Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29164 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29164 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28655/2021 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
-intimati-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2388/2021 depositata il 15/09/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/09/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Vicenza, all’esito del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo n. 33/2015, con cui lo stesso Tribunale, su istanza della RAGIONE_SOCIALE, aveva ingiunto alla RAGIONE_SOCIALE ed ai suoi fideiussori, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, il pagamento della somma di € 119.440,02 oltre accessori di legge, ha accolto l’opposizione e revocato il predetto decreto ingiuntivo.
Il giudice di primo grado ha accolto l’impostazione degli opponenti , secondo cui l’istituto di credito, dopo aver comunicato il 1° luglio 2013 alla società ed ai fideiussori la revoca del finanziamento ed il recesso dal rapporto di conto corrente, aveva implicitamente rinunciato alla risoluzione, intimando alla RAGIONE_SOCIALE e ai suoi fideiussori, con raccomandata del 13 settembre 2013, il pagamento ‘RAGIONE_SOCIALE rate dei due mutui scadute nel mese di agosto 2013′.
La Corte d’Appello di Venezia, con sentenza n. 2388/2021 del 15.9.2021, in accoglimento dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 33/2015 emesso dal Tribunale di Vicenza ed ha condannato il fallimento RAGIONE_SOCIALE e i fideiussori, in solido tra loro, al pagamento a favore dell’istituto di credito della somma di € 119.440,023, oltre accessori di legge.
La Corte territoriale ha ritenuto che doveva escludersi che la lettera del 13 settembre 2013, con cui la banca aveva chiesto il pagamento della rata n. 86, scaduta nel precedente mese di agosto, manifestasse implicitamente la volontà di rinunziare all’effetto risolutivo del rapporto di mutuo fondiario n. 003/17807, e ciò sul rilievo che la predetta missiva non presentava il significato
univoco attribuitole dal Tribunale. L’istituto di credito, con detta lettera, si era, infatti, limitato ad invitare la società debitrice a pagare la rata n. 86, il cui pagamento era comunque dovuto, e ciò a prescindere dalla risoluzione del mutuo, rappresentando una parte del complessivo debito restitutorio, sicché non poteva affermarsi che la banca, con tale richiesta di pagamento, intendesse rinunciare all’effetto risolutivo. In particolare, il significato della lettera permaneva equivoco, potendo, ad esempio, manifestare l’intendimento della banca di soprassedere temporaneamente all’escussione coattiva del debito restitutorio a fronte perlomeno di un pagamento parziale (che non è stato compiuto).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, affidandolo a due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stato dedotto il vizio di motivazione per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (pendenza di un duplice accertamento del medesimo credito) nonché la violazione degli artt. 96 comma 2° n. 3 e 52 L.F. in relazione all’art. 360 comma 1° nn. 3 e 5 c.p.c.
Espone il ricorrente che la sentenza impugnata non ha considerato il fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ovvero che, relativamente allo stesso credito fondiario in corso di accertamento in grado di appello avanti alla Corte d’ Appello di Venezia, era stata presentata un’istanza di ammissione allo stato passivo, accolta senza riserva, del fallimento della RAGIONE_SOCIALE, che era intervenuto
mentre pendeva in appello il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
La Corte d’Appello aveva rigettato l’eccezione di improcedibilità del giudizio nei confronti del fallimento RAGIONE_SOCIALE, richiamando l’art. 96 comma 2° n. 3 L.F. non considerando che su quel medesimo credito era avvenuto l’accertamento del Tribunale Fallimentare, che aveva ammesso il credito.
Si chiede a questa Corte di confermare o escludere se il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo fosse o meno procedibile stante il disposto dell’art. 52 L.F.
2. Il motivo è inammissibile.
Le censure del ricorrente in ordine alla dedotta improcedibilità del presente giudizio nei confronti del fallimento RAGIONE_SOCIALE sono inammissibili per difetto di legittimazione ad causam .
Invero, il ricorrente ha sollevato un’eccezione (improcedibilità del giudizio per l’intervenuto fallimento) ch e, ben vero alla luce della sua stessa prospettazione, si correla ad una posizione che eventualmente avrebbe potuto essere fatta valere solo dal curatore della procedura.
Ovviamente, la presente ipotesi esula dai casi espressamente previsti dalla legge in cui è possibile far valere in nome proprio un diritto altrui, a norma dell’art. 81 c.p.c.
In ogni caso, il giudizio ordinario è stato correttamente proseguito, atteso che il fallimento è stato dichiarato in data 26.9.2019 (con conseguente interruzione del processo d’appello intervenuta con ordinanza del 28.11.2019) e quindi in epoca successiva alla sentenza di primo grado del giudizio ordinario di accertamento del credito della banca, che è stata pronunciata in data 12.10.2017. Infatti, l’art. 96 comma 2° n. 3 L.F. (che è stato interpretato estensivamente da questa Corte anche in caso di accertamento negativo del credito in sede ordinaria, v. Cass. n. 11362/2018) sancisce un caso di opponibilità al fallimento della sentenza, anche
non passata in giudicato, pronunciata -come nel caso di specie -in un giudizio (ordinario) di accertamento del credito già pendente al momento dell’intervenuto fallimento (peraltro, nel caso di specie, la banca, in sede di ammissione al passivo, non ha neppure fondato la propria pretesa sul decreto ingiuntivo di cui è causa, bensì sul contratto di mutuo).
Con il secondo motivo è stato censurato il ‘vizio di motivazione (art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c.) per insufficiente esame di elementi decisivi della controversia -violazione di legge (art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c.) per mancata e/o falsa applicazione dell’art. 1456 2° comma cod. civ. in relazione all’art. 1458 cod. civ., all’art. 1186, 1819 e 1820 cod. civ., alla clausola 9 del contratto di mutuo fondiario n. 17807 del 14.6.2006 e all’art. 10 dei patti e condizioni generali allegati sotto la lettera A) del contratto di mutuo’.
Deduce il ricorrente che l’interpretazione con cui il giudice d’appello ha escluso che la lettera del 13.9.2013 avesse il significato univoco di rinunzia all’effetto risolutivo del rapporto di mutuo intimato con comunicazione 1.7.2013, viola sia la lex contractus , sia il codice civile. Infatti, prevedendo sia legge che il contratto in essere tra le parti, in caso di inadempimento, l’immediato rimborso del credito capitale e di una sola frazione o rata del credito capitale, il comportamento con cui la banca mutuante ha chiesto il pagamento di una sola rata non può essere altrimenti qualificato se non come rinuncia all’intimato effetto risolutivo o allo scioglimento del contratto.
4. Il motivo è inammissibile.
Non vi è dubbio che il ricorrente, nel contestare l’interpretazione fornita dalla Corte d’Appello alla lettera del 13.9.2013, inviata dalla banca alla correntista, non faccia altro che censurare una valutazione di fatto che è riservata al giudice di merito, come tale non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizio di motivazione, nel caso di specie, dedotto solo in via apodittica e
generica, non avendo il ricorrente minimamente precisato in che cosa sarebbe consistito il preteso vizio di motivazione.
5. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, che liquida in € 10.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 30.9.2025
Il Presidente NOME COGNOME