Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16993 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 16993 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17861/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, domiciliato digitalmente per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO VENEZIA n. 1249/2023 depositata il 7/06/2023.
All ‘ udienza pubblica del 23/04/2025 udita la relazione della causa svolta, nella pubblica udienza del 23/04/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME il Presidente invita le parti a prendere posizione anche sulla sentenza 43 del 2025 della Corte Costituzionale.
Il P.M. in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME riporta alle conclusioni scritte e chiede il rigetto del ricorso.
L ‘ Avvocato NOME COGNOME per delega orale dell ‘ avvocato NOME COGNOME quale difensore della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, si riporta agli atti depositati e rileva che la Corte Costituzionale ha riscontrato l ‘ erroneità della sentenza impugnata chiede la concessione di termini ai sensi dell ‘ art. 384 c.p.c.
L ‘ Avvocato NOME COGNOME per delega orale del difensore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE evidenzia che la sentenza della Corte Cost. è in linea con le sentenze della Cassazione dal 2019 in poi e della Corte di Giustizia.
FATTI DI CAUSA
La questione, per quel che qui rileva, trae origine dalla domanda, azionata in giudizio sommario ai sensi dell ‘ art. 702 bis c.p.c. dinanzi al Tribunale di Roma dalla RAGIONE_SOCIALE (d ‘ ora in seguito RAGIONE_SOCIALE), di rimborso da parte della RAGIONE_SOCIALE (in seguito RAGIONE_SOCIALE) della addizionale provinciale pagata dalla istante sulla fornitura di energia elettrica.
A fondamento della sua pretesa, la RAGIONE_SOCIALE deduceva che la legge interna istitutiva dell ‘ addizionale alle accise (art. 6 d.l. n. 511 del 28/11/1988 convertito con modificazione nella legge n. 20 del 27/01/1989) – poi abolita su tutto il territorio nazionale nel 2012 -era in contrasto con la Direttiva n. 2008/118/CE, imponendo una tassa (l ‘ addizionale) che non
rispondeva ad una specifica finalità opportunamente individuata dal legislatore nazionale.
A seguito dell ‘ eccezione di incompetenza territoriale formulata dalla RAGIONE_SOCIALE e dell ‘ accoglimento della stessa da parte del Tribunale di Roma, la causa era riassunta dinanzi a Tribunale di Venezia.
1.1. Con ordinanza del 7/03/2022, il Tribunale di Venezia accoglieva la domanda e condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE di oltre undici mila euro (€ 11.770,58), a titolo di ripetizione degli importi versati da quest ‘ ultima per l ‘ addizionale provinciale sull ‘ energia elettrica, con spese di lite compensate.
La Corte d ‘ appello di Venezia, con la sentenza n. 1249/2023 pubblicata il 7/06/2023, così concordemente identificata dalle parti, sebbene la copia prodotta in atti sia priva della stampigliatura in alto a destra recante il numero e la data di pubblicazione, rigettava l ‘ appello interposto dal fornitore di energia e, per l ‘ effetto, confermava la decisione di primo grado; compensava le spese di lite.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la RAGIONE_SOCIALE affidato a due motivi, illustrati da memoria.
3.1. Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
3.2. All ‘ esito dell ‘ adunanza camerale del giorno 8/11/2024, con ordinanza interlocutoria n. 32087 del 12/12/2024, il ricorso è stato avviato alla discussione in pubblica udienza, per il rilievo nomofilattico della questione concernente la natura e la contrarietà al diritto europeo dell ‘ addizionale alle accise e la non applicazione nei rapporti orizzontali delle norme di diritto interno che si pongano in eventuale contrasto col diritto eurounitario.
Il ricorso è stato, quindi, chiamato alla pubblica udienza del 23/04/2025, in vista della quale il Procuratore generale ha
presentato conclusioni scritte e le parti hanno nuovamente depositato memoria.
Alla detta udienza il ricorso, previo invito, ai difensori delle parti e al Pubblico Ministero, del Presidente del Collegio a interloquire anche sulla sentenza n. 43 del 15/04/2025 della Corte Costituzionale, svoltasi la discussione orale come sopra richiamata da verbale, è stato trattenuto per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va premesso che non può accogliersi la richiesta di concessione di termine – se del caso, ai sensi del terzo comma dell’art. 384 c.p.c. – per esaminare la questione posta dalla recente sentenza della Corte costituzionale: da un lato, perché il termine per note a istanza di parte non è previsto nel giudizio di legittimità; dall’altro, perché non si tratta di questione su cui le parti non sono state messe in condizione di interloquire, anzi a tanto essendo state invitate in esordio di pubblica udienza: così essendo state poste in grado di espletare le proprie difese sul punto.
4.1. Il primo motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione degli artt. 288 TFUE e 101 della Costituzione. Assoluta inconferenza (e non deducibilità) nel presente giudizio -alla luce del fermo principio della inefficacia c.d. orizzontale delle Direttive UE -della presunta incompatibilità tra la normativa tributaria nazionale e la Direttiva n. 2008/118/CE e tra la prima e l ‘ interpretazione accordata alla medesima dalla CGUE. Il motivo contesta che la Corte d ‘ appello abbia illegittimamente tratto le conseguenze della disapplicazione e quindi dell ‘ indebito da affermazioni rese dalla Corte di Giustizia con riferimento a fattispecie di efficacia diretta o verticale delle direttive.
Il ricorso pone, in detta parte, la connessa e ulteriore questione se comunque, ove anche costituisca un autonomo tributo, il giudice
nazionale possa ritenerlo indebito, disapplicando le norme interne che lo prevedono, per contrasto con la Direttiva europea.
Parte ricorrente rileva, anzitutto, che il rapporto sostanziale controverso inerisce due privati (i.e., la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE); assume, così, che ove anche si riconosca che l ‘ addizionale all ‘ accisa configuri una imposta autonoma, con il conseguente contrasto della normativa che la disciplinava con il diritto UE, per mancata individuazione, da parte del legislatore nazionale, di una specifica finalità perseguita con tale imposta, la normativa interna comunque non potrebbe venire non applicata dal Giudice nazionale, nella misura in cui, per questa via, si postulerebbe una efficacia diretta della Direttiva nei rapporti tra privati, ciò che, invece, è a dirsi solo per i rapporti verticali, tra il privato e lo Stato/il potere pubblico.
Nel motivo richiama, inoltre, la sentenza della CGUE del 18 gennaio 2022, C-261/20, per sostenere che, nel caso di specie, non sarebbe invocabile né il principio dell ‘ interpretazione conforme né quello dell ‘ effetto utile, atteso che l ‘ obbligo del giudice nazionale di interpretare il diritto interno alla luce della direttiva non può spingersi fino a determinare un ‘ interpretazione contra legem del diritto nazionale.
4.2. Con il secondo motivo si prospetta, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 6, comma 1, d.l. n. 511 del 1988 e della Direttiva n. 2008/118/CE».
La censura investe la qualificazione giuridica dell ‘ addizionale provinciale alle accise, ponendo il quesito se essa debba ritenersi configurabile quale tributo autonomo, e perciò dotato di una propria causa giustificativa, ovvero se costituisca un mero incremento quantitativo dell ‘ accisa, insuscettibile di autonoma finalizzazione impositiva.
Secondo la tesi prospettata dalla parte ricorrente, l ‘ addizionale in esame non assume rilievo quale figura tributaria distinta e autonoma, ma si atteggia, per definizione, quale componente accessoria della medesima accisa, cui si cumula esclusivamente sul piano quantitativo, senza che possa rinvenirsi una specifica funzione allocativa o redistributiva che ne legittimi l ‘ introduzione ex se.
In tal senso deporrebbe la circostanza per cui l ‘ addizionale sarebbe basata sul medesimo presupposto dell ‘ accisa (i.e., la fornitura di energia ed il relativo consumo), nonché sui medesimi soggetti passivi, sulla medesima base imponibile (i.e., la quantità di energia consumata), sulla medesima struttura di aliquota (applicata sul singolo Kwh immesso in consumo), sulle medesime modalità applicative di dichiarazione, liquidazione, accertamento, sanzioni e riscossione (ad eccezione della destinazione del gettito, attribuito alle Province in cui è stato effettuato il consumo).
