Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5810 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5810 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21764/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato RAGIONE_SOCIALE . (P_IVA) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- sul controricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati
MELEGA
ULISSE
(CODICE_FISCALE)
-ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 1426/2017 depositata il 14/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE, di seguito RAGIONE_SOCIALE, (poi RAGIONE_SOCIALE incorporata per fusione con RAGIONE_SOCIALE) fece una richiesta di acquisto ex art 5 bis L. 212/03, in data 30/03/2004, alla competente RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE di porzioni di aree demaniali da lei occupate per mq 838, con porzioni di opere inamovibili di difficile rimozione. Alla domanda era allegata la necessaria documentazione, tra cui l’attestazione di avvenuto pagamento del prezzo di acquisto per complessivi € 115.644,00, determinato ex lege.
Nel momento in cui si doveva procedere alla formalizzazione del trasferimento, l’RAGIONE_SOCIALE inviò una lettera in data 27/04/2005, con la quale comunicò di aver rideterminato l’importo dovuto per la pregressa occupazione RAGIONE_SOCIALE‘ultimo quinquennio in € 110.324,50.
In data 16/05/2005, la RAGIONE_SOCIALE si oppose, contestando la pretesa, ritenendo che vi era un contratto di concessione e regolare e documentato pagamento di canoni e indennità di occupazione sino al 2003 compreso.
Tale canone era stato determinato in £ 3.600.000 annue, a decorrere dal 01/01/1996, da farsi valere per sei anni. Nel silenzio RAGIONE_SOCIALE‘ufficio che non provvedeva a chiederne la revisione, COGNOME aveva regolarmente pagato l’importo concordato sino al 2003 compreso.
L’RAGIONE_SOCIALE fissò la data del rogito e COGNOME, che aveva già promesso a terzi la vendita del bene, si vedeva costretta ad effettuare, prima RAGIONE_SOCIALEa stipula, il pagamento RAGIONE_SOCIALEa somma di ulteriori € 110.324,50. Inoltre, il funzionario delegato per il rogito, volle subordinare la sottoscrizione all’espressa rinuncia da parte RAGIONE_SOCIALEa società alla ripetizione RAGIONE_SOCIALEa somma pretesa dall’agenzia, dichiarazione che veniva sottoscritta in data 12/07/2005.
La RAGIONE_SOCIALE, ritenendo detta rinuncia estorta e pertanto priva di valore ex art 1434 c.c., vantando il diritto a ripetere quanto pagato, citò innanzi al Tribunale di Bologna il RAGIONE_SOCIALE, chiedendo l’annullamento RAGIONE_SOCIALEa rinuncia medesima e la restituzione RAGIONE_SOCIALEa somma versata a titolo di regolarizzazione dei pagamenti pregressi, in quanto non dovuta. Il RAGIONE_SOCIALE convenuto
si costituì chiedendo il rigetto RAGIONE_SOCIALEe domande in quanto improponibili, per essere l’attrice decaduta dall’azione davanti al giudice amministrativo e per l’infondatezza in fatto, non essendovi prova RAGIONE_SOCIALEa violenza morale.
Con sentenza n. 466/2010, il Tribunale di Bologna annullò per violenza la dichiarazione del 12/07/2005 sottoscritta da COGNOME NOME e condannò l’RAGIONE_SOCIALE in solido col RAGIONE_SOCIALE a restituire alla società la somma di € 110.324,50, in quanto l’agenzia aveva subordinato la stipula del rogito alla firma RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione di rinuncia.
Avverso tale sentenza, il RAGIONE_SOCIALE soccombente propose appello lamentando: l’erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art 5 bis L. 212/03, essendo stato escluso che il privato dovesse corrispondere all’agenzia del RAGIONE_SOCIALE, oltre che il prezzo di acquisto anche l’indennità per la previa occupazione; l’erronea applicazione degli artt 2697, 1434 e 1435 c.c., non essendo provata la sussistenza di una violenza morale tale da aver viziato la volontà del dichiarante di talché la domanda doveva essere rigettata.
La Corte d’appello di Bologna respinse il ricorso del RAGIONE_SOCIALE, confermando la sentenza di primo grado con spese compensate.
