Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27701 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27701 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12732/2022 R.G. proposto da: NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO;
nonché
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 2044/2022 depositata il 25/03/2022;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Latina, NOME AVV_NOTAIO, chiedendo la risoluzione dei contratti preliminari di compravendita di due unità immobiliari da realizzarsi sul terreno di mq. 45.000 sito in Terracina e la restituzione del prezzo di € 88.000,00, oltre interessi del 5% dal 12/11/2005, per inadempimento del promittente venditore e del coobbligato in solido NOME COGNOME i quali, trascorso un anno dal preliminare, non avevano ancora acquistato la proprietà del terreno da edificare.
Si costituiva NOME COGNOME che, senza contestare la domanda, chiedeva di convenire in giudizio NOME COGNOME per essere da questo manlevato.
Autorizzata la chiamata in causa, il COGNOME nel costituirsi chiedeva il rigetto delle domande proposte dalle controparti.
A seguito dell’ordinanza ingiunzione, ex art. 186 bis c.p.c., per il pagamento della somma di € 88.000,00 a carico di COGNOME, stante la mancata contestazione del credito, in data 25.07.2014, COGNOME e COGNOME stipulavano un atto di transazione, per effetto del quale il COGNOME effettuava il suddetto pagamento in favore dell’attore.
Il Tribunale, a ll’esito del giudizio , accoglieva la domanda di risoluzione dei due contratti preliminari stipulati il 12.11.2005 e, stante l’avvenuta restituzione in corso di causa della somma di € 88.000,00 ad opera di COGNOME COGNOME favore di COGNOMECOGNOME condannava in solido NOME COGNOME e NOME COGNOME al pagamento, in favore del
ricorrente, degli interessi legali nella misura del 5%, decorrenti dal 12.11.2005 fino al 25.07.2014.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello principale NOME COGNOME , lamentandone l’erroneità.
Si costituiva NOME COGNOME, che chiedeva il rigetto dell’appello, limitatamente alla richiesta di riforma, ad opera dell’appellante, della decisione sul merito della domanda principale da lui avanzata in primo grado nei confronti di NOME COGNOME.
Si costituiva NOME COGNOME chiedendo il rigetto dell’appello principale e, in via incidentale, la riforma della sentenza nella parte in cui il Tribunale aveva riconosciuto in favore del COGNOME gli interessi del 5% sulla somma di 88.000,00 dal 12.11.2005 al 25.07.2014.
La Corte di Appello di Roma accoglieva l’appello principale e, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava la nullità del capo di condanna relativo al pagamento degli interessi del 5% sull’importo di € 88.000,00, pronunciato nei confronti di NOME COGNOME e a favore di NOME COGNOME, rigettava la domanda di regresso proposta da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME e, in accoglimento del l’appello incidentale , dichiarava cessata la materia del contendere tra NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine al pagamento degli interes si del 5% sull’importo di € 88.000,00 .
La Corte d’Appello rigettava le eccezioni preliminari di inammissibilità dell’appello e di acquiescenza parziale alla sentenza di primo grado. Nel merito, sebbene ciascun contratto preliminare prevedesse il versamento di un acconto di € 44.000,00, da restituire con gli interessi al tasso del 5% in caso di mancato avveramento delle condizioni sospensive ivi indicate, tuttavia non
vi era alcuna prova che la predetta somma fosse stata effettivamente versata dal COGNOME, dal momento che nei contratti non solo non era indicata la modalità di pagamento, affermandosi unicamente nell’art. 4, lett. a) ‘quanto a Euro 44.000,00 (quarantaquattromila) oggi stesso’ ma non si d ava nemmeno quietanza del versamento.
Il riconoscimento del debito fatto dal COGNOME, che non aveva contestato il proprio obbligo restitutorio né il quantum dovuto al COGNOME, avev a effetto solo tra tali parti, a norma dell’art. 1309 c.c., e non valeva nei confronti del COGNOME che non aveva eseguito analogo riconoscimento.
Riguardo a quest’ultimo si applica va la ordinaria disciplina probatoria, con la conseguenza che, ai fini della domanda restitutoria, occorreva fornire la dimostrazione dell’avvenuto versamento dell’acconto. L’assenza di tale prova impediva pertanto la condanna del COGNOME alla restituzione della somma di € 44.000,00 a favore del condebitore COGNOME. Né tale carenza poteva essere superata dai documenti prodotti (transazione tra COGNOME e COGNOME e assegni emessi da quest’ultimo a favore del COGNOME), poiché ciò che difettava era la prova del pres upposto dell’obbligo restitutorio del COGNOME, ossia che il COGNOME avesse effettivamente versato quella somma all’atto del preliminare con il corrispettivo incasso da parte dei promittenti venditori.
Doveva poi rilevarsi che effettivamente il Tribunale, senza che vi fosse alcuna domanda del COGNOME, aveva condannato il COGNOME al pagamento, a favore del predetto, degli interessi del 5% sulla indicata somma e delle spese di lite. L’assenza di domanda del
NOME, le cui rivendicazioni erano rivolte al solo COGNOME, rendeva la pronuncia viziata da ultrapetizione.
L’appello pertanto d oveva essere accolto, rimanendo fermo l’obbligo di pagamento a carico del solo COGNOMECOGNOME
Anche la censura relativa al pagamento degli interessi era fondata, mancando la domanda relativa da parte del COGNOME, così come l ‘appello incidentale tardivo del COGNOME relativo agli interessi .
I contratti preliminari prevedevano, nell’ipotesi di mancato avveramento delle condizioni sospensive, la restituzione delle somme versate dal promissario acquirente ‘maggiorate degli interessi al tasso annuo del 5% (cinque per cento) semplice’. Nel corso del giudizio di primo grado, successivamente alla pronuncia dell’ordinanza ex art. 186 bis c.p.c., era intervenuta una transazione tra il COGNOME e il COGNOME, con la quale quest’ultimo si era obbligato a versare immediatamente la somma di € 13.000,00 e la restante somma con ratei mensili a mezzo di assegni bancari di € 10.000,00 ciascuno, dal 31/8/2014 al 31/7/2015. Il COGNOME aveva accettato la rateizzazione, rinunciando ‘ad ulteriori interessi’.
Sebbene nella transazione non vi fosse alcun riferimento ad una rinuncia agli interessi previsti nell’art. 7 del contratto preliminare, tuttavia nel verbale di udienza del 14/2/2017 il procuratore del COGNOME aveva riconosciuto ‘la validità e l’efficacia della scrittura transattiva prodotta dal convenuto NOME COGNOME, e dato atto che tutti gli assegni bancari indicati in tale scrittura erano stati regolarmente onorati e che quindi il credito dedotto nell’atto di citazione era stato interamente soddisfatto, per cui NOME COGNOME non aveva altro a pretendere, fatte salve le spese di rito ‘.
Tali richieste erano state ribadite anche nelle precisazioni delle conclusioni.
Ora, la circostanza che nella comparsa conclusionale il COGNOME avesse espressamente chiesto la corresponsione degli interessi non poteva avere rilievo, in considerazione della chiara manifestazione di volontà di rinunciare agli stessi, dichiarata a verbale e reiterata nelle conclusioni, attraverso il richiamo allo stesso verbale. Del resto, la rinuncia ad una parte dell’originaria domanda rientra fra i poteri del difensore quale espressione della facoltà di modificare le domande e le conclusioni precedentemente formulate (Cass. n. 4837 del 2019).
Doveva, quindi, ritenersi cessata la materia del contendere sulla domanda relativa alla corresponsione degli interessi.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con rispettivi controricorsi.
Tutte le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. con riferimento all’art.334 c.p.c.
NOME COGNOME aveva eccepito, nelle sue conclusioni, l’inammissibilità dell’appello incidentale tardivo, proposto da NOME COGNOME perché mai notificato e mai evidenziato nel prospetto telematico, in quanto probabilmente depositato ‘in cartaceo’.
La Corte d’Appello ha affermato che l’appello incidentale tardivo del COGNOME non necessitava di notifica in quanto ‘il COGNOME si era regolarmente costituito in giudizio ed aveva quindi la possibilità e anche l’onere di verificare le difese delle altre parti’.
Il COGNOME, nei termini previsti per la sua costituzione nel giudizio di appello, aveva verificato la costituzione del COGNOME senza trovarne traccia: infatti tale appello incidentale era contenuto nella comparsa di costituzione avente data al 12 dicembre 2018 (per l’udienza del 31 gennaio 2019), mentre la costituzione del COGNOME è del 5 dicembre 2018 e la costituzione con l’appello incidentale del COGNOME non risultava depositata nei termini di legge.
Inoltre, non era ammissibile l’appello incidentale tardivo perché il rapporto in discussione era identico, in quanto sia l’appellante principale, sia l’appellante incidentale contestavano l’obbligo di pagamento degli interessi del 5%.
1.1 Il primo motivo di ricorso è infondato.
La Corte d’Appello ha correttamente applicato il seguente principio di diritto: La notifica dell’appello incidentale è necessaria nei soli confronti della parte rimasta contumace e non già di quella che si sia regolarmente costituita (prima o dopo la costituzione dell’appellante incidentale), rispetto alla quale non può configurarsi alcuna lesione del diritto di difesa, stante la possibilità di proporre, a sua volta, l’impugnazione incidentale tardiva ai sensi dell’art. 343, comma 2, c.p.c. (Sez. 3, Ordinanza n. 36541 del 29/12/2023, Rv. 669787 – 01).
Nella specie, pertanto, essendo il COGNOME già costituito in giudizio, non vi era alcun obbligo di notifica dell’appello incidentale del COGNOME nei suoi confronti.
Inoltre, la sentenza della Corte d’Appello è conforme anche alla recentissima sentenza delle Sezioni Unite secondo cui: L’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando riveste le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnazione principale o da un’impugnazione incidentale tardiva (Sez. U, Sentenza n. 8486 del 28/03/2024, Rv. 670662 – 01).
Si è confermato l’indirizzo secondo cui: ‘La parte parzialmente soccombente può proporre appello incidentale tardivo, ai sensi dell’art. 334 c.p.c., anche in riferimento ai capi della sentenza di merito non oggetto di gravame con l’impugnazione principale, a condizione che si tratti di impugnazioni proposte in relazione ad unico rapporto, mentre, qualora si tratti di distinti rapporti dedotti nello stesso giudizio, ovvero in cause diverse poi riunite, ciascuna parte deve proporre impugnazione per i capi della sentenza che la riguardino nei termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c.’ (Cass. n. 26164 del 2020).
Nella specie, sia con l’appello principale che con quello incidentale si fa valere, ancorché per ragioni diverse, l’inesistenza dell’obbligo di pagamento degli interessi nei confronti del promissario acquirente, il che rende ammissibile l’impugnazione, in quanto rivolta verso lo stesso rapporto.
Infine, quanto alla tempestività, l ‘art. 343, primo comma, c.p.c. prevede che l’appello incidentale debba essere proposto nella comparsa di risposta tempestivamente depositata, ossia entro il termine di decadenza di 20 giorni prima del l’udienza fissata per la prima comparizione delle parti. Solo nel caso in cui l’interesse a
proporre l’appello incidentale sorga dalla impugnazione proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, tale appello si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa (art. 343, secondo comma, c.p.c.).
Nella specie lo stesso ricorrente riferisce che l’ appello incidentale era contenuto nella comparsa di costituzione avente data al 12 dicembre 2018 (per l’udienza del 31 gennaio 2019) . Ne consegue che la censura di inammissibilità dell’appello incidentale del COGNOME è infondata sotto tutti i profili sollevati con il motivo in esame.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, n.5, c.p.c., con specifico riferimento alla presunta rinuncia agli interessi convenzionali previsti in contratto e alla parte relativa alla compensazione delle spese del doppio grado tra l’attore NOME COGNOME ed il convenuto NOME COGNOME
Parte ricorrente evidenzia che nella sua motivazione la Corte territoriale riconosce e premette che nella transazione del 25 luglio 2014 ‘non vi sia alcun riferimento ad una rinuncia agli interessi previsti nell’art.7 del contratto preliminare…’. In realtà, non solo non vi è cenno della rinuncia, ma al contrario il fatto che le parti abbiano convenuto espressamente di rinunciare ‘ad ulteriori interessi’, implicherebbe una conferma, in modo chiaro ed esplicito, della domanda relativa a gli interessi ‘non ulteriori’, vale a dire agli interessi precedenti, già maturati e previsti nel contratto.
La Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto rinunciata la domanda relativa agli interessi.
Peraltro, l’affermazione di non aver altro a pretendere, fatte salve le spese di causa, sembrerebbe frutto di errore determinato dalla pressoché contemporanea redazione dei verbali delle due cause. Il motivo si chiude con una censura anche del capo di sentenza relativo alla compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è fondato.
La Corte d’Appello ha escluso che la transazione avesse comportato una esplicita rinuncia agli interessi e ha comunque ritenuto che il difensore del ricorrente vi avesse rinunciato sulla base di affermazioni verbalizzate che non erano inequivocabilmente interpretabili alla stregua di una rinuncia alla domanda, ciò anche sulla scorta del successivo verbale di precisazione delle conclusioni, nel quale era stata esplicitamente ribadita la suddetta richiesta di corresponsione degli interessi perché esulanti dalla transazione.
La questione degli interessi, infatti, era la sola rimasta a seguito della transazione e, dunque, implicava necessariamente l’interpretazione della espressione ulteriori interessi ivi contenuta. In altri termini, la Corte ha ritenuto erroneamente che il difensore avesse rinunciato alla domanda residuale relativa agli interessi nei confronti del COGNOME quando tale questione era ancora oggetto del contendere. Deve ribadirsi che la rinuncia all ‘ azione non richiede formule sacramentali, può essere anche tacita e va riconosciuta quando vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento dell’attore e la volontà di proseguire nella domanda proposta. Essa presuppone il riconoscimento dell’infondatezza dell’azione, accompagnato dalla dichiarazione di non voler insistere nella medesima. Solo a queste condizioni la rinuncia all’azione
determina, indipendentemente dall’accettazione della controparte, l’estinzione dell’azione e la cessazione della materia del contendere (Sez. 2, Ordinanza n. 19845 del 23/07/2019, Rv. 654975 – 01).
Quanto alla censura relativa alla compensazione delle spese del doppio grado tra l’attore NOME COGNOME ed il convenuto NOME COGNOME la stessa è assorbita dall’accoglimento del secondo motivo.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione