LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Risarcimento danno contratti a termine: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 10414/2025, ha stabilito che un lavoratore ha diritto al risarcimento del danno per l’illegittima reiterazione di contratti a termine anche se successivamente assunto a tempo indeterminato tramite concorso. La Corte chiarisce che il superamento di una procedura concorsuale non ‘sana’ l’abuso pregresso, poiché l’assunzione deriva dal merito selettivo e non è una diretta conseguenza riparatoria della precarizzazione subita. Pertanto, il risarcimento danno contratti a termine resta dovuto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Risarcimento danno contratti a termine: dovuto anche dopo il concorso

L’assunzione a tempo indeterminato tramite concorso pubblico non cancella il diritto al risarcimento danno contratti a termine per il lavoratore che ha subito un’illegittima reiterazione di rapporti precari. Questo è il principio cardine ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la recente ordinanza n. 10414/2025, che consolida un orientamento fondamentale a tutela dei lavoratori del settore pubblico.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un lavoratore impiegato presso un’Agenzia Regionale pubblica attraverso una successione di contratti a tempo determinato, ritenuta illegittima dai giudici di merito. Successivamente, il lavoratore veniva assunto a tempo indeterminato dalla stessa Agenzia a seguito del superamento di una procedura concorsuale riservata al personale precario. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano condannato l’ente pubblico a risarcire il lavoratore per il cosiddetto ‘danno comunitario’, quantificato in sei mensilità di retribuzione, per l’abuso subito nel periodo di precariato. L’Agenzia, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l’avvenuta stabilizzazione, seppur tramite concorso, avrebbe dovuto eliminare qualsiasi pretesa risarcitoria.

La Decisione sul risarcimento danno contratti a termine

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’Agenzia Regionale, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno stabilito che l’assunzione a tempo indeterminato che deriva dal superamento di un concorso pubblico non possiede un’efficacia ‘sanante’ rispetto all’illecito commesso in precedenza dall’amministrazione. Di conseguenza, il diritto del lavoratore a ottenere il risarcimento danno contratti a termine rimane pienamente valido.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione della Suprema Corte risiede nella netta distinzione tra una ‘procedura di stabilizzazione’ in senso tecnico e una ‘procedura concorsuale’, anche se riservata.

Secondo la giurisprudenza consolidata, l’effetto riparatorio che esclude il risarcimento si verifica solo quando l’assunzione a tempo indeterminato è la conseguenza diretta e immediata di misure specificamente volte a superare il precariato. Tali misure devono offrire al lavoratore una ragionevole certezza di stabilizzazione, basandosi principalmente sull’anzianità di servizio e non su prove selettive di merito.

Al contrario, una procedura concorsuale, per sua natura, si fonda sulla valutazione comparativa delle capacità dei candidati. L’assunzione non è un atto dovuto per riparare un abuso, ma il risultato del superamento di una selezione di merito. In questo scenario, l’abuso dei contratti a termine rappresenta solo un ‘antecedente remoto’ che ha permesso al lavoratore di partecipare al concorso, ma non la causa diretta dell’assunzione. L’aver subito l’abuso offre una ‘chance’ di assunzione, non una certezza, e questa chance non ha valore riparatorio.

La Corte ha quindi concluso che, essendo l’immissione in ruolo frutto del superamento di un concorso, l’illecito pregresso non viene sanato e il lavoratore mantiene il diritto al risarcimento del danno per il periodo di ingiusta precarizzazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un importante principio di tutela per i lavoratori del pubblico impiego. Le pubbliche amministrazioni non possono eludere le proprie responsabilità per l’abuso nella stipula di contratti a termine semplicemente bandendo un concorso, anche se riservato. La stabilizzazione che cancella il diritto al risarcimento è solo quella che si configura come una misura riparatoria diretta e non come un’opportunità basata su una selezione di merito. Per i lavoratori, ciò significa che il diritto a essere risarciti per i danni subiti a causa della precarietà illegittima rimane intatto, garantendo una protezione effettiva contro gli abusi della pubblica amministrazione.

L’assunzione a tempo indeterminato dopo un concorso cancella il diritto al risarcimento per la precedente catena di contratti a termine illegittimi?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’assunzione a tempo indeterminato che avviene a seguito del superamento di una procedura concorsuale, anche se riservata ai precari, non elimina il diritto del lavoratore a essere risarcito per l’abuso subito. L’assunzione è considerata il frutto di una selezione di merito e non una misura riparatoria diretta dell’illecito.

Qual è la differenza tra una ‘procedura di stabilizzazione’ e un ‘concorso riservato’ ai fini del risarcimento?
Una ‘procedura di stabilizzazione’ che esclude il risarcimento è quella che offre una ragionevole certezza di assunzione per superare il precariato, basandosi su criteri come l’anzianità. Un ‘concorso riservato’, invece, è una procedura selettiva basata sul merito. L’assunzione tramite concorso non è una conseguenza diretta e immediata dell’abuso pregresso e, pertanto, non ne cancella gli effetti pregiudizievoli, lasciando intatto il diritto al risarcimento.

Cosa succede se una parte insiste in un ricorso per cassazione nonostante una proposta di rigetto?
Se una parte non si attiene alla proposta di definizione accelerata del ricorso (ex art. 380 bis c.p.c.) che viene poi confermata dalla decisione finale, può essere condannata per abuso del processo ai sensi dell’art. 96 c.p.c. Nel caso di specie, l’ente ricorrente è stato condannato al pagamento di ulteriori somme a favore della controparte e della Cassa delle ammende per aver insistito in un ricorso manifestamente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati