Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30176 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30176 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4299/2020 R.G. proposto da: Banca Monte dei Paschi di Siena spa, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione e in Amministrazione Straordinaria, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME,
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste n. 419/2019 depositata il 17/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza del 17/6/2019, ha rigettato l’appello proposto da Banca Monte dei Paschi di Siena spa confermando la pronuncia del Tribunale di Pordenone che, in accoglimento della domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e in amministrazione straordinaria (di seguito indicata per brevità «RAGIONE_SOCIALE» o « amministrazione straordinaria»), aveva dichiarato l’inefficacia, ai sensi dell’art. 67 l.fall ., delle rimesse affluite sul conto corrente n. 10375.21, intrattenuto da RAGIONE_SOCIALE con la Banca Antonveneta spa (alla quale è succeduta nella titolarità del rapporto controverso Monte dei Paschi di Siena spa) nei sei mesi anteriori alla data dell’insolvenza, nonché l’inefficacia delle rimesse successive all’apertura della procedura e, per l’effetto, aveva condannato l’istituto bancario al pagamento, in favore dell’attrice, della complessiva somma di € 1.288.795,40, oltre interessi legali.
1.1 La Corte ha ritenuto che il meccanismo operativo e contabile utilizzato dalla Banca, che prevedeva il preliminare accredito sul conto corrente ordinario del cliente delle somme portate sugli effetti presentati dal ricorrente contro riaddebito del corrispondente importo su un conto tecnico (il ‘conto anticipi’) ogniqualvolta il terzo avesse provveduto al pagamento, così azzerando il debito del correntista verso l’istituto di credito, si traduceva in una sostanziale riduzione del saldo passivo del conto corrente ordinario con conseguente revocabilità della rimessa solutoria.
1.2 I giudici di seconde cure , muovendo dagli accertamenti esperiti dal CTU, hanno individuato e quantificato le rimesse solutorie sulla scorta della differenza tra l’ammontare delle anticipazioni segnalate nel periodo sospetto e gli importi complessivi risultanti dalle due distinte di presentazione degli effetti.
1.3 La Corte distrettuale ha poi precisato che, a fronte di tale quadro probatorio, in ordine all’esistenza e alla determinazione
delle rimesse solutorie, la Banca non aveva allegato elementi di prova che smentissero tale ricostruzione, pur potendo disporre di tutta la documentazione contabile relativa alle operazioni di anticipo su fatture.
1.4 Ha, infine, disatteso tutti gli altri motivi affermando che: i) le censure erano aspecifiche, non individuando nel dettaglio gli errori cui era incorso il CTU, né indicando un diverso conteggio; ii) non erano state spiegate le asserite duplicazioni delle poste di credito; iii) a nulla rilevava la mancata diretta annotazione sul conto corrente ordinario delle rimesse; iv) l’addebito di € 161.916,43 era stato scomputato dal conteggio finale.
3 Banca Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza sulla base di sette motivi; RAGIONE_SOCIALE ha svolto difese mediante controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art 380bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 I mezzi di impugnazione possono così riassumersi:
primo motivo – violazione degli artt. 1241, 1243 c.c., 56, 67, commi 2° e 3° lett. b), l.fall., in relazione all’art. 360, comma 1° n.3, c.p.c., per avere la Corte d’Appello qualificato come rimesse revocabili i pagamenti effettuati da terzi in precedenza anticipati ed annotati nel «conto tecnico ricostruito»; si sostiene che il pagamento da parte del terzo, registrato sul conto anticipi, non realizza mai una rimessa di conto corrente perché ciò comporterebbe un’ulteriore messa a disposizione della somma al correntista già corrisposta con la precedente anticipazione; attraverso l’ iscrizione nel conto tecnico delle operazioni di dare (alla presentazione da parte del correntista dell’effetto o carta commerciale) e di avere (al momento del pagamento del terzo) il cliente non effettua alcuna rimessa ma realizza una compensazione
ex art. 56 l.fall. e 1243 c.c. tra credito della banca relativo all’anticipazione e credito del cliente relativo alla restituzione dei pagamenti riscossi per suo conto;
secondo motivo violazione dell’art. 67, commi 2° e 3° lett. b), l.fall., in relazione all’art. 360, comma 1° n.3, c.p.c., per avere la Corte individuato le rimesse revocabili in conto corrente ricostruendo artificiosamente il saldo previo addebito delle anticipazioni registrate sul «conto tecnico ricostruito»;
terzo motivo violazione e falsa applicazione dell’art. 70, comma 3°, l.fall., in relazione all’art. 360, comma 1° n.3, c.p.c., per avere la Corte triestina individuato il limite di cui alla citata disposizione, quantificando il massimo scoperto sulla scorta del saldo del conto corrente ricostruito previo addebito delle anticipazioni registrate sul «conto tecnico ricostruito»;
quarto motivo violazione dell’art. 112 c.p.c. , in relazione all’art. 360, comma 1° n. 4, c.p.c., per avere la Corte d’Appello riqualificato in termini di revoca delle rimesse ex art.67, comma 3° lett. b), l.fall. la domanda di revoca delle riscossioni di crediti formulata da RAGIONE_SOCIALE;
quinto motivo – omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, comma 1° n. 5 c.p.c., per avere la Corte omesso di pronunciarsi in ordine all’eccezione di inutilizzabilità del doc. 13 prodotto da RAGIONE_SOCIALE (conto tecnico ricostruito) avendo erroneamente ritenuto che il documento non fosse stato utilizzato dal Giudice di primo grado e che la prova delle rimesse revocabili fosse stata desunta da documenti diversi (distinte di presentazione effetti, estratti conto corrente visura Centrale Rischi);
sesto motivo – violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1° n.3, c.p.c. , per avere la Corte d’Appello ritenuto assolto l’onere della prova da parte di RAGIONE_SOCIALE sulla base di presunzioni semplici; in particolare, si contesta che i fatti costituiti
dall’ammontare delle anticipazioni segnalate alla Banca d’Italia dalle due distinte di presentazione degli effetti e l’importo contabilizzato degli insoluti presentassero i connotati della gravità, precisione e concordanza idonei a fondare un giudizio inferenziale della sussistenza del fatto ignoto delle rimesse revocabili; viene, inoltre, censurata la decisione nella parte in cui ha posto in capo alla Banca l’onere di offrire elementi di prova di contrasto della ricostruzione delle rimesse revocabili fornita dalla procedura;
settimo motivo violazione dell’art 360, comma 1° n. 5, c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo, per avere la Corte d’Appello omesso di dichiarare e motivare l’adesione alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio senza neanche individuare quale dei tre depositati veniva condiviso.
2 I primi tre motivi, suscettibili di esame congiunto in quanto strettamente collegati, ponendo la questione della natura del cosiddetto conto corrente anticipi, sono infondati.
2.1 È pur vero, come afferma la ricorrente, che i conti-anticipi sono privi di operatività in quanto rappresentano una mera evidenza contabile dei finanziamenti per anticipazioni su crediti concessi dalla banca al cliente. In essi viene annotata in «dare» al correntista l’importo di dette anticipazioni, di volta in volta erogate in occasione della presentazione di effetti o della cd. carta commerciale, che viene riannotato in «avere» una volta che la banca abbia provveduto a riscuotere il credito sottostante (in virtù del mandato all’incasso usualmente conferitogli): attraverso l’annotazione del rientro delle somme anticipate, il cliente può dunque tornare ad usufruire di nuove anticipazioni, sino al limite dell’affidamento concessogli.
2.2 Dunque il saldo passivo di tali conti, aventi natura tecnica e neutrale, non è indicativo di uno scoperto e gli accrediti in essi annotati non costituiscono rimesse solutorie.
2.3 Nella prassi bancaria, tuttavia, si possono costituire in capo al medesimo cliente, sia un ordinario conto corrente di corrispondenza, sia un diverso conto transitorio ad esso collegato, denominato frequentemente come «conto anticipi su effetti salvo buon fine», o con altre espressioni analoghe, in esecuzione di un’operazione di anticipazione di effetti.
2.4 In tali evenienze il cd. conto anticipi costituisce uno strumento accessorio e funzionale al conto corrente ordinario e, in presenza di un simile atteggiarsi dei rapporti, il saldo debitore del cd. conto anticipi diviene giuridicamente inscindibile dal saldo del (o dei più) conto corrente cui esso è collegato, onde l’accertamento del credito derivante dalle anticipazioni implica la necessaria ricostruzione dei rapporti dare-avere pertinenti al conto corrente di corrispondenza, cui il primo è connesso (cfr. Cass. 14321/2022).
2.5 Come la giurisprudenza di questa Corte non ha mancato di rimarcare, «il rapporto di debito/credito fra la banca e il correntista è invece rappresentato, in ogni momento, dal saldo del conto corrente ordinario, sul quale le anticipazioni affluiscono, mediante ‘giroconto’ ed al s.b.f., alla stregua di ogni altro versamento eseguito da terzi e, nel momento in cui vengono definitivamente accreditate al correntista, rappresentano anch’esse rimesse revocabili nei limiti in cui hanno contribuito a ridurre od eliminare lo scoperto. Invero, poiché in presenza di un affidamento per anticipi al s.b.f., il soggetto finanziato conferisce alla banca finanziatrice l’incarico di riscuotere i suoi crediti e di destinarne il ricavo all’estinzione dei suoi debiti, l’effetto (eventualmente) solutorio si realizza attraverso l’accredito delle somme portate dai titoli, dalle ricevute bancarie o dalla carta commerciale presentati per l’incasso, che la banca in un primo momento anticipa e successivamente (una volta che le abbia effettivamente incassate) pone nella definitiva disponibilità del correntista. Contestualmente all’incasso, si realizza poi, la compensazione fra il credito del cliente
derivante dalla riscossione ed il credito della banca derivante dall’anticipazione, secondo uno schema perfettamente lecito e sottratto alla revocatoria ai sensi della L. Fall., art. 56, che trova evidenza contabile sul c.d. conto anticipi» (cfr. Cass. nn. 13449/2011 e 6575/2018).
2.6 È stato altresì precisato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 7074/2005, 21694/2018 e 14321/2022) che gli addebiti e gli accrediti annotati nel conto anticipi danno luogo ad un mero accertamento contabile di dare e avere di poste attive e passive che nulla hanno a che vedere con il fenomeno della compensazione legale.
2.7 La Corte territoriale a tali principi si è attenuta laddove ha ricostruito il rapporto banca/cliente in termini aggregati e funzionali alla concessione del credito a breve termine.
2.8 In particolare, secondo i giudici di appello, tale risultato è stato raggiunto attraverso un meccanismo contabile che prevedeva l’immediato accredito sul conto corrente ordinario dell’importo (o parte di esso) portato sulle fatture presentate dal cliente e l’addebito dello stesso sul conto -anticipi (di natura tecnica e non avente alcun autonomo rilievo esterno); al momento della riscossione da parte della Banca delle somme portate sugli effetti, veniva disposto l’accredito sul conto tecnico con conseguente elisione della precedente annotazione e l’accredito sul conto corrente ordinario diveniva definitivo, ma solo del mancato incasso degli effetti presentati si aveva evidenza nel conto corrente ordinario mediante l’addebito degli insoluti.
2.9 Correttamente, pertanto, la Corte territoriale, sulla scorta di un meccanismo di collegamento negoziale, il cui accertamento si sottrae al sindacato della corte di legittimità se condotto, come nel caso di specie, secondo criteri di logica ermeneutica e di corretta valutazione delle risultanze di fatto (cfr. Cass.n.30130/2024 e 20264/2000), ha rilevato che le somme oggetto di riscossione dei
crediti, la cui contabilizzazione avveniva all’interno del solo conto -anticipi, avessero finalità solutoria in presenza di tutti i requisiti previsti dall’ art. 67, comma 2° lett. b, l.fall., in quanto riducevano l’esposizione debitoria del cliente nei confronti della banca.
2.10 Non osta all’esercizio dell’azione revocatoria dei pagamenti del terzo ad estinzione delle anticipazioni della banca la natura di sola evidenza interna del conto anticipi, atteso – – come nella vicenda il suo accertato collegamento funzionale con il conto corrente ordinario.
3 Il quarto motivo è inammissibile in quanto l’atto solutorio revocabile, contemplato dall’art. 67, comma 3° lett. b), l.fall . (rimessa che ha ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca), costituisce una ipotesi specifica di «pagamenti di debiti liquidi ed esigibili» sottoposti a revoca dall’art. 67, comma 2 °, l.fall. e non è, quindi, un diverso tipo rispetto a quelli di cui ai commi 1° e 2° del l’art. 67 l.fall.
3.1 Anche a voler accreditare la tesi del ricorrente, non può, in astratto, predicarsi la violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e giudicato.
4 Anche il quinto motivo è inammissibile perché non rispettoso dei dettami sanciti dall’art. 360, comma 1° n. 5, c.p.c., come novellato dal d.l. n. 83/2012.
4.1 Deve al riguardo considerarsi che il nuovo testo dell’art. 360, comma 1° n. 5, c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis , introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto
decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. tra le tante Cass. 2493/2018).
4.2 La rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, va riconosciuta alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge: e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare la nullità della sentenza per «mancanza della motivazione».
4.3 Pertanto, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità quale violazione di legge costituzionalmente rilevante attiene solo all’esistenza della motivazione in sé, e si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
4.4 Nel caso di specie, la Corte non è incorsa in alcuno dei vizi motivazionali sopra indicati, avendo accertato l’ammontare delle rimesse revocabili sulla scorta della ricostruzione operata dal CTU che, in mancanza di produzione in atti del conto anticipi, nella esclusiva disponibilità della banca, è ricorso all’esame comparato ed aggregato dei dati desunti dalle distinte di presentazione degli effetti e dalle segnalazioni in Centrale Rischi.
5 Neanche il sesto motivo supera il vaglio di ammissibilità.
5.1 Con la censura, la banca ricorrente, pur lamentando la violazione di norme di diritto, mira in realtà a contrapporre alle valutazioni della Corte la propria personale interpretazione delle medesime circostanze, che, in luogo di essere considerate globalmente, chiede di esaminare singolarmente, cercando di enucleare da ciascuna di esse quegli elementi che avrebbero potuto condurre ad un diverso apprezzamento.
5.2 Trova, dunque, applicazione il principio, ripetutamente enunciato da questa Corte, secondo cui i vizi della sentenza posti a base del ricorso per cassazione non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice del merito o che siano attinenti alla difforme valutazione delle prove da questi operata, rispetto a quella pretesa dalla parte (Cass. nn. 17901/010, 10657/010, 7992/07, 12467/03). In particolare, non può, invero, consentirsi che una simile doglianza sia mascherata dai riferimenti agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. La violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. rileva nella distinta condizione in cui il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammessa solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova, non abbia operato secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come per es. il valore di prova legale), o al contrario non abbia osservato la specifica regola di valutazione di una prova così stabilita dalla legge; non mai invece ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (cfr. risolutivamente Cass. Sez. U n. 20867/20).
5.3 Quanto poi all’articolazione della doglianza che sottopone a critica il ricorso alla prova logica compiuto dal Tribunale, giova rammentare -ancora a conforto della tesi che si tratta dell’apprezzamento in fatto operato dai giudici di merito -che il ragionamento presuntivo, fermo, in principio, che è compito di esclusiva pertinenza del giudice di merito apprezzare la concludenza delle circostanze di fatto rilevanti a tal fine secondo i criteri della gravità, della precisione e, se del caso, della concordanza, è censurabile per cassazione solo quando il giudice di
merito affermi che esso può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota, e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma ( cfr. Cass n. 9054/2022).
6 Il settimo e ultimo motivo è inammissibile.
6.1 Ed invero, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, che questo Collegio condivide e al quale va data continuità in questa sede, solo il mancato esame della CTU integra un vizio della sentenza che ben può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1° n. 5, risolvendosi nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (cfr. Cass. n. 13770/2018 e 18598/2020); siffatta evenienza non ricorre nel caso di specie laddove la Corte ha richiamato, facendoli propri, gli accertamenti e le conclusioni del CTU.
6.2 Anche sotto questo profilo si deve pertanto ribadire che l’effettivo contenuto della doglianza avanzata dalla ricorrente risulta essere una critica all’esame del merito e al suo risultato consentita in sede di controllo di legittimità.
Conclusivamente il ricorso è rigettato.
7 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 22.200 di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002, n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 15 ottobre 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME