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Rilascio cantiere: ordine urgente ex art. 700 c.p.c.

Il Tribunale di Milano ha emesso un’ordinanza d’urgenza ex art. 700 c.p.c., ordinando il rilascio immediato di un cantiere. Il caso vedeva contrapposti il proprietario di un immobile e l’impresa appaltatrice, la quale si rifiutava di liberare l’area dopo la risoluzione del contratto per grave inadempimento. Il giudice ha accolto la richiesta del proprietario, ravvisando sia la fondatezza del diritto (fumus boni iuris) sia il pericolo di un danno imminente e irreparabile (periculum in mora), legato al deterioramento dell’immobile e a rischi strutturali.

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Pubblicato il 29 luglio 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Rilascio Cantiere con Provvedimento d’Urgenza: Quando il Committente Può Rientrare in Possesso

Quando un contratto di appalto per lavori edili si interrompe, ma l’impresa si rifiuta di abbandonare l’area, il committente si trova in una situazione critica. Una recente ordinanza del Tribunale di Milano offre una guida chiara su come ottenere il rilascio cantiere in tempi brevi attraverso un provvedimento d’urgenza. Questo strumento, previsto dall’art. 700 del codice di procedura civile, si rivela fondamentale per proteggere la proprietà da ulteriori danni e riprendere il controllo dell’immobile.

Il caso analizzato riguarda un vasto complesso immobiliare oggetto di un importante intervento di riqualificazione, interrotto a causa dei gravi inadempimenti dell’appaltatore. Vediamo come il Tribunale ha bilanciato gli interessi delle parti, dando priorità alla tutela del diritto di proprietà minacciato da un pericolo concreto.

I Fatti del Caso: Un Appalto Milionario Finito Male

La vicenda ha origine con l’acquisto di un grande complesso immobiliare da parte di una società, che affida a un’impresa appaltatrice l’esecuzione di imponenti lavori di riqualificazione energetica e sismica per un valore superiore ai 22 milioni di euro.

Successivamente, il committente scopre non solo che gran parte delle opere fatturate non erano state eseguite, ma anche l’esistenza di un procedimento penale che lo confermava. Di fronte a questa situazione, il committente dichiara la risoluzione del contratto per inadempimento e chiede la restituzione dell’immobile. L’impresa, tuttavia, si rifiuta di liberare il cantiere, mantenendone la detenzione.

La Richiesta del Ricorrente e la Difesa dell’Appaltatore

Per superare lo stallo, il proprietario si rivolge al Tribunale con un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., chiedendo l’ordine di rilascio immediato del cantiere. A sostegno della sua richiesta, il ricorrente evidenzia una serie di pericoli imminenti e irreparabili (periculum in mora):

* Peggioramento della capacità sismica: consulenze tecniche avevano accertato che i lavori parziali avevano addirittura indebolito la struttura.
* Deterioramento progressivo: l’immobile, privo di manutenzione, mostrava infiltrazioni e danni.
* Rischio di occupazione abusiva: il cantiere, di fatto abbandonato dalle maestranze, era vulnerabile.

L’impresa appaltatrice si è difesa contestando l’ammissibilità del ricorso, sostenendo che esistessero altri rimedi specifici e negando la fondatezza della risoluzione contrattuale.

L’Ordinanza del Tribunale e il Rilascio Cantiere

Il Giudice ha accolto integralmente il ricorso del proprietario, ordinando all’impresa l’immediato rilascio cantiere. La decisione si fonda su un’attenta analisi dei due presupposti chiave per la concessione della tutela d’urgenza.

