Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2116 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2116 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11921/2022 R.G. proposto da :
COGNOME in proprio e quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO N. 32/2021 DELLA VINCENZINO RAGIONE_SOCIALE COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 2130/2022 depositata il 31/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME, in proprio e quale legale rappresentante di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE, ha proposto reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Tivoli, che aveva dichiarato il fallimento della società. La dichiarazione di fallimento -come risulta dalla sentenza impugnata -era intervenuta su ricorso di un creditore, che aveva fatto valere due crediti risultanti da titoli giudiziali definitivi , dell’ammontare complessivo superiore all’importo di € 30.000,00.
Il ricorrente ha dedotto il mancato superamento dei limiti dimensionali di cui all’art. 1 l. fall., l’insussistenza di crediti scaduti superiori ad € 30.000,00, nonché la violazione del ne bis in idem , posto che il ricorso aveva fatto seguito a un altro, del medesimo creditore, rigettato con decreto del 2 marzo 2018 e non impugnato.
La Corte di Appello di Roma, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il reclamo. Ha ritenuto il giudice di appello che il reclamante non avesse dimostrato l’insussistenza dei requisiti dimensionali di cui all’art. 1 l. fall. , posto che i bilanci prodotti in appello non erano depositati e non erano corredati da ulteriore idonea documentazione. Ha, poi, ritenuto che i due crediti fatti valere dal creditore ricorrente -con particolare riguardo al secondo, dell’importo di € 7.096,15, oggetto di sentenza del Giudice di Pace -erano entrambi vantati nei confronti della società reclamante, ciò ai fini del superamento della soglia di € 30.000,00 di crediti scaduti. Ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello che il nuovo ricorso del medesimo creditore fosse fondato su ragioni di credito in parte diverse da quello oggetto di rigetto.
Ha proposto ricorso per cassazione la società dichiarata fallita, nonché il legale rappresentante in proprio, affidato a tre
motivi. Il fallimento e il creditore procedente intimati non si sono costituiti in giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, secondo comma e 15 l. fall. nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la società debitrice non avesse provato la sussistenza dei requisiti di assoggettamento a fallimento. Osserva parte ricorrente che la prova della insussistenza dei requisiti soggettivi non deve necessariamente essere portata mediante produzione dei bilanci, ma può essere assolta con mezzi di prova alternativi. Sotto questo profilo, il ricorrente deduce di avere depositato, oltre ai bilanci relativi al triennio precedente la proposizione del ricorso, anche il libro giornale dei tre esercizi, così provando il mancato superamento delle soglie quantitative.
Il primo motivo è infondato quanto alla dedotta erronea valutazione dei bilanci, posto che -come osservato dal giudice di appello – ai fini della prova della sussistenza dei requisiti di non fallibilità di cui all’art. 1, secondo comma, l. fall., i bilanci degli ultimi tre esercizi che l’imprenditore è tenuto a depositare, ai sensi dell’art. 15, quarto comma, l. fall., sono quelli già approvati e depositati nel registro delle imprese, ex art. 2435 cod. civ., sicché, ove difettino tali requisiti o essi non siano ritualmente osservati, il giudice può motivatamente non tenerne conto (Cass., n. 33091/2018). Nella specie, il giudice di appello ha motivatamente ritenuto non sufficienti i bilanci, non approvati né depositati, in quanto non corroborati da idonea documentazione.
Il primo motivo è inammissibile nella parte in cui deduce erronea valutazione della documentazione prodotta dal ricorrente in appello; il ricorrente -attraverso la deduzione della violazione di
legge -intende ripercorrere il ragionamento probatorio seguito dal giudice ai fini della valutazione di inidoneità della documentazione prodotta in appello quanto a ll’assolvimento dell’onere della prova circa il mancato superamento delle soglie dimensionali.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione d ell’art. 15 , nono comma, l. fall. nonché, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo ai fini del giudizio, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto superata la soglia dei 30.000.00 euro di crediti scaduti. Osserva parte ricorrente che il secondo credito del creditore istante, dell’importo di € 7.096 ,15, sarebbe stato vantato nei confronti del COGNOME persona fisica e non della società debitrice, circostanza evincibile dall’intestazione della sentenza del Giudice di Pace invocata dal creditore istante, pronunciata tra il COGNOME e il creditore istante, nonché dalla narrativa della medesima.
Il secondo motivo è inammissibile sia quanto alla violazione di legge, in quanto il ricorrente intende sovvertire l’accertamento in fatto operato dal giudice di appello circa la sussistenza di un ulteriore credito del creditore istante, odierno intimato, nei confronti della società ricorrente, sia in relazione alla dedotta censura di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., in quanto tendente, anche sotto questo profilo, a rivalutare elementi di prova documentali, deducendo un cattivo esercizio del potere di valutazione delle prove (Cass., Sez. U., 34476/2019).
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto non violato il principio del ne bis in idem in relazione al rigetto del precedente ricorso per la dichiarazione di fallimento del
medesimo creditore. Deduce il ricorrente che il medesimo creditore istante aveva precedentemente chiesto al Tribunale di Tivoli il fallimento della società ricorrente sulla base del credito di € 26.527,98, oggetto anche del secondo ricorso conclusosi con la sentenza dichiarativa di fallimento, ricorso che era stato rigettato per assenza del requisito della sussistenza della soglia dei 30.000,00 euro di crediti scaduti. Deduce che l’ elemento di novità sarebbe costituito dall’ulteriore credito dell’istante di € 7.096,15 , già oggetto del precedente motivo, circostanza che non potrebbe costituire fatto nuovo; sicché -invariati i presupposti di fatto rispetto al precedente decreto di rigetto sarebbe violato il principio del ne bis in idem.
7. Il terzo motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il decreto di rigetto dell’istanza di fallimento, al pari del decreto che lo conferma in sede di reclamo, non è idoneo alla formazione di un giudicato, trattandosi di provvedimento non definitivo, oltreché privo di natura decisoria su diritti soggettivi, sicché tali provvedimenti non possono essere invocati nell’ambito di un diverso giudizio promosso nei confronti del destinatario della medesima istanza (Cass., n. 15806/2021). L’inidoneità al giudicato del decreto di rigetto è, peraltro, a fondamento della non ricorribilità in cassazione del decreto della Corte di Appello pronunciato in sede di impugnazione del relativo provvedimento di primo grado (Cass., Sez. U., 26181/2006; Cass., n. 25818/2010; Cass., n. 23478/2011), non essendo il creditore titolare di un diritto soggettivo al fallimento del debitore (Cass., n. 6683/2015).
8. Diversamente, il decreto di rigetto comporta una preclusione di mero fatto -e come tale circostanziata anche nel tempo e quanto agli elementi istruttori esaminati – in ordine al credito fatto valere, alla qualità di soggetto fallibile in capo al debitore e allo
stato di insolvenza, di modo che è ben possibile, dopo il rigetto, dichiarare il fallimento sulla base della medesima situazione, su istanza di un diverso creditore, ovvero sulla base di elementi sopravvenuti, preesistenti ma non dedotti, su istanza dell’originario creditore (Cass., 16411/2018; Cass., n. 21834/2009).
Nella specie, il giudice di appello ha accertato -con accertamento in fatto qui incensurabile -che elemento di diversità rispetto all’originario decreto di rigetto del medesimo tribunale è stato il superamento della soglia dei 30.000,00 Euro di crediti scaduti in forza della produzione di un ulteriore titolo esecutivo ottenuto -come risulta dalla sentenza impugnata -dal medesimo creditore istante nei confronti della società debitrice.
Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla per le spese in assenza di costituzione degli intimati. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico delle parti ricorrenti in solido , ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15/01/2025.