Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31525 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31525 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/12/2024
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30202/2019 R.G. proposto da:
DI COGNOME domiciliato in domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con diritto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec dei Registri;
– ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE DI PALERMO;
Oggetto: Impiego pubblico -indennità connessa alla adesione ad un progetto qualità -azione negativa accertamento illegittimità ripetizione indebito
– intimata –
avverso la sentenza n. 803/2019 della CORTE D ‘ APPELLO di PALERMO, depositata il 26/09/2019 R.G.N. 286/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME, medico di medicina generale, in regime di convenzione, agiva innanzi al Tribunale di Palermo, per ottenere l’accertamento nei confronti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo del suo diritto a mantenere l’indennità collegata al ‘progetto qualità’ riconosciutagli dopo la sua richiesta di adesione allo stesso e sospesa dall’Azienda nel 2013 e la conseguente condanna dell’Azienda al relativo pagamento.
Il Tribunale accoglieva il ricorso e condannava l’Azienda a restituire quanto indebitamente trattenuto in esito alla revoca dell’emolumento.
Decidendo sull’impugnazione dell’ASP, la Corte d’appello di Palermo, in riforma della decisione di prime cure respingeva l’azionata domanda.
Riteneva la Corte territoriale che la presentazione dell’istanza di adesione al progetto qualità fosse presupposto imprescindibile per ottenere l’indennità in questione.
Richiamava il contenuto dell’art. 4 dell’Accordo di Assistenza Primaria di cui al Decreto dell’Assessorato alla Salute del 6/9/2010 che lo aveva reso esecutivo rilevava che la presentazione di tale istanza doveva avvenire entro 30 giorni dalla pubblicazione dell’Accordo e cioè entro il 15 ottobre 2010.
Evidenziava che, nello specifico, il sanitario non aveva ottemperato a quanto previsto dal suddetto art. 4.
Riteneva che non potesse desumersi l’avvenuta presentazione dell’istanza dall’elenco dei medici aderenti al progetto che in realtà
riproduceva quello di cui alle domande presentate dai medici che già garantivano le attività di cui all’A.I.R. 2004.
Considerava irrilevante che l’ASP non avesse mai contestato al medico la carenza dei requisiti per godere dell’indennità in questione e che nulla fosse emerso in sede dei controlli obbligatori per legge circa il funzionamento degli studi professionali.
Riteneva che fosse il Di NOME a dover dimostrare l’intervenuta presentazione dell’istanza di cui all’art. 4 dell’Accordo Regionale di Assistenza Primaria, di cui al D.A. del 6 settembre 2010.
Escludeva la possibilità di applicare gli artt. 2126 e 2041 cod. civ.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato a cinque motivi.
L’ASP è rimasta intimata.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 434 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato l ‘ inammissibilità dell ‘ appello dell ‘ ASP che non aveva motivato neppure genericamente il proprio ricorso, redigendolo come se avesse censurato una sentenza costituita da un solo capo/punto di diritto né aveva indicato le modifiche richieste e le parti della sentenza impugnata oggetto di specifici argomenti critici.
1.1. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque infondato.
Lo stesso, infatti, è formulato senza il necessario rispetto degli oneri di specificazione e di allegazione di cui agli artt. 366 nn. 3 e 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ.. La denuncia di un error in procedendo , che attribuisce alla Corte di cassazione il potere-dovere di procedere direttamente all ‘ esame ed all ‘ interpretazione degli atti processuali non dispensa il ricorrente dall ‘ onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla
base dell ‘ errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, provvedendo, inoltre, alla allegazione degli stessi o quantomeno a indicare, ai fini di un controllo mirato, i luoghi del processo ove è possibile rinvenirli (fra le più recenti Cass. 14 ottobre 2021, n. 28072; Cass. 4 luglio 2014, n. 15367, Cass., Sez. Un., 22 maggio 2012 n. 8077 e con riferimento alla questione della inammissibilità dell ‘ appello Cass. 5 febbraio 2015, n. 2143; Cass. 20 luglio 2012, n. 12664). Dal principio di diritto discende che, ove il ricorrente denunci la violazione dell ‘ art. 434 cod. proc. civ. affinché la censura possa essere valutata, è necessario che nel ricorso vengano riportati, quantomeno nel loro contenuto essenziale, la sentenza di primo grado e l ‘ atto di appello di modo che la Corte, ancor prima di effettuare la verifica degli atti, possa valutare ex actis la fondatezza del rilievo. Nel caso di specie il ricorrente si è limitato ad argomentare sull ‘ interpretazione dell ‘ art. 434 cod. proc. civ., nel testo modificato dall ‘ art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, senza supportare le doglianze con la trascrizione del contenuto degli atti rilevanti.
Inoltre, secondo Cass., Sez. Un., n. 27199 del 16 novembre 2017, Cass., Sez. Un., n. 36481 del 13 dicembre 2022 gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l ‘ impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l ‘ utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di ” revisio prioris instantiae ” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
Nello specifico, si evince dalla sentenza impugnata che l ‘ appello proposto dall ‘ ASP conteneva specifici argomenti critici nei confronti del
percorso motivazionale della sentenza di primo grado, ciò altresì considerando che la richiesta di riforma della decisione appellata poteva anche sostanziarsi nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado purché tali, come nella specie, da integrare una critica adeguata alle statuizione adottate (cfr., in tal senso, Cass. 28 ottobre 2020, n. 23781; Cass. 12 febbraio 2016, n. 2814).
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2033 e 2697 cod. civ. nonché omesso esame.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che fosse il Di Pasquale a dover dimostrare l ‘ intervenuta presentazione dell ‘ istanza di cui all ‘ art. 4 dell ‘ Accordo Regionale di Assistenza Primaria, di cui al D.A. del 6 settembre 2010, non considerando, in alcun modo, la ‘natura’ del giudizio di primo grado, incoato come azione di accertamento negativo di indebito.
2.1. Il motivo è infondato.
È pur vero che è stata anche proposta una lettura sostanzialistica dell ‘art. 2697 cod. civ., rispetto a quella ‘classica’ secondo la quale onus probandi incumbit ei qui dicit , risiedente proprio nella peculiare situazione di fatto in cui vertono le parti di un procedimento giudiziale avente ad oggetto l ‘ accertamento negativo di un indebito oggettivo. Invero, in questi casi, il piano processuale rende un ‘ immagine capovolta della corrispondente situazione sostanziale, dove il soggetto che eroga il compenso, sulla base di accertamenti da lui stesso effettuati e a distanza di tempo dall ‘ adempimento dell ‘ obbligo retributivo, è già di fatto pervenuto ad una ripetizione dell ‘ indebito mediante la trattenuta mensile di una parte delle somme risultanti dalle buste paga. Dunque, è solo a seguito di una, ‘ripetizione sostanziale dell’indebito’, che il medico ha agito in giudizio, vedendo mutare la propria posizione da soggetto passivo delle ritenute stipendiali ad attore nell ‘ azione di accertamento negativo di un indebito oggettivo (v. Cass. n. 22628/2023; Cass. n. 22399/2023; Cass. n. 22397/2023; Cass.
22395/2023 che hanno ripreso il principio già affermato da Cass. 4 ottobre 2012, n. 16917, secondo il quale in tema di riparto dell ‘ onere della prova ai sensi dell ‘ art. 2697 cod. civ., l ‘ onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo).
Tuttavia, nel caso di specie la Corte territoriale ha affermato che l ‘ assunto di avvenuta presentazione della domanda ex art. 4 A.I.R. non trovava alcun riscontro negli atti ufficiali della U.O.C e/o del Distretto sanitario di appartenenza del medico.
Tanto bastava a ritenere assolto l ‘ onere probatorio gravante sull ‘ ASP atteso che, peraltro, le emergenze suddette non erano state contrastate dal medico (il quale, invero, non risulta abbia contestato, in sé, la circostanza di non aver presentato la domanda) con elementi di prova contraria.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 2126 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto inapplicabile l ‘ art. 2126 cod. civ. alle prestazioni ambulatoriali quale quella per cui è causa.
Assume che le modalità concrete di svolgimento delle prestazioni accessorie di cui all ‘ A.I.R. 2010 configurano, limitatamente ad esso svolgimento, un ‘ organizzazione del lavoro che valica le caratteristiche della parasubordinazione che connotano il rapporto medico convenzionato/ASP, per divenire una strutturazione datore di lavoro/dipendente connotata da plurimi elementi quali l ‘ indicazione di modalità di svolgimento della prestazione accessoria, gli orari di presenza in ambulatorio, le fasce di reperibilità, gli orari di apertura e chiusura dell ‘ ambulatorio, l ‘ indicazione specifica di direttive non contrattabili tra le parti, l ‘ eterodirezionalità del rapporto, il cui potere è in toto esercitato dall ‘ ASP, la dipendenza del medico di medicina generale dalle direttive datoriali; la remunerazione parametrata ai criteri
dettati dall ‘ ASP e liquidata in base ai prospetti paga mensilmente predisposti dal datore di lavoro; l ‘ esercizio di un potere disciplinare in caso di inosservanza di alcune ‘regole’ che avrebbe potuto condurre alla revoca del rapporto convenzionale; l ‘ esercizio di una potestà datoriale ed unilaterale da parte dell ‘ ASP nei confronti del dipendente tale che la prima non ha neppure dovuto agire convenzionalmente con un ‘ azione di ripetizione di indebito oggettivo, ovvero, per il recupero del credito asseritamente vantato nei confronti del ricorrente con un ordinario giudizio in via monitoria come l ‘ ordinamento giuridico prevede, bensì, ha provveduto, unilateralmente e senza possibilità di ‘opposizione’ alcuna da parte del dipendente, a trattenere, mensilmente, degli importi decurtandoli dalla retribuzione fino al raggiungimento della soglia del credito asseritamente spettante.
3.1. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed è comunque infondato.
Esso introduce una questione (sulla natura in concreto subordinata del rapporto in questione) che non risulta trattata nella sentenza impugnata e che è pertanto del tutto nuova.
Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente escluso la sussistenza del rapporto di subordinazione (fra le più recenti: Cass. 28 luglio 2023, n. 23115; Cass. 16 agosto 2022, n. 24816; Cass. 5 marzo 2020, n. 6294; Cass. 13 aprile 2011, n. 8457; Cass. 29 luglio 2008, n. 20581), ma ha ravvisato la sussistenza degli estremi della parasubordinazione, pur sempre riconducibile all ‘ area delle prestazioni autonome, di guisa che, ferma l ‘ assimilazione disposta dal legislatore ai soli fini del trattamento processuale, non è ipotizzabile, in ragione della persistente differenza della natura e nel silenzio della legge, l ‘ applicazione a tale tipo di rapporto delle disposizioni dettate per il rapporto di lavoro subordinato
Come affermato poi da questa Corte di legittimità (cfr. Cass. 21 marzo 2006, n. 6260; Cass. 8 novembre 2007, n. 23265; Cass. 17
novembre 2011, n. 24187; Cass. 17 marzo 2021, n. 7517) le disposizioni dell ‘ art. 2126 cod. civ. non trovano applicazione ai rapporti di lavoro autonomo, sia pure aventi le caratteristiche della parasubordinazione, trattandosi di norme a carattere eccezionale attinenti al lavoro subordinato.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto inapplicabili le indicate disposizioni alla fattispecie de qua e per aver ritenuto che l ‘ azione generale di arricchimento ingiustificato, avendo natura sussidiaria, può essere esercitata solo quando manchi un titolo specifico sul quale fondare un diritto di credito, con la conseguenza che il giudice d ‘ ufficio, deve accertare che non sussista altra specifica azione per le restituzioni ovvero per l ‘ indennizzo del pregiudizio subito, contro lo stesso soggetto arricchito o contro soggetti terzi e che l ‘ assenza di una condizione necessaria per ottenere la prestazione rivendicata ai sensi dell ‘ A.I.R. del 2010, ossia la formale istanza di adesione al progetto per lo svolgimento delle attività ambulatoriali, non consente il ricorso ad altre forme di tutela del diritto alla retribuzione.
4.1. Il motivo è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente chiarito che, ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all ‘ art. 2042, la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo. Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l ‘ esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall ‘ illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l ‘ ordine pubblico (Cass., Sez. Un., 5 dicembre 2023, n. 33954).
L ‘ azione ex art. 2041 non risulta proponibile nemmeno quando il danneggiato avrebbe potuto esercitare un ‘ azione tipica che si è prescritta (Cass. 27 novembre 2018, n. 30614; Cass. 29 dicembre 2011, n. 29916) o un ‘ azione in relazione alla quale si è verificata una decadenza (Cass., Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28042).
Presupposto per proporre l ‘ azione di ingiustificato arricchimento è la mancanza, accertabile anche di ufficio, di un ‘ azione tipica, tale dovendo intendersi non ogni iniziativa processuale ipoteticamente esperibile, ma esclusivamente quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata, pur se proponibile contro soggetti diversi dall ‘ arricchito (cfr. Cass. 17 luglio 2023, n. 20521; Cass. 11 maggio 2022, n. 14944; Cass. 12 gennaio 2022, n. 723; Cass. 15 febbraio 2018, n. 11038).
Con il quinto motivo il ricorrente chiede che in caso di accoglimento del ricorso si condanni la controparte al pagamento delle spese processuali.
5.1. Il motivo è inammissibile essendo, per così dire, un ‘non motivo’, e limitandosi il ricorrente a postulare un effetto, quello della caducazione della statuizione sulle spese, che sarebbe conseguito comunque ai sensi dell ‘ art. 336, primo comma, cod. proc. civ. nel caso di accoglimento totale o parziale del ricorso (v. ex multis Cass. 11 maggio 2023, n. 12946; Cass. 27 settembre 2022, n. 33968).
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.
Nulla va disposto per le spese processuali non avendo l ‘ Azienda intimata svolto attività difensiva.
Va dato atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro