Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27027 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27027 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17324/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (EMAIL)
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE
-intimato-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1629/2022 depositata il 10/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/09/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato l’11 giugno 2022 NOME e NOME COGNOME COGNOME impugnano la sentenza n. 1629/2022 della Corte d’appello di Roma depositata in data 10 marzo 2022. L’intimata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non ha assunto difese.
La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado con la quale i ricorrenti sono stati condannati a risarcire il danno conseguente a un allagamento dell’immobile locato alla titolare della impresa intimata, verificatosi il 29.4.2014, rigettandone tutti i motivi di impugnazione, in particolare ritenendo che :
2.1. -Quanto all’assunta carenza di legittimazione attiva della società attrice, non fosse stato contestato dai convenuti appellanti che si trattasse di macchinari facenti parte del centro estetico di cui la locataria COGNOME era titolare;
2.2. – Quanto alla valutazione del danno ai macchinari non vi fosse prova che un accesso tempestivo ai locali in tempi diversi avrebbe scongiurato il prodursi del danno, e ciò a prescindere dal mancato rispetto dell’obbligo di consegnare le chiavi previsto contrattualmente e stanti le contrastanti considerazioni del CTU e del tecnico dell’impresa circa le modalità e i tempi del verificarsi dei danni, risultanti da documenti che gli appellanti avrebbero dovuto in ogni caso depositare in sede di appello;
2.3. -Quanto al giudicato pregresso (sentenza 19208/2017 del Tribunale di Roma) fosse infondata la relativa censura di
mancato rispetto del giudicato, poiché la conduttrice, convenuta in un’azione di sfratto per morosità dagli attori qui ricorrenti, in quella sede era stata condannata al pagamento dei canoni scaduti dal marzo 2015, e precisamente dalla riconsegna del locale a riapertura dell’attività, e non dall’ aprile 2014, data in cui si è verificato l’allagamento, essendo quindi differente la statuizione pronunciata dal Tribunale in detto procedimento di sfratto rispetto a quanto richiesto a titolo di danno nel presente giudizio.
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
Motivi della decisione
Con il primo motivo ex articolo 360 1 comma , n. 5 cod. proc. civ. i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. in punto di valutazione del materiale probatorio sul danno subito dai macchinari, sull’assunto che palesi circostanze di fatto e plurime ragioni dimostrerebbero la fondatezza dell’assunta corresponsabilità della COGNOME nell’aggravamento del danno. Il motivo è inammissibile in quanto non denuncia un fatto omesso inficiante una motivazione apparente o gravemente contradittoria (censura peraltro inammissibile anche perché si tratta di pronuncia doppiamente conforme), ma un’erronea ricostruzione della vicenda. Anche in relazione a tale diverso aspetto, la denuncia, per come esposta, non si sofferma sulle norme in tesi violate, ma sull’esito della valutazione probatoria, in tale sede insindacabile.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt 81 c.p.c. e 100 c.p.c. ex art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. in
relazione all’erronea considerazione della società quale parte legittimata a chiedere il risarcimento del danno, anziché della titolare del contratto di affitto. Il motivo difetta di autosufficienza ex art. 366 n. 6 c.p.c. , in quanto da un lato, non si confronta con la sentenza che indica che non fosse stato contestato che i macchinari erano di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE di cui la RAGIONE_SOCIALE era titolare, dall’altro non indica il documento da cui dovere trarre che la COGNOME avesse sottoscritto il contratto di locazione in proprio e non anche quale titolare della società (cfr. Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019).
Con il terzo motivo denunciano ex articolo 360 numero 3 cod. proc.civ. la violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. in relazione al mancato riconoscimento di un giudicato esterno tra le medesime parti in relazione alla sentenza n. 19208/2017. Il motivo è inammissibile perché non è in grado di impingere la ratio decidendi della sentenza impugnata, là dove ha accertato che sul punto non vi sia una statuizione in conflitto con il giudicato pregresso, posto che la statuizione si limita alla condanna della conduttrice COGNOME al pagamento dei canoni scaduti dal marzo 2015, e precisamente dalla riconsegna del locale a riapertura dell’attività, e non da aprile 2014, data in cui si è verificato l’allagamento per il risarcimento del quale la società ha agito chiedendo il danno subito dai macchinari e il danno da lucro cessante, per mancato esercizio della attività.
Con il quarto motivo i ricorrenti deducono violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione alle risultanze emerse in sede di ATP e alle domande proposte dalla COGNOME, in base alle quali i ricorrenti avevano eseguito i lavori secondo le indicazioni di quest’ultimo per € 2800,00, mentre alla rovina dei macchinari avrebbe contribuito la condotta negligente della COGNOME, come accertato dal medesimo CTU, e ciò non ostante la contestazione del maggior
danno richiesto. Il motivo è inammissibile, in quanto mira a contestare l’esito di valutazioni probatorie e non tanto un giudicato formale formatosi sul punto, peraltro non individuabile in un procedimento avviato per ottenere una ATP, liberamente apprezzabile e utilizzabile, quale elemento di prova idoneo a fondare il convincimento del giudice nel raffronto con le altre risultanze istruttorie acquisite e nei confronti di tutte le parti del processo ( cfr. da ultimo, Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 8496 del 24/03/2023)
Con il quinto motivo i ricorrenti ex art. 360 n. 5 c.p.c. denunciano violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 116 c.p.c. e dell’art. 2967 c.c. in relazione all’errato riconoscimento del risarcimento per mancato uso del locale, in quanto, da una parte, i ricorrenti si erano resi disponibili a mettere al riparo il macchinario mentre, dall’altra, si era evidenziata la necessità di effettuare un accertamento tecnico preventivo al fine di definire l’ an e il quantum del danno. Il motivo è inammissibile sia per come è formulato (vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., inammissibile in presenza di sentenza doppiamente conforme ut s upra ), sia con riferimento alla denuncia di violazioni delle norme sulla valutazioni probatorie, posto che le argomentazioni tendono a indurre questa Corte a sindacare l’esito di valutazioni probatorie in tema di accertamento e quantificazione del danno.
Conclusivamente il ricorso è inammissibile; nulla per le spese, stante l’assenza dell’intimata dal presente giudizio .
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile; nulla spese
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento
all’ufficio di merito competente, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, il 09/09/2024.