Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13239 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13239 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16996/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, domiciliazione telematica EMAIL , dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME domiciliazione telematica EMAIL, dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME DEI PASCHI DI SIENA SPA, domiciliazione telematica EMAIL, dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente avverso e ricorrente incidentale, entrambi i ricorsi sopra riportati-
nonché contro
COGNOME, domiciliazione telematica EMAIL, dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente avverso il ricorso di COGNOME NOME e avverso il ricorso di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e ricorrente incidentale-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
RAGIONE_SOCIALE COGNOME DEI PASCHI DI SIENA SPA, domiciliazione telematica EMAIL, dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente avverso il ricorso di
COGNOME–
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 556/2020 depositata in data 8/04/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/02/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
NOME COGNOME ricorre, sulla base di sei motivi, corredati da memoria, per la cassazione della sentenza n. 556 del 2020 della Corte di appello di L’Aquila esponendo, per quanto qui ancora di utilità, che:
–NOME e NOME COGNOME, in proprio e quali eredi di NOME COGNOME, premesso che, con sentenza n. 37 del 1999 , cui era seguìto il rigetto dell’appello e del seguente ricorso per cassazione, il Tribunale di Avezzano aveva condannato la RAGIONE_SOCIALE Popolare della Marsica -poi fusa per incorporazione nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., il cui ramo di azienda bancario sarebbe poi stato conferito da RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., successore a titolo universale, con RAGIONE_SOCIALE incorporazione, della suddetta incorporante, nella RAGIONE_SOCIALE, che aveva contestualmente assunto ancora la denominazione di RAGIONE_SOCIALE -al risarcimento in loro favore del danno, da liquidarsi in separata sede, derivato dalla falsificazione e dall’uso della fideiussione, apparentemente rilasciata in data 15 dicembre 1993 da NOME COGNOME in favore del figlio NOME COGNOME, germano RAGIONE_SOCIALE attrici; che nel corso di quel giudizio il predetto istituto di credito aveva chiesto e ottenuto il sequestro conservativo RAGIONE_SOCIALE quote cedute da NOME COGNOME e NOME COGNOME, a NOME COGNOME il secondo e ad entrambe le deducenti la prima, di partecipazione nella RAGIONE_SOCIALE, sequestro revocato, quanto alle quote di COGNOME, con la ricordata sentenza; tutto ciò premesso, convenivano, davanti allo
stesso Tribunale, la RAGIONE_SOCIALE, per la liquidazione del ristoro al descritto pregiudizio, con condanna al pagamento della complessiva somma di quasi 3 milioni di euro, a titolo di danno anche non patrimoniale subìto in proprio, e quale danno non patrimoniale subìto dalla loro dante causa ‘ pro quota ‘;
-la RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, resistendo alla domanda, in via preliminare aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, indicando quale eventuale destinatario della domanda la RAGIONE_SOCIALE che, costituitasi volontariamente in giudizio, aveva aderito alle deduzioni svolte dal RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE;
-il Tribunale di Avezzano con sentenza non definitiva n. 489 del 2015 aveva accertato il reclamato diritto RAGIONE_SOCIALE attrici al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da quantificarsi nel prosieguo del giudizio e, con sentenza definitiva n. 564 del 2016, aveva condannato il RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALE attrici della complessiva somma di 764.919,97 euro, a titolo di risarcimento per i danni patrimoniali da cessata attività, mancato beneficio fiscale, mancato utilizzo di contributo pubblico, perdita di reddito annuo, aumento dei costi di adeguamento strutturale dell’immobile, deprezzamento del fabbricato e RAGIONE_SOCIALE finiture, perdita dell’avviamento commerciale e impossibilità di vendita della struttura, nonché per il danno non patrimoniale da disagio e lesione dell’immagine anche commerciale;
–RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE aveva proposto appello cui avevano resistito NOME e NOME COGNOME, mentre RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era rimasta contumace;
-la Corte di appello aveva riformato la decisione di primo grado osservando, in particolare, che:
-la fusione per incorporazione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, era disciplinata dall’art. 2504 -bis, cod. civ., ‘ratione temporis’ vigente, con successione universale della società incorporante convenuta, laddove RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era stata a sua volta incorporante la RAGIONE_SOCIALE Popolare della Marsica, oggetto del ricordato giudicato di condanna del 1999, mentre non poteva avere rilievo il dedotto conferimento del ramo di azienda bancario di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, attesa l’estraneità della ragione di debito risarcitorio da fatto illecito rispetto all’attività d’impresa in senso proprio, dal che la sussistenza della legittimazione passiva della società RAGIONE_SOCIALE;
-le produzioni documentali effettuate all’udienza di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni in primo grado dalle originarie attrici COGNOME, ovvero una consulenza di parte e con annessi allegati cartolari, erano state tardive, e come tali inutilizzabili, al pari della documentazione, comprensiva della licenza di pubblico esercizio con vidimazioni annuali e planimetrie catastali, di cui si era avvalso il nominato consulente tecnico di ufficio al quale pure il Tribunale aveva esplicitato di tener conto della sola documentazione sino ad allora prodotta;
-non era risultata prova dell’avvenuto sequestro conservativo anche di utili e crediti, in aggiunta a quello RAGIONE_SOCIALE quote della RAGIONE_SOCIALE cedute da NOME COGNOME alle figlie NOME e NOME COGNOME, e quest’ultimo provvedimento cautelare non aveva potuto determinare, di per sé, l’ipotizzata paralisi della vita societaria, rimanendo funzionante l’organo assembleare
nonché possibile lo stesso esercizio del diritto di voto, e determinandosi diversamente la sola inopponibilità degli atti di alienazione di quanto sequestrato, fermo restando, altresì, che era rimasto efficace e incidente l’analogo sequestro RAGIONE_SOCIALE quote cedute da NOME COGNOME a NOME COGNOME;
-la RAGIONE_SOCIALE Popolare della Marsica aveva revocato la linea di credito alla sRAGIONE_SOCIALE, chiedendo inoltre il rientro dello scoperto di conto, ma la chiusura di questo era avvenuto su istanza della medesima società, mentre non vi era stata alcuna prova dell’impossibilità della medesima RAGIONE_SOCIALE di aprire altri conti ovvero accendere altre linee di credito qualora necessarie;
-neppure era risultata prova del venir meno di un apprezzabile credito commerciale della società, anzi essendo risultato che la struttura aziendale, nel 2003 e nel 2005, a sequestro revocato, era stata oggetto d’interesse da parte di altre società per la locazione ovvero l’acquisto;
-non era pertanto stato dimostrato il nesso causale tra sequestro, correlato all’uso della fideiussione con sottoscrizione falsa, e dedotti danni, in specie da chiusura dell’attività, perdita dell’avviamento e deprezzamento strutturale dell’immobile;
-neppure vi era stata prova del preteso danno non patrimoniale, che non poteva considerarsi ‘in re ipsa’, dovendosi in specie sottolineare che l’allegata sofferenza, per il timore di dover rispondere con l’intero proprio patrimonio dei debiti di NOME COGNOME, non aveva rilievo atteso che la RAGIONE_SOCIALE Popolare della Marsica non aveva mai chiesto a NOME e NOME COGNOME il pagamento dei suddetti debiti personali, mentre, quanto a NOME COGNOME, non solo non era stata provata la modifica
RAGIONE_SOCIALE proprie complessive condizioni di vita, ma non era risultata nemmeno la natura pretestuosa dell’azione giudiziaria dell’istituto di credito;
con ulteriore ricorso, basato su due motivi, anch’essi corredati da memoria, ricorrono, avverso la stessa sentenza di appello, NOME COGNOME, figlia di NOME COGNOME, nonché NOME e NOME COGNOME, nipoti ‘ex matre’ della stessa, nella qualità di aventi causa;
questi ultimi soggetti ricorrenti hanno inoltre notificato e depositato atto d’integrazione del contraddittorio nei confronti della prima ricorrente originariamente da loro non intimata, insieme a RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a.;
resiste con controricorso NOME COGNOME, intimata in uno a RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., da NOME COGNOME, proponendo, al contempo, ricorso incidentale subordinato fondato su due motivi, corredati da breve memoria;
RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso sia al ricorso di NOME COGNOME, sia al ricorso di NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME, proponendo, in uno a entrambi, ricorso incidentale fondato su tre motivi, e resiste, con ulteriore distinto controricorso, al ricorso di NOME COGNOME;
quest’ultima RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria di mera ripresa RAGIONE_SOCIALE proprie deduzioni;
è rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a.;
rilevato che
Ricorso di NOME COGNOME
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, cod. civ., 360, n. 5, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato dichiarando la descritta inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE produzioni documentali di cui si era avvalso il perito giudiziale nel ricostruire il pregiudizio subìto, poiché, posto che il consulente poteva acquisire documenti attinenti ai fatti
secondari, nel caso lo aveva fatto solo con la copia di licenza di pubblico esercizio con vidimazione annuale e planimetrie catastali, che erano meramente accessori;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 2697, 2727, 2729, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando immotivatamente di constatare che il perito d’ufficio non si era basato, per la sua ricostruzione, sulla consulenza di parte e relativi documenti prodotti all’udienza di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni, pur legittimamente esibiti in ragione dell’immotivato ed erroneo rigetto RAGIONE_SOCIALE istanze istruttorie formulate con la seconda memoria ex art. 184, cod. proc. civ., da parte del Tribunale, e pur da valutare in quanto indispensabili alla decisione, e infatti:
-per rispondere al quesito afferente alla perdita del beneficio fiscale, si era basato sulla risposta dell’RAGIONE_SOCIALE all’istanza di ‘disapplicazione’ presentata da NOME COGNOME, prodotta con la citazione;
-per la perdita del reddito annuo, su uno studio della RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE relativi ai redditi alberghieri, e per il costo da deprezzamento dei beni su manuali di estimo, muovendo dal funzionamento in buono stato dell’albergo fino al blocco causato dalla condotta della banca nel 1995;
-per la perdita dell’avviamento commerciale, sul parametro desumibile dalla legge n. 392 del 1978, per le locazioni ad uso commerciale;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 520, 522, 546, 559, 560, cod. proc. civ., 2697, 2912, 2741, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che dal sequestro RAGIONE_SOCIALE quote derivava quello agli utili da distribuire;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che il sequestro RAGIONE_SOCIALE quote aveva inevitabilmente inciso sulla vita societaria, compromettendone l’operatività, e che la segnalazione alla RAGIONE_SOCIALE in ragione della fideiussione apparentemente rilasciata da NOME COGNOME, per la sofferenza debitoria fino a 10 miliardi di vecchie lire di NOME COGNOME, rivelatasi apocrifa, non poteva che aver prodotto effetti negativi sulla gestione economica dell’albergo, minando l’affidamento commerciale, a maggior ragione dopo la revoca del fido, fino a 100 milioni di vecchie lire, e la richiesta di rientro per 25 mila euro circa, decise dalla RAGIONE_SOCIALE Popolare della Marsica;
con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe mancato di esaminare e considerare che la deducente aveva visto la caduta d’immagine e prestigio dell’albergo soffrendone di conseguenza, così come per essersi vista costretta a difendersi per circa 17 anni di processi dall’irragionevole durata con la paura di dover rispondere con tutto il suo patrimonio, sentendosi al contempo additata dai compaesani come oggetto di tali ingenti pretese oltre che protagonista di così gravi fallimenti imprenditoriali;
con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di pronunciarsi sull’appello incidentale proposto in relazione alla quantificazione del danno riconosciuto parzialmente rispetto alla domanda, pur trattandosi di questione assorbita ma senza espressa statuizione;
Ricorso NOME COGNOME COGNOME COGNOME
con il primo motivo si prospetta la violazione del giudicato e quella dell’art. 1176, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare, in specie, che: l’accertato danno
da reato, oggetto di condanna generica, avrebbe dovuto essere comunque risarcito; la revoca della linea di credito e la richiesta di rientro immediato, poste in tal modo in essere dalla banca, avevano determinato sia la richiesta di estinzione del conto, affatto volontaria, sia, pertanto e più in generale, un ingiusto pregiudizio patrimoniale; nella sentenza n. 37 del 1999 del Tribunale di Avezzano era stata accertata la comunicazione alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE d’Italia dell’esposizione per la fideiussione apparentemente prestata da NOME COGNOME che, unitamente all’autorizzazione del sequestro conservativo di beni del 7 marzo 1995, e prim’ancora in data 14 febbraio 1995 RAGIONE_SOCIALE quote sociali, e quindi dei relativi utili come da atto nelle forme del pignoramento del 17 febbraio 1995, aveva determinato evidentemente l’irrimediabile impossibilità di operare per la società di gestione dell’albergo; non rispondeva al vero che il sequestro RAGIONE_SOCIALE quote di NOME COGNOME fosse rimasto efficace, come desumibile sia dalla sentenza del 1999 appena citata, sia dalla sentenza n. 542 del 2012 del Tribunale di Avezzano relativa alla domanda di revocatoria e simulazione della cessione RAGIONE_SOCIALE quote stesse proposta dalla banca;
con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato negando che il consulente d’ufficio potesse acquisire documentazione afferente a fatti tecnici accessori ovvero, comunque, che potesse evincere quanto necessario da documenti di provenienza pubblica come il provvedimento dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di disapplicazione fiscale per impossibilità di raggiungere ricavi minimi da parte della società, proprio per le iniziative bancarie sulle quote sociali che avevano determinato l’impossibilità di programmare gli interventi necessari per rendere competitiva l’azienda sul mercato, essendo «durato in pratica» oltre 19 anni il sequestro in parola, affatto revocato nel 2003 e nel 2005 come
affermato dalla sentenza impugnata discorrendo del tempo degli interessamenti per la locazione o l’acquisto dell’azienda;
Ricorso incidentale subordinato di NOME COGNOME
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 360, n. 5, 115, 116, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di apprezzare sia le risultanze documentali prodotte dalle parti sia quelle acquisite dal consulente giudiziale per la necessità di accertamento dei fatti, di fonte anche pubblica come le planimetrie catastali o il provvedimento di disapplicazione fiscale dell’RAGIONE_SOCIALE, finendo per violare anche la disciplina RAGIONE_SOCIALE presunzioni ovvero del compiuto apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie relative al pregiudizio determinato in specie dal sequestro RAGIONE_SOCIALE quote della RAGIONE_SOCIALE durato quasi due decenni che, evidentemente, aveva impedito di finalizzare le stesse offerte di locazione e acquisto dell’azienda;
il secondo motivo propone le stesse censure del primo motivo del ricorso di NOME COGNOME e COGNOME;
Ricorsi incidentali di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
con il primo motivo di entrambi i ricorsi si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 58, testo unico bancario, e dei criteri d’interpretazione dei contratti poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la ragione di debito, per la banca, derivante RAGIONE_SOCIALE pretese risarcitorie svolte nei propri confronti era inerente allo svolgimento della sua propria attività d’impresa, rientrando così nell’ampia dizione del contratto di conferimento di ramo di azienda, ovvero nelle ‘altre passività’ quali riassuntivamente richiamate nel correlato avviso in Gazzetta Ufficiale, laddove la stessa condotta successiva RAGIONE_SOCIALE parti lo aveva confermato, come evincibile dalla costituzione della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per resistere all’azione risarcitoria in discussione, e dalla proposizione, da opera di RAGIONE_SOCIALE,
soggetto distinto dall’odierno ricorrente incidentale, in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE, del ricorso per cassazione avverso la decisione di appello confermativa della sentenza n. 37 del 1999 del Tribunale di Avezzano;
con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 112, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di pronunciarsi sulla domanda restitutoria formulata in sede di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni, da parte della deducente, afferente alle somme versate a séguito della sentenza di primo grado che l’aveva vista soccombente, e dopo l’assegnazione statuita dal giudice dell’esecuzione il 23 novembre 2016, nel procedimento coattivo introdotto dopo la notifica dell’atto di appello;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di pronunciarsi sulle spese della consulenza tecnica d’ufficio, pur regolando secondo soccombenza gli altri oneri processuali;
considerato che
deve preliminarmente osservarsi che NOME COGNOME ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva per aver rinunciato, puramente e semplicemente, prima della ricezione della notifica del ricorso per cassazione, all’eredità della madre NOME COGNOME, deceduta nel corso del giudizio di appello senza dichiarazione del proprio procuratore, e poi, ad ogni conto, anche del padre NOME COGNOME;
in coerenza, NOME COGNOME in uno a NOME e NOME COGNOME, hanno proposto ricorso quali, rispettivamente, figlia e nipote da parte di madre, di NOME COGNOME;
dalla produzione di tali ultimi ricorrenti (docc. 1a, 1b, 2b), e da quella della difesa di NOME COGNOME (docc. 2 e 3), acquisiti complessivamente agli atti (cfr., Cass., 21/04/1979, n. 2247, Cass., 25/03/1995, n. 3564, Cass., 29/11/2000, n. 15312, Cass.,
17/04/2023, n. NUMERO_DOCUMENTO), emerge conferma RAGIONE_SOCIALE suddette allegazioni;
ciò detto, deve osservarsi che la notifica del ricorso di NOME COGNOME a NOME COGNOME, così come a NOME COGNOME, è avvenuta a titolo di mera ‘litis denuntiatio’, atteso che la seconda non è controinteressata al gravame della prima -analogamente a quanto deve dirsi in ordine all’atto d’integrazione del contraddittorio effettuato nei confronti di COGNOME da parte di NOME COGNOME e dei ricorrenti COGNOME;
ne deriva, ulteriormente, l’assorbimento RAGIONE_SOCIALE censure del ricorso incidentale espressamente condizionato da NOME COGNOME (pag. 6) al mancato riconoscimento dell’estraneità della suddetta deducente, senza necessità, in tutti questi casi, di regolazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite (cfr., Cass., 24/03/2023, n. 8491, cui ‘adde’ Cass., 16/01/2024, n. 1593);
così come ne deriva il superamento RAGIONE_SOCIALE deduzioni sul punto svolte in memoria dalla difesa di NOME COGNOME;
allo stesso tempo ne risulta, invece, l’ammissibilità del ricorso di NOME COGNOME e dei successori per rappresentazione NOME e NOME COGNOME (cfr., Cass., 7/12/2023, n. 34373, secondo cui il soggetto, che non sia stato parte nel grado precedente, che proponga impugnazione avverso la decisione adottata al suo esito nell’asserita qualità di successore, a titolo universale o particolare, di colui che era stato parte nel precedente grado o fase di giudizio, deve, in primo luogo, allegare la propria ‘ legitimatio ad causam ‘ per essere subentrato nella medesima posizione del proprio dante causa, deducendo le circostanze che costituiscono il presupposto di legittimazione alla sua successione nel processo, e, in secondo luogo, fornire la prova di tali circostanze, dovendo, in difetto, essere dichiarata, anche d’ufficio, l’inammissibilità dell’impugnazione; Cass., 27/01/2011, n. 1943, con cui è stato rimarcato che incombe alla parte che ricorre per cassazione, nella
qualità di erede della persona che fece parte del giudizio di merito, l’onere di dimostrare, per mezzo RAGIONE_SOCIALE produzioni documentali, consentite dall’art. 372 cod. proc. civ., il decesso della parte originaria e la propria qualità di erede; in difetto, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per mancanza di prova della legittimazione a impugnare, nessun rilievo assumendo la mancata contestazione di tale legittimazione ad opera della controparte, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio);
i primi cinque motivi di ricorso di NOME COGNOME, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
va premesso che recentemente le Sezioni Unite (cfr. Cass., Sez. U., 01/02/2022, n. 3086 cui ‘adde’ succ. conf.) hanno chiarito che:
-il consulente nominato dal giudice, nei limiti RAGIONE_SOCIALE indagini commessegli e nell’osservanza del contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, può acquisire, anche prescindendo dall’attività di allegazione RAGIONE_SOCIALE parti – non applicandosi alle attività del consulente le preclusioni istruttorie vigenti a loro carico tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottoposti, a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e RAGIONE_SOCIALE eccezioni che è onere RAGIONE_SOCIALE parti provare e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio;
-al contempo, l’accertamento di fatti diversi dai fatti principali dedotti dalle parti a fondamento della domanda o RAGIONE_SOCIALE eccezioni e salvo, quanto a queste ultime, che non si tratti di fatti principali rilevabili d’ufficio, o l’acquisizione nei predetti limiti di documenti che il consulente nominato dal giudice accerti o acquisisca al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli in violazione del contraddittorio RAGIONE_SOCIALE
parti, è fonte di nullità relativa rilevabile ad iniziativa di parte nella prima difesa o istanza successiva all’atto viziato o alla notizia di esso;
parte ricorrente afferma, in specie con la prima censura, che la documentazione utilizzata dal perito d’ufficio riguardava esclusivamente fatti accessori, ovvero secondari, attinenti cioè a circostanze dirette a provare i fatti principali dedotti (Cass., 6/05/2020, n. 8525), ovvero acquisizioni d’informazioni presso pubbliche amministrazioni o pubblici registri, sempre possibili;
pur potendo ipotizzarsi la fondatezza della complessiva deduzione, perché le censure siano sorrette da interesse, ovvero dotate di concludenza, la parte medesima deve -e avrebbe dovuto -dimostrare la specifica potenzialità decisiva dei documenti analizzati dal perito in questione;
tutto ciò ferma restando, logicamente, l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE produzioni di parte di cui la Corte di appello ha statuito la tardività, contestata affermando, in particolare con la seconda censura, che le istanze istruttorie tempestivamente articolate con la seconda memoria ‘ex’ art. 184, cod. proc. civ., erano state immotivatamente disattese, senza però neppure specificare il compiuto contenuto RAGIONE_SOCIALE stesse, in violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., ‘ratione temporis’ applicabile (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469), e, più complessivamente, senza evocare una differente censura a mente dell’art. 345, cod. proc. civ., ‘ratione temporis’ vigente, bensì limitandosi ad affermare apoditticamente l’indispensabilità, non meglio utilmente chiarita nei contenuti, della suddetta documentazione;
la difesa di COGNOME descrive il contenuto della documentazione rilevante utilizzata dal perito giudiziale soprattutto nel secondo motivo, ma senza permettere in alcun modo la verifica della potenziale decisività sopra richiamata, senza la quale l’accoglimento cassatorio diverrebbe meramente esplorativo;
infatti:
-non è dato sapere perché e in quale modo dal provvedimento di ‘disapplicazione’ fiscale dettato dall’RAGIONE_SOCIALE, in ottica tributaria, avrebbe potuto evincersi un arrecato pregiudizio patrimoniale;
-per quale ragione i redditi analizzati dal consulente d’ufficio avrebbero potuto ritenersi applicabili a quelli dell’albergo;
-da quale elemento di prova, non tardivamente introdotto, avrebbe potuto evincersi lo stato pregresso dell’albergo;
-perché la perdita dell’avviamento avrebbe dovuto parametrarsi a quella prevista per la diversa fattispecie locatizia dalla legge n. 392 del 1978, senza tener conto della dimostrazione dello specifico avviamento dell’azienda alberghiera in discussione;
quanto al tema del sequestro RAGIONE_SOCIALE quote ovvero anche degli utili, è evidente che, come eccepito dal RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, non assume un rilievo decisivo senza l’allegazione dell’avvenuta dimostrazione, nelle sedi di merito, della sussistenza di utili stessi da distribuire;
anche la deduzione in ordine all’inoperatività della società in ragione del sequestro non si misura compiutamente con la ragione decisoria, autosufficiente, della Corte di appello che (a pag. 13) ha sottolineato come non sussistessero motivi per una paralisi gestoria, non inibita dal mero vincolo conservativo sulle quote cedute, con relativa inopponibilità al soggetto in tesi creditore della cessione stessa e -va aggiunto -possibilità, in tesi e se del caso, di ottenere l’assegnazione dei correlati utili, quando maturati, assumendo l’estensione del vincolo stesso su quelli;
il tutto fermo rimanendo l’ulteriore rilievo della Corte territoriale relativo all’autonoma incidenza del diverso sequestro
RAGIONE_SOCIALE quote cedute da NOME COGNOME, di cui si dirà anche scrutinando il ricorso principale ulteriore;
quanto alla segnalazione dell’esposizione fideiussoria, di COGNOME quale socia della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, non è dato comprendere come e in quale misura sarebbe stato dimostrato che avrebbe inciso, di per sé, sulla gestione dell’azienda, al pari della revoca dell’affidamento e della richiesta di rientro di un debito di cui neppure si nega l’esistenza: sul punto la parte sostiene una perdita di una precedente credibilità commerciale, evidentemente prospettabile come evincibile per presunzioni, il cui assunto si risolve però in una sollecitazione al rinnovo del sindacato fattuale, proprio del giudice di merito e come tale estraneo alla presente sede di legittimità, tenuto conto che la Corte territoriale ha accertato (pag. 14) che pervennero interessamenti per la locazione ovvero l’acquisizione dell’azienda, senza che nulla venga allegato neppure in ordine all’esame RAGIONE_SOCIALE ragioni della mancata finalizzazione degli stessi, e ha osservato (pag. 13) che non era stata data prova della concreta impossibilità di accensione di altri finanziamenti e conti;
per ciò che concerne, infine, i danni non patrimoniali, la Corte territoriale del pari ha evidenziato la mancata prova dell’effettiva sussistenza degli stessi, e la quinta censura ripropone l’allegazione della perdita di prestigio dell’albergo e della lesione dell’immagine della deducente nel suo ambiente di vita, senza che nulla si dica di quando e come sarebbero state offerte prove di tutto ciò, alla luce del principio di esclusione di ogni danno ‘in re ipsa’, dovendosi sempre dare dimostrazione del concreto peggioramento patito (cfr., da ultimo, ad esempio, Cass., 29/11/2023, n. 33276), ciò anche, pertanto, nel caso di giudizio liquidatorio susseguente, come nell’ipotesi, a quello di accertamento dell”an’ con condanna generica (cfr. utilmente Cass., Sez. U., 12/10/2022, n. 29862, che infatti precisa come ai fini dell’accoglimento della domanda di
condanna generica al risarcimento del danno è sufficiente che l’attore dimostri la colpa e il nesso causale e che l’esistenza del danno appaia anche solo probabile; ne consegue che non è necessario, ai fini dell’ammissibilità stessa della domanda, che l’attore indichi le prove di cui intende avvalersi per dimostrare il “quantum debeatur”, prove che andranno, invece, fornite nel relativo e successivo giudizio);
si sottolinea che la prospettazione della ‘irragionevole durata dei processi’, viene fatta in modo strettamente connesso a quella del«l’incubo di dover rispondere anche con il suo intero patrimonio», sentendosi «additata dai compaesani come fallita, esecutata sottoposta a sequestro» (pag. 32 del ricorso), affermazioni non corredate, come detto, della specificazione di quando e come la misura apprezzabile di tutto ciò sarebbe stata provata, seppure indiziariamente ma non apoditticamente, supportando, in modo non elusivo degli oneri di parte, la liquidazione in tesi equitativa del giudice;
peraltro, non risulta specificatamente censurata la ragione decisoria per cui non era stata dimostrata la natura pretestuosa dell’iniziativa giudiziale della banca, tale non potendo dirsi solo perché era poi risultata apocrifa la fideiussione utilizzata;
il sesto motivo è inammissibile;
si tratta infatti di censura rivolta a statuizione, indicata come omessa, su profilo evidentemente assorbito dal rigetto pronunciato dalla Corte di appello;
si evidenzia, in chiave esplicativa del dispositivo della presente ordinanza, che il ricorso di NOME COGNOME e COGNOME va qualificato formalmente incidentale, in quanto successivo al primo in senso stretto principale;
ciò premesso, i motivi del gravame in parola, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
quanto appena osservato per i primi cinque motivi del ricorso di COGNOME vale anche per tali censure, aggiungendo che:
-non vi è alcun danno ‘da reato’, posto che non emerge a chi sarebbe in tesi imputabile la condotta penalmente rilevante da accertare, in prospettiva, incidentalmente in sede civile, ferma la necessità di prova del ‘quantum’ nel giudizio liquidatorio, come detto, susseguente quello concluso con condanna generica;
-l’atto di sequestro e pignoramento RAGIONE_SOCIALE quote in uno agli utili non si specifica quando sarebbe stato prodotto nelle fasi di merito e dove sarebbe localizzato per la verifica di questa Corte, in violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., n. 34460 del 2019, cit.);
-il sequestro RAGIONE_SOCIALE quote cedute da NOME COGNOME, che la Corte territoriale ha sottolineato essere rimasto efficace con incidenza autonoma sulla vita aziendale nella medesima ottica attorea, si dice revocato con la sentenza n. 37 del 1999 del Tribunale di Avezzano che, però, alla pag. 33, citata a pag. 29 del ricorso in esame, statuisce diversamente la revoca solo di quello afferente alle quote cedute da COGNOME, mentre non è dato sapere quando sarebbe stata prodotta e dove sarebbe localizzabile per le verifiche di questa Corte la sentenza n. 242 del 2012 dello stesso Tribunale, relativa, a quanto evincibile dal ricorso di COGNOME, al rigetto della domanda di revocatoria e simulazione della cessione di quote;
-in ogni caso, pur assumendo la caduta del vincolo con tale ultima sentenza, essa sarebbe avvenuta solo nel 2012, confermando la prospettiva ricostruttiva, sul punto, della sentenza impugnata in questa sede;
-non è dato comprendere se e come sarebbe stata dimostrata, in tesi, la finalizzazione dell’ulteriore sequestro
‘di beni’ (pagg. 25 -27 del ricorso in scrutinio) del 7 marzo 1995, a fronte di quello del 14 febbraio precedente, afferente alle quote;
-non è dato comprendere quando i provvedimenti giurisdizionali relativi a questo ulteriore sequestro sarebbero stati oggetto di specifica allegazione assertiva in uno alla domanda risarcitoria correlata al blocco RAGIONE_SOCIALE quote conseguente all’utilizzo della fideiussione palesatasi apocrifa, quando prodotti e dove localizzabili;
-l’affermazione dell’estinzione solo apparentemente volontaria del conto da parte della società RAGIONE_SOCIALE implica un’evidente sollecitazione di rilettura istruttoria, perché in fatto;
-la più diffusa esposizione del contenuto della disapplicazione fiscale, per impossibilità di raggiungere ricavi e utili minimi, lascia la circostanza priva di ogni potenziale decisività stante la RAGIONE_SOCIALE prospettiva erariale in parola;
il primo motivo dei ricorsi incidentali è logicamente assorbito dal rigetto dei due ricorsi ‘principali’, rimanendo in altri termini privato d’interesse;
il secondo motivo è fondato;
la parte ricorrente dimostra, con le opportune produzioni documentali, di aver formulato la domanda in sede di precisazione RAGIONE_SOCIALE conclusioni, essendo avvenuto il pagamento a séguito dell’assegnazione disposta dal giudice della relativa esecuzione forzata, intrapresa in forza della sentenza di prime cure, dopo la notifica dell’atto di appello (v. docc. nella cartella ‘zip’ del fascicolo di appello prodotta in forma telematica) (cfr. Cass., 15/03/2021, n. 7144; cfr. altresì Cass., 21/08/2023, n. 24896, che precisa come la domanda di restituzione RAGIONE_SOCIALE somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado, in quanto conseguente alla richiesta
di modifica della decisione impugnata, non costituisce domanda nuova ed è perciò ammissibile in appello anche nel corso del giudizio, se l’esecuzione della sentenza sia avvenuta successivamente alla proposizione dell’impugnazione; in tal caso, qualora il giudice d’appello abbia omesso di provvedere sulla predetta istanza, la parte può, alternativamente, denunciare la minuspetizione con ricorso per cassazione oppure riproporla in un autonomo giudizio (posto che la mancata pronuncia dà luogo a un giudicato solo processuale e non sostanziale), mentre, nell’ipotesi in cui tale domanda sia stata rigettata (anche implicitamente), il relativo giudicato non può essere contrastato in un separato giudizio, neppure allo scopo di accertare in via incidentale l’estinzione di un controcredito opposto in compensazione);
il terzo motivo è parimenti fondato;
è stato chiarito che si configura il vizio di omessa pronuncia se nella statuizione sulle spese di lite non venga indicata la parte sulla quale graveranno definitivamente quelle relative alla consulenza tecnica d’ufficio poiché tale statuizione non può ricomprenderle implicitamente (Cass., 05/06/2020, n. 10804, citata dalla difesa);
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi principali, accoglie il secondo e terzo motivo dei ricorsi incidentali della RAGIONE_SOCIALE, assorbiti il primo di entrambi, assorbito il ricorso incidentale condizionato di NOME COGNOME, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia alla Corte di appello di L’Aquila perché, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23/02/2024.