Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9318 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9318 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
Oggetto: Rinuncia
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15327/2019 R.G. proposto da
COGNOME ENNA, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata.
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliato.
– controricorrente –
COGNOME e COGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 2061/2018 emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro il 23/11/2018 e non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/3/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Con atto di citazione notificato il 23/03/2004, NOME COGNOME convenne in giudizio COGNOME NOME, unitamente ai fratelli NOME e NOME COGNOME, al fine di ottenere il rispetto delle disposizioni di ultima volontà del notaio NOME COGNOME suo compagno di vita. Questi, con testamento del 04/08/2003, aveva disposto per la cessione, mediante compravendita, della nuda proprietà di due unità immobiliari site in Roma, in INDIRIZZO e in INDIRIZZO, ai nipoti e la contestuale costituzione sulle stesse del diritto di usufrutto in favore di lei; in subordine, chiese la restituzione della somma incassata dal convenuto per la vendita al de cuius dei predetti immobili, risultante da un libro giornale contenente l’annotazione, operata da quest’ultimo, di tutti i reali rapporti di natura economica risalenti al 01/06/1970 e di dare-avere intrattenuti col fratello NOME -, nel quale era annotato l’acquisto, da parte sua, delle predette unità immobiliari al prezzo già pagato mediante conguagli di dare-avere, e la condanna del convenuto stesso, previa redazione di formale rendiconto, a corrisponderle i frutti, maturati fino alla morte del de cuius , dei terreni siti in Corigliano Calabro, Atri e Rende, essendo ella l’unica beneficiaria testamentaria di tutto il denaro e i valori immobiliari appartenenti o riconducibili al de cuius .
Costituitosi in giudizio, NOME COGNOME eccepì preliminarmente l’inammissibilità della domanda per difetto di legittimazione passiva, essendo la COGNOME legataria e non erede; dedusse l’infondatezza della domanda, avendo il fratello venduto il solo usufrutto, sicché non era debitore di alcunché, e propose domanda riconvenzionale avente ad oggetto la condanna dell’attrice alla restituzione dei canoni percepiti dal 22/7/2003 al 30/4/2004 dalla locazione degli immobili contesi in Roma e al risarcimento dei danni patiti per l’illecito comportamento da lei
posto in essere e consistito nel non avere ottemperato, in seguito al decesso di NOME COGNOME alla richiesta di convocazione dell’assemblea della RAGIONE_SOCIALE, di cui era amministratrice unica, onde provvedere alla nomina di un nuovo amministratore, mettendo in discussione la titolarità, in capo ad esso, della quota del 49% del capitale sociale.
Con sentenza n. 3342/2008, il Tribunale di Cosenza dichiarò l’inammissibilità sia della domanda principale, che di quella riconvenzionale.
Il giudizio di gravame, instaurato da COGNOME NOME, si concluse, nella resistenza di COGNOME che propose appello incidentale in merito al suo diritto ad ottenere dall’appellante la somma di euro 185.294,48 quale credito nei confronti del medesimo, e nella contumacia di NOME e NOME COGNOME, con la sentenza n. 2061/2018 del 3/7/2018, con la quale la Corte d’Appello di Catanzaro accolse parzialmente l’appello principale, condannando COGNOME a corrispondere, all’appellante, la somma di euro 6.273,00 a titolo di canoni di locazione relativi agli immobili di proprietà del medesimo e rigettò ogni altra domanda svolta dall’appellante principale e dall’appellante incidentale.
Contro la predetta sentenza, COGNOME Enna propone ricorso per cassazione affidato a sette motivi. NOME COGNOME si difende con controricorso, mentre NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito accolto l’appello proposto da NOME COGNOME riguardante il pagamento dei canoni riscossi dalla ricorrente dagli appartamenti in Roma, senza esaminare l’eccezione sollevata, con la quale si lamentava
l’assenza di collegamento obiettivo della relativa domanda rispetto a quella principale, atteso che la questione dei canoni era stata posta dalla ricorrente al solo fine di sollecitare la loro compensazione con il maggior credito da essa vantato.
Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici violato le norme d’interpretazione della scheda testamentaria del de cuius , non considerando che il lascito in favore della ricorrente, che riguardava anche il denaro relitto, oltre a titoli di Stato, obbligazioni, azioni, fondi comuni, valori mobiliari ovunque depositati, arredi, gioielli e rapporti intrattenuti anche a nome di società fiduciaria o di altre società a lui riconducibili, non poteva che afferire anche a quello di cui ella non aveva la disponibilità materiale, in quanto oggetto di un rapporto obbligatorio.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 58 del 1998, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto che il testatore rivestisse la qualifica di notaio e che, pertanto, se avesse voluto includere nel lascito anche i rapporti obbligatori lo avrebbe detto, senza considerare che, proprio in ragione di ciò, il de cuius aveva utilizzato l’espressione ‘ valori mobiliari ‘, consapevole che questa, alla stregua della citata diposizione normativa appena entrata in vigore, comprendesse anche gli strumenti finanziari negoziabili nel mercato dei capitali di rischio e ogni diritto non avente ad oggetto una res .
Con il quarto motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 812, terzo comma, cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito non soltanto non avevano avvertito che il testatore aveva voluto lasciare alla compagna tutto il suo denaro e, ignorando il linguaggio finanziario, avevano creduto che il denaro oggetto di rapporto
obbligatorio non fosse un valore mobiliare, ma avevano anche violato la suddetta disposizione codicistica, che include nella categoria dei bei mobili anche i crediti, in particolare quelli pecuniari.
Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta l’omesso esame di un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito omesso di prendere posizione sulla questione, sollevata dalla ricorrente, secondo cui detti crediti, se non contemplati nel testamento, avrebbero dovuto essere divisi tra tutti gli eredi, sicché alla ricorrente sarebbe spettata quantomeno una quota degli stessi.
Con il sesto motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 727 e 757 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici trascurato il fatto che ciascuno dei partecipanti alla comunione potesse agire singolarmente per far valere l’intero credito comune o per la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti degli altri eredi. Nella specie erano, peraltro, presenti i COGNOME.
Con il settimo motivo di ricorso, si lamenta, infine, l’omesso esame di un punto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano omesso di considerare che la domanda proposta dalla ricorrente, avente ad oggetto la condanna di COGNOME NOME al pagamento della somma di euro 185.924,48, si riferisse al fatto che la predetta somma costituiva parte delle rendite che quest’ultimo aveva riscosso per conto del fratello defunto e che non aveva restituito proprio in quanto il notaio gliela aveva accreditata quale prezzo della vendita futura, limitandosi erroneamente ad affermare che l’attrice intendeva agire per l’esecuzione di una contestata transazione
immobiliare stipulata in un atto unilaterale (libro contabile del defunto) e invalida e che detta pretesa avrebbe dovuto trovare riscontro in un separato giudizio.
Preliminarmente, con memoria del 29/1/2025, la ricorrente ha dichiarato di rinunciare al ricorso, depositando anche atto di accettazione del 23/1/2025.
L’atto di rinuncia è conforme a quanto previsto dall’art. 390 cod. proc. civ., sicché deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio. Nulla deve disporsi in ordine alle spese.
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del giudizio di cassazione .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/3/2025.