Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19492 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19492 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3942/2023 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOMENOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 1982/2022 depositata il 07/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
–RAGIONE_SOCIALE è stata assoggettata a procedura di commissariamento.
Da quella vicenda societaria è scaturito, tra gli altri, un procedimento penale a carico di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nel quale, condannati a vario titolo gli imputati, è stata riconosciuta una provvisionale a loro carico ed a favore di Parmalat per l’ammontare di 6 milioni, salva diversa quantificazione dei danni in sede civile.
–NOME COGNOME ha pagato la provvisionale ed, agendo in regresso, ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti degli altri due, COGNOME e COGNOME, i quali hanno proposto due distinte opposizioni, poi riunite.
In particolare, COGNOME qui ricorrente, ha sostenuto che il credito non poteva essere fatto valere in quanto non era liquido, e non lo era per via del fatto che le rispettive colpe non erano state ripartite e dunque non era determinato quale fosse il debito di ciascuno degli obbligati in solido.
Il Tribunale di Reggio Emilia ha revocato il decreto ingiuntivo ed ha ripartito le quote di ciascuno, condannando Erede a versare a COGNOME 550 mila euro circa.
Questa decisione è stata impugnata con appello principale da COGNOME e, con appelli incidentali, da COGNOME ed Erede. In particolare, COGNOME ha chiesto che venisse riconsiderato il ruolo di Erede e che costui fosse ritenuto responsabile anche del dissesto di Parmalat e
non solo di RAGIONE_SOCIALE, come era invece emerso nel giudizio penale, dove Erede era stato ritenuto responsabile di condotte omissive che avevano favorito la distribuzione di dividendi da parte di RAGIONE_SOCIALE, pur non essendovi utili: RAGIONE_SOCIALE, che era la finanziaria di Parmalat, aveva in tal modo arrecato danno a quest’ultima.
COGNOME, con il suo appello, ha chiesto che entrambi gli altri debitori in solido (RAGIONE_SOCIALE) fossero condannati a restituirgli 2 milioni di euro ciascuno.
Erede, invece, ha impugnato la sentenza di primo grado sostenendo che non era emersa alcuna prova quanto alla sua responsabilità e che l’accertamento penale non poteva fare stato nel giudizio civile.
La Corte di Appello di Bologna ha accolto parzialmente l’appello principale di COGNOME riducendo il debito di costui verso COGNOME, e riducendo altresì a 330 mila euro circa quanto dovuto da COGNOME a COGNOME. Ha rigettato l’appello incidentale.
3. -Ricorre per cassazione NOME COGNOME con sette motivi di censura. Ne chiede il rigetto NOME COGNOME che ha notificato controricorso.
Ragioni della decisione
1. -Il primo motivo prospetta violazione degli articoli 115 e 1375 c.c. e dell’articolo 1236 c.c.
La tesi è la seguente.
La decisione impugnata ha riformato quella di primo grado sul seguente aspetto.
Il Tribunale aveva ripartito la solidarietà interna sul danno totale subito da Parmalat, come calcolato dal consulente tecnico. La Corte di Appello ha osservato che il credito, rispetto al quale fare la ripartizione interna, non era quello astrattamente rivendicabile da parte di Parmalat, ma quello che quest’ultima aveva effettivamente chiesto. E, stando alla domanda proposta nel separato giudizio,
RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto solo il danno derivatole dalla condotta di RAGIONE_SOCIALE negli anni 1998 -2000.
Dunque, era sul risarcimento effettivamente chiesto che andava effettuata la ripartizione interna tra i debitori.
Osserva, inoltre, la Corte di Appello che il fatto che RAGIONE_SOCIALE si fosse riservata di agire per il resto non poteva essere rilevante, ossia non poteva far si che anche tale resto venisse conteggiato, in quanto, da un lato, alla riserva non aveva fatto seguito alcuna azione, e, per altro verso, in quanto, anche ove fosse stata fatta azione per il restante credito, essa sarebbe stata inammissibile per abuso del processo, ossia per abusivo frazionamento del credito.
La censura del ricorrente si appunta su tale ratio decidendi .
Il ricorrente contesta che una eventuale successiva azione per il risarcimento del restante danno possa considerarsi abusiva, e comunque ritiene che qualora lo fosse, la conseguenza non sarebbe, come ritiene la decisione impugnata, la perdita del credito, bensì sarebbe l’inammissibilità della domanda: il credito rimarrebbe esigibile, magari in altre forme.
Secondo il ricorrente, la riforma della decisione di primo grado in senso sfavorevole a lui è dovuta al fatto che il calcolo delle rispettive colpe è effettuato non già sul debito intero ma su quello effettivamente fatto valere dal creditore.
Il motivo è inammissibile.
La corte di merito ha osservato, e se anche non lo avesse fatto la questione si sarebbe comunque posta, che Parmalat, pur avendo manifestato l’intenzione di agire per il resto, di fatto non ha agito.
Dunque: che il debito tra gli obbligati in solido debba ripartirsi sulla base del suo effettivo ammontare, e cioè sulla base di quanto pretende il creditore, è del tutto ovvio: se anche il credito fosse 1000, ma il creditore agisce per 500, è rispetto a tale pretesa che si deve fare la ripartizione tra i debitori in solido.
Ed allora, non ha rilievo porre una tale ipotesi: se Parmalat agisse per il restante credito, tale azione sarebbe o no ammissibile ed in quali termini? Porterebbe o no a dover tener conto anche del credito successivo?
Non ha rilievo in quanto resta il fatto, non smentito, che Parmalat non ha agito per il restante credito, allo stato in cui la decisione impugnata è stata emessa, ma ha agito solo per una parte di esso. Con la conseguenza che la censura è rivolta verso una ipotesi e non già verso la ratio effettiva. Il fatto che Parmalat abbia chiesto solo il danno causatole da Parfit limita l’oggetto della conseguente ripartizione tra i debitori in solido a quella richiesta, e non ad altra, ipotetica. A prescindere dalla eventualità che in futuro possa aversi una ulteriore richiesta di risarcimento.
-Il secondo motivo prospetta violazione dell’articolo 1306 c.c. in relazione all’articolo 295 c.p.c.
E’ motivo connesso al precedente.
Come si è visto, i giudici di merito hanno ritenuto che la suddivisione interna della solidarietà andasse fatta tenendo conto della effettiva domanda di risarcimento del creditore, e tale domanda era quella di risarcimento dei danni arrecati da RAGIONE_SOCIALE
Ma, osserva il ricorrente, tale domanda era in realtà il frutto di una riduzione di quella originaria, riduzione tuttavia fatta nei soli confronti degli altri due.
E dunque non poteva considerarsi quale richiesta di risarcimento quella per i soli danni a Parfit, quando tale limitazione era stata fatta solo nei confronti degli altri due. Ciò in violazione dell’articolo 1306 c.c. che esclude che la sentenza pronunciata tra il creditore e uno dei debitori in solido abbia effetto contro gli altri debitori.
Il motivo è inammissibile.
Non si discute di una pregiudizialità in senso tecnico tra il procedimento in cui RAGIONE_SOCIALE ha fatto valere il risarcimento ed il procedimento presente.
Piuttosto, altro è il titolo di quella responsabilità, altra la delimitazione del suo oggetto.
Più precisamente: il titolo è ciò che dà diritto al COGNOME ad agire in regresso verso gli altri due -che è l’oggetto del presente procedimento -, e tale titolo è la provvisionale emessa dal giudice penale. COGNOME ha pagato l’intera provvisionale e chiede agli altri due la loro parte.
Non ha alcuna rilevanza che nei confronti di Parmalat, in un autonomo e distinto giudizio, il ricorrente sia stato ritenuto non responsabile del danno. Egli, infatti, qui è chiamato in base ad un titolo diverso, ossia a titolo di responsabilità solidale verso il condebitore in solido che ha pagato l’intero, a titolo di provvisionale.
Se questo è il titolo, altra questione riguarda l’ammontare di esso, e dunque della somma da ripartire tra i debitori in solido.
Rispetto a tale questione, la ratio decidendi è nel senso che Parmalat, ossia il creditore, non ha chiesto l’intero, ma ha chiesto soltanto una parte (corrispondente ai danni fatti da Parfit tra il 1998 ed il 2000).
Con la conseguenza che la denunciata violazione di legge e delle regole sulla pregiudizialità dei procedimenti non coglie la ratio decidendi , che di quelle regole non ha fatto applicazione.
3. -Il terzo motivo prospetta violazione dell’articolo 2055 c.c.
La tesi è che la corte di merito ha fondato la sua ripartizione tra i debitori in solido prendendo per buona la provvisionale, che però è una condanna generica in sede penale, e come tale non vincola il giudice civile neanche sulla natura della responsabilità solidale, né sull’an, né sul quantum di essa.
Invece, secondo il ricorrente, la corte di merito avrebbe dovuto procedere ad un accertamento autonomo del nesso di causa tra la sua condotta ed il danno.
In sostanza, il danno, da ripartire tra i debitori, andava autonomamente accertato, non semplicemente prendendo atto della provvisionale, che, in quanto condanna generica, non fa alcuno stato nel giudizio civile.
-Allo stesso modo il quarto motivo prospetta violazione anche esso dell’articolo 2055 c.c.
Secondo il ricorrente nel giudizio penale egli è stato ritenuto responsabile del solo danno causato a Parfit e non a Parmalat.
Ma su questo non c’è accertamento autonomo da parte dei giudici civili, che si limitano a prendere atto della decisione penale del danno causato a Parmalat, e per contro, nella sentenza penale non c’è alcun accertamento circa la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE per danni a Parfit.
Seguono le ragioni per le quali invece risulta che il ricorrente non può avere avuto alcuna responsabilità nel danno di cui gli si chiede ora conto.
I due motivi sono anche essi inammissibili.
La corte di merito non ha fatto leva sul giudicato, ossia non ha ritenuto che la condanna generica alla provvisionale facesse stato nel giudizio civile. Ha invece considerato l’accertamento contenuto in quella sentenza come prova della responsabilità, su cui ha fatto un autonomo accertamento (p. 17 alla fine).
5. -Il quinto motivo prospetta violazione dell’articolo 2055 c.c.
La tesi del ricorrente è che non si è tenuto conto, nell’accertare la sua responsabilità, accertamento che, come si è visto, andava fatto autonomamente dal giudice civile -del fatto che egli era stato assolto dal reato di falsificazione dei bilanci.
Peraltro, sostiene il ricorrente, <>, poiché in quanto
amministratore di Parfit non aveva alcuna possibilità di ingerenza in RAGIONE_SOCIALE e nei suoi bilanci.
Il motivo è inammissibile.
Anche in questo caso è fuori dalla ratio della decisione impugnata. Il ricorrente è chiamato a rispondere del danno (ed in questa sede a corrispondere la sua quota al condebitore che ha versato l’intero) per avere distribuito illegittimamente dividendi di Parmalat, tramite Parfit, quando quei dividendi non erano da distribuire, cosi cagionando danno alla società.
Dunque, non per avere falsificato bilanci, ma per avere distribuito utili.
6. -Il sesto motivo prospetta violazione dell’articolo 132 c.c.
Sostiene il ricorrente che <>.
In particolare, <>
Il motivo è infondato.
Va ricordato che <> (Cass. 8053/ 2014).
A pagina 18 la sentenza motiva le ragioni per le quali ha ritenuto sussistere il danno conseguenza. Va da sé che se è vero che la condanna generica (provvisionale) non fa stato, può tuttavia costituire prova o elemento di prova del danno stesso.
7. -Il settimo motivo prospetta omesso esame.
Secondo il ricorrente la decisione impugnata non ha tenuto conto del fatto che egli aveva già versato la somma di 276.762, 31.
Dunque, la decisione impugnata ha omesso l’esame di un fatto prospettato in appello ed ivi discusso, che invece è decisivo e rilevante, in quanto comporta una riduzione del dovuto.
Il motivo è infondato.
A pagina 20 la sentenza tiene conto di quel versamento e lo ritiene ininfluente <>.
Ove poi il motivo venisse inteso come contestazione di questa ratio, ossia per dire che, si, il versamento è stato fatto a Parmalat, ma per conto di COGNOME, è inammissibile in quanto non riporta alcunché di tale indicazione, del suo contenuto, del fatto che fosse rivolta a quello scopo, né è supportato da argomenti a sostegno del fatto
che il pagamento va imputato esattamente come assunto dal ricorrente.
Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 7000,00 euro, oltre 200,00 euro per esborsi, ed oltre spese generali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 01/04/2025.