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Risarcimento danni: ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dai proprietari di un immobile contro la sentenza che li condannava al risarcimento danni a favore del conduttore, un centro estetico, a seguito di un allagamento. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità, soprattutto in presenza di una doppia decisione conforme dei giudici di merito.

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Risarcimento Danni: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito. La vicenda riguarda una richiesta di risarcimento danni a seguito dell’allagamento di un immobile commerciale e dimostra come un ricorso, se basato su una riconsiderazione dei fatti, sia destinato all’inammissibilità, specialmente in presenza di una ‘doppia conforme’.

I Fatti di Causa

La controversia nasce da un allagamento avvenuto in un immobile concesso in locazione e adibito a centro estetico. L’impresa conduttrice subiva ingenti danni ai macchinari e chiedeva il risarcimento danni ai proprietari dell’immobile. Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello condannavano i locatori a risarcire il danno, confermando la loro responsabilità per l’accaduto.

I proprietari, non soddisfatti della decisione, decidevano di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a cinque distinti motivi per contestare la sentenza d’appello.

Analisi dei Motivi del Ricorso e della Decisione della Corte

I ricorrenti hanno tentato di smontare la decisione della Corte d’Appello su più fronti, ma senza successo. La Cassazione ha ritenuto inammissibili tutti i motivi, evidenziando le ragioni procedurali che impedivano un esame nel merito.

1. Valutazione delle prove: I primi e gli ultimi motivi del ricorso criticavano il modo in cui i giudici di merito avevano valutato le prove relative all’entità del danno e alla presunta corresponsabilità del conduttore. La Corte ha respinto queste censure, qualificandole come un tentativo di ottenere una nuova e diversa ricostruzione della vicenda, attività preclusa in sede di legittimità. Ha inoltre sottolineato la presenza di una ‘doppia pronuncia conforme’, che rende ancora più stringenti i limiti all’impugnazione per vizi di motivazione.

2. Legittimazione attiva: I ricorrenti contestavano che la società conduttrice avesse il diritto di agire in giudizio, sostenendo che titolare del contratto fosse la persona fisica dell’imprenditrice. Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile per ‘difetto di autosufficienza’, poiché i ricorrenti non avevano fornito nel ricorso tutti gli elementi necessari a dimostrare la loro tesi.

3. Violazione del giudicato: Infine, è stata sollevata la questione di un presunto giudicato esterno derivante da una precedente sentenza di sfratto. La Corte ha chiarito che non vi era alcuna violazione, poiché la sentenza di sfratto riguardava il mancato pagamento dei canoni a partire da una data successiva all’allagamento, mentre il giudizio in corso verteva sul risarcimento danni per l’evento dannoso. I due giudizi avevano quindi oggetti diversi.

La valutazione del risarcimento danni in sede di legittimità

L’ordinanza ribadisce con forza che il giudizio di Cassazione non è la sede per contestare l’esito della valutazione delle prove effettuata dai giudici di merito. Il compito della Suprema Corte è quello di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione, non di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di grado inferiore. Quando un ricorrente si limita a proporre una lettura alternativa delle risultanze processuali, il suo ricorso è inevitabilmente destinato a essere dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione di inammissibilità su consolidati principi procedurali. In primo luogo, ha evidenziato che la maggior parte dei motivi di ricorso non denunciava reali violazioni di legge, ma sollecitava una riconsiderazione del materiale probatorio. Questa operazione è vietata nel giudizio di legittimità. In secondo luogo, il principio della ‘doppia conforme’ ha operato come un ulteriore sbarramento, impedendo la censura del vizio di motivazione quando le decisioni di primo e secondo grado sono concordanti sulla ricostruzione fattuale. Infine, le questioni procedurali, come la legittimazione attiva e il giudicato, sono state respinte perché formulate in modo non corretto o perché infondate nel merito, dato che i due giudizi avevano oggetti distinti.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia serve come monito per chi intende adire la Corte di Cassazione. È essenziale che il ricorso sia fondato su precise violazioni di norme di diritto o su vizi logici manifesti della motivazione, e non su un semplice disaccordo con la valutazione dei fatti compiuta nei gradi di merito. L’esito del caso conferma che per ottenere il risarcimento danni, la battaglia probatoria si svolge e si conclude quasi sempre nei primi due gradi di giudizio. Tentare di riaprirla in Cassazione è una strategia processuale con scarsissime probabilità di successo.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di una causa?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione, non può rivalutare le prove o ricostruire i fatti. L’ordinanza lo ribadisce dichiarando inammissibili i motivi che miravano a una diversa valutazione del materiale probatorio.

Cosa significa ‘pronuncia doppiamente conforme’ e quali sono le sue conseguenze?
Significa che la sentenza di primo grado e quella d’appello sono giunte alla medesima conclusione sulla ricostruzione dei fatti. In questo caso, il ricorso in Cassazione per omesso esame di un fatto decisivo è inammissibile. L’ordinanza applica questo principio per respingere i motivi basati sulla valutazione del danno.

Un precedente provvedimento tra le stesse parti costituisce sempre un ‘giudicato’ che vincola le decisioni future?
No, un provvedimento costituisce un giudicato solo sulle questioni che ha effettivamente deciso. Nel caso esaminato, una precedente sentenza di sfratto riguardava canoni non pagati dal marzo 2015, mentre la richiesta di risarcimento era per un allagamento avvenuto nell’aprile 2014. La Corte ha stabilito che, avendo oggetti diversi, non vi era conflitto tra le due decisioni e quindi nessuna violazione del giudicato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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