Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6939 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6939 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4237-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO NOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 3182/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/10/2019 R.G.N. 4644/2016;
Oggetto
R.G.N. 4237/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 21/01/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
Sintesi dei motivi di ricorso principale
1.- La Corte d’appello di Roma, con la sentenza impugnata, in parziale accoglimento dell’appello proposto da NOME COGNOME ed in parziale riforma della sentenza di primo grado, che nel resto confermava, ha rigettato la domanda riconvenzionale formulata da Confapi nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, così assorbito l’appello proposto da Confapi ed ha compensato le spese del giudizio.
2.- La Corte territoriale con la pronuncia in oggetto, da una parte, ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di accertamento della illegittimità del licenziamento con condanna di Confapi a corrispondere a COGNOME la somma di € 180.920,24 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e del TFR relativo alla medesima, e la somma di euro 94.188,07 a titolo di indennità supplementare, oltre accessori, avendo il tribunale accertato la sussistenza della giusta causa.
3.Dall’altra parte, in parziale accoglimento dell’appello proposto da COGNOME, la Corte ha rigettato la domanda riconvenzionale con la quale Confapi chiedeva l’accertamento della responsabilità del dirigente per mala gestio e la condanna dello stesso al risarcimento del danno pari ad € 2.882.890 ovvero in via subordinata chiedeva compensarsi i danni patiti dalla Confapi con le somme eventualmente riconosciute a favore dell’opposto.
4.- Su tale domanda riconvenzionale la Corte d’appello ha osservato, preliminarmente, che la pretesa risarcitoria della Confapi si fondava sulla dedotta distrazione di fondi conferiti da Fapi a Confapi per avere COGNOME nel corso del periodo durante il quale aveva ricoperto l’incarico di Direttore Generale,
dirottato e distratto i finanziamenti erogati da Fapi per le c.d. attività propedeutiche, a favore di se stesso e dei suoi più stretti collaboratori, affidando incarichi a società apparentemente esterne, di cui egli stesso ed i suoi collaboratori facevano parte, in violazione, tra l’altro, del le rigorose procedure previste dal regolamento del Fapi in tema di affidamento.
5.- La Corte ha quindi riformato la sentenza di primo grado che aveva condannato NOME COGNOME in accoglimento parziale della domanda riconvenzionale, al risarcimento del danno per soli € 287.000 relativamente ai casi in cui gli incarichi conferiti da COGNOME a terzi non erano stati in concreto espletati dal soggetto esterno ma da parte di personale dipendente di Confapi.
Secondo la Corte di appello, anche relativamente a tale caso, mancava la prova del preteso danno di qualsiasi tipo, perché tutti i costi erano stati sempre sostenuti da Fapi; mentre Confapi, anche nel caso in cui i terzi non avevano in realtà prestato le c.d. attività propedeutiche, non aveva dedotto nè sottoutilizzazione del personale, né quanto fossero state in ipotesi le ore dedicate alle attività apparentemente svolte dai terzi compensati da Confapi.
6.- Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Confapi con due motivi ai quali ha resisto con controricorso NOME COGNOME il quale ha proposto ricorso incidentale con due motivi. La controricorrente ha depositato memoria prima dell’udienza. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Col primo motivo di ricorso principale RAGIONE_SOCIALE ha dedotto la nullità della sentenza, ex articolo 360 n. 4 c.p.c., in relazione all’articolo 132, n. 4 c.p.c. per totale carenza ed ambiguità di
motivazione nella parte in cui ha respinto la domanda di risarcimento danni per mala gestio avanzata da Confapi.
1.1. Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata è ampiamente e chiaramente motivata e non presenta le ambiguità dedotte nel motivo. Essa contiene più rationes decidendi neppure scalfite dal contenuto del ricorso avendo la Corte d’appello escluso qualsiasi preteso danno perché il personale della Confapi ha sempre continuato ad attendere alle occupazioni ordinarie per le quali era stato retribuito, non essendo stato allegato nulla né a proposito di sottoutilizzazioni, né a proposito di eventuali ritardi nello svolgimento dell’attività interna , né infine di un’eventuale corresponsione di maggiori retribuzioni a titolo di straordinario connesso alle prestazioni non dovute.
Inoltre non sussisteva danno perché l’onere economico era sempre stato a carico di Fapi e non di Confapi, che ha sempre regolarmente ricevuto dal Fapi tutti i finanziamenti pattuiti in convenzione per lo svolgimento delle cosiddette attività propedeutiche; e nel caso della utilizzazione del personale interno ( in luogo di terzi effettivamente pagati da Fapi) non era stato allegato nemmeno il costo del personale utilizzato, la sua sottoutilizzazione, la distrazione da altri compiti o l’aver dovuto assumere altri per i compiti di istituto.
1.2. Inoltre non è coretto impugnare in cassazione la sentenza d’appello sulla scorta delle asserite contraddizioni rispetto alla sentenza di primo grado. Anche perché non ci può essere contraddizione alcuna tra quanto accertato dal giudice primo grado e quanto affermato dal giudice di secondo grado avendo essi effettuato un accertamento diverso; posto che la sentenza di secondo grado, quanto alla prova del danno, si distacca radicalmente dalle affermazioni effettuate dal giudice di primo grado che confuta espressamente. La sentenza d’appello ha
invero sostenuto che l’accertamento del giudice di primo grado era irrilevante ai fini del danno perché i dipendenti avevano continuato a lavorare senza alcuna sottoutilizzazione, percependo la retribuzione che era loro dovuta.
1.3. La motivazione della sentenza è s enz’altro sussistente, non si ravvisano le insufficienze lamentate, né sono riscontrabili incongruenze in relazione a fatti decisivi.
Va considerato in proposito che, secondo la pacifica giurisprudenza, lo scrutinio sulla motivazione è consentito in questa sede di legittimità, quale violazione dell’art. 132 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., nei limiti di garanzia del minimo costituzionale e con esclusione del controllo sulla sufficienza della motivazione stessa (cfr., per tutte, Cass. s.u. 8053/2014); laddove le doglianze della ricorrente si risolvono invece in una inammissibile censura sul merito, preclusa in cassazione. Del resto è noto che con il ricorso per cassazione non si può sottoporre a censura qualsiasi vizio o insufficienza della motivazione posto che le censure motivazionali non conferiscono al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda, bensì la sola facoltà di controllare – sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale – le argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui “spetta in via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (ex multis, Cass. n. 742/2015).
1.4. Per quanto riguarda l’eccezione di giudicato esterno sollevata dal controricorrente (a seguito delle sentenze del
tribunale di Roma, della Corte di appello e del giudizio pendente in cassazione tra le parti), è evidente invece che non sussiste nessun giudicato allo stato degli atti, essendo quel giudizio, che riguarda anche parti diverse, tuttora pendente.
2.- Con il secondo motivo si deduce la violazione ex articolo 360 numero 3 c.p.c. degli articoli 1223, 1226 e 2056 c.c. per avere la sentenza gravata escluso che Confapi abbia subito un danno patrimoniale come conseguenza immediata e diretta della condotta del COGNOME; mentre il fatto accertato dal tribunale che i dipendenti Confapi abbiano svolto, ora integralmente ora parzialmente, le attività formalmente commissionate a terzi dal COGNOME, faceva di per sé giustizia delle sofistiche considerazioni sulle quali pretendeva di fondarsi la pronuncia di rigetto celandosi dietro l’affermazione per cui, poiché il personale doveva comunque essere retribuito per l’ordinaria attività, nessun costo ulteriore era stato sostenuto dal Confapi se , senza che si sia dovuto ricorrere al lavoro straordinario o ad assunzioni, quel personale ha svolto altri compiti, la cui remunerazione è stata percepita da terzi che nulla o talvolta quasi nulla hanno fatto.
2.1. Il secondo motivo è inammissibile laddove mira soltanto a contestare l’accertamento di fatto circa l’insussistenza dei danni lamentati da Confapi e di cui, per i motivi già detti, secondo l’accertamento operato dal giudice di merito, mancavano prioritariamente le allegazioni in fatto e le conseguenti deduzioni probatorie, a prescindere dal nesso di causa; perché era stato dedotto come danno l’importo dei fondi asseritamente distratti che però erano a carico di FAPI e non di Confapi la quale avrebbe dovuto allegare semmai quali danni avesse sopportato per i costi ingiustificati del personale.
Sintesi dei motivi di ricorso incidentale
3.- Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce la violazione degli articoli 2118 e 2119 c.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c., posto che la Corte d’appello ha respinto l’impugnazione in merito alla insussistenza della giusta causa ed al diritto del Feroldi di ricevere il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso, del relativo TFR e dell’indennità supplementare formulate con il ricorso introduttivo; tale motivo di impugnazione è stato disatteso dalla Corte d’appello con la motivazione secondo cui al fine di respingere le domande proposte dal COGNOME sarebbe stato sufficiente accertare la semplice giustificatezza del licenziamento.
Così motivando la sentenza di appello ha violato le norme indicate in relazione alla domanda del COGNOME di pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso. L’accertamento della giustificatezza del licenziamento non esclude il diritto di COGNOME di ricevere dalla Confapi il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso.
4.- Col secondo motivo si deduce la violazione dell’articolo 112 c.p.c. ex articolo 360 n. 4 c.p.c., in subordine al primo motivo, posto che il capo della sentenza di appello che invocando il criterio della giustificatezza non ha condannato la Confapi al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso è stato impugnato anche per il vizio di omessa pronuncia sulla domanda formulata con il ricorso ex articolo 414 c.p.c. che era stata formalmente riproposta con il ricorso in appello.
I due motivi di ricorso possono essere esaminati unitariamente per connessione.
5.1. Il primo motivo di ricorso va dichiarato inammissibile perché non si confronta col decisum; in realtà la Corte, sull’impugnazione della sentenza che aveva accertato la giusta causa, non si è limitata a sostenere che ai fini del rigetto di tutte le domande del ricorrente riproposte con l’appello sarebbe stato
sufficiente accertare la giustificatezza del licenziamento dirigenziale; da una piana lettura della sentenza, emerge che la Corte d’appello non ha escluso la sussistenza della giusta causa, ma si è solo limitata a sostenere in diritto che ai fini dell’eventuale riconoscimento della sola dell’indennità supplementare occorresse fare riferimento alla nozione contrattuale di giustificatezza; e tale affermazione effettuata dalla Corte di appello, di per sé, in quanto riferita alla sola indennità supplementare e’ corretta sul piano logico e giuridico. Pertanto la Corte d’appello non ha detto che basti la giustificatezza per escludere il preavviso; ha affermato che basta la giustificatezza per escludere l’indennità sostitutiva.
5.2. Neppure può ritenersi fondato il secondo motivo di ricorso incidentale circa l’omessa pronuncia sull’esistenza della giusta causa dell’art.2119 cc.
In realtà deve ritenersi che la Corte d’appello , richiamando in sentenza quando accertato dal tribunale – circa la ricorrenza della giusta causa di licenziamento per l’evidente idoneità del l’ inadempimento ascritto a svuotare di qualsiasi utilità per la Confapi la prosecuzione pure provvisoria del rapporto di lavoro -ha pure rigettato il motivo di censura sollevato in appello, concernente proprio l’omessa pronuncia da parte del tribunale sulla domanda d’indennità di preavviso, ribadendo invece, anche implicitamente, che il tribunale avesse pronunciato sul punto ed accertato, quindi, la ricorrenza della giusta causa di recesso siccome emergente dalla ricostruzione complessiva dei fatti di causa e delle domande svolte nel giudizio.
Tanto esclude la presenza di un qualsiasi vizio della sentenza impugnata, di natura sostanziale o processuale, in relazione al diniego dell’indennità di preavviso al ricorrente ed alla legittimità del licenziamento; ed essa si sottrae pertanto alle censure sollevate con il ricorso incidentale.
Per tutte le ragioni esposte il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere rigettati. Le spese processuali possono essere compensate in relazione all’esito del giudizio.
7.- Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002 per entrambi i ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; spese compensate.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unific ato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 21.1.2025
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME