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Ripristino rapporto di lavoro e cessione d’azienda

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19354/2024, ha stabilito un principio cruciale a tutela dei lavoratori: il fallimento del datore di lavoro non impedisce il ripristino del rapporto di lavoro. Se l’azienda viene ceduta, il rapporto, una volta accertata la sua illegittima interruzione, si trasferisce automaticamente al nuovo acquirente. La Corte ha chiarito che la continuità aziendale garantita dalla cessione prevale, assicurando il diritto del lavoratore alla reintegrazione nel posto di lavoro con il nuovo soggetto giuridico, invalidando le clausole contrattuali che escludevano tale trasferimento se non supportate da specifici accordi sindacali.

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Ripristino Rapporto di Lavoro: La Cassazione Chiarisce le Regole in Caso di Fallimento e Cessione d’Azienda

Cosa accade ai diritti dei lavoratori quando un’azienda fallisce e viene successivamente ceduta? Il fallimento impedisce il ripristino rapporto di lavoro che un giudice ha riconosciuto come illegittimamente interrotto? A queste complesse domande ha risposto la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la recente sentenza n. 19354 del 15 luglio 2024, delineando un importante principio di continuità della tutela occupazionale.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un gruppo di lavoratori impiegati per anni presso un’azienda attraverso contratti di somministrazione di lavoro a termine. I lavoratori avevano agito in giudizio per ottenere il riconoscimento di un unico rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato direttamente con l’impresa utilizzatrice, a causa dell’illegittimità dei contratti di somministrazione.

Mentre la causa era in corso, la società datrice di lavoro veniva dichiarata fallita. La Corte d’Appello, pur riconoscendo l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, aveva limitato la tutela dei lavoratori alla sola indennità risarcitoria, escludendo la reintegrazione nel posto di lavoro a causa dell’intervenuto fallimento. Successivamente, l’azienda veniva ceduta dal fallimento a una nuova società, che proseguiva l’attività.

La Posizione della Società Acquirente e il Ricorso Incidentale

La società acquirente dell’azienda, chiamata in causa dai lavoratori, si era opposta alla loro richiesta di reintegrazione, presentando a sua volta un ricorso incidentale. Sosteneva, tra le altre cose, che l’atto di cessione, autorizzato nell’ambito della procedura fallimentare, escludeva esplicitamente il subentro nei debiti e nei rapporti di lavoro pregressi. In sostanza, riteneva di aver acquistato l’azienda ‘libera’ da ogni pendenza, inclusi i contenziosi dei lavoratori.

Il Principio Affermato dalla Cassazione sul Ripristino Rapporto di Lavoro

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello e rigettato le difese della società acquirente. Il punto centrale della sentenza è che il fallimento del datore di lavoro non estingue automaticamente il rapporto di lavoro, ma ne determina una fase di sospensione. Di conseguenza, l’interesse del lavoratore ad ottenere una pronuncia di reintegrazione non viene meno.

Questo interesse diventa concreto e attuale quando l’attività d’impresa non cessa definitivamente ma prosegue, come nel caso di specie, attraverso una cessione d’azienda. La sentenza che accerta l’illegittimità dei contratti a termine e dichiara la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ha l’effetto di ‘ripristinare’ giuridicamente tale rapporto. Questo rapporto, così ricostituito, deve considerarsi preesistente al momento della cessione d’azienda e, pertanto, si trasferisce automaticamente in capo al nuovo acquirente ai sensi dell’articolo 2112 del Codice Civile.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di consolidati principi di diritto del lavoro e fallimentare. In primo luogo, ha sottolineato che la tutela prevista dall’art. 2112 c.c. è una norma imperativa posta a protezione della continuità occupazionale. Le deroghe a tale principio, specialmente in contesti di crisi aziendale e procedure concorsuali, sono ammesse solo in presenza di specifiche procedure di consultazione sindacale, come previsto dall’art. 47 della Legge n. 428/1990. In assenza di prova di tali accordi, una mera clausola nel contratto di cessione non è sufficiente a escludere i diritti dei lavoratori.

Il fallimento non cancella lo status del lavoratore. La Corte ha chiarito che il lavoratore mantiene l’interesse ad una pronuncia che accerti il suo diritto alla prosecuzione del rapporto, poiché tale pronuncia è fondamentale per la tutela della sua posizione all’interno dell’impresa, soprattutto in vista di una possibile ripresa dell’attività. Quando l’attività riprende grazie alla cessione, il rapporto di lavoro, ripristinato dal giudice, si trasferisce con essa. L’effetto estintivo del licenziamento illegittimo è precario e viene travolto dalla sentenza di annullamento, con la conseguenza che il rapporto di lavoro si considera mai interrotto e quindi si trasferisce al cessionario.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso dei lavoratori e cassa la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione. Quest’ultima dovrà ora attenersi al principio di diritto secondo cui, accertata l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, questo si è trasferito alla società cessionaria dell’azienda, con conseguente diritto dei lavoratori al ripristino rapporto di lavoro presso la nuova impresa. Questa pronuncia rafforza significativamente la posizione dei lavoratori nelle vicende di crisi d’impresa, assicurando che la continuità aziendale attraverso la cessione comporti anche la continuità dei rapporti di lavoro, salvo il rispetto di precise e garantite procedure di legge.

Il fallimento del datore di lavoro impedisce il ripristino del rapporto di lavoro illegittimamente interrotto?
No. Secondo la Cassazione, il fallimento non determina l’automatica cessazione del rapporto di lavoro, ma ne causa la sospensione. L’interesse del lavoratore a ottenere il ripristino del rapporto non viene meno, soprattutto se vi è una prospettiva di continuità aziendale tramite una cessione.

Se un’azienda in fallimento viene venduta, il nuovo acquirente è obbligato a proseguire il rapporto con i lavoratori il cui impiego è stato ripristinato dal giudice?
Sì. La Corte ha stabilito che il rapporto di lavoro, una volta ripristinato giudizialmente, si considera preesistente al momento della cessione e quindi si trasferisce in capo al cessionario (l’acquirente) ai sensi dell’articolo 2112 del Codice Civile.

Una clausola nel contratto di cessione d’azienda che esclude il trasferimento dei rapporti di lavoro è sufficiente a negare i diritti dei lavoratori?
No. La deroga al principio generale del trasferimento dei rapporti di lavoro previsto dall’art. 2112 c.c. è possibile in procedure concorsuali, ma solo a condizione che vengano seguite specifiche procedure di consultazione sindacale previste dalla legge. La semplice previsione contrattuale, in assenza di tali procedure, non è sufficiente a ledere i diritti dei lavoratori alla continuità del rapporto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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