Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23636 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23636 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25962/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOMECOGNOME domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende, domiciliata ex lege all’indirizzo Pec in atti.
–
contro
ricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 1849/2021 depositata il 25/03/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
La società RAGIONE_SOCIALE si opponeva al decreto che le aveva ingiunto di pagare, in favore della società RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche, per brevità, RAGIONE_SOCIALE), somme a titolo di canoni e spese comuni per l’affitto di ramo d’azienda esercitata nel locale all’interno del centro commerciale, nonché una ulteriore somma a titolo di penale.
1.1. Con sentenza n. 24908/2014 il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello; si costituiva, resistendo al gravame, la società RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 1849/2021 del 25 marzo 2021 la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza impugnata, accoglieva invece l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e, ridotta la penale ad equità nella misura di un terzo, condannava l’affittuaria al pagamento all’affittante la complessiva minor somma di euro 101.272,32.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Le parti non hanno depositato memorie.
Considerato che
1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 1384 c.c. ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, laddove la sentenza impugnata ha valutato scorrettamente gli elementi dedotti a fondamento della eliminazione o della riduzione della penale pattuita e ne ha ignorati altri, ugualmente allegati e provati’.
Lamenta che nel valutare l’eccessiva onerosità della penale pattuita, la corte di merito ha trascurato il fatto che il contratto ha avuto durata molto limitata, che il debito residuo maturato a titolo di canoni era particolarmente esiguo, che l’obbligazione principale è stata eseguita in misura addirittura superiore a quella dovuta, che tutte le garanzie richieste del creditore erano state adempiute e che la ricorrente si è trovata a dover affrontare una sostanziale situazione di difficoltà, a causa di una non chiara formulazione del contratto, che aveva fatto presagire dei ricavi molto alti.
Deduce che tutti questi elementi sono stati totalmente ignorati dalla corte territoriale, che, pertanto, ha ridotto la penale in misura non congrua rispetto alla manifesta eccessività della stessa.
1.1. Il primo motivo è inammissibile, sia perché deduce -pur non evocandolo -il vecchio paradigma (della motivazione insufficiente e contraddittoria) del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., sia perché, con riferimento al vizio di violazione dell’art. 1384 cod. civ., lo prospetta come conseguenza della rivalutazione di una serie di circostanze fattuali e di emergenze istruttorie, così risolvendosi in una sollecitazione a detta rivalutazione, invece preclusa a questa Suprema Corte (v. Cass., 25/03/2025, n. 7871; Cass., 19/09/2024, n. 25182; Cass., 05/02/2019, n. 3340).
Peraltro, a p. 10 del ricorso si enunciano una serie di ‘elementi pure allegati e provati dalla odierna ricorrente’, omettendo di fornirne l’indicazione specifica ai sensi del n. 6 dell’art. 366 cod. proc. civ., e particolarmente in ordine al se, dove e quando, nel contesto dei precedenti gradi di merito, si era su di essi argomentato, sicché l’ipotetica riconversione del motivo, a fronte del parametro attuale del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. non gioverebbe alla ricorrente, in forza dell’onere, imposto da tale norma, di fornire l’indicazione specifica del fatto omesso (v. Cass., Sez. Un., n. 8053 e n. 8054 del 2014).
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, laddove il giudice di secondo grado non ha considerato la stipula della scrittura privata del 18.01.2013 come ulteriore elemento comprovante la natura transattiva dell’accordo risolutorio firmato in pari data. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1237 c.c., per non avere il giudice dell’appello considerato che la restituzione volontaria del titolo originale del credito da parte del creditore costituisce prova della liberazione del debitore’.
Lamenta che la sentenza impugnata sarebbe viziata anche sotto un altro profilo, atteso che la corte d’appello ha completamente omesso di valutare e considerare che, in pari data con la firma dell’accordo risolutorio, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno sottoscritto una scrittura privata, con la quale la prima restituiva tutte le cambiali in originale ancora da essa detenute a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni gravanti sulla 3ND.
2.1. Il secondo motivo è inammissibile.
Deduce l’omesso esame della stipula di una scrittura privata del 18 gennaio 2013 nella rubrica, ma nella illustrazione lamenta che la sentenza impugnata non avrebbe considerato una, non meglio identificata quanto alla data, ‘lettera’, di cui riporta un
contenuto (v. p. 13 del ricorso, ove si legge: ‘Si riporta testualmente la lettera non tenuta in alcun conto dal Giudice di Appello: « in relazione all’accordo risolutorio oggi sottoscritto, la RAGIONE_SOCIALE riceve dalla RAGIONE_SOCIALE n. 8 effetti cambiari protestati per l’importo di € 65.340. Le cambiali protestate scadute a Giugno e Luglio 2012 saranno restituite alla stessa RAGIONE_SOCIALE quando saranno restituite dalla Banca di appoggio »’).
Ora, la mancata indicazione della data della lettera de qua impedirebbe di identificarla con alcuna delle produzioni elencate in chiusura del ricorso, ma, inoltre, se pure si potesse procedere a tale identificazione, nuovamente verrebbe in rilievo la totale omissione dell’indicazione del dove e come il fatto rappresentato nella lettera sarebbe stato dedotto nel giudizio di merito e particolarmente nel giudizio di appello, sì da far nascere l’onere di esaminarlo.
E ciò, sempre secondo i summenzionati arresti delle Sezioni Unite di questa Corte, renderebbe il motivo inidoneo a dedurre il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
2 .2. Ove, poi, si ipotizzasse che con la parola ‘lettera’ parte ricorrente non abbia inteso alludere ad un documento, ma alla ‘lettera della scrittura privata del 18.1.2013’ quanto alla riproduzione effettuata, si dovrebbe rilevare che la sentenza ha considerato e, dunque, esaminato, la scrittura, con motivazione congrua e scevra da vizi logico-giuridici, e che la mancata considerazione dell’ipotetico passo di essa non concerne un ‘fatto’ che di per sé possa assumere carattere ‘decisivo’.
Parte ricorrente, infatti, ne postula la decisività in modo del tutto assertorio e comunque -con l’ultima proposizione della p. 13 del ricorso -evocando solo genericamente che ‘Nel corso del giudizio di primo grado è stato ampiamente dimostrato che l’accordo stipulato in data 18.01.2013 -atto pubblico firmato
innanzi al Notaio, come tale conoscibile a terzi -aveva tutte le caratteristiche e i contenuti dell’accordo risolutorio, con le riserve di agire per il recupero. La scrittura privata di restituzione delle cambiali dissimulava, invece, l’accordo transattivo destinato ad essere conosciuto solo dalle parti del contratto’.
Quanto appena rilevato varrebbe anche se, dando rilievo all’elencazione dei documenti, si identificasse il documento di cui si discorre in quello al n. 3, indicato come ‘scrittura in data 18.1.2013’.
2.3. In aggiunta rispetto alle indicate carenze del motivo appare pure condivisibile il rilievo svolto dalla parte resistente (v. pp. 15 e 16 del controricorso) nel senso della consolidazione della motivazione di cui alla penultima proposizione della p. 5 della sentenza, con la quale la corte territoriale ha affermato che ‘ risulta, inoltre, che la RAGIONE_SOCIALE ha restituito i titoli in suo possesso solo dopo l’escussione del fideiussore bancario, attivata proprio a causa del mancato pagamento delle cambiali rilasciate dall’affittuaria’.
Quest’ultima parte della motivazione dell’impugnata sentenza non risulta essere stata impugnata dalla odierna ricorrente, per cui, come questa Suprema Corte ha già avuto modo di affermare, quando la sentenza di merito impugnata si fonda, come nel caso in esame, su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le censuri tutte, dato che l’omessa impugnazione di una di essere rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641).
Resta pertanto definitivo ed intangibile l’accertamento svolto dalla corte d’appello, secondo cui la Cinecittà ha restituito alla
3ND le cambiali di cui alla scrittura privata del 18 gennaio 2013, contestuale alla stipula, in pari data dell’accordo risolutorio autenticato, nelle firme, da notaio, non per rimettere il relativo debito, bensì per restituire le cambiali ivi citate, dato che il debito ad esse sottostante era stato pagato mediante l’incasso degli importi versati dal garante bancario in esecuzione dell’escussione della fideiussione dallo stesso rilasciata.
2 .4. Va osservato, infine, che la violazione dell’art. 1237 cod. civ. viene argomentata solo all’esito della postulazione della rilevanza del preteso fatto omesso, cioè della remissione del debito che sarebbe pretesamente avvenuta, per cui ne segue la medesima sorte, nel senso della inammissibilità della censura.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza per omessa motivazione, laddove la sentenza impugnata non consente di rivelare la ratio decidendi ‘.
Lamenta che la sentenza impugnata è viziata anche sotto l’ulteriore profilo della mancanza di motivazione ed in particolare deduce ‘Non sfugge che, a fronte di una sentenza di sei pagine, soltanto poche righe siano dedicate alle ‘ragioni’ a supporto della non condivisione dell’interpretazione sulla natura transattiva dell’accordo risolutorio del 18.01.2013 e della scrittura collegata stipulata in pari data con cui sono state restituite le cambiali, fornita dall’odierna ricorrente; cinque righe, per la precisione’ (v. p. 15 del ricorso).
3.1. Il terzo motivo è manifestamente inammissibile, giacché assume come motivazione solo una parte della stessa, sicché l’accusa di assertorietà e di omessa motivazione risulta del tutto ingiustificata rispetto all’effettività della motivazione.
Dalla lettura dell’impugnata sentenza risulta che la motivazione esiste e dà conto del convincimento a cui il giudice di merito è pervenuto sulla base delle risultanze processuali complessivamente acquisite in giudizio.
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della società ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza