Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8304 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8304 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19250/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE (quale incorporante RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in NUORO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 2910/2021 depositata il 21/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
I coniugi COGNOME NOME e COGNOME, titolari del certificato di deposito n. 0015129 con scadenza 17 marzo 1999, rilasciato dal CREDITO VALTELLINESE S.p.A., già Banca della Ciociaria, dell’importo di vecchie Lit. 100.000.000, hanno citato in giudizio in data 15 settembre 2014 la banca depositaria chiedendo la restituzione del capitale dovuto, oltre interessi. Gli attori hanno dedotto la violazione di cui al d.P.R. n. 116/2007 in tema di « depositi dormienti » , con particolare riferimento all’obbligo di informativa dell’intermediario circa la possibilità del titolare di impartire le disposizioni necessarie per evitare l’estinzione del rapporto.
La banca, costituendosi in giudizio, ha eccepito preliminarmente la prescrizione nonché -in via subordinata l’insussistenza del diritto alla restituzione, essendo stato l’importo del certificato di deposito rimborsato e reinvestito in due ulteriori certificati di deposito in data 21 aprile 1999 e 4 maggio 1999, certificati estinti anch’essi in epoca successiva.
Il Tribunale di Cassino ha accolto la domanda, rigettando l’eccezione di prescrizione in quanto incompatibile con la difesa della banca che riteneva adempiuta l’obbligazione restitutoria , nonché ritenendo che la prescrizione non avesse iniziato a decorrere se non dalla richiesta del cliente, essendo irrilevante l’inerzia del cliente .
La Corte di Appello di Roma, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello della banca, ritenendo prescritta la domanda di restituzione, essendo trascorsi più di dieci anni tra la proposizione
n. 19250/2021 R.G.
della domanda di restituzione e la scadenza del certificato. Ha ritenuto, in particolare, il giudice di appello che l’eccezione di prescrizione non è incompatibile con la deduzione dell’avvenuto adempimento, non potendosi interpretare come rinuncia tacita il comportamento processuale della banca che, in via subordinata rispetto all’eccezione di prescrizione, deduca l’adempimento (« tale incompatibilità non sussiste affatto, ben potendo la parte eccepire in via principale la prescrizione e in subordine dedurr e l’avvenuto adempimento »). Ha, poi, osservato il giudice di appello che -essendo il certificato a scadenza -la prescrizione decorre dalla scadenza del certificato stesso. Nel merito, il giudice di appello ha ritenuto « ad abundantiam » provato l’adempimento della banca in relazione all’obbligazione di restituzione degli importi di cui al medesimo certificato.
Propongono ricorso per cassazione gli appellati, affidato a due motivi e illustrato da memoria, cui resiste con controricorso la banca, la quale deposita memoria con cui comunica la costituzione di nuovi difensori in luogo del precedente difensore deceduto. .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2934, 2937, terzo comma, 2946 cod. civ. in relazione all’art. 2944 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ritenuto inammissibile l’eccezione di prescrizione con la mera difesa di avvenuto adempimento. Osserva parte ricorrente che il principio affermato dal giudice di appello attiene alla prescrizione presuntiva ma non alla prescrizione estintiva. Aggiunge parte ricorrente che l’affermazione della banca di avere pagato e, quindi, di avere adempiuto l’obbligazione è incompatibile con l’avvalimento dell’eccezione di prescrizione, al pari del riconoscimento di debito, idoneo a
interrompere la prescrizione ex art. 2944 cod. civ., ancorché la stessa fosse stata formulata con domanda subordinata di avvenuto pagamento.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e degli artt. 115, 1835, 2708 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto provata la restituzione del capitale , avendo il giudice di appello invertito l’onere della prova in tema di adempimento delle obbligazioni.
Il primo motivo è infondato. La prescrizione può essere rinunciata dal debitore anche tacitamente, ove ciò risulti da un fatto incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione medesima (art. 2937, terzo comma, cod. civ.), principio operante per la prescrizione ordinaria e (inversamente a quanto sostiene parte ricorrente) applicabile anche alla prescrizione presuntiva (Cass., n. n. 7527/2012). Il riscontro di una rinuncia tacita alla prescrizione effettuato da parte del giudice presuppone, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la verifica in fatto che il comportamento del debitore sia incompatibile, in modo oggettivo, assoluto e soprattutto inequivoco, con la volontà di avvalersi della causa estintiva del diritto altrui, accertamento che rientra nei poteri del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, ove immune da vizi motivazionali (Cass., n. 24263/2023; Cass., n. 24927/2016; Cass., n. 1143/2001).
La rinuncia tacita alla prescrizione è, peraltro, differente dal riconoscimento di debito, come invece deduce parte ricorrente. Il soggetto che riconosca l’altrui diritto di credito compie una dichiarazione di scienza, avente a oggetto il diritto della controparte. Si tratta di una dichiarazione priva di natura negoziale, in quanto atto giuridico in senso stretto, non recettizio, che non richiede in chi
lo compie una specifica intenzione ricognitiva, occorrendo solo che esso rechi, anche implicitamente, la manifestazione della consapevolezza dell’esistenza del debito e riveli il carattere della volontarietà (Cass., n. 22948/2024). Inoltre, il riconoscimento di debito insorge prima della maturazione del termine prescrizionale, interrompendone la decorrenza e comportando la decorrenza di un nuovo termine prescrizionale, come nel caso in cui venga proposta rateazione di tributi, ove la proposizione del l’istanza implica la conoscenza del debito sottostante di cui si è chiesta la rateazione (Cass., n. 9221/2024).
Del tutto differente è, invero, la rinuncia alla prescrizione, la quale può essere invocata solo all’esito della maturazione della prescrizione stessa e non in epoca precedente (art. 2937, secondo comma, cod. civ.) ed è, conseguentemente, caratterizzata dalla manifestazione di una volontà negoziale con effetto definitivamente dismissivo, avente ad oggetto il proprio diritto alla liberazione dall’obbligo di adempimento dell’obbligazione (Cass., n. 2758/2020; Cass., n. 18425/2013), proprio in quanto ha come presupposto la già avvenuta maturazione della prescrizione (art. 2937, secondo comma, cod. civ.).
Trattandosi di comportamento abdicativo di un diritto, questo non può essere integrato da un comportamento processuale che in sé rappresenta una necessaria difesa dei propri diritti, anche a fronte di altrettante pretese o eccezioni avanzate dalla controparte (Cass., n. 6397/2011). Sotto questo profilo si è ritenuto -sotto il vigore dell’art. 345 cod. proc. civ. precedente le modifiche apportate dall’art. 52 l. n. 353/1990 (Cass., n. 9927/2000) -che non costituisce rinuncia tacita alla prescrizione il comportamento processuale della parte che in primo grado si sia difesa nel merito e
che in appello avesse eccepito per la prima volta la prescrizione (Cass., n. 99/2011).
La rinuncia alla prescrizione è, pertanto, presidiata da un accertamento in fatto dei suoi presupposti più pregnante del mero riconoscimento di debito, tale da far ritenere che il debitore abbia, con il suo comportamento, inequivocabilmente abdicato al proprio diritto di invocare la liberazione dall’obbligazione in virtù della articolazione dell’eccezione di prescrizione , laddove il riconoscimento di debito implica la mera conoscenza o consapevolezza del debito sottostante.
Nella specie, è stato accertato dalla sentenza impugnata che la banca convenuta aveva eccepito in via principale la prescrizione ordinaria e, in via meramente subordinata, aveva dedotto l’adempimento dell’obbligazione sottostante quale mera difesa processualmente indirizzata a paralizzare la domanda attrice, solo in caso di rigetto dell’eccezione di prescrizione articolata in principalità. Il giudice di appello ha ritenuto che il comportamento processuale della banca non può avere significato inequivoco di rinuncia alla prescrizione, stante la formulazione della difesa in via meramente gradata e, quindi, inidonea a comportare la definitiva rinuncia alla prescrizione maturata, eccezione già formulata in via principale, così facendo corretta applicazione dei suddetti principi.
Il secondo motivo è, conseguentemente, assorbito. Il ricorso va rigettato, con spese processuali del giudizio di legittimità regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 4.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% per n. 19250/2021 R.G.
rimborso forfetario e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 27/03/2025.