Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25594 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25594 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2086/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO REGGIO CALABRIA n. 346/2021 depositata il 07/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1. – COGNOME NOME ricorre per un mezzo, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, contro la sentenza del 7 giugno 2021 con cui la corte d’appello di Reggio Calabria ha respinto il suo appello avverso sentenza del locale tribunale che, provvedendo su sua domanda volta alla rideterminazione del saldo di un conto corrente, in ragione di addebiti illegittimi poiché effettuati in applicazione di clausole contrattuali nulle, con conseguente domanda di ripetizione di indebito, ha dichiarato la nullità di talune clausole, ma ha respinto la domanda di ripetizione di indebito.
2. – RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
3. – L’unico motivo di ricorso denuncia violazione dell’articolo 2033 c.c., censurando la sentenza impugnata perché avrebbe affermato che l’azione di ripetizione di indebito, in ragione della nullità di clausole contenute in un contratto di conto corrente, non potrebbe essere intrapresa fin tanto che il conto non sia stato chiuso.
RITENUTO CHE
4. – Il ricorso è inammissibile.
La corte d’appello ha osservato quanto segue: « Nel caso in esame l’accertamento dell’illegittima contabilizzazione degli interessi e dell’entità dell’indebito avvenuta nei termini sopra citati, attraverso
la documentazione prodotta dall’appellante, nonché la Consulenza disposta dal giudice le cui risultanze (confortate dai calcoli allegati) risultano idonee alla ricostruzione del rapporto dare-avere ma, trattandosi di ‘conto aperto’ tanto non comporta l’accoglimento della domanda di indebito e di restituzione delle somme ». Secondo la corte d’appello, difatti, « non è tecnicamente configurabile alcun pagamento ripetibile nel caso in cui il conto corrente sia ancora in essere e ciò in quanto il presupposto per la restituzione è che esista un pagamento, cosa che non avviene in tutti quei casi (come nella specie) nei quali i versamenti in conto siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento ».
Questo essendo la motivazione addotta dal giudice di merito, l’inammissibilità discende dalla ovvia considerazione che siffatta ratio decidendi non è stata colta dal ricorrente per cassazione: e cioè non corrisponde al reale contenuto della decisione impugnata che la corte d’appello abbia « ritenuto non meritevole il Sig. COGNOME NOME di ottenere la restituzione delle somme indebitamente ascritte dalla RAGIONE_SOCIALE … semplicemente sulla scorta che il conto corrente sul quale sarebbero avvenuti gli addebiti contestati fosse ancora aperto » (così il ricorso per cassazione a pagina 5).
È vero invece che la corte distrettuale ha affermato cosa del tutto diversa, e cioè che, perché possa darsi ripetizione di indebito oggettivo, occorre: i) che l’attore in ripetizione abbia effettuato un pagamento; ii) che il pagamento sia oggettivamente non dovuto.
E non tutti i versamenti effettuati su un conto corrente costituiscono pagamenti, giacché tali sono soltanto i versamenti di natura appunto solutoria, e cioè i versamenti effettuati su un conto corrente non affidato ed in passivo ovvero i versamenti effettuati su un conto affidato quando il passivo eccede i limiti dell’affidamento. Sicché, in linea di principio, non vi è un ostacolo a che l’azione di ripetizione di indebito venga proposta a « conto
aperto », a fronte di rimesse solutorie. Come questa corte ha recentemente osservato, « a fronte dell’azione di ripetizione dell’indebito non è rilevante la questione … dell’avvenuta chiusura o meno del conto. Unico rilevante, in questi casi, è il profilo del pagamento indebito » (Cass. 24 aprile 2024, n. 11056). Se non vi è un pagamento in senso tecnico, e cioè una rimessa solutoria, discorrere di ripetizione di indebito è un non-senso; se vi è un pagamento in senso tecnico, non vi è ostacolo alla proposizione dell’azione di cui all’articolo 2033 c.c. in dipendenza della circostanza, in sé considerata, che il conto è aperto.
Altra questione è poi quella delle conseguenze che si verificano, a fronte di pagamenti oggettivamente indebiti, nel caso in cui il conto sia ancora aperto: e anche su questo punto la giurisprudenza della Corte è chiara, con l’affermazione secondo cui « il correntista ha diritto solo al saldo del conto, eventualmente rettificato nelle poste illegittimamente annotate, sicché l’azione di indebito da parte sua, che in presenza di rimesse solutorie si rende proponibile anche se il conto non sia stato ancora chiuso, si risolve solo nella determinazione di un saldo purgato delle annotazioni illegittime, senza alcuna sanzione restitutoria in danno della banca. Infatti solo a conto chiuso, venuta meno la indisponibilità dei singoli crediti, di cui all’art. 1823, comma 1, cod. civ., quando il saldo diverrà, cioè, esigibile, l’azione di indebito potrà determinare l’obbligo per la banca di rimborsare le somme illegittimamente incamerate, non essendovi a quel punto più alcun diritto al saldo che assorba ogni pretesa » (Cass. 16 maggio 2024, n. 13586).
Ciò detto, la ravvisata mancata aderenza del motivo di ricorso alla ratio decidendi , tanto più che dall’esame del medesimo non emerge affatto la natura dei versamenti effettuati dall’originario attore sul conto corrente in discorso, destina detto motivo alla statuizione di inammissibilità (Cass. 3 luglio 2020, n. 13735; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910).
5. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso, in favore della parte controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater , che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis .
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2024.