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Rinuncia al ricorso: estinzione del giudizio

In un complesso caso di responsabilità degli amministratori, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’estinzione del giudizio a seguito della rinuncia al ricorso da parte di tutti gli appellanti. La decisione, basata su un accordo transattivo tra le parti, chiarisce l’applicazione dell’art. 391 c.p.c. in materia di spese legali, stabilendo che in assenza di accettazione della rinuncia e di richiesta di condanna, le spese possono non essere addebitate al rinunciante.

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Rinuncia al Ricorso in Cassazione: Quando il Giudizio si Estingue

La rinuncia al ricorso rappresenta un istituto processuale cruciale che consente alle parti di porre fine a una controversia legale prima che si giunga a una sentenza definitiva. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina le conseguenze di tale atto, specialmente in relazione alla gestione delle spese legali quando la rinuncia si inserisce nel contesto di un accordo transattivo complessivo. Analizziamo come un complesso contenzioso societario si sia concluso proprio grazie a questo strumento.

I Fatti del Contenzioso Societario

La vicenda trae origine da un’azione di responsabilità promossa dai soci di una società agricola contro gli amministratori in carica dal 2007 e il collegio sindacale. I soci chiedevano il risarcimento dei danni che sarebbero stati arrecati alla società a causa di una gestione negligente.

Gli amministratori convenuti, a loro volta, non solo si difesero, ma chiamarono in causa il precedente amministratore unico, accusandolo di mala gestio nel periodo dal 2002 al 2007.

Il Tribunale di primo grado accolse parzialmente entrambe le domande, condannando sia il precedente amministratore unico sia gli amministratori successivi al pagamento di ingenti somme a titolo di risarcimento in favore della società.

La sentenza di primo grado fu impugnata da diverse parti e la Corte d’Appello, nel frattempo che la società veniva dichiarata fallita, rideterminò gli importi dovuti da alcuni amministratori nei confronti della curatela fallimentare.

La Decisione della Corte sulla rinuncia al ricorso

La controversia è infine approdata in Corte di Cassazione, con ricorsi proposti da quasi tutte le parti coinvolte: alcuni amministratori, l’amministratore unico precedente e la stessa curatela del fallimento. Tuttavia, prima della discussione, tutte le parti hanno depositato atti di rinuncia al ricorso.

La Suprema Corte, prendendo atto delle rinunce, ha dichiarato l’estinzione del giudizio. La decisione si è basata sulla constatazione che l’iniziativa processuale era venuta meno da parte di tutti i contendenti, rendendo superfluo un pronunciamento sul merito delle questioni sollevate.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della decisione risiede nella gestione delle spese processuali, disciplinata dall’articolo 391 del Codice di Procedura Civile. La Corte ha osservato che la curatela fallimentare aveva formalmente accettato la rinuncia, e quindi, secondo il comma 4 dell’articolo citato, non era dovuto alcun provvedimento sulle spese.

Per le altre parti, che non avevano depositato un’accettazione formale, la Corte ha applicato un principio diverso. Ha notato che nessuno dei controricorrenti aveva manifestato l’intenzione di ottenere la condanna dei rinuncianti al pagamento delle spese. Inoltre, e questo è il punto cruciale, le rinunce si inserivano in un ‘regolamento transattivo che ha coinvolto tutti i contendenti’.

Questa circostanza ha giustificato la mancata condanna alle spese. La Corte ha ricordato che, ai sensi del comma 2 dell’art. 391 c.p.c., la condanna alle spese in caso di rinuncia non accettata non è automatica. Se la controparte non ne fa richiesta e, soprattutto, se emerge una volontà conciliativa tra le parti, il giudice può decidere di non provvedere alla liquidazione delle spese.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Rinuncia

L’ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che un accordo transattivo è la via maestra per chiudere definitivamente un contenzioso, anche quando questo è giunto all’ultimo grado di giudizio. La rinuncia al ricorso diventa lo strumento processuale per formalizzare la fine della lite.

In secondo luogo, chiarisce che la gestione delle spese legali in caso di rinuncia dipende dal comportamento delle parti. L’accettazione esplicita preclude ogni discussione sulle spese. In assenza di accettazione, la mancata richiesta di condanna da parte del controricorrente, specialmente se supportata da un accordo complessivo, può portare il giudice a non emettere alcuna statuizione sulle spese, evitando ulteriori complicazioni e costi per le parti.

Cosa succede se tutte le parti rinunciano al ricorso in Cassazione?
Il giudizio viene dichiarato estinto dalla Corte, poiché viene a mancare l’impulso processuale necessario per proseguire l’esame della causa.

In caso di rinuncia al ricorso, chi paga le spese legali?
Se la controparte accetta la rinuncia, non vi è alcuna condanna alle spese. Se non accetta, la condanna non è automatica; il giudice può non disporla se la controparte non ne fa richiesta e se la rinuncia è parte di un accordo transattivo più ampio.

Un accordo tra le parti può portare all’estinzione del giudizio?
Sì, un accordo transattivo che risolve la controversia tra tutte le parti è la causa principale che porta alla rinuncia ai rispettivi ricorsi e, di conseguenza, alla dichiarazione di estinzione del giudizio da parte della Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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