Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20862 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 20862 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.10935/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende, unitamente all’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente
–
contro
DI RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma n. 910/2019 depositata il 27/2/2019;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
uditi gli AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso ;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME proponeva reclamo al piano di riparto parziale depositato dal commissario liquidatore della procedura di liquidazione coatta amministrativa di RAGIONE_SOCIALE in data 14 marzo 2018 e comunicato il 17 settembre 2018.
Lamentava , in particolare, l’ errata determinazione della somma computata a titolo di interessi e rivalutazione monetaria sul credito di lavoro da lui vantato, deducendo che gli importi riconosciuti a tale titolo nel piano di riparto non corrispondevano a quanto stabilito nella sentenza della Corte d’appell o di Roma n. 1519/2017, divenuta definitiva, emessa all’esito d el giudizio di opposizione allo stato passivo della compagnia assicuratrice da lui instaurato ai sensi dell’art. 98 l. fal l..
Il giudice delegato del Tribunale di Roma, con decreto del 27 febbraio 2019, accoglieva parzialmente il reclamo e disponeva la modifica del piano di riparto, ammettendo il credito di COGNOME per interessi e rivalutazione monetaria nel diverso ammontare risultante dal titolo azionato, di cui la C.T.U. disposta nel già menzionato giudizio di opposizione allo stato passivo costituiva parte integrante.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione coatta amministrativa ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, pubblicato in data 27 febbraio 2019, prospettando cinque motivi di doglianza.
Gli intimati NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto difese.
Il ricorso, che avrebbe dovuto essere deciso all’ udienza camerale del 15 giugno 2023, è stato rinviato a nuovo ruolo per la trattazione in
pubblica udienza, in quanto le questioni relative all’impugnabilità o meno del riparto parziale nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa delle compagnie assicurative
.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni scritte, sollecitando la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod.
proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1 Il primo motivo di ricorso assume, ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità del provvedimento impugnato per vizio di costituzione del giudice ai sensi dell’art. 158 cod. proc. civ. : in base al combinato disposto degli artt. 261, comma 3, e 254, commi 1 e 2, d. lgs. 209/2005, l’opposizione al piano di riparto (sia finale, che parziale) redatto dal commissario liquidatore di una compagnia assicurativa in liquidazione coatta amministrativa è regolata -spiega la ricorrente – dalla disciplina prevista dagli artt. 98 e 99 l. fall., che prevede una trattazione (salvo espressa delega del presidente, ex art. 99, comma 3, l. fall.) e una decisione collegiale da parte del tribunale.
L’essere stato il procedimento definito con un provvedimento emesso da un singolo componente del collegio, designato come giudice relatore, darebbe luogo a un’ipotesi di nullità insanabile per vizio di costituzione del giudice ex art. 158 cod. proc. civ., perché la decisione della controversia da parte del singolo giudice costituisce l’esplicazione di funzioni decisorie ad opera di un magistrato al quale le stesse non sono attribuite dalla legge.
3.2 Il secondo motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la nullità del provvedimento impugnato per violazione degli artt. 50bis , comma 1, n. 2), e 50ter cod. proc. civ. e 99, comma 11, l. fall..
Il primo motivo è infondato, mentre è fondato il secondo, nei termini che si vanno ad illustrare.
4.1 L’art. 260 (nel testo applicabile ratione temporis ) del codice delle assicurazioni private prevede, sotto la rubrica « Ripartizione dell’attivo » che « 1. I commissari procedono, secondo l’ordine stabilito dall’articolo 111 della legge fallimentare, alla ripartizione dell’attivo liquidato. Le indennità e i rimborsi spettanti agli organi della procedura di amministrazione straordinaria e ai commissari della gestione provvisoria che abbiano preceduto la liquidazione coatta amministrativa sono equiparate alle spese indicate nell’articolo 111, primo comma, numero 1), della legge fallimentare.
I commissari, sentito il comitato di sorveglianza e previa autorizzazione dell’RAGIONE_SOCIALE, possono distribuire acconti o eseguire riparti parziali, sia a favore di tutti gli aventi diritto sia a favore di talune categorie di essi, anche prima che siano realizzate tutte le attività e accertate tutte le passività.
Il successivo art. 261 prescrive: « 1. Liquidato l’attivo e prima dell’ultimo riparto ai creditori, i commissari sottopongono il bilancio finale di liquidazione, il rendiconto finanziario e il piano di riparto, accompagnati da una relazione propria e da quella del comitato di sorveglianza, all’RAGIONE_SOCIALE, che ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale. 2. Dell’avvenuto deposito è data notizia mediante pubblicazione nel Bollettino. L’RAGIONE_SOCIALE può stabilire forme integrative di pubblicità. 3. Nel termine di venti giorni dalla data di pubblicazione nel Bollettino, gli interessati possono proporre le loro contestazioni con ricorso al tribunale. Si applicano le disposizioni dell’articolo 254, commi 1 e 2. ….. ».
L’art. 254, nel testo applicabile ratione temporis , stabilisce, sotto la rubrica « opposizione allo stato passivo ed impugnazione dei crediti ammessi »: « 1. Possono proporre opposizione allo stato passivo, i creditori esclusi o ammessi con riserva, entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dall’articolo 252, comma 9. 2. L’opposizione è disciplinata dagliarticoli 98e99 della legge fallimentare »
4.2 L ‘art. 260, comma 2, c.d.a. stabilisce che i commissari ‘ possono distribuire acconti o eseguire riparti parziali, sia a favore di tutti gli aventi diritto sia a favore di talune categorie di essi, anche prima che siano realizzate tutte le attività e accertate tutte le passività’.
La norma, che segue la falsariga della legge fallimentare nel prevedere la possibilità di distribuire acconti parziali (art. 212, comma 2, l. fall.) ed effettuare ripartizioni parziali (art. 212, comma 4, l. fall.), deve essere intesa come riferita a due modalità ben differenti di distribuzione dell’attivo disponibile, in quanto una cosa è l’acconto, un’altra è il riparto parziale.
L’acconto, che consente di soddisfare in via provvisoria gli interessi dei creditori che, per la loro qualità e condizione, possono subire un particolare pregiudizio dal protrarsi della procedura, non assume alcun carattere di stabilità e, quindi, non viola, di per sé, la par
condicio creditorum e la graduazione stabilita dall’art. 111 l. fall.; con la conseguenza che il creditore, nel caso in cui abbia ricevuto un pagamento non dovuto, ha, all’esito del riparto finale, l’obbligo di restituire lo stesso alla procedura in base alla disciplina generale in tema di indebito stabilita dall’art. 2033 cod. civ. (Cass. 4741/2015). Per converso, il riparto parziale ha carattere di stabilità e, per tale ragione, deve avvenire nel rispetto della par condicio creditorum e, come espressamente prevede l’art. 260, comma 1, c.d.a, ‘ secondo l’ordine stabilito dall’articolo 111 della legge fallimentare ‘.
Non a caso la norma utilizza due diversi verbi, perché la possibilità di ‘ distribuire acconti ‘ corrisponde alla facoltà discrezionale dei commissari, ‘ sentito il comitato di sorveglianza e previa autorizzazione dell’RAGIONE_SOCIALE‘ , di venir incontro alle esigenze di chi possa subire particolare pregiudizionell’attesa della ripartizione dell’attivo, mentre la possibilità di ‘ eseguire riparti ‘ risponde alla logica di compiere un ‘ assegnazione che soddisfi i creditori nel più breve tempo possibile dando esecuzione, con carattere di stabilità, agli accertamenti del passivo già compiutisecondo la graduazione stabilita dall’art. 111 l. fall..
Una conferma in questo senso viene, del resto, dal terzo comma dell’art. 260 c.d.a., che, nel prevedere un obbligo di eseguireaccantonamenti solo nel caso in cui il commissario effettui ‘ i riparti ‘ , rende evidente come un analogo obbligo non sussiste nel caso di distribuzione di acconti, con una differenza di disciplina che non può trovare fondamento se non nell’ intrinseca provvisorietà, revocabilità e ripetibilità di questi ultimi.
4.3 L’art. 260 c.d.a. non contempla espressamente – al pari di quanto avviene nella disciplina prevista dalla legge fallimentare per la liquidazione coatta amministrativa – alcuna forma di opposizione ai piani di riparto parziali, sebbene il successivo articolo, al terzo comma e con riferimento al riparto finale (come l’art. 213, comma 3, l. fall. per le liquidazioni coatte amministrative), preveda che ‘ gli
interessati possono proporre le loro contestazioni con ricorso al tribunale ‘.
Questo collegio ritiene che, pur nel silenzio della legge, anche i riparti parziali siano impugnabili, in analogia con quanto è previsto per il riparto finale; e ciò tanto nel caso, generale, della liquidazione coatta amministrativa quanto nel caso, speciale, dellaliquidazione coatta amministrativa delle assicurazioni.
Se, infatti, il riparto parziale si caratterizza – come appena detto per la sua stabilità e la definitività dell’attribuzione patrimoniale così realizzata, logica vuole che esso sia impugnabile al pari del riparto finale, onde consentire al creditore interessato di sollevare le proprie contestazioni.
In altri termini, a parità di stabilità dei differenti tipi di riparto, non avrebbe alcun senso prevedere che solo in un caso, al termine della procedura, e non nell’altro, nel corso della stessa, sia possibile reagire per denunciare la violazione dei criteri secondo cui tale ripartizione deve avvenire, privando di tutela, in caso di riparto parziale, chi sia stato eventualmente pregiudicato.
Una conferma in questo senso viene, del resto, dalla sentenza della Corte Costituzionalen. 154/2006, la quale, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2, l. fall. (con riguardo al testo poi sostituito dall’art. 18 d. lgs. 169/2007, che però prevedeva, al pari del disposto successivamente introdotto, la possibilità di proporre contestazioni solo avverso il riparto finale) nella parte in cui fa decorrere, nei confronti dei “creditori ammessi”, il termine perentorio di venti giorni per proporre contestazioni avverso il piano di riparto, ‘ totale o parziale’ , dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della notizia dell’avvenuto deposito del medesimo in cancelleria, anziché dalla comunicazione dell’avvenuto deposito effettuata a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con altra modalità di comunicazione prevista
dalla legge, ha ammesso l’impugnabilità dei riparti parziali al pari di quelli finali, malgrado la stessa non fosse espressamente prevista. 4.4 Similari ragioni logiche inducono a ritenere che nei confronti dei riparti parziali sia possibile presentare impugnazione applicando analogicamente la medesima procedura prevista per proporre le contestazioni al riparto finale, non essendovi motivo per reputare che le due diverse forme di riparto, dotate delle medesime caratteristiche ed effettuate nell’ambito della stessa procedura , abbiano una difforme disciplina che regoli le modalità di gravame. Il che, peraltro, corrisponde a un principio generale evincibile dall’art. 117, comma 1, l. fall., il quale, nel prevedere, rispetto alla ripartizione finale nel fallimento, che il giudice delegato, una volta approvato il conto, ‘ ordina il riparto finale secondo le norme precedenti ‘, stabilisce, attraverso il richiamo alla disciplina dell’art. 110 l. fall., anche un principio di carattere generale secondo cui (in assenza di specifiche norme di diverso tenore) sussiste un unico e coincidente modulo procedimentale per la predisposizione, l’approvazione e l’impugnazione dei riparti, siano essi parziali o finale , all’interno della medesima procedurale concorsuale . 4.5 Da quanto appena affermato discende che nella liquidazione coatta amministrativa disciplinata dalla legge fallimentare il riparto parziale deve essere impugnato secondo la disciplina prevista dall’art. 213 , comma 3, l. fall. per il riparto finale.
L’applicazione del medesimo criterio interpretativo alla liquidazione coatta amministrativa delle assicurazioni conduce a un risultato parzialmente diverso.
In questo tipo di liquidazione coatta amministrativa (rispetto alla quale l’art. 245, comma 7, c.d.a. stabilisce che ‘ le imprese di assicurazione e di riassicurazione non sono soggette a procedure concorsuali diverse dalla liquidazione coatta prevista dalle norme del presente capo. Per quanto non espressamente previsto si applicano, se compatibili, le disposizioni della legge fallimentare ‘) il combinato
disposto degli artt. 261, comma 3, e 254, comma 2, c.d.a. prevede una disciplina particolare delle impugnazioni dei riparti finali, che debbono avvenire secondo le modalità contemplate dagli artt. 98 e 99 l. fall..
Di conseguenza, le contestazioni avverso i riparti parziali, impugnabili al pari del riparto finale, vanno sollevate e decise con le stesse modalità previste dalla normativa di settore per quest’ultimo, secondo la disciplina appena richiamata.
Disciplina che prevede, espressamente, che il collegio provveda in via definitiva sull’opposizione e la ricorribilità per cassazione del relativo decreto.
4.6. Facendo seguito alle argomentazioni appena illustrate debbono essere enunciati i seguenti principi:
nella liquidazione coatta amministrativa i riparti parziali sono impugnabili, in analogia con quanto espressamente previsto per i riparti finali, in ragione dell’identico carattere di stabilità che caratterizza ambedue le forme di riparto;
ii) nella liquidazione coatta amministrativa i riparti parziali si impugnano facendo applicazione analogica della procedura prevista per il riparto finale, anche in ossequio al principio generale ricavabile dall’art. 117, comma 1, l. fall. secondo cui, in assenza di specifiche norme al riguardo, sussiste un unico e coincidente modulo procedimentale per la predisposizione, l’approvazione e l’impugnazione dei riparti, siano essi parziali o finale , all’interno della medesima procedurale concorsuale;
iii) di conseguenza, nella liquidazione coatta amministrativa regolata dalla legge fallimentare i riparti parziali sono impugnabili, in analogia con quanto espressamente previsto per i riparti finali, secondo le modalità previste dall’art. 213, comma 3, l. fall., mentre nella liquidazione coatta amministrativa delle assicurazioni i riparti parziali sono impugnabili, in analogia con quanto espressamente previsto per i riparti finali, secondo le modalità previste per l’impugnazione
dei riparti finali dal combinato disposto degli artt. 261, comma 3, e 254, comma 2, c.d.a., vale a dire attraverso l’opposizione disciplinata dagli artt. 98 e 99 l. fall..
4.7 Dall’applicazione dei principi appena indicati consegue , innanzitutto, l’ammissibilità del ricorso, posto che il decreto emesso all’esito del procedimento regolato dall’art. 99 l. fall. è impugnabile per cassazione, a mente del comma 12 della norma.
Si è poi già anticipato che la decisione sulle cause di opposizione allo stato passivo è collegiale, come emerge dall’espressa previsione dall’art. 99, comma 11, l. fall. (secondo cui ‘ Il collegio provvede in via definitiva sull’opposizione…’).
La conseguenza della violazione delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale è espressamente disciplinata dall’art. 50 -quater cod. proc. civ., il quale precisa che le disposizioni degli artt. 50bis e 50ter cod. proc. civ. non attengono alla costituzione del giudice e prevede che alla nullità derivante dalla loro inosservanza si applica l’art. 161, comma 1, cod. proc. civ., secondo cui la nullità delle sentenze soggette ad appello o ricorso per cassazione può essere fatta valere nei limiti e secondo le regole proprie di questi mezzi di impugnazione.
La procedura ricorrente ha correttamente fatto valere la nullità denunciata secondo le regole proprie del mezzo di impugnazione previsto avverso il provvedimento emesso in violazione del disposto dell’art. 50 -bis , n. 2, cod. proc. civ..
È opportuno aggiungere che questa Corte (v. Cass. 16186/2018, Cass. 5858/2020) ha più volte ribadito il principio secondo cui l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere su una domanda giudiziale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50quater cod. proc. civ. al successivo art. 161, comma 1, un’autonoma causa di nullità della decisione e non una forma di nullità relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza (e, perciò,
soggetta al regime di sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione e senza che la stessa produca l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice ove il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito; ipotesi che non ricorre nel caso di specie, dato che la Corte di legittimità non è giudice anche del merito e ha solo il potere di decidere nel merito, in caso di cassazione del provvedimento impugnato in accoglimento del ricorso, ‘ qualora non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto ‘, ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ..
L ‘accertamento della nullità della decisione per violazione del combinato disposto degli artt. 99, comma 11, l. fall. e dall’art. 50 -quater cod. proc. civ. impone la cassazione del provvedimento impugnato e la rimessione della causa, per nuovo esame, al Tribunale di Roma in composizione collegiale, il quale avrà cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e dichiara assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Roma in composizione collegiale, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 17 maggio 2024.