Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29020 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29020 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18431/2020 R.G. proposto da : INTESA SANPAOLO SPA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 1555/2020 depositata il 27/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.- Il sig. NOME COGNOME aveva convenuto, avanti al Tribunale di Roma, RAGIONE_SOCIALE San Paolo s.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della mancata tempestiva cancellazione di un’iscrizione ipotecaria, gravante sull’immobile acquistato nell’ottobre 1997, e risalente al 26.4.1980 a garanzia di un mutuo contratto con banca San Paolo di Torino s.p.a. dall’allora proprietaria NOME COGNOME che l’aveva, poi, alienato ai sig. COGNOME e COGNOME entrambi dichiarati falliti. In sede concorsuale il bene era stato venduto al sig. COGNOME, con decreto emesso dal giudice delegato il 27.2.1992 che conteneva anche la disposizione impartita al competente Conservatore dei RR.II. di procedere alla cancellazione di ogni iscrizione pregiudizievole gravante sui beni immobili aggiudicati; era poi rivenduto nel 1993 al sig. NOME COGNOME, che nell’ottobre 1997 allorché la disposizione di cancellazione era stata ribadita nel luglio di quell’anno dal Tribunale fallimentare che espressamente autorizzava la curatela anche a consentire alla cancellazione dell’iscrizione di ipoteca sul bene in questione – a sua volta, lo aveva ceduto al signor COGNOME, il quale lamentava che, ciò nonostante, in data 19.4.2000 la banca convenuta aveva proceduto al rinnovo della predetta ipoteca presso la conservatoria dei registri immobiliari di Roma, come appreso dall’attore nel corso dell’anno 2004, allorché intendendo alienare l’immobile, alla verifica dei promissari acquirenti era risultata l’annotazione della citata formalità di rinnovazione su richiesta della banca, donde la responsabilità della stessa in relazione ai pregiudizi lamentati.
2.- Il Tribunale con sentenza in data 13.11.2011 – previa dichiarazione di cessata materia del contendere sulla domanda di cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, eseguita in corso di causa rigettava la domanda e condannava l’attore al pagamento delle spese di lite. Come riporta la stessa sentenza qui gravata della Corte d’appello di Roma del 27.02.2020, il Tribunale – dopo aver
dato atto della produzione attorea dei decreti del giudice delegato che avevano aggiudicato l’immobile gravato ai danti causa dell’appellante e ordinato la cancellazione delle trascrizioni e iscrizioni gravanti sul bene – aveva motivato che l’attore non aveva fornito la prova che di tali atti fosse stata data legale ed efficace pubblicità nelle forme previste dalla legge al fine di ottenere la cancellazione presso la conservatoria dell’iscrizione ipotecaria predetta, rilevando che il creditore non è obbligato a chiedere di sua iniziativa la cancellazione, gravando tale onere su chiunque vi abbia interesse e, pertanto, in primo luogo sul proprietario dell’immobile assoggettato al vincolo reale ed aggiungendo che l’attore, all’atto dell’acquisto dell’immobile suddetto avvenuto in data 1.10.97, conosceva la sussistenza dei gravami indicati nell’art.2 del contratto di compravendita – tra i quali l’ipoteca a favore della banca convenuta – nonché l’obbligo di cancellazione a sua cura e spese assunto da parte venditrice di tali formalità pregiudizievoli.