L’Ammissibilità del Ricorso d’Urgenza

In primo luogo, il Tribunale ha stabilito che il ricorso ex art. 700 c.p.c. era lo strumento corretto. Altri rimedi, come l’azione a tutela del possesso (art. 1170 c.c.) o il sequestro giudiziario (art. 670 c.p.c.), non erano idonei. Il proprietario, infatti, non agiva per difendere un possesso che non aveva, ma per tutelare il suo diritto di proprietà e scongiurare un danno grave. L’urgenza non era quella di custodire il bene in attesa di un giudizio, ma di intervenire attivamente per rimediare ai danni e prevenire ulteriori pericoli.

le motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’accertamento dei due pilastri della tutela cautelare: il fumus boni iuris e il periculum in mora.

Per quanto riguarda il fumus boni iuris, ovvero la parvenza del buon diritto, il giudice ha ritenuto sufficientemente provato che il proprietario avesse il diritto di ottenere la restituzione del cantiere. A fronte della dichiarazione di risoluzione del contratto (o, in subordine, di recesso), la permanenza dell’appaltatore sull’immobile era diventata illegittima, ovvero sine titulo (senza un valido titolo giuridico). Il fatto che l’appaltatore contestasse la legittimità della risoluzione non era sufficiente a giustificare la sua permanenza, essendo una questione da decidere nel successivo giudizio di merito.

Ancora più decisiva è stata la valutazione del periculum in mora, il pericolo di un danno imminente e irreparabile. Il Tribunale ha ritenuto pienamente provata l’esistenza di un rischio concreto, basandosi su più elementi:
1. Grave stato di incuria: le fotografie prodotte mostravano un immobile in stato di abbandono, con danni evidenti.
2. Rischio strutturale: le relazioni tecniche indicavano un peggioramento della resistenza sismica dell’edificio.
3. Pericolo di occupazione abusiva: il cantiere, non presidiato, era esposto a intrusioni.

Il giudice ha concluso che solo il rilascio cantiere immediato avrebbe permesso al proprietario di intervenire efficacemente per affrontare questi pericoli, mettendo in sicurezza l’immobile e prevenendo danni maggiori, difficilmente quantificabili in un futuro processo.

le conclusioni

Questa ordinanza del Tribunale di Milano ribadisce un principio fondamentale: il proprietario-committente ha a disposizione uno strumento rapido ed efficace, come il ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., per recuperare la disponibilità di un cantiere illegittimamente trattenuto dall’appaltatore. La chiave per il successo è dimostrare non solo la probabile fondatezza del proprio diritto alla restituzione, ma soprattutto l’esistenza di un pericolo concreto, imminente e irreparabile per il bene. La decisione sottolinea che la tutela della proprietà prevale sulle contestazioni dell’appaltatore, quando la sua inerzia rischia di compromettere l’integrità stessa dell’immobile.

Quando un committente può chiedere il rilascio urgente di un cantiere?
Un committente può chiederlo quando sussistono due condizioni: il ‘fumus boni iuris’, cioè la probabile fondatezza del suo diritto alla restituzione (ad esempio, dopo aver risolto il contratto per inadempimento), e il ‘periculum in mora’, ossia il rischio concreto che dal ritardo derivi un danno imminente e irreparabile all’immobile (come rischi strutturali, degrado o pericolo di occupazioni abusive).L’appaltatore può rifiutarsi di lasciare il cantiere se contesta la risoluzione del contratto?
No. Secondo questa ordinanza, una volta che il committente ha manifestato la volontà di porre fine al rapporto (tramite risoluzione o recesso), la detenzione del cantiere da parte dell’appaltatore diventa ‘sine titulo’ (senza titolo legale). Il giudice può quindi ordinare il rilascio immediato in via d’urgenza, rimandando la discussione sulla legittimità della risoluzione al successivo giudizio di merito.

Per ottenere il rilascio del cantiere è sempre necessaria una lunga causa ordinaria?
No. La decisione dimostra che se la situazione presenta caratteri di urgenza e un rischio di danno irreparabile, non è necessario attendere i tempi di una causa ordinaria. Il provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. consente di ottenere un ordine di rilascio in tempi molto più brevi, proprio per scongiurare il pericolo e tutelare immediatamente il diritto del proprietario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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