Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26010 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26010 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 15267 – 2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo -c.f. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del liquidatore pro tempore e del liquidatore giudiziale, elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce a ricorso.
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f. P_IVA – in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al controricorso.
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza n. 7251/2018 della Corte d’A ppello di Roma; udita la relazione nella camera di consiglio del 25 settembre 2024 del AVV_NOTAIO,
RILEVATO CHE
Con atto notificato l’11.9.2009 l ‘ ‘RAGIONE_SOCIALE citava a comparire dinanzi al Tribunale di Roma la ‘ RAGIONE_SOCIALE
Esponeva che aveva costituito unitamente al la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (poi ‘RAGIONE_SOCIALE) , per quote paritetiche del 50%, un’associazione temporanea di imprese ai fini della partecipazione ad una gara indetta dall’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ allo scopo dell’aggiudicazione dell’appalto per l’esecuzione di taluni lavori (cfr. ricorso, pag. 4) .
Esponeva che l’RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito del la quale la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva a vuto veste di capogruppo con mandato all’incasso , era rimasta aggiudicataria dell’appalto e nondimeno l a ‘RAGIONE_SOCIALE‘ l’aveva esclusa da ogni attività (cfr. ricorso, pag. 4) .
Esponeva che successivamente era insorto con la stazione appaltante un contenzioso, al quale aveva preso parte anche essa attrice, ed il giudizio era stato definito con lodo arbitrale che aveva riconosciuto all’A.T.I. la complessiva somma di euro 13.941.033,21 (cfr. ricorso, pag. 5) .
Esponeva che di quanto di sua spettanza la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nulla le aveva corrisposto, ossia non le aveva versa to né l’importo dell’utile del lavoro per la metà, euro 1.000.000,00, di sua pertinenza, né l’importo, euro 3.000.000 ,00, di sua pertinenza, delle somme liquidate dal collegio arbitrale al netto delle spese sostenute dalla medesima ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pag. 5) .
Chiedeva condannarsi la convenuta a pagarle la somma di euro 4.000.000,00 ovvero la diversa somma ritenuta di giustizia, quale importo di sua spettanza del quantum liquidato dal collegio arbitrale in ordine ai lavori appalt ati dall’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘, nonché a risarcirle il danno cagionato (cfr. ricorso, pag. 4) .
Si costituiva la ‘RAGIONE_SOCIALE
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
Con sentenza n. 8494 del 27.4.2012 il tribunale rigettava la domanda.
Evidenziava peraltro, il tribunale, che i lavori appaltati erano stati eseguiti unicamente dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ né l’attrice aveva richiesto alla co -aggiudicataria di provvedere all’esecuzione di parte de lle opere, sicché la mancata partecipazione della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ allo svolgimento dei lavori non ‘poteva ascriversi a responsabilità della RAGIONE_SOCIALE, per non aver rispettato gli accordi interni’ (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) .
Evidenziava che ‘gl i utili derivanti dalla esecuzione delle lavorazioni oggetto dell’appalto quindi stati legittimamente incassati dall’unica società che aveva svolto i lavori, ovvero la RAGIONE_SOCIALE ‘ (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) .
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello con atto di citazione notificato il 27.7.2012 (cfr. sentenza d’appello, pag. 2) . Resisteva la ‘ RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 7251/2018 la Corte di Roma rigettava il gravame.
Evidenziava la corte, da un canto, che l’ an debeatur non rinveniva riscontro nell’atto costitutivo dell’ARAGIONE_SOCIALE. e, d’altro canto, che la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ‘avrebbe dovuto dimostrare quali erano stati i lavori concretamente eseguiti e le spese affrontate’ (così sentenza d’appello, pag. 7) .
Evidenziava quindi che l’appellante si era limitata ad addurre che la sua pretesa fosse comprovata dal lodo arbitrale e dalla documentazione allegata (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) e tuttavia il riferimento alla ‘ documentazione fornita’ valeva a rendere generico ed aspecifico il motivo d’appello ed il riferimento al lodo arbitrale era del tutto vano, ‘atteso che in esso nulla è stabilito in ordine ai lavori effettivamente svolti dall’una e dall’altra iRAGIONE_SOCIALE‘ (così sentenza d’appello, pag. 8) , sicché l’appellante non poteva pretendere il compenso per opere della cui esecuzione non aveva fornito alcuna concreta dimostrazione.
Evidenziava altresì, la corte, che era da escludere che il tribunale fosse incorso in ultrapetizione, per aver -a giudizio dell’appellante – ancorato il suo dictum ad un’eccezione giammai sollevata di nullità dell’accordo interno, siccome volto a ripartire gli utili in maniera difforme rispetto a quanto statuito nel contratto d’appalto (cfr. sentenza d’appello, pag. 8) .
Evidenziava invero che il primo giudice si era limitato a rilevare l’anomali a della fattispecie de qua , fattispecie in cui i lavori erano stati effettuati da una sola delle due imprese, sicché legittimamente gli utili erano stati incassati dall’unica società che aveva eseguito le opere.
Evidenziava infine – la corte – che i rilievi svolti assorbivano ogni ulteriore doglianza e che gli articolati capitoli di prova testimoniale vertevano su ‘ circostanze generiche che non valgono a dimostrare né le lavorazioni effettivamente svolte dall’RAGIONE_SOCIALE, né le spese concretamente sostenute’ (così sentenza d’appello, pag. 9) .
Avverso tale sentenza l ‘ ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e concordato preventivo ha proposto ricorso; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
La ‘ RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
La ricorrente ha depositato memoria.
Del pari ha depositato memoria la controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 112 cod. proc. civ., degli artt. 1218 ss., 1418, 1421, 1344, 1704 ss. e 1710 ss. cod. civ. e dell’art. 22 d.lgs. n. 406/1991; in subordine, ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. l’omessa pronuncia della nullità dell’accordo interno e la violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 112 cod. proc. civ., degli artt. 1418, 1421, 1344, 1704 ss. e 1710 ss. cod. civ. e dell’art. 22 d.lgs. n. 406/1991.
P remette che è senz’altro nullo l’accordo intercorso tra le imprese riunitesi in RAGIONE_SOCIALE onde eseguire i lavori oggetto di un pubblico appalto, accordo cui la stazione appaltante sia rimasta estranea e volto a fissare la ripartizione dei corrispettivi in maniera difforme da quanto stabilito nel l’ atto costitutivo e nel contratto d’appalto (cfr. ricorso, pag. 21) .
Indi deduce che la stessa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha riferito dell’esistenza di un accordo tacito, in virtù del quale la partecipazione ai lavori di essa ricorrente sarebbe stata solo ‘di facciata’ (cfr. ricorso, pag. 21) .
Deduce dunque che la Corte di Roma, pur avendo accertato la nullità dell’accordo interno intercorso tra essa ricorrente e la ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ‘non ha proceduto alla ripartizione degli utili secondo la (…) quota di partecipazione all’ATI’ (così ricorso, pagg. 18 – 19) , pari, per ciascuna iRAGIONE_SOCIALE, al 50%, ovvero, in subordine, ha omesso di pronunciare la nullità del medesimo accordo interno e, conseguentemente, non ha ripartito gli utili tra le imprese associate secondo le rispettive quote di partecipazione (cfr. ricorso, pag. 19) .
Il primo motivo di ricorso va respinto.
La motivazione del secondo dictum si sviluppa sul rilievo, formulato in linea generale, di cui al primo dictum – primo dictum la cui motivazione è stata dalla Corte di Roma in premessa testualmente ribadita – a tenor del quale ‘ la nullità di un successivo accordo che ripartisca gli utili in maniera difforme rispetto a quanto statuito nel contratto di appalto’, ‘non interviene sul principio di base secondo il quale la ripartizione degli utili tra le imprese partecipanti all’ATI avviene, salvo diverso accordo, in misura paritaria e comunque proporzionale al lavoro svolto ‘ (così sentenza d’appello, 5 6) .
Del resto, la stessa ricorrente ha dato atto che ‘la Corte d’Appello, di fatto, ha seguito il ragionamento del Tribunale’ (così ricorso, pag. 23) .
D’altra parte, nella specie la ricorrente neppure ha specificamente censurato il rilievo del primo giudice -testualmente riflesso dal secondo dictum -secondo cui ‘i lavori appaltati venivano svolti esclusivamente da RAGIONE_SOCIALE‘ (così sentenza d’appello, pag. 4) .
Ebbene, il primo mezzo di impugnazione non si correla, non si confronta con la ‘ ratio decidendi ‘ (cfr. Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989, secondo cui, in
tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ‘ratio decidendi’ posta a fondamento della pronuncia impugnata; Cass. (ord.) 24.2.2020, n. 4905; Cass. 17.7.2007, n. 15952) .
La corte d’appello non ha fatto luogo all’accertamento di un presunto accordo interno intercorso tra la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e la ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
La corte di merito, invero, in linea con la ‘situazione anomala’ già rilevata dal tribunale (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) , si è limitata a riscontrare il dato ‘di fatto’ costituito dall’esecuzione integrale dei lavori da parte della capogruppo, dato ‘di fatto’ per nulla smentito e dal lodo arbitrale e dalla documentazione allegata, che in pari tempo neppure valevano a dar conto delle spese asseritamente sostenute dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
In questo quadro la corte distrettuale non ha ‘accertato (anche implicitamente) la nullità dell’Accordo Interno’ (così ricorso, pag. 18) , né avrebbe avuto ragione alcuna per far luogo alla declaratoria -di cui si assume in subordine l’omissione (cfr. ricorso, pag. 19) – di nullità del preteso accordo interno, onde attendere poi -nonostante l’estraneità della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ alla esecuzione delle opere – alla ripartizione degli utili secondo le quote di partecipazione all’ARAGIONE_SOCIALE.
12. Ben vero, il mancato riscontro da parte della corte territoriale del presunto accordo interno rende inconferente l’ulteriore duplice rilievo della ricorrente -destinato comunque, in tesi, ad esplicar valenza sul piano del giudizio ‘di fatto’ secondo cui siffatto accordo interno sarebbe stato voluto dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e secondo cui essa ricorrente ‘non ha potuto dare esecuzione ai lavori proprio in ragione dell’Accordo Interno’ (così ricorso, pag. 25) , sicché è
del tutto ingiustificato adombrare suoi presunti inadempimenti (cfr. ricorso, pag. 25) .
Infine, il riscontro ‘in fatto’ d e ll’esecuzione integrale dei lavori da parte della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ qualifica come del tutto ingiustificata pur la prospettazione finale della ricorrente, giusta la quale ‘anche nell’ipotesi di insussistenza dell’Accordo interno, la Corte d’Appello (…) non avrebbe p otuto (dovuto) fare altro che procedere alla ripartizione degli utili dell’appalto (…) al 50% (…)’ (così ricorso, pagg. 29 – 30) .
Invero, è difficile immaginare che -estraneo alla vicenda de qua qualsivoglia intento liberale – si possano pretendere remunerazioni per ciò che non si è fatto.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che la Corte di Roma non ha considerato talune circostanze la cui valenza è stata decisiva ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto, quali la spedita del nome e della reputazione commerciale di essa ricorrente nonché l’impegno della responsabilità di essa ricorrente, circostanze che riflettono le prestazioni da essa rese nell’ambito dell’A.T.I. e in favore della stazione appaltante (cfr. ricorso, pag. 30) .
Deduce che d ‘altronde che né essa ricorrente né la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ possedevano da sole le iscrizioni necessarie ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto (cfr. ricorso, pag. 30) e che la stessa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha riconosciuto che essa ricorrente ‘integrava l’iscrizione necessaria nella categoria S21’ (cfr. ricorso, pag. 31) .
Deduce quindi che alla stregua di siffatti apporti la corte d’appello avrebbe dovuto riconoscerle, quanto meno nella misura ritenuta di giustizia, gli utili dell’appalto (cfr. ricorso, pag. 32) .
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che la Corte di Roma non ha tenuto conto della documentazione prodotta a supporto dei motivi d’appello ed ha errato a non far luogo all’ammissione della prova per testimoni articolata a riscontro dei lavori eseguiti e delle spese sostenute (cfr. ricorso, pag. 39) .
Deduce, in ordine al primo profilo, che, a riscontro dell’ an e del quantum debeatur , univoco è nell’atto d’appello il riferimento, rispettivamente, all’atto costitutivo dell’A.T.I. ed al lodo arbitrale (cfr. ricorso, pag. 40) .
Deduce, in ordine al secondo profilo, che la corte d’appello non ha tenuto conto del letterale tenore dei decisivi capitoli di prova per testimoni (cfr. ricorso, pag. 41) .
Il secondo motivo ed il terzo motivo di ricorso sono connessi; il che ne suggerisce la disamina contestuale; ambedue i motivi parimenti vanno respinti.
Con precipuo riferimento al secondo mezzo si osserva quanto segue.
La corte distrettuale non ha, a rigore, omesso la disamina delle circostanze di cui al secondo mezzo di impugnazione, siccome ha riscontrato che la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non aveva ‘mai eseguito alcun lavoro oggetto dell’appalto’ (così sentenza d’appello, pag. 7) né aveva dimostrato le spese sostenute (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) e, sulla scorta di siffatti riscontri, evidentemente di ampia
portata, ha reputato assorbiti gli ulteriori motivi d’appello ed al contempo ogni ulteriore prospettazione pur relativa a presunti danni (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
Propriamente, l’estraneità della ricorrente all’esecuzione dell e opere ha correttamente indotto la corte territoriale a negar valenza pur alle specifiche circostanze di cui con il secondo motivo di ricorso si è assunto l’omesso esame.
In ogni caso, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e -è il caso di specie – di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. sez. un. 27.12.2019, n. 34476; Cass. (ord.) 4.4.2017, n. 8758; Cass. (ord.) 4.3.2021, n. 5987) .
Del resto, con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404) .
Con precipuo riferimento al terzo mezzo si osserva quanto segue.
Ingiustificatamente la ricorrente si duole giacché il motivo d’appello recava univoco riferimento all’atto costitutivo dell’ARAGIONE_SOCIALE. ed al lodo arbitrale.
Invero, la corte di merito ha debitamente vagliato e l’uno e l’altro atto.
Cosicché sovviene l’insegnamento per cui il (presunto) cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non
essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553) .
19. Ulteriormente, con riferimento al terzo mezzo si osserva quanto segue.
Il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giu dizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (cfr. Cass. (ord.) 17.6.2019, n. 16214; Cass. (ord.) 7.3.2017, n. 5654) .
In quest ‘ottic a i capitoli della prova riferiscono genericamente e non in termini puntuali di spese ‘per i preventivi, per gli studi di fattibilità dei lavori , per le analisi dei lavori e per quelle dei costi ‘, di spese ‘per studiare e tenere pronta tutta la manodopera e i macchinari specifici necessari ‘, di spese per l’assunzione di nuovo personale; parimenti non si prospetta che i macchinari siano stati acquistati per i lavori de quibus agitur .
La prova non ammessa dunque non risponde al giudizio di idoneità postulato in termini di certezza dalla surriferita elaborazione giurisprudenziale.
In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in concordato preventivo, a rimborsare alla controricorrente, ‘ RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 25.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;
a i sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte