Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25785 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25785 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13427/2023 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO, domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3064/2023 depositata il 02/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME conveniva in giudizio RAGIONE_SOCIALE per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni indicati come conseguenti alla tardiva cancellazione di un’ipoteca su un immobile, in Rieti, oggetto di contratto preliminare di vendita a NOME COGNOME, allegando che la colposa condotta della convenuta aveva indotto quest’ultimo a posticipare l’acquisto, con ciò impedendo al deducente di avere, come previsto, la provvista necessaria a perfezionare un proprio acquisto di distinto immobile, in Roma, in tempo utile a rispettare il termine essenziale previsto in quest’ultimo contratto parimenti preliminare, con perdita della caparra di 50 mila euro trattenuta dal promissario venditore NOME COGNOME;
il Tribunale respingeva la domanda accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dall’agente per la riscossione;
la Corte di appello riformava la decisione accogliendo la domanda e osservando, per quanto qui ancora di utilità, che:
-l’attore aveva avuto notizia dell’iscrizione ipotecaria in parola il giorno 11 luglio 2006, aveva chiesto all’agente per la riscossione il giorno successivo di cancellare la formalità iscritta per errore, ottenendo la cancellazione il 14 luglio 2006, non in tempo, però, per rispettare, con la disponibilità della detta provvista, il termine essenziale del 13 luglio 2006 stabilito nel compromesso di acquisto dell’immobile in Roma, in relazione al quale aveva vanamente chiesto il differimento della stipula del negozio definitivo;
-non poteva addebitarsi al deducente alcuna condotta negligente, atteso che non aveva ragione d’ipotizzare la formalità pregiudizievole;
-la sopravvenuta difficoltà inerente alla commerciabilità del bene aveva impedito di adempiere al preliminare di acquisto, causando la perdita della caparra pacificamente versata;
avverso questa decisione ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate Riscossione, successore di Equitalia Sud s.p.a., articolando quattro motivi;
resistono con controricorso NOME, NOME e NOME COGNOME quali coeredi di NOME COGNOME.
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 132, cod. proc. civ., 118, disp. att. cod. proc. civ., 36, d.lgs. n. 546 del 1992, poiché la Corte di appello avrebbe mancato di motivare in modo riconoscibile sul perché la perdita della caparra avrebbe dovuto intendersi conseguenza diretta e immediata dell’erronea iscrizione ipotecaria, stante l’assenza di collegamento negoziale tra i due contratti, e la mancata verifica della legittimità o meno del recesso del promittente venditore che aveva trattenuto la somma in parola;
con il secondo motivo si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso rappresentato dalla persistente iscrizione d’ipoteca volontaria sull’immobile di Roma, a garanzia di un mutuo bancario, che integrava inadempimento del venditore anche a mente dell’art. 2 del relativo contratto, e dunque dimostrava l’illegittimità del recesso su cui era stato fondato il trattenimento della caparra;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2056, 1223, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che, in assenza
di collegamento negoziale tra i due contratti, non poteva dirsi che l’inadempimento dell’attore all’obbligazione di stipula del contratto definitivo di acquisto del cespite in Roma fosse stato causato dalla perdita dell’incasso ritraibile dalla vendita dell’immobile in Rieti, non costituendo, secondo un canone di regolarità, l’unica ovvero ordinaria fonte di finanziamento per finalizzare una compravendita, diverse risultando le voci di danno ipotizzabili per perdita delle occasioni di commerciare il bene ipotecato o di diminuite utilità tratte rispetto a un corrispondente bene libero da formalità;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1223, 1224, 1282, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato nell’accordare rivalutazione monetaria e interessi dalla data d’iscrizione ipotecaria, posto che il danno in tesi da ristorare si era verificato al trattenimento della caparra, ossia il 13 luglio 2006.
Considerato che
i primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
la Corte di appello, con motivazione pienamente riconoscibile e accertamento in fatto, non riesaminabile in questa sede di sola legittimità, ha ricostruito la sequenza degli accadimenti quale descritta in parte narrativa, e ha quindi concluso che all’attore era venuta meno la provvista per l’acquisito in concreto programmato, a causa della condotta dell’agente per la riscossione che, pur attivandosi tempestivamente all’esito della segnalazione, non aveva agito in tempo per consentire a COGNOME di rispettare il termine essenziale stabilito per la transazione commerciale in Roma, e, colposamente, aveva lasciato iscritta erroneamente l’ipoteca;
il giudizio di causalità materiale e giuridica è riservato -quanto ai profili fattuali ovvero diversi dai criteri legali che sovrintendono la conseguente analisi in iure -al giudice di merito
(cfr. Cass., 30/06/2021, n. 18509, sia pure in tema di responsabilità contrattuale; cfr., ad esempio, in tema di responsabilità aquilana, le distinzioni sul punto di Cass., 26/09/2024, n. 25805, pag. 8);
nella prospettazione di parte ricorrente, a ben vedere, non sarebbe stato violato il criterio giuridico della causalità adeguata, ma sarebbe stato male applicato in fatto, assumendo, tale difesa, che non risponderebbe a un canone di regolarità eziologica la conclusione secondo cui l’unica ovvero ordinaria provvista sarebbe in tal caso quella reperita con altra vendita;
ma la tesi è prettamente fattuale, avendo la Corte di appello ritenuto, implicitamente tanto quanto univocamente, che si trattasse, all’evidenza, di uno dei possibili modi di reperimento del denaro ai fini considerati nei commerci in parola (ciò sia detto senza considerare la clausola del contratto di vendita dell’immobile in Rieti che, come ricorda solo parte controricorrente, a pag. 10, indicava proprio tale specifica finalità);
in altri termini, nella prospettiva della Corte distrettuale si è trattato, quindi, di una perdita patrimoniale dovuta alla pregiudicata commerciabilità del bene da cui il venditore si riprometteva, come plausibile nei traffici immobiliari, di ottenere i fondi necessari ad altro e speculare affare, in questa chiave connesso;
la connessione in questione, pertanto, non è quella negoziale, ma proprio quella iscritta fattualmente nella causalità adeguata, utilizzata, quest’ultima, quale criterio per la selezione del danno conseguenza, nel quadro di una responsabilità di natura extracontrattuale dell’agente per la riscossione;
in questo perimetro ricostruttivo nulla sposta la presenza di una diversa ipoteca a carico dell’immobile oggetto del contratto preliminare di acquisto del bene ubicato in Roma, sia perché posta a tutela del compratore essendo rimessa allo stesso la scelta dei
modi in cui esercitarla, sia perché, evidentemente, si trattava di formalità la cui cancellazione sarebbe potuta avvenire e avrebbe potuto essere documentata anche il giorno stesso della stipula del contratto definitivo;
il quarto motivo è fondato;
il pregiudizio da risarcire è stato individuato nella perdita della caparra, avvenuta pacificamente il 13 luglio 2006, e non sin il diverso giorno dell’iscrizione ipotecaria avvenuta il 1° aprile 2004, come ritenuto dalla Corte distrettuale;
sul punto non essendo necessari altri accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel merito, modificando solo su tale punto la decisione di seconde cure;
le spese del solo giudizio di legittimità possono essere compensate per i profili di reciproca soccombenza derivanti da quanto da ultimo esposto.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi tre motivi, accoglie il quarto, cassa in relazione la decisione impugnata e, decidendo nel merito, condanna parte ricorrente alla corresponsione di rivalutazione monetaria e interessi compensativi, sulla somma stabilita nella sentenza n. 3063 del 2023 della Corte di appello di Roma, dal 13 luglio 2006, ferme le altre disposizioni della suddetta sentenza. Spese del giudizio di legittimità compensate.
Così deciso in Roma, il 24/06/2025. Il Presidente NOME COGNOME