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Riduzione penale: quando il ricorso è inammissibile

Una società affittuaria di un ramo d’azienda ha impugnato in Cassazione la decisione della Corte d’Appello che aveva concesso solo una parziale riduzione della penale contrattuale per inadempimento. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che non può riesaminare nel merito le valutazioni fattuali dei giudici precedenti sulla congruità della riduzione penale. La decisione sottolinea che il ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità e non su un disaccordo riguardo l’equità della valutazione compiuta.

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Riduzione Penale: La Cassazione e i Limiti all’Appello

La gestione dei contratti commerciali spesso include clausole penali per scoraggiare l’inadempimento. Ma cosa succede quando una penale è considerata eccessiva? La legge consente al giudice una riduzione penale secondo equità. Tuttavia, i limiti di questo potere e le modalità per contestarlo in sede di legittimità sono rigorosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i motivi di inammissibilità di un ricorso che mirava a ottenere una riduzione maggiore di quella già concessa in appello.

I Fatti di Causa: Un Contratto di Affitto e una Penale Controversa

La vicenda nasce da un contratto di affitto di ramo d’azienda tra una società operante in un centro commerciale (l’affittuaria) e la società proprietaria del centro (la concedente). A seguito del mancato pagamento di canoni e spese, la concedente otteneva un decreto ingiuntivo che includeva, oltre al debito principale, una cospicua somma a titolo di penale contrattuale. L’affittuaria si opponeva, dando inizio a un lungo percorso giudiziario.

La Decisione della Corte d’Appello

In secondo grado, la Corte d’Appello di Roma riformava parzialmente la sentenza del Tribunale. Pur condannando l’affittuaria al pagamento, accoglieva la domanda di riduzione della penale. Riconoscendone la manifesta eccessività, la Corte territoriale la riduceva di un terzo, fissando l’importo totale dovuto a poco più di 100.000 euro. Insoddisfatta della misura della riduzione, l’affittuaria decideva di ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la questione sulla riduzione penale

La società ricorrente ha basato il suo ricorso su tre motivi principali, tutti volti a dimostrare l’inadeguatezza della decisione d’appello.

Primo Motivo: Errata Valutazione degli Elementi per la Riduzione

La ricorrente lamentava una violazione dell’art. 1384 c.c., sostenendo che la Corte d’Appello non avesse considerato adeguatamente elementi cruciali come la breve durata del contratto, l’esiguità del debito residuo e le difficoltà economiche della società. In sostanza, chiedeva alla Cassazione di effettuare una nuova valutazione dei fatti per ottenere una riduzione penale più sostanziosa.

Secondo e Terzo Motivo: Fatti Ignorati e Carenza di Motivazione

Con gli altri motivi, la società denunciava l’omesso esame di un presunto accordo transattivo, che avrebbe dovuto estinguere il debito, e la nullità della sentenza per motivazione carente, ritenuta troppo sintetica per giustificare la decisione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo importanti chiarimenti procedurali. In primo luogo, ha ribadito che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito. La Corte non può rivalutare le circostanze fattuali già esaminate dai giudici precedenti. La richiesta di una diversa ponderazione degli elementi per la riduzione penale si traduce in una inammissibile richiesta di riesame del merito.

Inoltre, la Corte ha evidenziato come il secondo motivo fosse generico e carente. La ricorrente non aveva specificato dove e come avesse discusso del presunto accordo transattivo nei gradi precedenti. Aspetto decisivo, la Corte ha sottolineato che la sentenza d’appello si basava anche su una seconda ratio decidendi autonoma: la restituzione dei titoli di credito (cambiali) era avvenuta solo dopo l’escussione forzata di una fideiussione bancaria, e non come gesto di liberazione volontaria del debito. Poiché la ricorrente non aveva impugnato questa specifica motivazione, essa era diventata definitiva, rendendo irrilevanti le altre censure.

Infine, anche il terzo motivo sulla presunta assenza di motivazione è stato respinto come manifestamente infondato, poiché la sentenza d’appello, seppur sintetica, esponeva chiaramente il percorso logico-giuridico seguito.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legittimità, non del fatto. Chi intende contestare la misura della riduzione penale decisa da un giudice di merito non può limitarsi a sostenere che la valutazione sia stata iniqua, ma deve dimostrare un errore nell’applicazione della legge o un vizio logico nella motivazione. L’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi autonome che sorreggono una sentenza porta, inoltre, all’inammissibilità del ricorso, consolidando la decisione impugnata.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti per ottenere una maggiore riduzione della penale?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge. Un ricorso che chiede una nuova valutazione delle circostanze fattuali per la riduzione di una penale è inammissibile.

Cosa succede se la sentenza d’appello si basa su più motivazioni autonome (rationes decidendi) e l’appellante ne contesta solo una?
Se anche una sola delle motivazioni è sufficiente a sostenere la decisione e non viene specificamente impugnata, essa diventa definitiva. Di conseguenza, l’intero ricorso viene respinto perché le altre censure diventano irrilevanti.

Quali sono i requisiti per contestare in Cassazione l’omesso esame di un fatto decisivo?
Il ricorrente deve indicare con precisione il ‘fatto storico’ che si presume omesso, il documento o la prova da cui emerge, e deve aver sollevato la questione nei precedenti gradi di giudizio. È inoltre necessario dimostrare che, se quel fatto fosse stato considerato, avrebbe portato a una decisione diversa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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