2.- Sull’appello proposto dal sig. COGNOME la Corte d’appello di Roma ha riformato la decisione per le seguenti ragioni:
richiamato -in conformità ai principi di legittimità in material’obbligo del creditore di prestare il proprio consenso alla cancellazione dell’ipoteca una volta che il debito si sia estinto nonché la natura contrattuale del medesimo obbligo, consistente l’attivarsi nei modi più adeguati alle circostanze anche affinché il consenso prestato pervenga al debitore, e precisato che il creditore ipotecario medesmo non è obbligato a chiedere di sua iniziativa la formale cancellazione, gravando su chiunque vi abbia interesse l’onere in tal senso e, quindi, in primo luogo sul debitore proprietario dell’immobile soggetto a vincolo reale, ha valorizzato il fatto che il medesimo creditore ipotecario, quando il debito si è estinto e, quindi, la garanzia non abbia più ragione di esistere, è tenuto ad attivarsi, tanto più se sollecitato dal terzo acquirente
divenuto proprietario del bene che risulti ancora formalmente gravato dall’ipoteca: infatti, l’iscrizione è una situazione di per sé pregiudizievole per il soggetto titolare della proprietà del bene ipotecato sotto il profilo della libera e agevole commerciabilità del bene, che per effetto della permanenza del vincolo in difetto di cancellazione supporta l’incomodo del dover dare dimostrazione al terzo interessato all’acquisto del venir meno della causa giustificativa dell’ipoteca;
b) la ben nota inesistenza del debito già al momento della vendita in sede fallimentare e della alienazione a terzi dell’immobile oggetto di iscrizione ipotecaria, perciò, non legittimava la banca appellata a procedere alla rinnovazione dell’iscrizione ipotecaria in data 19.4.2000, « e questo suo indebito comportamento deve essere posto come fonte di responsabilità contrattuale verso il terzo divenuto proprietario dell’immobile con obbligazione risarcitoria dove quest’ultimo abbia dimostrato che la permanenza del vincolo gli abbia cagionato un danno »; infatti la garanzia, quale fattispecie accessoria del credito, risulta già estinta ex art. 2878 n. 3 c.c. nel momento in cui l’obbligazione stessa non è più esistente, onde il permanere delle iscrizioni ipotecarie è pregiudizievole per la circolazione del bene potendo i terzi ignorare la vera situazione del rapporto obbligatorio ed essendo anzi generalmente inclini a dare rilevanza all’apparenza del vincolo;
c) per tali ragioni ha accolto la domanda e condannato la banca al risarcimento del danno subito in conseguenza della mancata vendita dell’immobile come da preliminare tra i sig.ri COGNOME e il sig. COGNOME, consistente nei maggiori oneri economici sostenuti dall’appellante per l’acquisto di un altro appartamento al cui prezzo di acquisto avrebbe dovuto essere destinato il ricavato della vendita dell’immobile gravato dall’iscrizione ipotecaria in rinnovazione, e che, in mancanza, aveva avuto necessità di stipulare un mutuo con Unicredit dell’importo di 30.000 € con
aggravio di spese e costi (interessi di mutuo e oneri aggiuntivi relativi alla parcella del notaio rogante, imposta sostitutiva seconda casa in luogo di quella agevolata prima casa, spese di istruttoria e pratica del mutuo, spese pagate per mediazione creditizia, maggiore iva pagata sull’acquisto dell’immobile non risultante prima casa); ha rivalutato l’obbligazione risarcitoria nonché calcolato il lucro cessante, giungendo e individuare in euro 27.523,75 il capitale rivalutato oltre interessi.
4.- Avverso detta sentenza, RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso affidato a quattro motivi, corredato da memoria, affidandolo a tre motivi di cassazione. NOME COGNOME ha resistito al ricorso e presentato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il primo motivo denuncia, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2882, 2884 2886 c.c. laddove la Corte d’appello afferma che « il creditore ipotecario quando il debito sia estinto (e quindi la garanzia reale non abbia più ragione di esistere) è tenuto ad attivarsi, tanto più sollecitato dal terzo acquirente divenuto proprietario del bene che risulti ancora formalmente gravato dall’ipoteca» e che « la ben nota inesistenza del debito già al momento della vendita in sede fallimentare dell’alienazione a terzi dell’immobile oggetto dell’iscrizione ipotecaria, non legittimava la banca appellata a procedere alla rinnovazione dell’iscrizione ipotecaria il 19 Aprile 2000 e tale suo indebito comportamento deve essere posto come fonte di responsabilità contrattuale verso il terzo divenuto proprietario dell’immobile con obbligazione risarcitoria ove quest’ultimo aveva dimostrato la permanenza del vincolo gli abbia cagionato danno ».
Osserva la ricorrente che tali affermazioni sarebbero in contrasto con le norme citate in tema di costituzione, rinnovazione e cancellazione della garanzia ipotecaria e su una errata ricostruzione
dei fatti, perché, come documentato in corso di causa e non contestato, il pagamento del dovuto da parte dell’originaria mutuataria era avvenuto solo nel maggio 2005, dopo, quindi, la rinnovazione dell’ipoteca, e in favore della cessionaria del credito. Pertanto le disposizioni assunte dal G.D. in esito l’aggiudicazione del bene in sede concorsuale, circa la cancellazione presso la competente conservatoria di ogni iscrizione ipotecaria su questo gravante, così come il consenso del Curatore della procedura alla cancellazione dell’ipoteca per cui è causa all’esito del provvedimento autorizzativo del Tribunale del 1997 (previa conferma anche in tale sede, non si sa bene sulla base di quale evidenza, della avvenuta estinzione per soddisfazione dei crediti garantiti) erano erronei in mancanza di un’effettiva soddisfazione del credito ipotecario, niente affatto avvenuta con riguardo alla banca ricorrente, che neppure ebbe a partecipare al concorso aperto dal Fallimento dei proprietari del bene ipotecato.
Del resto di tali atti non era stata data alcuna pubblicità legale nelle forme previste dagli articoli 2882- 2888 c.c., giacché, dalla produzione in giudizio dell’esito dell’indagine esperita presso la conservatoria dei registri immobiliari di Roma, risultava soltanto l’originaria iscrizione a favore della Banca ricorrente nell’aprile 1980, la relativa rinnovazione nell’aprile del 2000 e, in calce a quest’ultima, la successiva annotazione di cancellazione totale del 3 giugno 2008, su consenso tempestivamente rilasciato dalla Banca (o meglio, dalla cessionaria del credito attraverso la propria mandataria) in data 1 dicembre 2005 (richiama doc. 6 comparsa di costituzione in primo grado, doc. F fascicolo di cassazione).
Perciò, essendo ancora insoddisfatta del proprio credito al compimento del ventennio dall’iscrizione, la Banca aveva del tutto legittimamente proceduto alla contestata rinnovazione dell’ipoteca, posto che il credito era a tale data persistente e sarebbe stato estinto solo nel 2005.
2.- Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1200 e 1218 c.c. relativamente al preteso inadempimento «contrattuale» della banca nei confronti dell’ennesimo sub acquirente del bene ipotecato, non potendosi ravvisare un rapporto contrattuale tra creditore ipotecario e terzo proprietario dell’immobile, con ogni conseguenza in termini di risarcimento danni ovvero sull’ammontare della condanna; deduce il ricorrente che nessuno dei successivi acquirenti e aventi causa del debitore originario comunicava alla Banca creditrice di volersi accollare il debito per l’estinzione del mutuo gravante sul bene, né la Banca aveva aderito all’accollo, quale sola condotta che avrebbe potuto configurare- semmai – ex art. 1273 primo e terzo comma c.c. – una relazione di natura negoziale tra la Banca e il terzo acquirente dell’immobile. Pertanto era errata la sentenza laddove individuava una condotta illegittima – per di più sul piano negoziale – da parte della banca che, in ossequio all’art. 1200 c.c., solo dopo aver ricevuto nel maggio 2005 il pagamento del proprio credito, sia pure in misura transattiva, aveva rilasciato il 1 dicembre 2005 (con atto autenticato dal notaio) la dichiarazione di rinuncia alla garanzia ipotecaria.
3.- Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riguardo al mancato esame da parte della Corte territoriale della documentata tempistica riguardante l’estinzione del credito della Banca. Deduce il ricorrente che la Corte territoriale è incorsa in un grave errore per avere ripetutamente ritenuto che il credito garantito fosse inesistente in quanto già estinto: ignorando detto elemento decisivo sul piano storicofattuale, asseritamente dedotto dalla banca sin dalla propria comparsa di costituzione in primo grado, ribadito nella comparsa di costituzione in grado d’appello, nonché provato e non
contestato, la Corte d’appello avrebbe inopinatamente ritenuto che all’epoca della rinnovazione dell’iscrizione ipotecaria sussistesse una situazione di « ben nota inesistenza del debito » ovvero persistesse « l’esistenza delle iscrizioni nonostante il venir meno della causa che aveva giustificato l’iscrizione », laddove se avesse esaminato e apprezzato il fatto predetto della avvenuta estinzione del debito solo nel 2005, non avrebbe assunto come estinto notoriamente il credito ipotecariamente cautelato, né ogni conseguente erronea deduzione in merito a un preteso inadempimento per di più contrattuale da parte della banca, tanto con riguardo alla rinnovazione dell’iscrizione quanto con riguardo alla data del consenso alla relativa cancellazione, tempestivamente rilasciato solo in esito al pagamento del debito, oltretutto eseguito da terzi.
4.- Con il quarto motivo, rubricato: « erronea quantificazione comunque della somma dovuta all’esito del corretto computo appunto del preteso danno rivalutato », la ricorrente osserva, in via del tutto subordinata, l’errore di calcolo del danno rivalutato in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello di Roma giacché la sorte «devalutata» del credito alla data del 23.3.2005 -indicata nella sentenza come data del fatto dannoso – e rivalutata anno per anno con gli interessi legali, sarebbe ammontata a complessivi euro 25.822,44 anziché 27.523,75, erroneamente individuata dalla Corte di merito.
-Il terzo motivo è fondato e va accolto, con la conseguenza che l’interesse all’esame degli altri resta assorbita. Invero dagli atti e documenti di causa risulta che la Banca aveva dedotto e documentato, in sede sia di primo che di secondo grado, che il debito assistito dalla garanzia ipotecaria – assunto dalla dante causa dei soggetti dichiarati poi falliti e nel cui fallimento la Banca non era insinuata -non era affatto estinto alla data della rinnovazione dell’iscrizione, vale a dire nell’aprile 2000, essendo
stato pagato all’esito di azione di esecuzione sul restante patrimonio immobiliare ipotecato – dalla originaria debitrice nel 2005. Accogliendo il gravame dall’odierno resistente – la Corte d’appello ha ritenuto che la rinnovazione dell’iscrizione ipotecaria fondasse una responsabilità contrattuale della Banca ricorrente verso il terzo sub acquirente sulla base dell’accertamento di un fatto -la risalente estinzione del credito garantito, argomentato senza alcuna menzione dei fatti riferiti dal ricorrente ed effettivamente oggetto del contraddittorio e dei documenti offerti a loro comprova dalla parte, dunque fatti discussi tra le parti e, in effetti, decisivi per l’esito del giudizio alla luce della ratio decidendi che sorregge la sentenza impugnata; parimenti la Corte territoriale non fa alcuna menzione del fatto che dal contratto di acquisto dell’odierno resistente, risalente al 1997, risultava che il suo dante causa aveva assunto espressamente l’impegno contrattuale di provvedere alla cancellazione a sua cura e spese nel più breve tempo possibile delle iscrizioni ancora esistenti a carico del bene venduto e segnatamente di quella oggetto di causa, e che, quindi, la disposta cancellazione in sede concorsuale del peso gravante sul bene sulla base della asserita estinzione dei crediti no aveva avuto alcun effetto.
6. L’accoglimento del terzo motivo assorbe l’interesse all’esame del primo motivo con cui la ricorrente si duole di una violazione di legge con riguardo alle medesime questioni, del secondo che attiene alla ritenuta natura contrattuale della responsabilità della banca accertata e dichiarata, e del quarto, che è, del resto del tutto inammissibile in quanto censura un errore di calcolo che non si ascrive ad alcuno dei vizi tipici di cui all’art. 360 c.p.c. laddove il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, onde il singolo motivo assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con
riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate dal legislatore.
5.- In conclusione il ricorso va accolto con riguardo al terzo motivo assorbiti gli altri; ne consegue la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte dichiara accoglie il terzo motivo di ricorso, cassa la sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione che provvederà anche sulle spese relative al presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, in data 23.10.2025
Il Presidente NOME COGNOME