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Rinuncia al ricorso: come estingue il processo

Una complessa vicenda legale riguardante un risarcimento danni, cessioni di credito e un fallimento societario si conclude inaspettatamente davanti alla Corte di Cassazione. Le parti raggiungono un accordo stragiudiziale, portando alla rinuncia al ricorso da parte della società ricorrente. La Corte, prendendo atto della rinuncia formalmente perfetta, dichiara l’estinzione del processo, chiudendo definitivamente la controversia senza una pronuncia nel merito e compensando le spese.

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Rinuncia al Ricorso: Come un Accordo può Chiudere una Causa in Cassazione

Nel complesso mondo della giustizia civile, non tutte le cause arrivano a una sentenza che stabilisce chi ha torto e chi ha ragione. A volte, il percorso processuale si interrompe prima. L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione ci offre un esempio perfetto di come uno strumento procedurale, la rinuncia al ricorso, possa porre fine a una controversia complessa a seguito di un accordo tra le parti. Questo caso, che nasce da una richiesta di risarcimento per danni da allagamento, si evolve attraverso cessioni di credito, fallimenti e scissioni societarie, per poi concludersi con un atto che estingue il processo.

I Fatti: Una Complessa Vicenda di Danni e Cessioni

Tutto ha inizio nel 2014, quando una società costruttrice e la sua conduttrice, una società di gestione, citano in giudizio un condominio per ottenere il risarcimento dei danni a un immobile e alle merci in esso contenute. La causa era un allagamento dovuto al malfunzionamento delle pompe di sollevamento condominiali. Durante il giudizio di primo grado, la vicenda si complica: la società di gestione cede il suo credito per i danni alle merci alla società costruttrice, per poi essere dichiarata fallita. Successivamente, il credito viene nuovamente ceduto a una terza società, che a sua volta, tramite una scissione, lo trasferisce a una società immobiliare, la quale diventerà la ricorrente finale in Cassazione.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

Il Tribunale di primo grado riconosce la responsabilità del condominio, ma liquida una somma ritenuta insufficiente dagli attori. In appello, la Corte territoriale dichiara parzialmente estinto il processo, ritenendo che il fallimento della società di gestione (avvenuto prima della cessione del credito alla terza società) avesse interrotto il procedimento. Di conseguenza, dichiara inammissibile l’appello relativo a quella porzione di domanda risarcitoria. La società immobiliare, ultima titolare del credito, decide di impugnare questa decisione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non considerare che il credito era stato validamente ceduto prima del fallimento, e che quindi il processo avrebbe dovuto proseguire regolarmente.

La Sorpresa: La Rinuncia al Ricorso e le Sue Conseguenze

Quando tutto sembrava pronto per una decisione della Suprema Corte sul complesso intreccio tra cessione del credito e fallimento, accade un colpo di scena. La società ricorrente deposita un atto formale di rinuncia al ricorso. Questo atto, notificato a tutte le controparti, comunica che tra le parti è intervenuto un accordo e che non vi è più interesse a proseguire il giudizio. Si tratta di una mossa strategica che permette di chiudere la disputa in modo definitivo e concordato.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione è, a questo punto, molto diretta e procedurale. I giudici non entrano nel merito della questione sollevata (l’effetto del fallimento sulla cessione del credito), perché l’atto di rinuncia li priva del potere di decidere. La Corte si limita a verificare la regolarità formale della rinuncia: è stata sottoscritta dai procuratori muniti dei poteri necessari e notificata alle controparti, come richiesto dall’articolo 390 del codice di procedura civile. Di fronte a una rinuncia “perfetta”, l’unica conseguenza possibile è la declaratoria di estinzione del processo. Inoltre, la Corte accoglie la richiesta di compensare integralmente le spese legali, un esito comune quando la rinuncia segue un accordo transattivo, e chiarisce che l’estinzione del processo esclude l’obbligo per la parte ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Conclusioni

Questa ordinanza dimostra l’importanza della rinuncia al ricorso come strumento per una gestione efficiente del contenzioso. Invece di attendere i tempi, i costi e l’incertezza di una decisione della Cassazione, le parti hanno trovato una soluzione negoziale soddisfacente per tutti. Per avvocati e imprese, questo caso sottolinea come la via stragiudiziale rimanga sempre un’opzione percorribile, anche nelle fasi più avanzate del giudizio. La rinuncia formalizza l’accordo raggiunto, estinguendo il processo e ponendo una pietra tombale sulla lite in modo rapido e definitivo.

Cosa succede se una parte rinuncia al ricorso in Cassazione?
La Corte di Cassazione dichiara estinto il processo. Ciò significa che il procedimento giudiziario termina definitivamente senza una decisione nel merito della questione sollevata.

Chi paga le spese legali in caso di rinuncia al ricorso?
In questo caso specifico, la Corte ha disposto la compensazione delle spese. Questo significa che ogni parte ha sostenuto i propri costi legali, probabilmente perché la rinuncia è seguita a un accordo privato tra le parti che regolava anche questo aspetto.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento del doppio del contributo unificato?
No. L’ordinanza chiarisce che la declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità della norma (art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115/2002) che obbliga la parte impugnante, in caso di esito negativo, a versare un’ulteriore somma pari al contributo unificato già pagato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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