ORDINANZA TRIBUNALE DI MILANO – N. R.G. 00004921 2025 DEPOSITO MINUTA 25 07 2025 PUBBLICAZIONE 25 07 2025
Il Giudice Unico
Dott. NOME COGNOME
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 03/07/2025,
visti gli atti e i documenti tutti del procedimento,
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Nel ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato prima dell’inizio della causa di merito e iscritto al numero di ruolo generale sopra riportato, promosso
DA
CF/PI: , con gli avv. COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, domicilio P.
eletto presso il loro studio in Milano, INDIRIZZO
-ricorrente –
CONTRO
CF/PI: , con gli avv. COGNOME
NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, domicilio eletto presso lo studio legale RAGIONE_SOCIALE in MilanoINDIRIZZO INDIRIZZO
-convenuto –
Conclusioni
: come in atti.
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Concise ragioni della decisione
Il ricorrente ha introdotto il presente procedimento nei confronti del convenuto deducendo di avere acquistato, il 13 luglio 2020, il complesso immobiliare in Roma, INDIRIZZO e di averne in seguito venduto la massima parte, con patto di riservato dominio, a RAGIONE_SOCIALE, ad eccezione dei due subalterni 504 e 505, venduti (senza riserva di proprietà) a
e a
Il ricorrente ha dedotto che il così formato, appaltò al convenuto l’incarico di compiere l’esecuzione di lavori di riqualificazione energetica e di riduzione del rischio sismico per un importo di oltre € 16.000.000,00, in seguito aumentato a oltre € 22.000.000,00 per stipulazione
di una variante, contratto passibile di incentivazione pubblica tramite il c.d. superbonus 110%; che nelle more gli acquirenti RAGIONE_SOCIALE ed furono sottoposti ad amministrazione giudiziaria, e che, stante l’inadempimento loro e di i contratti di vendita furono tutti risolti, con restituzione della proprietà di tutto l’immobile al ricorrente.
Il ricorrente ha poi dedotto di avere appreso della pendenza di un procedimento penale avanti al Tribunale di Roma, nel corso del quale i consulenti tecnici nominati dal P.M. in fase di indagini riscontrarono che gran parte delle opere fatturate e oggetto degli stati di avanzamento lavori non furono compiute; di avere così dichiarato, a mezzo del Condominio, la risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento.
Il ricorrente ha allegato di avere già introdotto un procedimento di istruzione preventiva, in corso di svolgimento, volto ad accertare nel contraddittorio fra le parti le opere effettivamente compiute dal convenuto in cantiere, e di avere sempre ricevuto il rifiuto alle richieste di restituzione dell’immobile.
In diritto, il ricorrente ha argomentato come l’appaltatore non goda di alcun diritto di ritenzione e come dunque, a fronte dello scioglimento del contratto per risoluzione o recesso del committente, la detenzione dell’opera vada immediatamente restituita.
Quanto al periculum in mora , il ricorrente ha allegato il peggioramento della capacità dell’edificio di rispondere al sisma, così come accertato dai consulenti tecnici nominati dal pubblico ministero di Roma, ciò che impone immediati accertamenti e interventi di rinforzo; il progressivo deterioramento dell’immobile, che non viene adeguatamente manutenuto dall’appaltatore; il rischio di occupazione abusiva dell’edificio non adeguatamente custodito. Da ultimo, il ricorrente ha pure allegato il perdurante nocumento del proprio diritto di proprietà sull’immobile.
Su tali basi il ricorrente ha concluso, in ricorso, perché sia ordinato al convenuto di rilasciare e riconsegnare immediatamente il cantiere relativo al complesso immobiliare; in subordine, perché siano adottati tutti i provvedimenti opportuni, anche ai sensi dell’art. 1172 c.c.; in ogni caso, con esecuzione dell’ordinanza a mezzo di forza pubblica e condanna ai sensi dell’art. 614bis c.p.c..
Parte convenuta, costituitasi nel procedimento, non ha negato l’avvenuta conclusione del contratto di appalto con il Condominio, e la successiva variante, e ha ulteriormente allegato di avere compiuto l’opera pressoché integralmente sin del febbraio dell’anno 2023, residuando da quel momento da compiere solo interventi minori di completamento.
Su tali basi il convenuto ha argomentato in punto di infondatezza della risoluzione del contratto; in diritto, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per assenza di strumentalità, l’omessa indicazione della causa di merito cui il procedimento è strumentale, l’inammissibilità per assenza di residualità,
il difetto dei requisiti e la decadenza dell’azione ex art. 1172 c.c., l’insussistenza del periculum in mora , l’ineseguibilità dell’eventuale provvedimento di accoglimento, la carenza di fumus boni juris . Su tali basi il convenuto ha concluso, in comparsa di risposta, perché il ricorso sia rigettato.
All’udienza del 20 marzo 2025, su richiesta di chiarimenti del magistrati, il ricorrente ha rinunciato alla denuncia di danno temuto ai sensi dell’art. 1172 c.c. e ha invece insistito nell’istanza ex art. 700 c.p.c.. Parte convenuta ha eccepito, in aggiunta, l’inammissibilità del ricorso atipico avanzato, posto che il rimedio tipico previsto dall’ordinamento sarebbe l’azione di manutenzione nel possesso di cui all’art. 1170 c.c..
Fallito il tentativo di conciliazione fra le parti, il procedimento giunge in decisione a seguito dell’udienza del 3 luglio 2025.
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Il ricorso ai sensi dell’art. 700 c.p.c. è ammissibile e fondato per le ragioni che seguono.
È d’uopo richiamare il testo normativo in forza del quale il ricorrente chiede la tutela cautelare in esame.
L’art. 700 c.p.c. prevede: « Fuori dei casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo, chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente per far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d’urgenza, che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito ».
In rito, va premesso che sussiste la strumentalità fra il presente procedimento e la futura (ed eventuale) azione di merito prospettata dal ricorrente, posto che, come precisato all’udienza del 20 marzo 2025, essa avrà a oggetto pure la condanna del convenuto al rilascio dell’immobile.
Sul punto, è infondata la difesa del convenuto, che sostiene che sarebbe precluso, al ricorrente, di indicare la futura azione di merito non in ricorso, ma in udienza: anche a ritenere che l’omessa chiara indicazione di tale azione costituisca un vizio del ricorso introduttivo, comunque costituisce principio generale dell’ordinamento processuale civile quello di conservazione degli atti, con facoltà di sanare in corso di procedimento le deficienze degli atti introduttivi (si veda, per il processo ordinario di cognizione, l’art. 164 c.p.c.).
In punto di residualità, è noto che il provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. è applicabile « fuori dai casi regolati nelle precedenti sezioni di questo capo » (il capo sui procedimenti cautelari); è peraltro generalmente riconosciuto che la relazione di sussidiarietà dei provvedimenti d’urgenza sia operante con riferimento a tutte le misure cautelari nominate, per quanto non regolate nel Capo III del I Titolo del Libro IV, bensì in altre parti del codice di procedura, dal codice civile o in leggi speciali.
Come correttamente argomentato dal ricorrente, l’ordinamento non dispone di strumenti cautelari tipici idonei a scongiurare la minaccia di pregiudizio imminente e irreparabile al diritto così come dedotta.
Il ricorrente ha infatti dedotto che la protratta ed ormai ingiustificata detenzione del cantiere da parte del convenuto pone pericoli di stabilità dell’immobile, dovendosi verificare in che misura le lavorazioni compiute in difformità rispetto agli accordi abbiano peggiorato la capacità dell’immobile di rispondere al sisma, come denunciato dai consulenti del P.M. nella loro relazione; che occorre provvedere alla manutenzione dello stabile, completamente omessa dal convenuto; che sussiste un rischio di occupazione abusiva dell’immobile; che vi è pericolo che la lesione del proprio diritto di proprietà venga viepiù aggravata e resa cronica.
Nel corso del procedimento il ricorrente ha ulteriormente documentato il pessimo stato di manutenzione dell’immobile, a detta del convenuto regolarmente ristrutturato come da accordi, dando evidenza fotografica di infiltrazioni d’acqua e rovina dei controsoffitti in ampie porzioni.
Ebbene, il ricorrente non ha certo a disposizione le azioni a tutela del possesso, quale quella di manutenzione ex art. 1170 c.c. menzionata dal convenuto, azioni poste a difesa della relazione di fatto con la cosa del possessore o detentore, come l’appaltatore, non invece del committente o del proprietario della cosa che intenda, appunto, ottenerla da chi la possiede o detiene.
Con particolare riferimento al sequestro giudiziario del bene immobile ai sensi dell’art. 670 c.p.c., si rileva che nel caso di specie non è dedotta l’opportunità di provvedere alla custodia o gestione temporanea del bene nel corso del giudizio di merito, esigenza cui potrebbe farsi fronte tramite nomina di un custode; piuttosto, il periculum paventato dal ricorrente, come sopra sinteticamente indicato, è quello di non essere posto nella condizione di proseguire nel compimento dell’opera tramite diverso appaltatore, rimediando alla perdita di resistenza al sisma che, allo stato, pare essere stata causata dai lavori del convenuto e ponendo fine alle gravi infiltrazioni che stanno causando la rovina di porzioni dell’immobile, così come documentata in corso di procedimento.
Appare evidente, dunque, che un pericolo di tal fatta possa essere scongiurato solo per mezzo del provvedimento atipico domandato, vale a dire tramite il rilascio del cantiere, libero da persone o cose, in favore del ricorrente, perché egli ne disponga come meglio ritiene, senza vincoli di sorta e con libertà di farvi accedere terzi di propria fiducia.
Nel merito, sussistono il fumus boni juris e il periculum in mora .
Quanto alla verosimiglianza del diritto per cui è azione, sussistono certamente elementi sufficienti per ritenere che il ricorrente sia titolare del diritto al rilascio del cantiere.
A fronte della dichiarazione di risoluzione del contratto ad opera del Condominio, e delle successive richieste di restituzione del cespite (doc. 28 ricorrente), è chiaro come il committente e proprietario
dell’immobile abbia manifestato la volontà di porre fine al rapporto contrattuale con il convenuto. Ove pure, come affermato dal convenuto, dovessero ritenersi insussistenti i presupposti per la risoluzione imputabile al convenuto, comunque la condotta del committente dovrà essere qualificata, quantomeno, come recesso dal contratto ai sensi dell’art. 1671 c.c. e della clausola n. 13 (doc. 7 ricorrente).
Peraltro, è lo stesso convenuto ad affermare che, a suo dire, l’opera è di fatto completata e non viene comunque più proseguita da oltre due anni: completata l’opera, il ricorrente ha dunque diritto alla consegna, essendo ormai la detenzione dell’appaltatore sine titulo .
Quanto al periculum in mora , è evidente la necessità del ricorrente di provvedere quanto prima a porre rimedio al grave stato di incuria in cui versa l’immobile, quale si evince dalle fotografie prodotte nel procedimento (doc. 41 e 42 ricorrente). Ove tale urgente attività venisse omessa, potrebbero generarsi danni gravi, ulteriori e di difficile quantificazione nel prossimo giudizio di merito.
Sussiste pure il grave pericolo di occupazione abusiva dell’immobile, che, seppure detenuto dall’appaltatore, risulta sostanzialmente abbandonato dalle maestranze, che non vi compiono più alcuna opera: il contratto di ‘vigilanza e guardiania’ prodotto dal convenuto in data 4 luglio 2025 (produzione che va ammessa, non sussistendo preclusioni istruttorie nel presente procedimento cautelare) consiste infatti in un ‘accordo quadro’ nel quale non è nemmeno indicato che il servizio deve essere prestato presso l’immobile per cui è causa.
La lettura delle relazioni dei consulenti tecnici del pubblico ministero (doc. 22 e 23 ricorrente) rivela poi che sussistono, purtroppo, precisi elementi a sostegno della loro conclusione secondo cui la resistenza al sisma di parte dell’immobile sia addirittura peggiorata.
È chiaro dunque che solo il rilascio del cantiere al ricorrente-proprietario possa consentirgli di affrontare efficacemente i pericoli derivanti dall’inerzia dell’attuale detentore, fra cui assumono rilievo particolare quelli di occupazione abusiva e di crollo a seguito di sisma.
Al riguardo, non coglie nel segno la difesa del convenuto, secondo cui l’urgenza sarebbe contraddetta dall’inerzia del ricorrente, che rimase inerte per anni dopo il termine per la consegna dell’opera finita: a prescindere da ciò che accadde in passato, il diritto risulta oggi minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile, sì da legittimare la richiesta cautela.
Né può ritenersi che il provvedimento sia ineseguibile essendo pendente un procedimento per accertamento tecnico preventivo, introdotto dal medesimo ricorrente: il passaggio di detenzione dell’immobile dal convenuto al ricorrente non ostacola, di per sé, la regolare prosecuzione delle operazioni peritali, già peraltro iniziate con esecuzione di numerosi sopralluoghi.
All’accoglimento del ricorso segue la condanna del soccombente al rimborso delle alle spese di lite.
Pertanto, visto l’art. 669-octies, VII comma, c.p.c., il Tribunale provvede sulle spese del procedimento cautelare.
Le spese processuali seguono appunto la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, ai sensi dei D.M. 55/14, 37/18 e 147/22, tenuto conto del valore indeterminabile della controversia, della relativa complessità e dell’attività difensiva effettivamente compiuta.
Non sussistono i presupposti di cui all’art. 614bis c.p.c. per l’emissione di misure di coercizione indiretta, posto che esso possono accompagnare un provvedimento di condanna, e non invece una misura provvisoria quale quella oggi adottata.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano ogni altra istanza, eccezione o deduzione disattesa, sul ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 7 febbraio 2025 da nei confronti di così provvede:
1) in accoglimento del ricorso, ordina al convenuto il rilascio immediato in favore del ricorrente dell’intero cantiere da lui detenuto in Roma, INDIRIZZO libero da persone o cose;
2) condanna il convenuto alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente, che si liquidano in € 286,00 per spese esenti ed € 5.284,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario spese generali al 15%, oltre IVA se e in quanto dovuta e CPA come per legge.
Così deciso in Milano il 25 luglio 2025.
Il Giudice
(NOME COGNOME