione e commercializzazione delle serie televisive « RAGIONE_SOCIALE » e « Il Prigioniero », e che assumeva quindi di avere acquistato legittimamente i diritti di sfruttamento delle opere.
Diverso il caso in cui il conflitto riguardi il cessionario dei diritti di utilizzazione e un terzo che, senza vantare una posizione titolata, abbia violato tale diritto, utilizzando illecitamente l’opera, compiendo atti di sfruttamento del medesimo bene: in tal caso, l’acquisto, quale semplice fatto storico, può essere provato anche mediante mezzi diversi dal documento.
E il fatto che sarebbe stato omesso non è decisivo e il relativo esame non è neppure stato omesso dalla Corte territoriale, avendo la Corte d’appello richiamato il par.4 del contratto tra CP e Pulp, che contemplava: « ogni subdistributore avrebbe dovuto essere pre-approvato per iscritto dalla Pulp tranne la RCS, che si dava per pre-approvata ». Ma si è ritenuto non provato per iscritto un contratto fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
8. Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
In relazione alle dichiarazioni di RAGIONE_SOCIALE, contenute nel contratto del settembre 2016 tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, e alla corrispondenza RAGIONE_SOCIALE, si doveva ritenere, anche sulla base del diritto inglese e di quello italiano, che colui che aveva stipulato il contratto fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE lo avesse stipulato anche per RAGIONE_SOCIALE
In realtà, la Corte d’appello ha esaminato la questione e ha escluso che potesse il contratto riferirsi direttamente anche alla Content, cosicché si è accertato, in fatto, con giudizio insindacabile in sede di legittimità, che mancava la spendita implicita del nome della Content.
Il terzo motivo, in punto di violazione degli art. 1372 e 1379 c.c. e del principio di relatività degli effetti del contratto e del divieto di alienazione, riguardo alla ritenuta mancanza dell’autorizzazione
della Pulp a che Content cedesse i diritti a CP Rights, è inammissibile, a fronte della ratio decidendi sulla mancata prova scritta dell’accordo tra Content e CP. Si tratta quindi di censura priva di decisività.
10. Il quarto motivo denuncia che la RAGIONE_SOCIALE non abbia provato per iscritto la titolarità dei propri diritti e la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., non sussistendo alcuna ammissione da parte di RCS in ordine alla titolarità dei diritti in capo a RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è infondato. La censura attinge in realtà il giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, e non vi è violazione del divieto di praesumptio de praesumpto perché, nel giudizio sviluppato, non vi è una catena di presunzioni, ma l’accertamento del fatto ignoto utilizzando contemporaneamente le due premesse note.
4.Per quanto sopra esposto, vanno respinti il ricorso principale e quello incidentale.
Ricorrono giusti motivi, stante la soccombenza reciproca, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso il ricorso principale e quello incidentale; dichiara compensate integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i ricorsi, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13. Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 19 giugno 2025.