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Rinuncia al ricorso Cassazione: niente raddoppio

La Corte di Cassazione ha dichiarato estinto un processo a seguito della rinuncia al ricorso da parte dei ricorrenti. Il caso riguardava l’inefficacia di un fondo patrimoniale. L’ordinanza chiarisce un punto fondamentale: la rinuncia al ricorso Cassazione non comporta il raddoppio del contributo unificato, poiché tale sanzione si applica solo in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione e non può essere interpretata estensivamente.

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Rinuncia al ricorso Cassazione: come evitare il raddoppio del contributo unificato

La rinuncia al ricorso in Cassazione rappresenta una scelta processuale strategica che può portare a un’importante conseguenza economica: l’esclusione del raddoppio del contributo unificato. Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito questo principio, offrendo chiarimenti fondamentali sulla natura e l’applicazione di questa misura sanzionatoria. Analizziamo insieme la vicenda processuale e le motivazioni della Corte.

I Fatti di Causa

La controversia trae origine da un’azione giudiziaria intentata dalla curatela fallimentare di una società a responsabilità limitata. L’obiettivo era ottenere la dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., di un atto con cui due coniugi avevano costituito un fondo patrimoniale, vincolando alcuni loro beni immobili per i bisogni della famiglia.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda del fallimento, e la decisione veniva confermata anche dalla Corte d’Appello. I coniugi, non soddisfatti dell’esito, decidevano di proporre ricorso per cassazione, contestando la sentenza di secondo grado.

Tuttavia, prima che la Suprema Corte potesse pronunciarsi nel merito, i difensori dei ricorrenti depositavano un atto di rinuncia al ricorso, a cui seguiva l’adesione del difensore della procedura fallimentare.

La decisione della Cassazione sulla rinuncia al ricorso

Di fronte alla rinuncia congiunta delle parti, la Corte di Cassazione non ha potuto fare altro che prendere atto della volontà di porre fine alla lite. Ai sensi dell’art. 391, comma 4, del codice di procedura civile, quando il ricorrente rinuncia al ricorso e tale rinuncia è accettata dalle altre parti, il processo si estingue. Di conseguenza, la Corte ha dichiarato l’estinzione del giudizio di cassazione, senza entrare nel merito dei motivi di doglianza sollevati dai coniugi.

Le Motivazioni: la natura restrittiva del raddoppio del contributo

Il punto più significativo dell’ordinanza risiede nelle motivazioni relative alle conseguenze economiche della rinuncia. La Corte ha specificato che, in questo caso, non vi era luogo a una pronuncia sulle spese e, soprattutto, non era dovuto il raddoppio del contributo unificato.

Il fondamento di questa decisione si trova nell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 115/2002. Questa norma prevede un aumento del contributo unificato a carico della parte la cui impugnazione sia stata respinta integralmente, o dichiarata inammissibile o improcedibile. La Corte Suprema ha chiarito che l’elenco di questi casi è tassativo.

La rinuncia al ricorso in Cassazione non rientra in nessuna di queste ipotesi. Secondo la Corte, la norma sul raddoppio del contributo ha una natura eccezionale e sanzionatoria (lato sensu). In quanto tale, deve essere soggetta a un’interpretazione stretta, che non ammette applicazioni estensive o analogiche a fattispecie non espressamente previste. Citando propri precedenti (Cass. 19071/2018 e Cass. 23175/2015), la Corte ha ribadito che la rinuncia è un istituto giuridico distinto dal rigetto o dall’inammissibilità e, pertanto, esula dal campo di applicazione della sanzione.

Conclusioni: implicazioni pratiche

La decisione in commento offre un’importante indicazione pratica per chi affronta un giudizio di Cassazione. La rinuncia al ricorso in Cassazione non è solo un modo per porre fine a una lite, ma anche uno strumento per evitare l’aggravio di costi. Quando le probabilità di successo di un ricorso appaiono scarse, la rinuncia permette di chiudere definitivamente la controversia senza incorrere nella sanzione del raddoppio del contributo unificato. Questa consapevolezza consente una gestione più oculata e strategica del contenzioso, bilanciando le possibilità di vittoria con i rischi economici connessi alla prosecuzione del giudizio.

Cosa succede se si rinuncia a un ricorso in Cassazione?
Se il ricorrente rinuncia e la controparte accetta la rinuncia, la Corte di Cassazione dichiara l’estinzione del processo. Questo significa che il giudizio si chiude definitivamente senza una decisione nel merito.

La rinuncia al ricorso comporta il pagamento di una sanzione?
No. L’ordinanza chiarisce che la rinuncia al ricorso non fa scattare l’obbligo di pagare il doppio del contributo unificato. Questa sanzione è prevista solo per i casi di rigetto totale, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

Perché il raddoppio del contributo unificato non si applica alla rinuncia?
La Corte spiega che la norma sul raddoppio del contributo ha carattere sanzionatorio e, come tale, deve essere interpretata in modo restrittivo. Poiché la legge non menziona esplicitamente la rinuncia tra le cause che generano il raddoppio, questa sanzione non può essere applicata a tale fattispecie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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