Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25840 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25840 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4293/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa d all’avv. NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME NOME
– intimata –
avverso la sentenza n. 810/2021 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 19/07/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/09/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato RAGIONE_SOCIALE evocava in giudizio RAGIONE_SOCIALE innanzi il Tribunale di Genova, esponendo di aver acquistato, con atto del 28.2.2001 a rogito del notar COGNOME, un capannone industriale con circostante terreno, intercluso dal 1985, in conseguenza della cessione, da parte del precedente proprietario, di parte del bene ad RAGIONE_SOCIALE, giusta atto del 16.5.1985, a rogito del notar COGNOME, nel quale era stata prevista una servitù di passaggio, pedonale e veicolare, a favore della porzione oggi di proprietà dell’attrice, con fissazione di una penale nel caso di impedimento del diritto di transito. L’attrice chiedeva quindi condannarsi RAGIONE_SOCIALE oggi RAGIONE_SOCIALE a consen tire l’esercizio del diritto di passaggio secondo la previsione contrattuale anzidetta e al risarcimento del danno, parametrato alla penale convenzionalmente stabilita, a fronte dell’impedimento del transito dall’11.5.2001, data della messa in mora, o in subordine dal 19.5.2001, fino alla cessazione dell’ostacolo e della turbativa.
Si costituiva la convenuta, resistendo alla domanda.
Interveniva poi in giudizio RAGIONE_SOCIALE dopo la scadenza dei termini previsti dall’art. 183 c.p.c., allegando che l’attrice aveva comunque accesso alla via pubblica da altro percorso.
Solo in sede di precisazione delle conclusioni, RAGIONE_SOCIALE deduceva di aver demolito, previa apposita D.I.A. presentata al
Comune di Genova, i manufatti impeditivi del transito rivendicato da RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza n. 4727/2008 il Tribunale accoglieva la domanda, condannando RAGIONE_SOCIALE al pagamento della penale convenzionalmente pattuita a fronte dell’impedimento al passaggio.
Con sentenza n. 1049/2013 la Corte di Appello di Genova riuniva i due gravami interposti da RAGIONE_SOCIALE, il primo avverso la decisione originariamente depositata, ed il secondo invece rivolto contro la sentenza corretta dal primo giudice, e li accoglieva in parte, confermando la debenza della penale ma riducendone l’importo.
Detta decisione veniva impugnata in Cassazione e questa Corte, con ordinanza n. 10046/2018, rigettava sia il ricorso incidentale spiegato da RAGIONE_SOCIALE che il ricorso principale interposto da ll’odierna ricorrente.
Con successiva sentenza n. 31195/2019 la stessa Corte di Cassazione accoglieva il ricorso per revocazione proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la propria decisione del 2018, revocandola ed accogliendo, in via rescissoria, il primo motivo del ricorso proposto dall’odierna ricorrente, con conseguente cassazione della decisione di seconde cure e rinvio della causa alla Corte di Appello di Genova per il rinnovato esame. Riteneva in particolare la Suprema Corte che la Corte distrettuale avesse errato nel disporre la riduzione della penale, convenzionalmente stabilita, in assenza di domanda di parte e senza preventiva sollecitazione del contraddittorio sul punto.
Con la sentenza impugnata, n. 810/2021, la Corte di Appello di Genova, in sede di rinvio, confermando la riduzione della penale,
convenzionalmente stabilita in € 2.582,28 per ciascun mese, sino all’importo di € 1.500, in considerazione dell’interesse delle parti e della minor utilità del transito conseguito dalla RAGIONE_SOCIALE
Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE
A seguito di proposta di definizione anticipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la parte ricorrente ha presentato istanza di decisione.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente il collegio dà atto che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte Corte n. 9611/2024 (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 10/04/2024, Rv. 670667), non sussiste alcuna incompatibilità del presidente della sezione o del consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis.1, atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa.
P assando all’esame dei motivi di impugnazione, con il primo di essi viene denunziata la violazione o falsa applicazione degli artt. 101, 112, 113, 114, 324, 336, 345, 384, 394 c.p.c., 2909 c.c. e 24 Cost., nonché la nullità della sentenza e del procedimento, in
relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe reso la propria decisione in contrasto con il principio di diritto fissato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 31195/2019.
In realtà la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso per revocazione proposto ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c. avverso la decisione con la quale erano stati rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale proposti contro la pronuncia di seconde cure, che aveva a sua volta ridotto la penale di cui è causa, ha rilevato che la questione della riduzione, sulla quale non vi era domanda di parte, era stata sollevata dal giudice d’ufficio, senza preventiva sollecitazione del contraddittorio tra le parti sul punto. L’accoglimento del ricorso per revocazione, e la conseguente cassazione, in sede rescissoria, della decisione di seconde cure, aveva dunque riguardato proprio la mancata sollecitazione del contraddittorio su una questione mista, di fatto e di diritto, che era stata rilevata ex officio dalla Corte di Appello.
Il giudice del rinvio, dunque, in perfetta aderenza al principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione e nel pieno rispetto di quanto gli era stato devoluto, ha proceduto ad un nuovo accertamento sul punto, ravvisando l’eccessività della penale e riducendola. Nessuna violazione del dictum della pronuncia della Corte di Cassazione, dunque, è ravvisabile nella fattispecie.
Con il secondo motivo, la società ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt.1063, 1064, 1068, 1174, 1175, 1176, 1321, 1362, 1363, 1366, 1372, 1375, 1382, 1384, 1470, 2909 c.c., 132, 324, 336, 384 e 394 c.p.c., nonché la nullità della sentenza e del procedimento, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe
erroneamente operato la riduzione della penale convenzionalmente pattuita, nonostante il rigetto, sul punto, del ricorso incidentale che era stato a suo tempo proposto da RAGIONE_SOCIALE e la conseguente formazione del giudicato interno. Inoltre, secondo la parte ricorrente, la Corte genovese avrebbe errato nel ravvisare i presupposti dell’art. 1384 c.c., poiché non sarebbe stato assicurato alcun transito in favore della società ricorrente, con conseguente impossibilità di ipotizzare una riduzione della penale in funzione di una parziale esecuzione degli obblighi convenzionali ai quali la stessa era collegata. Il transito, infatti, sarebbe stato esercitato su porzione del fondo diversa da quella convenzionalmente determinata, e dunque il giudice di merito non avrebbe potuto introdurre il giudizio comparativo tra gli interessi delle parti finalizzato alla contestata riduzione dello strumento coercitivo di cui si discute , né avrebbe potuto ravvisare una eccessività dell’importo della penale, in relazione all’inte resse del creditore all’adempimento, posto che RAGIONE_SOCIALE aveva conservato il suo pieno interesse ad ottenere il transito secondo il percorso inizialmente convenuto tra le parti in occasione dell’acquisto del 2001.
Con il terzo motivo, invece, la parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116, 132 c.p.c. e la nullità della sent enza e del procedimento, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, c.p.c., perché la Corte ligure avrebbe erroneamente valorizzato la circostanza che i mezzi della società ricorrente potevano comunque raggiungere la via pubblica. Ad avviso di RAGIONE_SOCIALE infatti, il punto nodale della lite non era rappresentato dalla possibilità di raggiungere la viabilità pubblica, bensì l’accertamento
della natura interclusa del proprio fondo, derivata dal mancato adempimento degli impegni contenuti nell’atto di acquisto del 2001.
Le due censure, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili, poiché con esse si attinge il giudizio di fatto, operato dal giudice del rinvio nei limiti di quanto gli era stato devoluto dalla Corte di Cassazione, in punto di determinazione del quantum della penale. In particolare, l’odierna ricorrente contesta la riduzione operata in sede di rinvio e la valutazione delle circostanze di fatto, tra le quali in particolari l’esistenza valorizzata dalla Corte di merito -di un accesso alternativo alla pubblica via e la sua idoneità, operata nell’ambito della predetta valutazione di congruità del quantum convenzionalmente stabilito a titolo di penale.
La Corte di Appello ha ritenuto che l’importo convenzionalmente stabilito per la penale di cui è causa fosse eccessivo, in ragione del fatto che l’odierna ricorrente, potendo utilizzare un accesso alternativo alla viabilità pubblica, avesse un interesse limitato all’adempimento dell’obbligazione contenuta nel contratto di acquisto del 2001. Trattasi di valutazione in punto di fatto, fondata sull’apprezzamento delle risultanze istruttorie, alla quale la parte ricorrente contrappone una lettura alternativa del compendio istruttorio, senza tener conto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni,
nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16056 del 02/08/2016, Rv. 641328 e Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017, Rv. 644812). Nel caso di specie, infine, la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico -argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, in motivazione, Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639).
Con il quarto ed ultimo motivo, infine, la società ricorrente si duole della violazione degli artt. 91, 92, 112, 132 c.p.c., 1382, 1384 c.c. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n n.
3 e 4, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente configurato una sua parziale soccombenza.
La censura è infondata.
La Corte di Appello ha regolato le spese sulla base del criterio dell’esito complessivo della lite, compensandole in parte in ragione dell’accoglimento solo parziale delle domande proposte dalla odierna ricorrente. La circostanza che RAGIONE_SOCIALE non avesse spiegato appello incidentale avverso la decisione di prime cure non è rilevante, posto che, in presenza di un contenzioso particolarmente articolato, correttamente il giudice del rinvio ha operato il governo delle spese in relazione al suo esito finale, compensandole per la metà e ponendole, per la restante parte, a carico di RAGIONE_SOCIALE La statuizione è coerente con i principi enunciati da questa Corte, secondo cui il governo delle spese del giudizio, quando viene riformata in tutto o in parte la sentenza di primo grado, va operato tenendo conto dell’esito complessivo del giudizio, anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico motivo di impugnazione (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9064 del 12/04/2018, Rv. 648466). Né è possibile sindacare in sede di legittimità la decisione del giudice di merito di compensare in parte le spese del doppio grado di giudizio, posto che ‘ La valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, c.p.c., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2149 del 31/01/2014 Rv. 629389; conf. Cass.
Sez. 2, Sentenza n. 30592 del 20/12/2017, Rv. 646611; nonché Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1703 del 24/01/2013, Rv. 624926 e Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017, Rv. 643477).
Infine, va ribadito che ‘In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti’ (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017, Rv. 645187; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 406 del 11/01/2008, Rv. 601214). Poiché nella fattispecie la società odierna ricorrente non è risultata, all’esito del giudizio, totalmente vittoriosa, la statuizione sulla parziale compensazione delle spese non è censurabile in sede di legittimità.
In conclusione, il ricorso dev ‘ essere rigettato.
Le spese di lite, regolate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis
c.p.c. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. , con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma -nei limiti di legge -in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di quella controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma ulteriore pari a quella sopra liquidata per compensi, nonché al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile in data 18 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME