Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 345 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 345 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 19749-2017 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’ avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t. , rappresentate e difese dall’ avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrenti e ricorrenti incidentali e contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli
avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procure speciali in calce al controricorso
-controricorrenti-
e contro
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria; MINISTERO dello SVILUPPO ECONOMICO; RAGIONE_SOCIALE BANCA RAGIONE_SOCIALE; VENETO RAGIONE_SOCIALE CASSA DI RISPARMIO DELL’UMBRIA SPA RAGIONE_SOCIALE INTESA RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, depositata in data 6.7.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/6/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1. L a Corte d’appello di An cona rigettò i reclami riuniti proposti da NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria e da QS RAGIONE_SOCIALE s.p.a. e JP RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE contro il decreto del tribunale della stessa città che, in accoglimento dei ricorsi riuniti promossi , ai sensi dell’ art. 65 d. lgs n. 270/99, da RAGIONE_SOCIALE in nome e per conto di Monte dei Paschi di Siena (di seguito RAGIONE_SOCIALE, anche quale incorporante Banca Toscana s.p.a., e da Unicredit Credit Management Bank s.p.a., in nome e per conto di Unicredit s.p.aRAGIONE_SOCIALE, unitamente a Banca delle Marche s.p.a., Banca Popolare di Ancona s.p.a., Cassa di Risparmio di Fabriano & Cupramontana s.p.a., Banca CR di Firenze s.p.a. e Banca dell’Adriatico s.p.a nei confronti delle reclamanti (alla cui difese aveva aderito il M inistero dell’ Economia e Finanze ), aveva dichiarato la nullità , ai sensi dell’art. 1418 c.c., dell ‘atto stipulato il 27 dicembre 2011, col quale il Commissario Straordinario aveva ceduto il complesso aziendale della Merloni a RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE in INDIRIZZO e RAGIONE_SOCIALE in via incidentale proposero ricorso per la cassazione del decreto.
Le SS.UU. di questa Corte, con la sentenza n. 23894 del 2015, in parziale accoglimento dei ricorsi, cassarono con rinvio la decisione impugnata, osservando che, in ragione dello ius superveniens di cui all’art. 11, comma 3 quinquies, del d.l. n. 145 del 2013, andava esclusa la nullità del contratto di cessione per violazione di norme inderogabili, ma che tuttavia la Corte d’appello di Ancona avrebbe dovuto valutare in sede rescissoria se la mancata osservanza del criterio di cui all’art. 63 comma 1 del d. lgs. n. 270/99 nella determinazione del valore dell’azienda ceduta avesse comportato effetti sulla validità del negozio di cessione diversi dalla nullità.
La Corte d’ appello di Ancona, adita quale giudice del rinvio, con sentenza del 6 luglio 2017, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere per rinuncia all’azione da parte degli istituti di credito (UniCredit s.p.a., Nuova Banca delle Marche s.p.a., Unione Banche Italiane -UBI Banca s.p.a. quale successore di Banca Popolare di Ancona s.p.a. e di Banca Adriatica s.p.a., Veneto Banca s.p.a., Intesa San Paolo s.p.a. quale successore di Banca dell’Adriatico s.p.a. e di Cassa di Risparmio dell’Umbria s.p.aRAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE) che avevano riassunto il giudizio e ha condannato gli stessi a rifondere le spese di lite a RAGIONE_SOCIALE e a RAGIONE_SOCIALE, dichiarando invece integralmente compensate quelle fra i medesimi istituti e Antonio RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e Ministero dello Sviluppo economico.
La corte del merito ha rilevato: i) che la rinunzia, depositata dalle predette banche a seguito della transazione intervenuta con l ‘impresa in RAGIONE_SOCIALE c he l’aveva accettata unitamente a l Ministero, andava senz’altro qualificata come rinuncia all’azione, e cioè come atto che estingueva l’azione stessa, operando come una pronuncia di rigetto nel merito delle domande poste nel giudizio e che dunque, a differenza della rinuncia agli atti, non richiedeva l’accettazione delle controparti,
in quanto determinava il venir meno del loro interesse alla prosecuzione del giudizio al fine di ottenere una pronuncia negativa sull’azione proposta e rinunciata ; ii) che la liquidazione delle spese doveva essere effettuata tenendo conto dell’esito complessivo del giudizio.
2. La sentenza è stata impugnata da Banca MPS s.p.a. con ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE Group s.p.a e RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso con il quale hanno anche proposto ricorso incidentale per un motivo.
UniCredit RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE e Unione di Banche Italiane -UBI Banca s.p.a. hanno depositato controricorso al ricorso incidentale.
Le altre parti intimate non hanno svolto difese.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 306 e 310, 4° comma, c.p.c. nonché l’omesso esame di un fatto decisivo, Banca MPS assume che la corte territoriale ha erroneamente qualificato la sua rinuncia agli atti come atto di rinuncia all’azione. Osserva al riguardo che dal tenore testuale della dichiarazione depositata, con la quale era stato chiesto che ‘ … all’esito la corte adita voglia dichiarare l’estinzione dell’intero processo ovvero, in subordine, voglia dichiarare l’estinzio ne del rapporto processuale fra l’istituto odierno rinunziante e NOME COGNOME in RAGIONE_SOCIALES. nonché il Ministero dello Sviluppo Economico ‘ , si evinceva che essa avrebbe considerato pienamente sussistente il rapporto processuale con le due società cessionarie qualora (come accaduto) queste non avessero accettato la rinuncia, che dunque era da intendersi come mera rinuncia agli atti.
1.1 Il motivo è inammissibile sia perché, contravvenendo al disposto dell’art. 366, 1° comma n. 6 c.p.c., riproduce solo in parte il contenuto dell’atto di rinuncia, non allegato specificamente al ricorso, sia perché ,
indicando erroneamente quale fatto decisivo omesso detto contenuto ( che invece, all’evidenza, ha costituito il solo elemento su cui si è formata la decisione), si risolve nella richiesta rivolta a questa Corte di fornire un’ interpretazione d ell’atto processuale diversa da quella che la corte distrettuale ha compiuto sulla scorta del proprio accertamento in fatto, sindacabile nella presente sede di legittimità solo per violazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg. c.c. (cfr. fra molte Cass. nn. 17947/2006, 4205/2014, 25259/2017), nella specie neppure prospettata, o per vizio (effettivo) di motivazione.
Con il secondo mezzo , che denuncia ancora l’omesso esame di fatti decisivi, la ricorrente lamenta che la corte d’appello l’abbia condannata al pagamento delle spese di tutti i gradi del processo, senza considerare che, come riconosciuto dalle SS.UU., la domanda di nullità dell’atto di cessione si fondava su un indirizzo giurisprudenziale consolidato e che comunque la sentenza rescindente aveva rimesso al giudice del rinvio di liquidare solo le spese del giudizio di cassazione, oltre a quelle della fase rescissoria.
2.1 Il motivo, in parte infondato, in parte inammissibile, deve essere respinto.
2.2. Va in primo luogo rilevato che il giudice del rinvio è sempre tenuto a liquidare le spese di tutti i gradi del giudizio, secondo il principio della soccombenza e in base all’esito complessivo della lite (cfr. Cass. nn. 9448/2023, 32906/2022, 20289/2015): se questa Corte, nel cassare con rinvio, si limita a demandargli la liquidazione ‘anche’ d elle spese del giudizio di cassazione è proprio perché non avrebbe senso liquidarle con la sentenza rescindente, prima che il giudizio venga definito in sede rescissoria.
2.3. Lo stesso principio è stato, peraltro, specificamente affermato in tema di rinuncia all’azione , qualora questa intervenga nella fase di impugnazione (Cass. nn. 18255/2004, 2268/1999).
2.4. Va poi osservato, sotto altro aspetto, che le censure di Banca MPS sono dedotte sotto l’errato profilo del vizio di motivazione ( laddove ciò che unicamente rileva ai fini della correttezza della statuizione sulle spese è che queste non siano poste a carico della parte vittoriosa), mentre non investono minimamente la ratio decidendi sulla quale si fonda la decisione sul punto, costituita dal rilievo che -come ripetutamente affermato da questa Corte la rinuncia all’azione ha l’efficacia di un rigetto nel merito della domanda e quindi comporta che le spese, in base al principio della soccombenza, vengano poste a carico del rinunciante.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 15 c.p.c. nonché del D.M. 55/2014 , sostengono che la corte d’appello ha errato: a) nel liquidare le spese del primo grado del giudizio unitariamente, benché esse si fossero costituite con separate comparse, sulla scorta del DM 140/12, anziché del DM 55/2014, già entrato in vigore alla data della decisione, e secondo lo scaglione previsto per le cause di valore indeterminabile, atteso che il valore della lite corrispondeva al valore del contratto di cessione (pari a 10 milioni di euro); b) nel prevedere un aumento del 10% per pluralità di parti, in violazione dell’art. 4 del DM che stabilisce che quando in una causa l’a vvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20%.; c) nel liquidare nei minimi le spese del giudizio di rinvio, ancora in violazione dell’art. 4 cit.; d) nel non ritenere temeraria l’azione proposta dalle banche . Chiedono infine la condanna di queste al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata.
4.Il motivo, che illustra confusamente molteplici censure, risulta nel complesso inammissibile.
4.1.Premesso che l’art. 2233 c.c., nella parte in cui dispone che in mancanza di accordo fra le parti, il compenso è determinato dal giudice
in base alle tariffe, attribuisce al giudice un potere discrezionale che può esplicarsi tanto nell’aumento quanto nella riduzione dei compensi -con l’unico limite che gi onorari non possono essere liquidati al di sotto dei minimi tariffari -e che, se motivato, non è sindacabile in cassazione, va al riguardo osservato che: a) se è pur vero che la corte del merito ha erroneamente indicato il valore del giudizio di primo grado in 1,5 milioni di euro anziché in 10 milioni ed ha altrettanto erroneamente applicato a tale giudizio la tariffa di cui al DM. 140/2012, il compenso così liquidato non è inferiore a quello minimo che si sarebbe ottenuto, sulla scorta dei parametri corretti, ai sensi dell’art. 6 del DM. 55/2014 (atteso che, per le cause di valore superiore ai 520.000 euro, il giudice ben può applicare incrementi percentuali inferiori al 30% in relazione ai vari passaggi di scaglione, in quanto la norma non prevede né l’obbligatorietà dell’aumento né una misura fissa per quest’ultimo); b) il tribunale ha esplicitato le ragioni per le quali ha ritenuto di liquidare un compenso unitario per il giudizio di primo grado e il compenso minimo per il giudizio di rinvio ; c) l’art. 4 del cit. DM prevede che quando l’avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale il compenso ‘può’ (e non ‘deve’) di regola essere aumentato nella misura del 20%; d) in disparte il rilievo che i ricorsi delle banche sono stati accolti nei primi due gradi di merito e che le ricorrenti incidentali hanno dedotto in via meramente assertiva che il giudizio di rinvio sar ebbe stato introdotto ‘con palese tem erarietà’ , non risulta che la domanda di condanna delle banche per responsabilità aggravata sia stata avanzata in detto giudizio.
5. La reciproca soccombenza delle parti e la peculiarità della vicenda processuale in esame giustificano la compensazione fra le stesse delle spese del giudizio di legittimità.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; compensa fra tutte le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2024