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Rimborso spese legali: no per politici senza legge

Un ex consigliere comunale, assolto in un processo per diffamazione legato alle sue funzioni, ha chiesto al Comune il rimborso delle spese legali. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, negando il diritto al rimborso spese legali. La Corte ha stabilito che la norma specifica che prevede tale diritto non è retroattiva e non può applicarsi a fatti antecedenti la sua entrata in vigore. Inoltre, ha escluso l’applicazione per analogia delle norme sul mandato (art. 1720 c.c.), poiché il rapporto tra un amministratore eletto e l’ente pubblico è di natura onoraria e non assimilabile a un mandato privato.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Rimborso spese legali per amministratori pubblici: quando è un diritto?

Un amministratore pubblico, come un consigliere comunale, ha diritto al rimborso spese legali sostenute per difendersi in un processo penale legato al suo mandato? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha fornito una risposta chiara, delineando i confini di questo diritto e le condizioni per il suo esercizio. La pronuncia chiarisce che, in assenza di una specifica norma applicabile al momento dei fatti, non è possibile invocare altre discipline, come quella sul mandato, per ottenere il pagamento delle spese legali da parte dell’ente pubblico.

I Fatti del Caso: La Richiesta di un Ex Consigliere

Un ex consigliere comunale veniva citato in giudizio per diffamazione aggravata, a causa di critiche mosse all’operato dell’amministrazione in merito a incarichi professionali. Al termine del procedimento penale, veniva assolto con formula piena. Di conseguenza, il consigliere chiedeva al Comune di essere rimborsato per le spese legali sostenute per la sua difesa, quantificate in circa 20.000 euro.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello respingevano la sua domanda. I giudici di merito sottolineavano principalmente tre aspetti:
1. La legge che ha introdotto un esplicito diritto al rimborso per gli amministratori locali (una modifica all’art. 86 del Testo Unico degli Enti Locali) non era in vigore all’epoca dei fatti e non poteva essere applicata retroattivamente.
2. La richiesta di rimborso presupponeva la prova che le spese fossero state effettivamente pagate, prova che non era stata fornita.
3. Mancava un’adeguata copertura finanziaria pregressa nel bilancio comunale.

Contro la sentenza d’appello, l’ex consigliere ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte: il Diritto al rimborso spese legali non è automatico

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Il nucleo della decisione si concentra sull’impossibilità di riconoscere un diritto al rimborso spese legali in assenza di una norma specifica applicabile ai fatti di causa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha smontato le argomentazioni del ricorrente, basando la propria decisione su principi consolidati in giurisprudenza.

L’irretroattività della legge sul rimborso

Il primo punto, pacifico e non contestato, è che la norma introdotta nel 2015 per disciplinare il rimborso spese legali agli amministratori non ha efficacia retroattiva. Pertanto, non può essere applicata a fattispecie sorte prima della sua entrata in vigore. Questo principio generale di efficacia della legge nel tempo esclude la possibilità di fondare la pretesa sulla nuova disposizione.

Inapplicabilità delle Norme sul Mandato

Il ricorrente sosteneva che, anche in assenza di una norma specifica, il suo diritto derivasse dall’applicazione analogica dell’art. 1720 del codice civile, che regola gli obblighi del mandante. La Cassazione ha respinto con fermezza questa tesi. Ha chiarito che il rapporto tra un funzionario onorario (come un sindaco o un consigliere) e l’ente pubblico non è configurabile come un rapporto di lavoro dipendente né come un mandato di diritto privato.

La carica elettiva è caratterizzata da discrezionalità e assenza di un vincolo di mandato con l’ente. La relazione è di natura pubblicistica e onoraria, profondamente diversa dal mandato, che presuppone obblighi specifici del mandatario verso il mandante. Di conseguenza, le norme sul mandato non possono essere estese per analogia. Inoltre, la Corte ha ribadito che il procedimento penale, sebbene connesso alla funzione, rappresenta una causa esterna e non una conseguenza diretta dell’espletamento dell’incarico. Il danno (le spese legali) trova nell’incarico un’occasione, ma non la sua causa diretta, interrompendo il nesso causale richiesto dall’art. 1720 c.c.

L’inammissibilità degli altri motivi di ricorso

La Corte ha dichiarato inammissibili gli altri due motivi di ricorso (relativi alla copertura finanziaria e alla prova del pagamento) per difetto di interesse. Poiché la decisione d’appello si basava su una pluralità di ragioni autonome (rationes decidendi), e la prima di esse (l’inapplicabilità della legge) era stata confermata come sufficiente a sorreggere la decisione di rigetto, l’esame delle altre censure diventava irrilevante. Anche se fossero state accolte, la decisione finale non sarebbe cambiata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale molto chiaro: il diritto al rimborso spese legali per un amministratore pubblico non è un diritto implicito nella carica, ma deve trovare fondamento in una espressa previsione di legge. La decisione sottolinea la distinzione fondamentale tra il mandato di diritto privato e la funzione pubblica onoraria, escludendo che le tutele previste per il primo possano essere automaticamente estese alla seconda. Per gli amministratori locali, quindi, il diritto al rimborso è garantito solo nei limiti e alle condizioni previste dall’art. 86 del TUEL, ma unicamente per fatti avvenuti dopo l’entrata in vigore della norma specifica.

Un amministratore pubblico ha sempre diritto al rimborso delle spese legali per un processo penale legato alla sua funzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, tale diritto non è implicito nella carica ma deve essere previsto da una specifica norma di legge. Se i fatti contestati sono avvenuti prima dell’entrata in vigore della legge che prevede il rimborso (come l’art. 86 TUEL, modificato nel 2015), il diritto non sussiste.

È possibile applicare le regole del contratto di mandato (art. 1720 c.c.) per ottenere il rimborso delle spese legali se manca una norma specifica?
No. La Corte ha stabilito che il rapporto tra un funzionario onorario (es. consigliere comunale) e l’ente pubblico non è assimilabile a un mandato di diritto privato. La carica elettiva ha natura pubblicistica e onoraria, con caratteristiche diverse che impediscono l’applicazione analogica delle norme sul mandato.

La legge che ha introdotto il diritto al rimborso per gli amministratori locali (art. 86 TUEL) è retroattiva?
No. La sentenza conferma il principio generale secondo cui, in assenza di un’espressa previsione di retroattività, una legge produce effetti solo per il futuro. Pertanto, la norma che ha previsto il diritto al rimborso non può essere applicata a fatti accaduti prima della sua entrata in vigore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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