Ne consegue, secondo la prospettazione della parte ricorrente, che, non potendosi qualificare l ‘ addizionale all ‘ accisa come tributo autonomo, risulta irrilevante accertare se essa persegua una finalità specifica, atteso che tale requisito è richiesto, ai sensi della Direttiva n. 2008/118/CE, esclusivamente per le imposizioni fiscali che si connotano per autonomia strutturale e funzionale rispetto all ‘ accisa cui si aggiungono.
5.1. I motivi, congiuntamente esaminati, data la loro connessione, non meritano accoglimento.
5.2. In via preliminare, va evidenziato, in una prospettiva storico-sistematica, che l ‘ addizionale alle accise sull ‘ energia elettrica è stata introdotta dal d.l. n. 511 del 28/11/1988, convertito con modificazioni dalla legge n. 20 del 27/01/1989, ed è rimasta in vigore fino alla sua abrogazione sull ‘ intero territorio nazionale, avvenuta nel 2012.
La normativa istitutiva stabiliva che l ‘ obbligo di versamento dell ‘ addizionale gravasse sul fornitore di energia elettrica, il quale poteva tuttavia traslare il relativo onere sull ‘ utente finale, mediante specifica indicazione in bolletta.
L ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica, nella formulazione oggetto di censura, è stata introdotta dall ‘ art. 5 del d.lgs. n. 26 del 2/02/2007, che ha sostituito l ‘ art. 6 d.l. n. 511 del 1988, come convertito, in recepimento della Direttiva n. 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell ‘ elettricità, sottoponendo anche l ‘ energia elettrica ad accisa armonizzata secondo le previsioni della Direttiva n. 92/12/CEE del Consiglio, del 25/02/1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione e ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa.
Nel dettaglio, l ‘ art. 3, par. 2, Direttiva n. 92/12/CEE stabiliva che i prodotti di cui al par. 1 – ivi compresa l’energia elettrica potessero formare oggetto di altre imposizioni indirette, aventi finalità specifiche, nella misura in cui esse rispettassero le regole di imposizione applicabili ai fini delle accise o dell ‘ IVA per la determinazione delle base imponibile, il calcolo, l ‘ esigibilità e il controllo dell ‘ imposta.
A tale disposizione si è poi sovrapposta la formulazione dell ‘ art. 1, par. 2, Direttiva n. 2008/118/CE (dal tenore sostanzialmente identico, come rilevato dalla CGUE, 9 novembre 2021, C-255/20, Agenzia delle dogane e dei monopoli – Ufficio delle dogane di Gaeta), ai sensi del quale i singoli Stati membri dell ‘ Unione Europea possono introdurre sulla fornitura di energia elettrica nuove tasse, purché queste rispondano a specifiche finalità.
Tale direttiva ha dunque fatto sorgere la questione se l ‘ addizionale provinciale, che in quel momento era ancora in vigore,
fosse giustificata da quel principio di diritto comunitario, ossia avesse o meno una specifica finalità.
La Direttiva del 2008 è stata recepita dallo Stato italiano con d.lgs. 29 marzo 2010, n. 48, che ha modificato numerose disposizioni del T.U.A. (d.lgs. n. 504 del 26/10/1995,) a far data dal 1/04/2010. Successivamente, con decorrenza 1/01/2012, l ‘ art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 14/03/2011 ha abrogato l ‘ addizionale provinciale per le regioni a statuto ordinario e, a far data dal 1/04/2012, l ‘ art. 6 del d.l. n. 511 del 1988 è stato definitivamente abrogato dal d.l. n. 16 del 2/03/2012, conv. con modif. nella legge n. 44 del 26/04/2012.
Premessa tale ricostruzione di carattere generale, può passarsi ad esaminare la fattispecie oggetto della presente controversia.
5.3. Due sono le questioni poste nel ricorso; segnatamente: a) l ‘ applicabilità orizzontale di quest ‘ ultima nelle cause di ripetizione tra privati; b) l ‘ incompatibilità dell ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa con la Direttiva n. 2008/118/CE.
5.3.1. In premessa, osserva il Collegio che ai fini della composizione delle questioni di massima rimesse all ‘ esame di questa Corte assume un rilievo assolutamente dirimente la recente declaratoria di incostituzionalità della stessa norma istitutiva della addizionale di cui qui si chiede la ripetizione.
Mette conto di osservare, infatti, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 43 del 15 aprile 2025, ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell ‘ art. 6, commi 1, lettera c), e 2, del d.l. n. 511 del 1988, come convertito e sostituito, per violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Costituzione, in relazione all ‘ art. 1, par. 2, della Direttiva n. 2008/118/CE, definitivamente dichiarando, ora per allora, la contrarietà dell ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sul consumo di energia elettrica al diritto europeo, e – segnatamente – alla Direttiva n. 2008/118/CE, da cui
discende ipso iure la legittimità della domanda di rimborso, così come azionata dai consumatori finali che abbiano corrisposto al fornitore di energia, a titolo di rivalsa, tale tributo, come ora si verrà ad illustrare nel dettaglio.
Ed invero, il Giudice delle leggi, sulla premessa della non configurabilità di un ‘ efficacia orizzontale delle direttive eurounitarie non autoesecutive, ha escluso che l ‘ addizionale provinciale in questione rispettasse il requisito di legittimità della finalità specifica espressamente richiesto dall ‘ art. 1, par. 2, Direttiva n. 2008/118/CE; conclusione questa che -osserva la Corte Costituzionale -trova pieno conforto nella giurisprudenza di legittimità, e in particolare in Cass. n. 27101 del 23/10/2019 (Rv. 655544 – 01), confermata di recente da Cass. n. del 11/09/2024 (Rv. 672230 -01), si veda, sul punto, il ‘Considerato in diritto’, par. 11).
Varrà considerare, infatti, come anche questa Corte, da ultimo con ordinanza n. 9450 del 10/04/2025, aveva ritenuto ‘incontestabile’ l’ autonomia dell ‘ addizionale rispetto all ‘ accisa, motivata proprio attraverso il riferimento al fatto che, per vero, è la stessa Direttiva n. 2008/118/CE a chiarire che le prime sono imposte diverse rispetto alla seconda, non potendo ritenersi che le addizionali siano dunque una mera componente dell ‘ accisa.
Del resto, questa Corte ha già avuto modo di precisare, a partire dalla sentenza n. 27101 del 23/10/2019, che l ‘ autonomia strutturale delle addizionali provinciali rispetto all ‘ accisa emerge chiaramente dal tenore delle disposizioni contenute nella Direttiva n. 2008/118/CE, le quali pure ammettono l ‘ introduzione di imposizioni fiscali aggiuntive, sempreché rispettose di condizioni previamente determinate (in tal senso, v. anche Cass. n. 15198 del 4/06/2019 Rv. 654134 – 01).
In particolare, come specificato da Cass. n. 16142 del 28/07/2020, ai fini della legittimità delle addizionali provinciali alle accise sull ‘energia elettrica – in conformità con l’ art. 1, parr. 1 e 2, Direttiva n. 2008/118/CE, che sostanzialmente riproduce le previgenti disposizioni di cui all ‘ art. 3, par. 2, Direttiva n. 1992/12/CEE (cfr. CGUE, 9 novembre 2021, causa C-255/20, Agenzia delle dogane e dei monopoli – Ufficio delle dogane di Gaeta, punto 27; CGUE, 5 marzo 2015, causa C-553/13, Oliver Medical SIA, punto 34) – deve ritenersi soddisfatto il cumulativo riscontro di due requisiti, quali: 1) il rispetto delle regole di imposizione dell ‘ Unione applicabili ai fini delle accise o dell ‘ IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l ‘ esigibilità e il controllo dell ‘ imposta; 2) la sussistenza di una finalità specifica.
In tale ultima occasione, questa Corte aveva osservato che: a) sotto il primo profilo, l ‘ art. 6, comma 3, ult. per., del d.l. n. 511 del 1988 chiarisce che «e addizionali sono liquidate e riscosse con le stesse modalità dell ‘ accisa sull ‘energia elettrica», sicché – notava questa Corte – la condizione sub 1) è sicuramente rispettata; b) non risultava, invece, rispettata la seconda condizione, in quanto né la disposizione di cui all ‘ art. 6, né il decreto 11 giugno 2007 del capo dipartimento per le politiche fiscali del M.E.F., previsto dal comma 2 del medesimo articolo, chiarivano in alcun modo le specifiche finalità al cui soddisfacimento le addizionali sarebbero state teleologicamente implementate, non essendo in armonia con il diritto unionale la mera destinazione di tali addizionali a semplici finalità di bilancio (cfr., ex multis, la già richiamata Cass n. 15198 del 04/06/2019; CGUE, 7 febbraio 2022, causa C-460/21, RAGIONE_SOCIALE, punti 19 ss.; CGUE, 9 novembre 2021, causa C255/20, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, punti 27 e ss. CGUE, 25 luglio 2018, C-103/17, RAGIONE_SOCIALE, punti 34 ss.).
Ne discende che, una volta affermata la autonomia strutturale della addizionale all ‘ accisa per il consumo di energia elettrica rispetto all ‘ accisa stessa, è già stata la stessa giurisprudenza di legittimità ad aver a più riprese precisato, nella vigenza dell ‘ ormai espunto art. 6 d.l. n. 511 del 1988, tramite un consolidato orientamento, che le addizionali provinciali avrebbero dovuto comunque rispondere ad una o più finalità specifiche, in conformità al disposto dell ‘ art. 1, parr. 1 e 2, Direttiva n. 2008/118/CE, come interpretata dalla CGUE, dovendosi evitare che le imposizioni indirette, aggiuntive rispetto alle accise armonizzate, ostacolassero indebitamente gli scambi (Cass. n. 15198 del 4/06/2019 cit.).
Per altro verso, nel caso che ci occupa, lo stesso giudice di appello – facendo buon governo delle ricordate regulae iuris , patrimonio già acquisito nel formante giurisprudenziale, prima ancora del recente intervento caducatorio della Corte costituzionale – ha espressamente evocato e si è, perciò, allineato ai precedenti della giurisprudenza della Sezione Tributaria di questa Corte del 2019, dinanzi richiamati, e ripresi anche dalla Consulta (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).
Ciò in quanto tale giurisprudenza già costituiva, da tempo, jus receptum .
Ne è autorevole prova, tra l ‘ altro, oltre ai numerosi arresti sopra evocati, il Decreto n. 12502 del 10/05/2023, con cui la Prima Presidente di questa Corte, esaminando l ‘ ordinanza di rinvio pregiudiziale ex art. 363bis c.p.c. resa dal Tribunale di Verona sulle questioni di odierno interesse, ha osservato che, nella giurisprudenza della Corte di cassazione, non manca l ‘ enunciazione di principi idonei ad orientare la risoluzione della questione interpretativa posta dal giudice rimettente, con la conseguenza inammissibilità del rinvio pregiudiziale, per difetto del requisito della novità della questione, richiesto dallo stesso art. 363bis
c.p.c. (quando, per ritenersi superata tale condizione di ammissibilità, sarebbe invero bastata anche una latente divergenza tra le decisioni delle diverse sezioni della Suprema Corte, dovendosi valorizzare il riferimento testuale della predetta norma codicistica rispetto a quello della legge delega, che, nei suoi principi e criteri direttivi, richiedeva che la questione non fosse stata ancora ‘affrontata’ dalla Corte di legittimità, come è stato più recentemente puntualizzato da Sez. U, n. 12449 del n. 12449 del 7/05/2024 Rv. 670951 – 01).
Nondimeno, è appena il caso di osservare che la tentata ricostruzione diacronica delle richiamate pronunzie di legittimità e dei principi in esse enunciati non può che risolversi, allo stato, in un mero esercizio diegetico, volta che la stessa norma che istituiva l ‘ addizionale della quale si controverte è stata ormai e in via definitiva espunta dal nostro ordinamento, mercé la già menzionata pronunzia di accoglimento della Corte costituzionale.
Di talché, l ‘ addizionale stessa va qualificata di per ciò solo indebita e indebita è la sua percezione, a prescindere da ogni pregressa discussione sulla natura del tributo.
Tanto premesso, dunque, risulta destituita di alcun fondamento normativo, oltre che teorico, e quindi ormai del tutto inutile, la sollecitazione dell ‘ odierna ricorrente, la quale, postulata la non autonomia dell ‘ addizionale all ‘ accisa, ricondotta a mera porzione dell ‘ ammontare (quantum) del tributo principale (l ‘ accisa medesima), fa questione della inutilità dell ‘ interrogativo se tale imposta debba o meno rispondere ad una specifica finalità, asserendo che la questione si porrebbe esclusivamente per le imposte autonome.
5.4. Per le esposte ragioni, alcun motivo conduce alla anelata cassazione della gravata sentenza, della quale, tuttavia, occorre
emendare la motivazione, ai sensi dell ‘ art. 384, ultimo comma, c.p.c.
La conferma della pronuncia di prime cure in punto di condanna del fornitore di energia elettrica alla ripetizione degli importi versati dal consumatore finale, a titolo di rivalsa, per l ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica va, in conclusione, rapportata ora alla dirimente considerazione della sopravvenuta caducazione, con effetti sostanzialmente ex tunc , della norma che aveva legittimato la percezione dell ‘ addizionale all ‘ accisa da parte del fornitore di energia elettrica nei confronti dell ‘ utente finale, a titolo di rivalsa (art. 6, commi 1, lett. c), e 2, d.l. n. 511 del 1988), ad opera della sentenza n. 43 del 15/04/2025 della Corte Costituzionale.
5.5. Non rileva in questa sede, per essere la controversia circoscritta ai rapporti tra solvens e accipiens di una prestazione divenuta indebita in forza della sopravvenuta caducazione della norma che la legittimava, alcuna ulteriore questione sull ‘ esclusività o meno della legittimazione passiva dell ‘ azione di ripetizione, né, quindi, sull ‘ individuazione delle ricadute ermeneutiche della recente sentenza della Corte di giustizia, resa in data 11 aprile 2024, in causa C/316/22.
Né rileva alcuna ulteriore questione -neppure sotto il profilo della nuova rimessione alla Corte di Lussemburgo per ulteriori dubbi -sulla conformità o meno al diritto eurounitario della normativa che aveva istituito il tributo, atteso che la caducazione ex tunc di quella stessa normativa, provocata dalla pronuncia della Corte costituzionale, ha determinato il venir meno dell ‘ oggetto stesso di quei dubbi.
5.6. Ai sensi dell ‘ art. 384, primo comma, c.p.c., essendo stato il ricorso esaminato e deciso ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la Corte enuncia il principio di diritto che segue:
« In tema di rimborso dell ‘ addizionale provinciale all ‘ accisa sull ‘ energia elettrica, il consumatore finale, che ha corrisposto al fornitore di energia, a titolo di rivalsa, tale imposta, poi dichiarata in contrasto con il diritto eurounitario, può agire nei confronti del detto fornitore mediante l ‘ azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., in considerazione del carattere indebito di tale imposta, stante la illegittimità costituzionale dell ‘ art. 6, commi 1, lett. c), e 2, d.l. n. 511 del 1988, come convertito e sostituito ».
Il ricorso è, pertanto, rigettato.
Le spese del presente giudizio possono essere compensate, per essere state definite le questioni trattate, in via dirimente, solo in forza di pronuncia di illegittimità costituzionale sopravvenuta in corso di causa.
La decisione di rigetto del ricorso comporta, nondimeno, che deve attestarsi, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell ‘ art. 13 del d.P.R. n. 115/2002. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 23/04/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME