Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10414 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10414 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16246 del 2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE PUGLIA -Agenzia Regionale per le attività irrigue e forestali, in persona del legale rappresentante p.t, , rappresentata e difesa dall’avv.to NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME Luigi COGNOME rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME
– controricorrente- avverso la sentenza n. 929/2023 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 5.1.2024, R.G.N. 1027/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3.4.2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
OGGETTO
:
ARIF Puglia –
Illegittima reiterazione dei contratti a termine -Procedura concorsuale riservata -Stabilizzazione -Elisione del diritto al risarcimento del danno comunitario -Esclusione.
R.G.N. 16246/2024 Cron. Rep. Ud. 3.4.2025
Rilevato che
La Corte di appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale della medesima città che accertava l’illegittimità dei contratti a termine intercorsi tra l’ Agenzia Regionale per le attività irrigue e forestali -ARIF Puglia (di seguito: ARIF) e NOME COGNOME COGNOME nell’arco temporale 2.4.2013 – 30.6.2017 e, conseguentemente, condannava l’Agenzia al risarcimento del danno comunitario nella misura di sei mensilità, ai sensi dell’art. 28 d.lgs. n. 81 del 2015 che ha sostituito l’art. 32 della l. n. 183 del 2010.
Per quanto qui ancora rileva, quanto al risarcimento del danno cosiddetto comunitario, la Corte territoriale ne affermava la debenza, richiamando l’insegnamento sul punto della giurisprudenza di legittimità ed in particolare di Cass. n. 14815/2021, escludendo l’efficacia sanante dell’intervenuta stabilizzazione, osservando che l ‘immissione in ruolo del lavoratore ha efficacia riparatoria dell’illecito solo nelle ipotesi di stretta correlazione tra l’abuso commesso dall’amministrazione e l’intervenuta sta bilizzazione, correlazione che presuppone, sotto il profilo soggettivo, che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha posto in essere la condotta abusiva e, sotto il profilo oggettivo, che essa sia l’effetto diretto ed immediato dell’abuso, condizione che non ricorre quando, come nel caso di specie, l’assunzione a tempo indeterminato avvenga all’esito di una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine.
Propone ricorso per cassazione articolato in un unico motivo RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso NOME Luigi COGNOME
La Sezione Lavoro ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto, ex art. 380 bis, II comma, c.p.c. la decisione del ricorso.
Entrambe le parti depositano memorie.
Considerato che
Con l’unico motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., viene dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 36, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 32 l. n. 183 del 2010, oltre che del d.lgs. n. 81 del 2015.
1.1. L’ARIF insiste che l’assunzione in ruolo del Valentino, pur a seguito di procedura concorsuale, è idonea a neutralizzare l’effetto pregiudizievole dell’abuso nella contrattazione a termine, tanto perché avvenuta all’esito di procedure selettive riservate ai dipendenti assunti a termine ed indette proprio allo scopo di superare il precariato; infatti il lavoratore, si evidenzia, veniva inserito nella procedura di stabilizzazione di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, proprio in virtù dei precedenti rapporti a termine.
1.3. Preliminarmente il Collegio ricorda, condividendo integralmente quanto affermato dalla S.C. a Sezioni Unite, che nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati ex art. 380bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), il presidente della sezione o il consigliere delegato che ha formulato la proposta di definizione può far parte – ed eventualmente essere nominato relatore -del collegio investito della definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380bis .1 c.p.c., non versando in situazione di incompatibilità agli
effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4, e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa ( cfr. Cass. Sez. U., n. 9611/2024, rv. 670667-01, da intendersi qui richiamato , ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., anche il percorso motivazionale della decisione).
Tanto premesso, il motivo è infondato.
2.1. Osserva il Collegio che, come indicato nella proposta di definizione della causa ex art. 380 bis c.p.c., secondo l’orientamento del giudice di legittimità, non va riconosciuta efficacia sanante dell’abuso all’assunzione a tempo indeterminato avvenuta a seguito di un corso/concorso sebbene riservato ai soli assunti a tempo determinato ed in possesso dei requisiti di legge (cfr. Cass. 14815/2021, rv. 661419-01).
Nella sopraindicata pronunzia è affermato il seguente principio: in tema di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine, la successiva immissione in ruolo del lavoratore costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’illecito a condizione che essa avvenga nei ruoli dell’ente che ha commesso l’abuso e che si ponga con esso in rapporto di diretta derivazione causale, non essendo sufficiente che l’assunzione sia stata semplicemente agevolata dalla successione dei contratti a termine, ma occorrendo che sia stata da essa determinata, costituendo l’esito di misure specificamente volte a superare il precariato, che offrano già
ex ante una ragionevole certezza di stabilizzazione, sia pure attraverso blande procedure selettive; ne consegue che anche alla luce di Corte Giust. U.E. 19 marzo 2020, C-103/18 e C-429/18 – non possiede tali caratteristiche una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine, atteso che, in caso di concorsi riservati, l’abuso opera come mero antecedente remoto dell’assunzione e il fatto di averlo subito offre al dipendente precario una semplice chance di assunzione, come tale priva di valenza riparatoria.
2.2. Insomma, le procedure concorsuali, ancorché interamente riservate, non possono essere assimilate alle ipotesi di stabilizzazione in senso tecnico, procedure, queste ultime nelle quali, invece, le amministrazioni non hanno il potere di selezionare il personale mediante prove di esame o valutazione di titoli professionali, dovendo procedere, ove le domande siano superiori al numero di assunzioni a tempo indeterminato programmate e decise, esclusivamente alla formazione di una graduatoria secondo l’ordine di priorità desumibile dalle stesse disposizioni normative e sulla base dell’anzia nità di servizio, potendosi ammettere la previsione di ulteriori titoli, anche riferiti all’esperienza professionale, soltanto per il caso di pari anzianità ( cfr. in tal senso Cass. S.U. n. 16041/2010).
Solo in presenza di una procedura di stabilizzazione che abbia le caratteristiche sopra indicate e che sia specificamente volta a risolvere il problema del precariato, assicurando agli assunti a tempo determinato la definitiva immissione nei ruoli della amministrazione, può quindi escludersi il diritto al risarcimento del danno cd. comunitario.
2.3. Tanto premesso, va quindi ribadito che tutte le volte in cui, invece, l’assunzione a tempo indeterminato è frutto di una procedura concorsuale o di un corso concorso, ancorché riservati agli assunti a termine, l’immissione in ruolo n on costituisce conseguenza diretta ed immediata dell’abuso, essendo, invece, il frutto del superamento della selezione di merito attraverso la valutazione delle capacità e delle qualità professionali dei concorrenti ( cfr. sul punto le non massimate Cass. n. 13209/2024, Cass. n. 20123/2024, Cass. 35145/2023), di modo che spetta comunque il diritto al risarcimento del danno cd. comunitario.
2.4. Nel caso di specie è la stessa parte ricorrente in cassazione che, nello sviluppo del motivo, riconosce che l’immissione in ruolo è avvenuta all’esito di procedura concorsuale di corso/concorso, seppur riservata agli assunti a tempo determinato ( cfr. ricorso pagg. 9 in fine e pag. 10), di modo che ciò solo basta ad escludere la fondatezza del ricorso. 2.3. Nella memoria l’ARIF continua ad insistere sull’avvenuta elisione del danno da precariato, rimarcando ancora che l’assunzione a tempo indeterminato del lavoratore è avvenuta in virtù di corso/concorso riservato agli assunti a tempo confrontandosi affatto con l’insegnamento del giudice di legittimità innanzi richiamato che esclude
indeterminato, non l’efficacia sanante dell’abuso di detta ipotesi.
2.4. Pacifica l’assunzione, quindi, di NOME COGNOME COGNOME in virtù di detta procedura selettiva riservata ai sensi dell’art. 20, comma 2, d.lgs. n. 75 del 2012, tanto basta al rigetto del ricorso, con conseguente irrilevanza di tutte le deduzioni contenute nel ricorso relative al mancato esame di documenti relativi a detta procedura.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo, con distrazione che, si precisa, ha a oggetto le sole competenze professionali e non gli importi ex art. 96 c.p.c.
La conformità della decisione alla proposta è integrale, perché riguarda sia il dispositivo che le ragioni poste a suo fondamento, sicché deve essere applicato il terzo comma dell’art. 380 bis c.p.c.
Nell’interpretare la disposizione citata le Sezioni Unite hanno osservato che il legislatore delegato ha tipizzato un’ipotesi di abuso del processo, già immanente nel sistema processuale, giacché non attenersi alla delibazione del Presidente o del consigliere delegato che trovi poi conferma nella decisione finale, è nella normalità indice di una responsabilità aggravata sanzionabile con la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‘altresì’) (cfr. fra le tante Cass. S.U. 22 settembre 2023, n. 27195, anche per quanto riguarda la disciplina intertemporale; Cass. S.U. 30 ottobre 2023 n. 30147; Cass. S.U. 27 dicembre 2023 n. 36069).
Le citate pronunce hanno precisato che, pur dovendosi escludere una interpretazione della norma che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, affinché il giudice possa legittimamente discostarsi dalla previsione legale è necessario che nel caso concreto sussistano ragioni idonee a giustificare il comportamento processuale della parte, ragioni non ravvisabili nella fattispecie perché il ricorso e la memoria
depositata ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ. non prospettano argomenti che possano indurre a rimeditare i principi espressi in ordine alle condizioni che devono ricorrere per affermare l’efficacia sanante della stabilizzazione.
Si attesta che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della P.A. ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater), se dovuto.
P.Q.M.
-rigetta il ricorso;
-condanna ARIF PUGLIA -Agenzia Regionale per le attività irrigue e forestali a rifondere al controricorrente le spese di lite, che liquida in complessivi € 3.000 per compenso, oltre € 200 per esborsi, accessori di legge e spese generali nella misura del 15%, da distrarre in favore dell’avv. NOME COGNOME
-condanna la P.A. ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., al pagamento in favore del controricorrente dell’ulteriore somma di € 2.000;
-condanna la P.A. ricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., al pagamento della somma di € 2.000 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater si dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della P.A. ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3.4.2025.