Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio e compensazione delle spese
La rinuncia al ricorso è un istituto processuale che consente alla parte impugnante di porre fine al giudizio prima della sua conclusione naturale. Questa scelta può essere dettata da varie ragioni, ma assume un rilievo particolare quando è motivata da un mutamento dell’orientamento giurisprudenziale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come una sopravvenuta pronuncia delle Sezioni Unite possa rendere opportuna la rinuncia, portando all’estinzione del giudizio e alla compensazione delle spese legali.
I fatti del caso
Una società finanziaria, creditrice in forza di una cessione di credito da parte di un istituto bancario, aveva proposto opposizione allo stato passivo di una società in amministrazione straordinaria. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento dell’opponibilità di un’ipoteca iscritta su beni della società insolvente, concessa a garanzia del debito di un terzo soggetto (c.d. terza datrice).
Il giudice delegato aveva dichiarato inammissibile la domanda, e il Tribunale di merito aveva confermato tale decisione, rigettando l’opposizione. La società finanziaria, ritenendo errata la decisione, aveva quindi proposto ricorso per cassazione.
La svolta processuale: l’intervento delle Sezioni Unite
Durante la pendenza del giudizio in Cassazione, è intervenuta una pronuncia fondamentale delle Sezioni Unite (sentenza n. 8557/2023). Questa sentenza ha stabilito un principio di diritto cruciale: i titolari di un diritto di ipoteca o pegno su beni compresi nel fallimento, costituiti a garanzia di debiti di terzi, non possono avvalersi della procedura di verificazione dello stato passivo. Essi devono, invece, intervenire nel procedimento di ripartizione dell’attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni vincolati a loro favore.
Questo nuovo indirizzo nomofilattico ha reso, di fatto, infondato il ricorso della società finanziaria, che si basava su una tesi giuridica non più sostenibile. Consapevole di ciò, la ricorrente ha depositato una memoria con cui dichiarava la rinuncia al ricorso e a tutte le domande in esso contenute.
La decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso
Preso atto della rinuncia, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391, comma 2, c.p.c. La questione più interessante, tuttavia, riguardava la regolamentazione delle spese legali.
La società ricorrente, nel rinunciare, aveva chiesto la compensazione delle spese. La Corte ha accolto questa richiesta, riconoscendo che sussistevano i presupposti per derogare alla regola generale della condanna alle spese della parte rinunciante.
Le motivazioni
La Corte ha motivato la decisione di compensare le spese sulla base del fatto che l’indirizzo nomofilattico chiarito dalle Sezioni Unite era ‘ampiamente sopravvenuto’ rispetto alla proposizione del ricorso. In altre parole, al momento dell’impugnazione, la questione giuridica era ancora controversa, e la posizione della ricorrente non era pretestuosa. La successiva sentenza delle Sezioni Unite ha cambiato il quadro giuridico di riferimento, rendendo inutile la prosecuzione del giudizio. Questa circostanza è stata ritenuta una ragione sufficiente per giustificare la compensazione delle spese tra le parti.
Inoltre, la Corte ha specificato che, in caso di rinuncia, non si applica la sanzione del ‘doppio contributo unificato’ prevista dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002. Tale norma, di natura eccezionale e sanzionatoria, è volta a scoraggiare impugnazioni dilatorie o pretestuose e non si applica alle ipotesi, come quella in esame, in cui l’esito del giudizio è determinato da una sopravvenuta inammissibilità o improcedibilità.
Le conclusioni
Questa ordinanza evidenzia un aspetto importante della dinamica processuale. La rinuncia al ricorso, quando motivata da un mutamento giurisprudenziale sopravvenuto, può portare non solo all’estinzione del giudizio, ma anche alla compensazione delle spese legali. La decisione della Cassazione premia un comportamento processualmente corretto e deflattivo, riconoscendo che la parte ricorrente ha agito in modo ragionevole adeguandosi al nuovo principio di diritto. Ciò conferma che il sistema giudiziario valuta le circostanze specifiche del caso, evitando automatismi sanzionatori quando l’impugnazione, originariamente non infondata, perde la sua ragion d’essere per eventi successivi e non prevedibili.
Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
Se una parte rinuncia formalmente al ricorso, il giudizio si estingue, come previsto dall’articolo 391 del codice di procedura civile. Questo significa che il processo termina senza una decisione sul merito della questione.
Perché le spese legali sono state compensate in questo caso di rinuncia al ricorso?
Le spese sono state compensate perché la rinuncia è stata determinata da un nuovo orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione, emerso dopo la proposizione del ricorso. La Corte ha ritenuto che, poiché al momento dell’impugnazione la questione era ancora dibattuta, non fosse equo addebitare le spese alla parte rinunciante.
In caso di rinuncia al ricorso, si deve pagare il doppio contributo unificato?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la misura sanzionatoria del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato (il cosiddetto ‘doppio contributo’) non si applica in caso di rinuncia, poiché tale norma è destinata a punire le impugnazioni pretestuose o dilatorie e non le ipotesi di inammissibilità sopravvenuta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22082 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22082 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11214/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE), quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di VICENZA n. 1995/2019 depositato il 27/02/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
-con il decreto indicato in epigrafe il Tribunale di Vicenza ha rigettato l’opposizione ex art. 98 l.fall. proposta da RAGIONE_SOCIALE (quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria del credito di banca RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALEp.a.) contro il provvedimento del giudice delegato che ha dichiarato inammissibile la domanda ex artt. 52 e 103 l.fall. di accertamento dell’opponibilità a RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria dell’ipoteca iscritta sui beni della società in bonis quale terza datrice;
–RAGIONE_SOCIALE ha impugnato la decisione con ricorso per cassazione in due mezzi, cui RAGIONE_SOCIALE in A.S. ha resistito con controricorso;
-entrambe le parti hanno depositato memorie.
Considerato che
-con memoria del 17/05/2024 parte ricorrente ha dichiarato «di rinunciare agli atti del giudizio e alle domande in esso svolte », ai sensi dell’art. 390 c.p.c., c hiedendo la «compensazione delle spese di lite» ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., alla luce dei principi di diritto stabiliti dalle Sezioni Unite con sentenza n. 8557 del 27/03/2023, che ha escluso la possibilità per i titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento, costituiti in garanzia per debiti di terzi, di avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, dovendo invece intervenire nel procedimento di ripartizione dell’attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati;
-con memoria del 20/05/2024 parte controricorrente ha richiamato le conclusioni formulate in controricorso;
-sussistono i presupposti per la dichiarazione di estinzione del giudizio con compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 391, comma 2, c.p.c., poiché il richiamato indirizzo nomofilattico è ampiamente sopravvenuto alla proposizione del ricorso;
7. -in caso di rinuncia al ricorso non trova applicazione la misura di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, poiché si tratta di norma eccezionale e perciò di stretta interpretazione (Cass. 25722/2019, 19071/RAGIONE_SOCIALE, 13408/2017, 19560/2015), peraltro integrante un meccanismo sanzionatorio volto a scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, in quanto tale non applicabile alle ipotesi di inammissibilità sopravvenuta (Cass. 15996/RAGIONE_SOCIALE, 3542/2017, 13636/2015).
P.Q.M.
La Corte dichiara estinto il giudizio e compensa le spese.
La Presidente
COGNOME NOME