Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2049 Anno 2025
RAGIONE_SOCIALE Sent. Sez. 1 Num. 2049 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15025/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALE CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
ASSESSORATO INFRASTRUTTURE E MOBILITA’ DELLA REGIONE SICILIANA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende
avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 656/2019 depositata il 25/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore, ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, esponendo che, in data 23.11.1990, il geom. NOME COGNOME, titolare RAGIONE_SOCIALE‘omonima impresa, aveva stipulato con l’Amministrazione un contratto di appalto relativo ai lavori di costruzione di un tratto di banchine interno al molo di levante del porto di Marsala, e che nella contabilità dei lavori l’impresa appaltatrice aveva iscritto quattro riserve, mentre la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, subentrata a seguito RAGIONE_SOCIALE declaratoria di fallimento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, aveva apposto un’altra riserva sullo stato finale dei lavori.
L’attrice ha chiesto pertanto il pagamento RAGIONE_SOCIALEe somme iscritte alle riserve n. 1, 2, 3, 4, per complessivi € 2.865.866,01 e l’accertamento RAGIONE_SOCIALE fondatezza RAGIONE_SOCIALE riserva n. 5, apposta dalla RAGIONE_SOCIALE sullo stato finale, relativa alla penale per la ritardata ultimazione dei lavori, con dichiarazione che nulla era dovuto a titolo di penale e che, quindi, la RAGIONE_SOCIALE vantava un credito di € 32.718,24 o, in subordine, con riduzione RAGIONE_SOCIALE penale da € 222.462,90 a € 103.291,38.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 3518/2012, ha rigettato le domande relative alle riserve n. 1, 2, 3, 4 e ha parzialmente accolto la domanda relativa alla riserva n. 5, riducendo l’ammontare RAGIONE_SOCIALE penale contrattuale in €103.291,38, da portare a decomputo del debito RAGIONE_SOCIALE‘impresa, calcolato dalla stazione
appaltante con il decreto assessoriale n. 1217/149 del 29.7.2005 di approvazione del collaudo in € 189.744,66, determinando così il debito RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE derivante dall’esecuzione del contratto di appalto nella minor somma di € 86.453,28.
Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello la RAGIONE_SOCIALE, lamentando il mancato accoglimento RAGIONE_SOCIALEe domande relative alle cinque riserve e, in subordine, l’errata determinazione da parte del Tribunale del debito RAGIONE_SOCIALE‘impresa nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione.
Ha resistito all’appello l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (succeduto al soppresso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), aderendo al motivo di gravame RAGIONE_SOCIALE‘appellante concernente l’erroneità del calcolo effettuato dal Tribunale nel determinare il credito RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione e richiedendo il rigetto dei restanti motivi di appello.
La Corte di Appello RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 656/2019, ha parzialmente accolto il gravame, rideterminando nella somma di € 70.753,14 il debito RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE derivante dall’esecuzione del contratto di appalto e confermando nel resto la sentenza di primo grado.
La Corte di Appello, per quanto ancora rileva, ha affermato, in relazione alla riserva n. 1 – iscritta per ‘ oneri diretti passivamente sopportati’, per ‘ mancati utili connessi al non prodotto in termini’ e per ‘ maggiori costi sopportati per lo scavo del cunettone eseguito artigianalmente’ – che nessuna pretesa indennitaria poteva essere avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE in quanto la predetta riserva era stata rinunciata con raccomandata del 16.5.1994. Inoltre, tale rinuncia era irrevocabile e, ove fosse stata accolta la tesi circa la revocabilità RAGIONE_SOCIALE rinunzia ad una riserva, sarebbe stata sacrificata l’esigenza posta a fondamento del sistema RAGIONE_SOCIALEe riserve, cioè la possibilità per la stazione appaltante di esercitare in ogni momento
il controllo RAGIONE_SOCIALE spesa derivante dal contratto di appalto, con la conseguente possibilità di adottare le opportune iniziative.
Il giudice d’appello ha, altresì, osservato che nessuna responsabilità poteva imputarsi all’RAGIONE_SOCIALE in relazione ai fattori pregiudizievoli verificatisi successivamente al 16.5.1994 (data RAGIONE_SOCIALE raccomandata con cui la RAGIONE_SOCIALE ha reiterato le pretese di cui alla riserva n.1), atteso che nessun onere o intervento era previsto a carico RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, e che il dilatamento dei tempi necessari per il completamento RAGIONE_SOCIALE‘iter burocratico per il rilascio RAGIONE_SOCIALEe autorizzazioni che hanno consentito la ripresa dei lavori fu dovuto al coinvolgimento di diversi organi amministrativi, terzi ed estranei all’RAGIONE_SOCIALE, oltre all’assenza di un’efficace coordinamento tra i suddetti organi. Tale ritardo non era, peraltro, facilmente prevedibile da parte RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, anche in ragione del fatto che fu determinato da circostanze del tutto indipendenti dalla volontà RAGIONE_SOCIALEo stesso.
La Corte d’Appello ha ritenuto infondate le doglianze RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in ordine al rigetto RAGIONE_SOCIALEe pretese relative alla riserva n. 2 – avente ad oggetto il riconoscimento dei maggiori costi per la realizzazione e la posa di 41 pile di massi artificiali, divenute 43 in seguito alla riproposizione RAGIONE_SOCIALE riserva con nota del 16.5.1994 – atteso che, con riferimento alle 41 pile iniziali, anche tale riserva era stata rinunciata con nota del 12.02.1994, mentre, con riferimento alle ulteriori due pile, i rilievi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non sono stati ritenuti idonei a confutare le argomentazioni svolte dal primo giudice.
Quanto alla riserva n. 3, avente ad oggetto la richiesta di indennizzi per il prolungamento e l ‘ illegittimo blocco dei lavori per sei mesi (aprile 1994 -settembre 1994), derivante dalla mancata contabilizzazione dei lavori eseguiti, la stessa è stata ritenuta non fondata:
-perché nessuna responsabilità era addebitabile all’RAGIONE_SOCIALE, rimasto estraneo all’iter burocratico per il rilascio RAGIONE_SOCIALEe necessarie autorizzazioni;
-perché doveva ritenersi ingiustificata l’unilaterale sospensione dei lavori da parte RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore, non essendo ancora maturati gli importi necessari per l’emanazione del SAL;
-perché nel giudizio di primo grado l’impresa aveva addotto differenti giustificazioni in ordine alla sospensione dei lavori.
La Corte d’Appello, ha, altresì, ritenuto che nessuna pretesa indennitaria poteva essere avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE in relazione alle singole voci su cui era stata articolata la riserva n. 4, in quanto: a) con riferimento alla mancata contabilizzazione del ferro adoperato per armare 33 massi cellulari, di gran lunga superiore a quello preventivato, l’impresa RAGIONE_SOCIALE, con nota del 28.9.1993, si era impegnata a non richiedere alcun compenso per le ulteriori modifiche da apportare; b) con riferimento all’indennizzo per il prolungamento RAGIONE_SOCIALEe polizze fideiussorie, dovuto all’inusitata protrazione del vincolo contrattuale determinata dall’anomalo andamento dei lavori, valeva quanto già detto circa l’estraneità RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE al completamento del summenzionato iter burocratico; c) con riferimento alla mancata contabilizzazione di una quota parte dei massi cellulari, era già stato confermato in primo grado che l’altezza dei cassoni contabilizzata era corrispondente a quella accertata in sede di collaudo.
Infine, con riferimento alla riserva n. 5, la Corte territoriale ha ritenuto che il ritardo di quattro mesi nell’ultimazione dei lavori, presupposto RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALE penale, non derivava né dall’ammissione, in data 15.11.1994, RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore alla procedura di amministrazione controllata per due anni, né da una condotta colposa RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria del 26.3.2024 , è stata disposta la rimessione RAGIONE_SOCIALE causa in pubblica udienza per affrontare la questione, di evidente natura nomofilattica, RAGIONE_SOCIALE revoca RAGIONE_SOCIALE rinuncia RAGIONE_SOCIALE riserva nell’ambito RAGIONE_SOCIALE disciplina RAGIONE_SOCIALE‘appalto pubblico.
La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c. (dopo aver depositato precedentemente la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.).
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va esaminata, in primo luogo, l’eccezione preliminare, sollevata dall’RAGIONE_SOCIALE controricorrente, di nullità RAGIONE_SOCIALE notifica del ricorso per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 11 r.d. n. 1611/1933, in quanto il ricorrente avrebbe notificato il ricorso presso la sede RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura RAGIONE_SOCIALEo Stato Distrettuale e non presso la sede RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato.
Tale eccezione deve essere rigettata.
Anche, recentemente, questa Corte (Cass. 12410/2020) ha enunciato il principio di diritto secondo cui, qualora il ricorso per cassazione sia notificato all’Avvocatura distrettuale RAGIONE_SOCIALEo Stato anziché all’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, il vizio RAGIONE_SOCIALE notifica è sanato, con efficacia “ex tunc”, dalla costituzione in giudizio del destinatario del ricorso, da cui si può desumere che l’atto abbia raggiunto il suo scopo.
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 64 del R.D. 25.05.1895 n. 350, 111, I e VI comma Cost., 132, I comma n. 4 e 360 c.p.c. Lamenta la ricorrente che la Corte di Appello ha erroneamente affermato la irrevocabilità RAGIONE_SOCIALE rinuncia alla riserva n. 1 e la non addebitabilità alla stazione appaltante dei danni determinati dal quale
ritardo nel rilascio RAGIONE_SOCIALEe autorizzazioni, a causa del l’appaltatore ha potuto riprendere i lavori soltanto nel luglio 1996.
In particolare, ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente, la decisione RAGIONE_SOCIALE Corte d ‘ Appello è errata alla luce RAGIONE_SOCIALEe seguenti considerazioni:
sulla scorta di quanto previsto dall’art. 64 r.d. n. 350/1895, applicabile ratione temporis , la riserva sarebbe un atto ad efficacia necessariamente provvisoria, poiché soggetto alla condicio iuris RAGIONE_SOCIALE successiva conferma con la sottoscrizione del conto finale; sicché la natura interinale RAGIONE_SOCIALEe riserve, comporterebbe che ogni rinuncia – in quanto actus contrarius -avrebbe la medesima disciplina giuridica RAGIONE_SOCIALE rispettiva riserva e, pertanto, non potrebbe divenire irrimediabilmente definitiva non appena viene espressa;
l’irrevocabilità RAGIONE_SOCIALE rinuncia non potrebbe desumersi neppure dall’esigenze di tutela RAGIONE_SOCIALE P.A. e di perseguimento del pubblico interesse, atteso che la discrezionalità amministrativa RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione si esaurirebbe nella fase di scelta del contraente, essendo la successiva esecuzione del contratto governata dalle norme civilistiche;
ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1664, co. 2, c.c. la RAGIONE_SOCIALE fallimentare avrebbe diritto di ottenere dall’Amministrazione il ristoro dei maggiori costi sostenuti a causa del ritardo nel rilascio RAGIONE_SOCIALEe autorizzazioni per la prosecuzioni dei lavori, atteso che sia l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, quale stazione appaltante, sia l’RAGIONE_SOCIALE, che seguiva e dirigeva i lavori per conto RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, sarebbero stati a
conoscenza RAGIONE_SOCIALE‘iter burocratico e del suo ritardo e sarebbero intervenuti in maniera non diligente per pervenire al rilascio RAGIONE_SOCIALE‘autorizzazione del RAGIONE_SOCIALE, venendo così meno agli obblighi propri RAGIONE_SOCIALE stazione appaltante.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – 111, commi 1 e 4 Cost., 132, comma 1 n. 4 e 360 c.p.c.
Lamenta il ricorrente, riproducendo le medesime argomentazioni svolte in relazione al primo motivo, che la Corte di Appello ha errato nell’affermare la irrevocabilità RAGIONE_SOCIALE rinuncia alla riserva n. 2 (quanto alle prime 41 pile).
Aggiunge, inoltre, che il giudice di secondo grado è incorso in errore laddove, in applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1375 c.c., ha ritenuto infondate le doglianze relative al mancato riconoscimento dei maggiori costi per la realizzazione e la posa RAGIONE_SOCIALE ulteriori due pile di massi artificiali.
I primi due motivi, da esaminarsi unitariamente, in relazione alla stretta connessione RAGIONE_SOCIALEe questioni trattate, presentano concomitanti profili di infondatezza ed inammissibilità.
Va, in primo luogo, osservato che questo Collegio condivide l’impostazione RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello in ordine alla non revocabilità RAGIONE_SOCIALE rinuncia RAGIONE_SOCIALE riserva, anche se sono opportune alcune precisazioni sia con riferimento all’istituto RAGIONE_SOCIALE rinuncia secondo i principi generali nel diritto civile, sia in relazione alla disciplina speciale degli appalti pubblici.
La Corte territoriale ha seguito il costante orientamento di questa Corte di legittimità secondo cui la rinunzia è un negozio unilaterale e normalmente non recettizio, con la conseguenza che, allorché la volontà, abdicativa del diritto, si esteriorizza, anche tacitamente,
diviene efficace, e perciò irrevocabile (Cass. 6872/1997; vedi anche Cass. 387/1969).
Questo Collegio ritiene che non può affermarsi tout court la natura non recettizia RAGIONE_SOCIALE‘atto di rinuncia, dovendosi distinguere a seconda che l’atto dismissivo abbia ad oggetto diritti reali oppure diritti di credito.
Nel primo caso, la rinuncia può ritenersi effettivamente non recettizia, non avendo ad oggetto un destinatario immediato; se, infatti, per effetto RAGIONE_SOCIALE rinuncia, vi è un accrescimento del patrimonio di altro soggetto, questo avviene sempre in via mediata ed indiretta né può essere lo scopo del rinunciante.
A diverse conclusioni si deve, invece, addivenire nel caso in cui la rinuncia abbia ad oggetto un diritto di credito, che ha indubbiamente natura recettizia.
Tale fattispecie si ispira e trova la sua disciplina positiva nella remissione di debito, che costituisce un atto unilaterale recettizio che, al pari di ogni dichiarazione recettizia, si perfeziona con la sua comunicazione alla persona cui è diretta, estinguendo il debito (art. 1236 cod. civ.), salvo che il destinatario dichiari di non volerne approfittare.
La rinuncia RAGIONE_SOCIALE riserva rientra pacificamente nella categoria RAGIONE_SOCIALE rinuncia ad un diritto di credito, consistendo la riserva in una richiesta economica che viene rivolta dall’appaltatore alla stazione appaltante e che viene cristallizzata nel registro di contabilità RAGIONE_SOCIALE‘appalto al fine di far valere l’incidenza di fattori sopravvenuti, tali da rendere più onerosa per l’appaltatore l’esecuzione dei lavori rispetto quanto originariamente pattuito.
Ne consegue che, al fine di valutare la revocabilità di tale atto dismissivo, si applica la disciplina RAGIONE_SOCIALE‘art. 1236 cod. civ., che attribuisce alla rinuncia (al diritto di credito) un effetto (irreversibilmente) estintivo, e quindi non più revocabile, nel momento in cui viene portata a conoscenza del destinatario.
Questa regola generale non soffre eccezioni neppure nella disciplina speciale degli appalti pubblici e la deduzione del ricorrente, secondo cui, la revocabilità RAGIONE_SOCIALE rinuncia RAGIONE_SOCIALEe riserve avrebbe il proprio fondamento nella natura interinale RAGIONE_SOCIALEe medesime – in quanto soggette alla condicio iuris RAGIONE_SOCIALE successiva conferma con la sottoscrizione del conto finale, con la conseguenza che ogni rinuncia, in quanto actus contrarius , avrebbe la medesima disciplina giuridica RAGIONE_SOCIALE rispettiva riserva e, pertanto, non potrebbe divenire irrimediabilmente definitiva non appena viene espressa – si pone in netto contrasto, oltre che con sopra enunciati principi generali in tema di rinuncia ad un diritto di credito, anche con la ratio del regime, particolarmente rigoroso, RAGIONE_SOCIALEe decadenze previsto dalla disciplina degli appalti pubblici.
In particolare, è stato più volte affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 4718/2018; Cass. n. 9518/2019) che dall’interpretazione degli artt. 53, 54 e 64 del r.d. n. 350/1895 -normativa vigente ratione temporis , essendo il contratto d’appalto stato stipulato in data 23.11.1990 – emerge che l’attuazione RAGIONE_SOCIALE‘opera pubblica, dalla gara di appalto, alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione ed al collaudo, si compie in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, che si articola in una serie di registrazioni e certificazioni, alla cui formazione l’appaltatore è chiamato di volta in volta a partecipare. In particolare, all’appaltatore sono imposti oneri, resi evidente dal riferimento operato dall’art. 53 del r. d. n. 350 del 1895 alla necessità che il medesimo indichi tutte le domande che intende far valere, di contestare immediatamente ogni circostanza che riguardi le prestazioni (eseguite o non), la quale sia suscettibile di comportare un incremento RAGIONE_SOCIALEe spese previste, mediante un atto, pur esso a forma vincolata quanto a tempo e modalità di formulazione, cui deve provvedere tempestivamente, a pena di decadenza.
Infatti, l’art. 54 r.d. n. 350/1895 prevede espressamente le conseguenze RAGIONE_SOCIALEe omissioni di firma del registro di contabilità (per rifiuto o per inerzia) e RAGIONE_SOCIALE esplicazione in termini RAGIONE_SOCIALEe riserve tempestivamente iscritte in modo generico: in entrambi i casi ‘si avranno come accertati i fatti registrati e l’appaltatore decadrà dal diritto di far valere in qualunque tempo e modo, riserve o domande che ad essi si riferiscano’ (co. 5). Dunque, in difetto di firma, come in ipotesi di difetto di esplicazione RAGIONE_SOCIALEe riserve, si determina un consolidamento RAGIONE_SOCIALE contabilità RAGIONE_SOCIALE‘appalto pubblico, si verificano, in particolare, due effetti, l’uno, negativo, consistente nella decadenza RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore dal potere di impugnare i dati contabili, l’altro, positivo, consistente nella definitività di tali dati. Peraltro, la definitività dei dati contabili ha carattere soggettivamente relativo, cioè riguarda solo l’appaltatore. Questo appare con chiarezza dalle norme -segnatamente, gli artt. 64 co. 3 (in tema di mancata sottoscrizione del conto finale, o di firma del medesimo senza conferma RAGIONE_SOCIALEe riserve precedenti), 89 co. 3 (in generale circa gli effetti RAGIONE_SOCIALE omessa sottoscrizione dei documenti contabili), 107 co. 3 (a proposito di mancata sottoscrizione e di firma senza riserve del certificato di collaudo) stabiliscono tutti, e soltanto, che le risultanze contabili si hanno per ‘accertate’ (art. 89) o ‘accettate’ (artt. 64, 107) che, allorché parlano di ‘ fatti che si hanno per accertati o accettati ‘, sempre e soltanto si riferiscono all’appaltatore ed alle sue omissioni, e non anche alla stazione appaltante: una piena conferma di ciò si evince dall’art. 64 co. 1, che conferisce espressamente all’ingegnere capo (RAGIONE_SOCIALE stazione appaltante), in sede di esame del conto finale, di correggere, ove occorra, la contabilità, senza alcuna menzione di limitazioni con riferimento alle vicende del rapporto sotto l’aspetto RAGIONE_SOCIALEe riserve; ed analogo potere conferiscono, rispettivamente al collaudatore ed al provveditore regionale o al ministro, gli art. 100, lettera d) e 109, co. 3.s.
Il rigoroso regime di decadenze previsto dalla normativa speciale a carico RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore risponde ad una esigenza di certezza e semplificazione del rapporto di appalto, e ciò non soltanto per un dovere di lealtà contrattuale e per l’esigenza di tempestivi controlli, ma soprattutto nell’interesse pubblico di consentire all’Amministrazione appaltante la tempestiva verifica RAGIONE_SOCIALEe contestazioni, attesa la necessità RAGIONE_SOCIALE continua evidenza RAGIONE_SOCIALE spesa RAGIONE_SOCIALE‘opera in funzione RAGIONE_SOCIALE corretta utilizzazione e RAGIONE_SOCIALE eventuale integrazione dei mezzi finanziari predisposti per la sua realizzazione.
La riserva, infatti, non è prevista dal legislatore in funzione di mere esigenze contabili, bensì in ragione RAGIONE_SOCIALE tutela RAGIONE_SOCIALE PRAGIONE_SOCIALE, che, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE sua attività discrezionale, deve essere posta in grado di esercitare prontamente ogni necessaria verifica e deve inoltre poter valutare, in ogni momento, l’opportunità del mantenimento del rapporto di appalto ovvero del recesso dal contratto, in relazione al perseguimento dei fini di interesse pubblico.
L’esistenza, in materia di appalti pubblici, di un rigoroso sistema di decadenze, nella prospettiva di definitività dei dati contabili, è quindi un dato inconfutabile che, come sopra anticipato, si scontra irreparabilmente con la tesi RAGIONE_SOCIALE ricorrente secondo cui l’iscrizione RAGIONE_SOCIALE riserva sarebbe un atto ad efficacia necessariamente provvisoria (affermazione che, come detto, troverebbe il fondamento nella necessità, prevista dall’art. 64 legge cit., che le riserve, per non intendersi implicitamente rinunciate, debbano essere espressamente confermate dall’appaltatore con la sottoscrizione del conto finale).
In realtà, la previsione di tale onere a carico RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore è solo espressione del principio sopra illustrato secondo cui la definitività dei dati contabili ha carattere soggettivamente relativo, cioè riguarda solo l’appaltatore, e non la stazione appaltante, e non
vale, pertanto, come invoca la ricorrente, a legittimare l’appaltatore a revocare liberamente la rinunzia alla riserva, ponendosi piuttosto come strumento a favore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sempre al fine di esercitare un controllo RAGIONE_SOCIALE spesa RAGIONE_SOCIALE‘opera in funzione RAGIONE_SOCIALE corretta utilizzazione e RAGIONE_SOCIALE eventuale integrazione dei mezzi finanziari predisposti per la sua realizzazione.
Ove, invece, si accogliesse la tesi del ricorrente circa la revocabilità in ogni tempo RAGIONE_SOCIALE rinunzia alla riserva, non solo sarebbero frustrate le esigenze di tutela RAGIONE_SOCIALE P.A. sopra evidenziate, ma la eventuale ‘reviviscenza’ RAGIONE_SOCIALE riserva determinata da una revoca RAGIONE_SOCIALE rinunzia ad libitum da parte RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore, si porrebbe inesorabilmente in contrasto con il combinato disposto degli artt. 53, 54 e 64 d.p.r. n. 350/1895, che, come detto, prevedono la registrazione tempestiva RAGIONE_SOCIALE riserva a pena di decadenza (in proposito, come si evince dalla ricostruzione RAGIONE_SOCIALE stessa ricorrente a pag. 4 del ricorso, la rinuncia RAGIONE_SOCIALE riserva non è stata ‘ quasi immediatamente’ revocata -come affermato dalla ricorrente essendo la revoca, avvenuta in data 16.5.1994, a distanza di oltre tre mesi dalla rinuncia, intervenuta il 12.2.1994).
Non vi è alcun dubbio, pertanto, che proprio in virtù del già illustrato rigoroso, nelle tempistiche, sistema di decadenze previsto dal R.D. n. 360/1895 -impostazione che è stata ribadita anche nella successiva normativa speciale in materia di appalti (l’art. 54 legge cit. è stato riprodotto in termini molto simili nell’art. 165 DPR 554/1999 e nell’art. 190 DPR 207/2010; l’art. 64 legge cit. è stato riprodotto in termini simili nell’art. 174 DPR 554/1999 e nell’art. 207/2010) -la rinuncia alla riserva produce nella sfera giuridica RAGIONE_SOCIALE Pubblica Amministrazione conseguenze immediate del tutto equipollenti all’omissione RAGIONE_SOCIALE riserva, con il medesimo duplice effetto, già sopra illustrato, RAGIONE_SOCIALE decadenza RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore dal potere di impugnare i dati contabili RAGIONE_SOCIALE‘appalto pubblico e RAGIONE_SOCIALE definitività di tali dati.
Ne consegue che la revoca RAGIONE_SOCIALE rinuncia RAGIONE_SOCIALE riserva, posta in essere dalla ricorrente, deve ritenersi del tutto inefficace con riferimento sia alla riserva n. 1 che alla riserva n. 2 (limitatamente alle 41 pile).
Deve quindi enunciarsi il seguente principio di diritto:
‘Nella disciplina degli appalti pubblici ex RD n. 350/1895, non è ammissibile da parte RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore la revoca RAGIONE_SOCIALE rinuncia RAGIONE_SOCIALE riserva, producendo la rinuncia irreversibilmente i propri effetti non appena viene comunicata alla stazione appaltante’.
Quanto alle altre due pile per le quali la riserva non è stata oggetto di rinuncia, va osservato che la pacifica esistenza di errori in sede progettuale avrebbe dovuto essere segnalata dall’appaltatore sulla base dei principi generali di correttezza e buona fede che governano lo sviluppo dei rapporti contrattuali in tema d’appalto.
Deve, infatti, ribadirsi il principio costantemente affermato da questa Corte secondo cui l’appaltatore che, nella realizzazione RAGIONE_SOCIALE‘opera, si attiene alle previsioni del progetto fornito dal committente può non di meno essere ritenuto responsabile per i vizi RAGIONE_SOCIALE‘opera stessa, valutandone la condotta secondo il parametro di cui all’art. 1176, comma 2, del codice civile. In particolare, l’appaltatore deve comunque segnalare al committente le carenze e gli errori progettuali al fine di poter realizzare l’opera a regola d’arte, con la conseguenza che, in caso contrario, egli è comunque responsabile anche se ha eseguito fedelmente il progetto e le indicazioni. L’appaltatore, invero, deve assolvere al proprio obbligo di osservare i criteri generali RAGIONE_SOCIALE tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, ed è perciò tenuto a controllare, nei limiti RAGIONE_SOCIALEe sue cognizioni, la bontà del progetto o RAGIONE_SOCIALEe istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirli, quale “nudus
minister”, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l’appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all’intera garanzia per le imperfezioni o i vizi RAGIONE_SOCIALE‘opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista (Cass. n. 31273/2022; Cass. n. 23594/2017; Cass. n. 14071/2016; Cass. n. 1981/2016).
Nel caso di specie, come ricostruito dalla sentenza impugnata, l’appaltatore non risulta aver segnalato l’errore progettuale riguardante la sottoestimazione del tempo di stoccaggio, assemblaggio e posizionamento RAGIONE_SOCIALEe pile, con conseguente infondatezza anche RAGIONE_SOCIALE seconda parte del secondo motivo.
Quanto alla doglianza RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore relativa ai fattori pregiudizievoli verificatisi dopo il 16.5.1994 (data di reiterazione RAGIONE_SOCIALE riserva n. 1), relativi al ritardo nel rilascio RAGIONE_SOCIALEe autorizzazioni, tale censura è inammissibile, in primo luogo, perché è stata dedotta una violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. senza indicare correttamente le norme di legge di cui si intendeva lamentare l’inosservanza (vedi Cass. n. 23795/2020).
Inoltre, la ricorrente lamenta apoditticamente la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 132 n. 4 c.p.c., ma senza illustrare tale censura, e non confrontandosi minimamente con le articolate argomentazioni RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello in ordine alla non addebitabilità del ritardo all’RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, il giudice d’appello ha evidenziato che l’art. 33 del capitolato speciale d’appalto prevedeva espressamente l’onere a carico RAGIONE_SOCIALE‘impresa ricorrente di compiere quanto necessario per ottenere l’autorizzazione alla discarica da parte RAGIONE_SOCIALE Autorità Marittima, mentre nessun onere o intervento era stato previsto a carico RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE che, peraltro, non rimase del tutto inerte dato che, con nota del 6.12.1991, indirizzata alla Capitaneria di Porto, all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e
all’impresa, invitava i predetti Enti a fornire, con la massima urgenza, notizie in merito al ritardo nel rilascio RAGIONE_SOCIALE chiesta autorizzazione. La Corte territoriale, ha, altresì, messo in luce il notevolissimo dilatamento dei tempi necessari per il completamento RAGIONE_SOCIALE‘iter burocratico non era, in ogni caso, facilmente prevedibile proprio in considerazione del coinvolgimento di diversi organi amministrativi (oltre a quelli sopra indicati anche il RAGIONE_SOCIALE).
La ricorrente ha svolto mere censure di merito, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti ed una differente valutazione del materiale probatorio rispetto a quello esaminato dalla Corte d’Appello, svolgendo, altresì censure di merito in riferimento alla riserva n. 2, che era stata parimenti rinunciata, con revoca non idonea (alla luce di quanto sopra illustrato) RAGIONE_SOCIALE rinuncia.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c. 2 nonché degli artt. 111, commi 1 e 4 Cost., 132, comma 1 n. 4 e 360 c.p.c.
Espone la ricorrente che la Corte di Appello avrebbe errato nel rigettare il terzo motivo di appello, concernente la riserva n. 3, in quanto:
la RAGIONE_SOCIALE fallimentare avrebbe avuto diritto ad un equo compenso ex art. 1664, co. 2, c.c. per i maggiori costi sopportati per il periodo di fermo dei lavori per sei mesi, dovendosi ritenere che l’art. 33 del Capitolato Speciale d’Appalto, il quale recherebbe una notevole limitazione di responsabilità RAGIONE_SOCIALE stazione appaltante, abbia natura di clausola contrattuale, sussumibile nell’ambito RAGIONE_SOCIALEe condizioni generali di contratto ex art. 1341 c.c.;
il giudice di secondo grado non avrebbe tenuto conto del fatto che, essendo l’autorizzazione allo scarico a mare del materiale di risulta RAGIONE_SOCIALEe escavazioni del fondale marino provvedimento rimesso
all’esclusiva competenza di un organo amministrativo, la sua mancata adozione costituirebbe ‘ factum principis’, ex se idoneo a determinare l’impossibilità oggettiva di proseguire i lavori, non potendo l’impresa appaltatrice operare in assenza di siffatto provvedimento.
Il motivo è inammissibile.
Va osservato che orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. S. U. n. 23745 del 28/10/2020) quello secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti RAGIONE_SOCIALE sentenza che si pongono in contrasto con essa.
La curatela ricorrente non ha indicato le norme asseritamente violate, reiterando, inammissibilmente, le sue richieste di riconoscimento di un’indennità già svolte innanzi ai giudici di merito e non confrontandosi con le precise argomentazioni RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello, che ha ritenuto ingiustificata l’unilaterale sospensione dei lavori da parte RAGIONE_SOCIALE‘appaltatore, atteso che non erano ancora maturati gli importi necessari per l’emanazione del SAL; rilevando, altresì, che nel giudizio di primo grado l’impresa aveva addotto differenti e non coerenti giustificazioni in ordine alla sospensione dei lavori.
Infine, come nei precedenti motivi, è stata dedotta apoditticamente la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 132 n. 4 c.p.c. senza minimamente illustrare tale doglianza.
10. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c, 111, commi 1 e 4 Cost., 132, comma 1 n. 4 e 360 c.p.c.
Lamenta il ricorrente l’erronea statuizione del giudice di secondo grado in ordine al rigetto del quarto motivo di appello, concernente la riserva n. 4, in quanto:
Con riferimento alla voce n. 1) la Corte non avrebbe tenuto conto RAGIONE_SOCIALEe conclusioni RAGIONE_SOCIALE CTU RAGIONE_SOCIALE‘ing. COGNOME, da cui avrebbe dovuto desumere che l’assunzione RAGIONE_SOCIALE‘obbligo da parte RAGIONE_SOCIALE‘impresa appaltatrice nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘ufficio del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a non richiedere compensi extracontrattuali di alcun genere e per nessun motivo non poteva includere la rinuncia RAGIONE_SOCIALE‘impresa a richiedere alla stazione appaltante il rimborso dei maggiori, imprevisti costi incorsi nell’esecuzione del contratto.
Con riferimento alla voce n. 2) la RAGIONE_SOCIALE avrebbe diritto ad un equo compenso ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1664, co. 2, c.c. idoneo a ristorarla dei danni sofferti in ragione RAGIONE_SOCIALE‘anomalo protrarsi RAGIONE_SOCIALE‘appalto, da ascriversi alla responsabilità contrattuale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, che eventualmente avrebbe potuto rivalersi sul terzo.
Con riferimento alla voce n. 3) le risultanze del CTU, su cui si è fondato il rigetto RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello, non si sarebbero adeguatamente confrontate con la riserva iscritta dall’impresa, limitandosi a constatare che non esisteva differenza tra la misura dei massi cellulari riscontrata in sede di collaudo e quella prevista in progetto.
Il motivo è inammissibile in quanto:
-con riferimento a tutte e tre le voci lamenta una violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. senza indicare correttamente le
norme di legge di cui intende lamentare la violazione, esaminarne il contenuto precettivo e raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata;
-perché con riferimento a tutte e tre le voci lamenta una violazione RAGIONE_SOCIALE ‘ art. 132 c.p.c. senza illustrare tale doglianza;
-con riferimento alla voce n. 1) e n. 3) le censure si risolvono in un’inammissibile sollecitazione alla rivalutazione RAGIONE_SOCIALEe risultanze RAGIONE_SOCIALE c.t.u
-le censure del ricorrente mirano quindi a fornire una diversa ed alternativa ricostruzione in fatto rispetto a quella RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello.
Con il quinto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 comma 1 n. 3., 111, commi 1 e 4 Cost., 132, comma 1 n. 4 e 360 c.p.c..
Lamenta il ricorrente che la Corte di Appello, nel rigettare la domanda principale formulata nel quinto motivo di appello, concernente l’annullamento in toto RAGIONE_SOCIALE penale contrattuale per il ritardo nell’ultimazione dei lavori, è incorsa in errore, in quanto, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1664, co. 2, c.c., l’impresa appaltatrice avrebbe avuto diritto ad un equo compenso, in misura quantomeno idonea a ristorare i maggiori costi sopportati.
Il motivo è inammissibile sotto vari profili:
non si correla alla ratio decidendi adottata dalla Corte di Appello, la quale si incentra espressamente sulla impossibilità di ricollegare il ritardo nell’ultimazione dei lavori all’ammissione RAGIONE_SOCIALE‘impresa RAGIONE_SOCIALE alla procedura di amministrazione controllata per due anni, e sull’assenza di prova idonea ad addebitare tale ritardo ad una condotta colposa RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione.
-lamenta una violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. senza indicare correttamente le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, esaminarne il contenuto precettivo e raffrontarlo
con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata;
-lamenta una violazione RAGIONE_SOCIALE ‘ art. 132 c.p.c., senza illustrare minimamente tale doglianza;
-mira a fornire una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti rispetto a quella effettuata dalla Corte di Appello.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali che liquida in € 25.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 7.11.2024