Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14605 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14605 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10246/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso ORDINANZA di TRIBUNALE TARANTO n. 2/2019 depositata il 13/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto l’ammissione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per l’importo di € 798. 000,04 al chirografo, quale somma versata in acconto tra il 2010 e il 2013 sul prezzo di acquisto di un bene immobile, costituito da un capannone sito in San Giorgio Jonico, contrada INDIRIZZO, in forza della stipula di contratto preliminare con effetti anticipati in data 31 dicembre 2011. Il creditore ha dedotto che il contratto fosse dotato di data certa per apposizione di timbro postale sull’ultima pagina del contratto e fosse poi stato risolto di diritto per inadempimento del promittente venditore.
La domanda è stata rigettata dal giudice delegato per assenza di data certa della documentazione a supporto del credito, con provvedimento confermato in sede di opposizione dal Tribunale di Taranto con il decreto qui impugnato.
Il Tribunale ha ritenuto che il foglio sul quale era apposto il timbro (verso dell’ultima pagina del contratto), non formasse corpo unico con la restante parte del documento, trattandosi di fogli tra loro spillati. Il Tribunale ha, altresì, ritenuto che sul contratto mancasse la firma di entrambi i liquidatori, nonostante la necessità della firma congiunta come imposto dall’assemblea. Ha, inoltre, escluso – il Tribunale – che il comportamento tenuto dal liquidatore che aveva atteso all’ incasso delle somme versate dal promissario acquirente , integrasse ratifica dell’operato dell’altro liquidatore , essendo richiesta per la ratifica, a termini dell’art. 1399 cod. civ., la stessa forma del contratto preliminare.
Il decreto impugnato ha, infine, ritenuto inammissibile la domanda di ripetizione di indebito ex art. 2033 cod. civ., siccome domanda nuova, in ogni caso, sprovvista di prova quanto ai pagamenti e quanto alla insussistenza della causa debendi.
Propone ricorso per cassazione il creditore, affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrati da memoria. Resiste con controricorso il fallimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2704, 2709, 2710 cod. civ., degli artt. 44 e 45 l. fall. e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché omessa pronuncia su circostanza decisiva ai fini del giudizio, costituita dalla data certa dei versamenti effettuati. Osserva parte ricorrente che in caso di contestazione della data certa, graverebbe sul curatore la prova della formazione del documento in data diversa da quanto allegato dal creditore. Deduce, altresì, che tra i singoli fogli sarebbe stato apposto un timbro di congiunzione al fine di formare un documento cartaceo unitario. Osserva, inoltre, che al Tribunale sarebbe sfuggito che la domanda del creditore non aveva a oggetto l’adempimento del contratto preliminare, bensì la restituzione di somme nel periodo 2010 -2013, i cui versamenti sono stati eseguiti con bonifico o assegno circolare, ovvero risultanti da documenti bancari quietanzati. Il ricorrente evidenzia, infine, che elementi presuntivi idonei a dimostrare la data certa del documento si rinverrebbero dalla iscrizione della nomina del Presidente dei liquidatori nel Registro delle Imprese.
Con il secondo motivo si deduce « vizio motivazionale ex art. 360 n. 5 cpc -violazione dell’art. 2704 cod. civ. violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. con riferimento all’art. 2704 c.c. » per avere il giudice del merito omesso di valutare il « fatto decisivo » costituito dall’esecuzione di versamenti con strumenti di pagamento tracciabili, fatti idonei a stabilire con certezza la data del documento contrattuale.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 98 e 99 cod. proc. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 2033 cod. civ. Si osserva che la domanda di ammissione al passivo era diretta alla restituzione dell’acconto prezzo, rispetto alla quale il contratto, pur inopponibile, costituiva fatto storico, laddove la domanda di restituzione era fondata sull’ indebito oggettivo conseguente alla risoluzione del contratto, per cui non costituiva domanda nuova.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 cod. proc. civ., 99, nono comma, l. fall. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella parte in cui il decreto impugnato ha ritenuto non assolto l’onere di provare l’assenza di causa debendi , deducendosi motivazione apparente, nonché erronea valutazione delle emergenze probatorie, quali i pagamenti effettuati con strumenti tracciabili.
Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 2704 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ., nella parte in cui il decreto impugnato non avrebbe considerato che il fallimento non avrebbe opposto alcuna causa giustificatrice ai pagamenti eseguiti dal creditore.
Il terzo motivo va trattato preliminarmente. Il provvedimento impugnato è fondato su una duplice interpretazione della domanda, ovvero domanda di restituzione fondata sulla fonte contrattuale (contratto preliminare), in relazione alla cui soluzione sono state fornite due diverse ragioni della decisione, ovvero domanda di restituzione fondata sull’ indebito oggettivo, ritenuta dal Tribunale inammissibile in quanto nuova. Con il terzo motivo il ricorrente deduce l’erronea interpretazione da parte del giudice del merito
della originaria domanda proposta in sede di formazione dello stato passivo, al fine di censurare la statuizione di novità della domanda di ripetizione di indebito, in quanto domanda originariamente proposta in sede di formazione dello stato passivo.
L’interpretazione della domanda , riservata al giudice del merito, è censurabile in sede di legittimità, sia ove si traduca in un errore che coinvolga la qualificazione giuridica dei fatti allegati nell’atto introduttivo (deducibile nelle forme dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), sia ove venga dedotta l’ omessa rilevazione di un fatto allegato e non contestato ma decisivo (deducibile come vizio di error facti nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.: Cass., n. 11103/2020), ovvero ove l’errore si traduca in una erronea individuazione del petitum, deducibile nelle forme dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass., n. 30770/2023). La decisione sulla corretta interpretazione della domanda come originariamente proposta condiziona, pertanto, l’esame delle singole ragioni della decisione oggetto di censura da parte del ricorrente.
8. Sul punto, il ricorrente, in ossequio al principio di specificità, ha parzialmente trascritto la domanda di ammissione allo stato passivo (allegandola, inoltre, al ricorso per cassazione). La domanda di ammissione allo stato passivo ha riguardato la restituzione di diversi pagamenti eseguiti tra il 2010 e il 2013 in favore della debitrice, originariamente eseguiti in esecuzione di un contratto preliminare di compravendita a effetti anticipati (anch’esso prodotto in allegato al ricorso), contratto successivamente risolto. La circostanza della risoluzione del contratto e la natura della risoluzione sono indicate dallo stesso decreto impugnato, ove si dà atto che « il contratto preliminare si sarebbe risolto di diritto con i conseguenti effetti restitutori, dei n. 10246/2019 R.G.
quali chiede il riconoscimento in sede fallimentare» (decreto impugnato) . La domanda di restituzione è, pertanto, stata proposta quale conseguenza della risoluzione del contratto (« restituzione di quanto versato alla fallita a titolo di acconto sul prezzo» : doc. 3 all. ricorso; pag. 18 ric.).
Risulta, perciò, dalla esposizione della domanda trascritta nel ricorso (nonché da quanto risultante dal decreto impugnato) che il fondamento dell’azione di restituzione degli originari acconti prezzo non è stata l’azione ex contractu fondata sull’esecuzione del contratto preliminare, bensì l’azione restitutoria fondata sul venir meno degli effetti negoziali del contratto preliminare e sugli effetti ex tunc prodottisi ex art. 1458 cod. civ. quale conseguenza della avvenuta risoluzione del medesimo contratto, in forza della quale è divenuta indebita l’originaria dazione degli acconti versati ex contractu.
Va ribadito il principio secondo cui l’efficacia retroattiva della risoluzione di un contratto preliminare comporta l’insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell’obbligo di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa, secondo i principi della ripetizione dell’indebito ex art. 2033 cod. civ. (Cass., n. 35280/2022; Cass., n. 6575/2017), essendo la causa debendi venuta meno successivamente all’insorgenza del titolo negoziale, con obbligo di restituzione della cosa e dei frutti ( condictio indebiti ob causam finitam).
La domanda di ripetizione, in quanto fondata sul sopravvenuto venir meno del titolo contrattuale, è – pertanto stata proposta sin dalla fase di ammissione allo stato passivo ed è stata fondata non sulla inesistenza originaria della causa petendi , bensì sulla sopravvenuta natura indebita dei pagamenti quale effetto della risoluzione di diritto (come accertato dal decreto impugnato) del contratto preliminare. Il decreto opposto, nella
n. 10246/2019 R.G.
parte in cui ha ritenuto che la domanda di ripetizione di indebito fosse nuova, non ha interpretato correttamente la domanda e va cassato.
Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al terzo motivo, con assorbimento degli ulteriori motivi, cassandosi il decreto impugnato con rinvio per nuovo esame della domanda del creditore. Al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo, dichiara assorbiti gli ulteriori motivi; cassa il decreto impugnato con rinvio al Tribunale di Taranto, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 16/05/2025.