Avverso tale sentenza il Mef propone ricorso in Cassazione con tre motivi; resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso e ricorso incidentale con due motivi e memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente RAGIONE_SOCIALE lamenta: Violazione, ex art 360 n. 3 cpc, degli artt 1324, 1362, 1363, 1364, 1366 e 1371, con consequenziale falsa applicazione degli artt 1435 e 1438, in quanto l a Corte d’appello sarebbe caduta in un errore interpretativo consistente nell’aver opinato che la Società avesse rinunciato a far valere nel futuro ogni eventuale pretesa di restituzione di somme non dovute. Secondo il ricorrente non sussisterebbe il vantaggio ingiusto ex art 1438 c.c. che ha portato la Corte ad annullare la dichiarazione RAGIONE_SOCIALEa società del 12/07/2005, così come non sussisterebbe il male ingiusto ex art 1435 c.c., posto che correttamente la Corte sancisce la liceità RAGIONE_SOCIALE‘esercizio, da parte RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione, del diritto di subordinare la conclusione del contratto al pagamento RAGIONE_SOCIALEe somme da lei ritenute dovute. Le dichiarazioni su cui la Corte ha errato l’interpretazione sono: la nota RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione del 27/04/2005, la delega all’ufficiale rogante RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione del 11/07/2005 e la dichiarazione RAGIONE_SOCIALEa Società del 12/07/2005.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta: Violazione, ex art 360 n. 3 cpc, RAGIONE_SOCIALE‘art 1988 c.c. e RAGIONE_SOCIALE‘art 5 bis l. 212/03, e RAGIONE_SOCIALE‘art 1350 n. 13 c.c.
Avendo effettuato la società una ricognizione di debito, ne consegue che la Corte d’appello ha violato l’art 1988 c.c., nella parte in cui esonera il creditore, cioè l’amministrazione, dalla dimostrazione del
rapporto fondamentale. La società non è riuscita a produrre idonea prova contraria del fatto presunto, cioè del rapporto consistente nell’occupazione senza titolo RAGIONE_SOCIALE‘immobile dal 01/01/2002 al 06/04/2005. Ma ha errato la Corte d’appello nel ritenere che la prova che sussiste una regolare concessione di beni demaniali, anziché un’occupazione senza titolo, emergerebbe da quanto sostenuto dalla società.
La Corte avrebbe violato l’art 1350 n. 13 c.c., in quanto non risulta stipulata alcuna concessione di beni pubblici per il periodo successivo al 01/01/2002, visto che la concessione che valeva per sei anni è scaduta il 01/01/2002 e non può essere rinnovata tacitamente.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta: Error in procedendo ex art 360 n. 4 cpc, per violazione degli artt 112 e 151 cpc. Infatti sarebbero violati il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e il principio di non contestazione, in quanto era controverso se fosse sussistito un rapporto di concessione fino al 31/12/2003, mentre neanche la Società ha mai asserito di essere concessionaria di beni pubblici nel periodo successivo, tant’è vero che la stessa Società ha ammesso di aver corrisposto £ 3.600.000 annue fino al 2003.
Con ricorso incidentale la società RAGIONE_SOCIALE lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 160 e 164 cpc ex art. 360 comma 1 r. 3 cpc perché l’atto di appello era stato notificato dal RAGIONE_SOCIALE ricorrente alla società RAGIONE_SOCIALE estinta per incorporazione nella RAGIONE_SOCIALE e ciò nonostante la Corte di Appello di Bologna ha ritenuto sanata la nullità, a seguito RAGIONE_SOCIALEa costituzione in giudizio RAGIONE_SOCIALEa società incorporate RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale la RAGIONE_SOCIALE lamenta violazione e falsa applicazione degli artt.91 e 92 cpc ex art. 360 comma 1 r. 3 cpc perché la sentenza di appello ha compensato le spese del secondo grado di giudizio nonostante la soccombenza del RAGIONE_SOCIALE.
Il primo motivo di ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALEa controricorrente che ha carattere pregiudiziale, attenendo alla validità RAGIONE_SOCIALEa notifica RAGIONE_SOCIALE‘atto di appello, è infondato. La Corte d’appello ha, infatti, correttamente accertato che si era costituita in giudizio la società incorporante (Cass. 20659/2017).
Nel merito i primi due motivi di ricorso sono fondati, assorbito il terzo ed il secondo motivo di ricorso incidentale.
Posto che l’accertamento RAGIONE_SOCIALEa volontà RAGIONE_SOCIALEe parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione RAGIONE_SOCIALEe norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali
assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione RAGIONE_SOCIALE‘interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. 9461/2021; Cass. 25728/2013). Nella specie, la Corte d’appello è incorsa nella violazione dei parametri interpretativi succitati (artt. 1362 e ss. c.c., censurabile in cassazione (Cass. 10745/2022), come meglio si dirà.
Sussiste peraltro anche la dedotta violazione RAGIONE_SOCIALEe norme in tema di annullamento per violenza (artt. 1434, 1435 e 1438 c.c.). Con riferimento alla fattispecie RAGIONE_SOCIALE‘annullamento per violenza, invero, si è affermato che, in materia di annullamento del contratto per vizi RAGIONE_SOCIALEa volontà, si verifica l’ipotesi RAGIONE_SOCIALEa violenza, invalidante il negozio giuridico, qualora uno dei contraenti subisca una minaccia specificamente finalizzata ad estorcere il consenso alla conclusione del contratto, proveniente dalla controparte o da un terzo e di natura tale da incidere, con efficienza causale, sul determinismo del soggetto passivo, che in assenza RAGIONE_SOCIALEa minaccia non avrebbe concluso il negozio. Ne consegue che il contratto non può essere annullato ex art. 1434 c.c. ove la determinazione RAGIONE_SOCIALEa parte sia stata determinata da timori meramente interni ovvero da personali valutazioni di convenienza, senza cioè che l’oggettività del pregiudizio risalti quale idonea a condizionare un libero processo determinativo RAGIONE_SOCIALEe proprie scelte (Cass. 12058/2022; Cass. 20305/2015).
Nel caso concreto, la Corte d’appello ha ritenuto che la dichiarazione di rinuncia del 12 luglio 2005, già annullata per violenza dal Tribunale, fosse effettivamente annullabile, poiché, pur mirando l’amministrazione a conseguire il «pur sussistente diritto di subordinare la conclusione del contratto al pagamento RAGIONE_SOCIALEe somme da lei ritenute dovute», la violenza era ravvisabile nell’«assoggettamento RAGIONE_SOCIALEa stipulazione ad uno specifico atto di rinuncia a far valere nel futuro ogni eventuale pretesa di restituzione di somme non dovute». Dal che deriverebbe l’ingiusto vantaggio per l’amministrazione (art. 1438 c.c.), che integrerebbe la violenza, essendo per tanto fondata la domanda di annullamento RAGIONE_SOCIALEa rinuncia fatta valere in primo grado (sentenza, pp. 3 e 5).
Orbene, sebbene si tratti di atto unilaterale, si applicano le disposizioni degli artt. 1327 e ss. c.c., ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1324 c.c. Tuttavia, deve rilevarsi -ed è qui evidente anche la violazione dei canoni interpretativi ex artt. 1362 e ss. C.c. – che, dal tenore letterale RAGIONE_SOCIALEa suddetta dichiarazione si evince esclusivamente che, revocata una precedente memoria difensiva del legale RAGIONE_SOCIALEa società (odierna resistente), la società medesima «accetta incondizionatamente il contenuto RAGIONE_SOCIALEa nota RAGIONE_SOCIALE‘Agen zia del RAGIONE_SOCIALE, filiale RAGIONE_SOCIALE‘Emilia Romagna, del 27/4/2005, ritenendo la richiesta e la relativa determinazione economica RAGIONE_SOCIALE‘importo di euro 110.324,50, legittima e congrua». Da tale dichiarazione, nel
tenore letterale (art. 1362 c.c.) non si evince in alcun modo una rinuncia a ripetere eventuali pagamenti indebiti, e la stessa Corte d’appello riconosce il diritto RAGIONE_SOCIALE‘Amministrazione a subordinare la stipula del contratto al pagamento RAGIONE_SOCIALEe somme dovute.
Né tale rinuncia può evincersi dal tenore letterale RAGIONE_SOCIALEa delega al funzionario rogante l’atto di acquisto – ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 bis l. 212/2003 – di porzioni di aree demaniali già occupate dall’attrice. Poiché tale delega al funzionario (tale COGNOME), in data 11 luglio 2005, contiene solo la prescrizione che il medesimo sottoscriva l’atto, a condizione che venga «consegnato l’originale moRAGIONE_SOCIALEo NUMERO_DOCUMENTO, attestante il versamento RAGIONE_SOCIALE‘importo di euro 110.324,50, inerenti i pagamenti pregressi attinenti l’occupazione RAGIONE_SOCIALE‘area» come prescritto dall’art. 5 bis succitato, secondo cui «Le procedure di vendita sono perfezionate entro otto mesi dalla data di scadenza del termine di cui al comma 2, previa regolarizzazione da parte RAGIONE_SOCIALE‘acquirente dei pagamenti pregressi attinenti all’occupazione RAGIONE_SOCIALE‘area, il cui valore è determinato applicando i parametri RAGIONE_SOCIALEa tabella A allegata al presente decreto nella misura di un terzo dei valori ivi fissati, per anno di occupazione, per un periodo comunque non superiore alla prescrizione quinquennale». Orbene, la delega 11 luglio 2005 al funzionario rogante non contiene alcuna disposizione che comporti l’obbligo di far rinunciare la società alla ripetizione di pagamenti indebiti, e che la dichiarazione 12 luglio 2005, men che contenere siffatta rinuncia, contiene piuttosto un riconoscimento dei debito (art. 1988 c.c.), circa le somme dovute, ai sensi del citato art. 5 bis.
Da quanto sopra deriva che la sentenza impugnata ha violato il disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 1362 c.c., con conseguente debenza, da parte RAGIONE_SOCIALEa società, RAGIONE_SOCIALEa somma suindicata. Conseguentemente deve essere rigettato il primo motivo di ricorso incidentale, assorbito il secondo, devono essere accolti i primi due motivi di ricorso principale, assorbito il terzo, con cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata e rinvio alla Corte di Appello di Bologna anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso incidentale, assorbito il secondo, accoglie i primi due motivi di ricorso principale assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa prima sezione