Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7000 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7000 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 30596/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (EMAIL);
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dal l’ AVV_NOTAIO (EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza n. 482/2021 della Corte d’appello di Ancona depositata il 27 aprile 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE con citazione del 3 febbraio 2014 conveniva RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di Ancona, esponendo di avere con essa stipulato un contratto di affiliazione commerciale per un supermercato, sottoscrivendo anche una polizza fideiussoria dalla Banca MPS, e che poco dopo l’avvio della e secuzione del franchising si era avveduta di perdite nella gestione del supermercato e aveva constatato che i prezzi non erano verificabili. Informava controparte, ma la situazione non migliorava, emergendo anzi nuove anomalie. Chiedeva pertanto lo svincolo della polizza e comunicava di voler instaurare un giudizio; controparte, essendo in realtà a questo punto il contratto già risolto, dichiarava di risolverlo per inadempimento di NOME, escuteva la polizza dalla banca, incassava la penale e parte del premio di comarketing , il tutto per un una somma di euro 103.410,26.
Esposto quanto sopra, NOME chiedeva di dichiarare inefficaci la clausola penale di cui all’articolo 9.3 del contratto e la clausola di cui all’articolo 2 relativa agli accordi commerciali allegati al contratto (in ordine alla restituzione dei premi di comarketing ), di annullare il contratto ai sensi dell’ articolo 1439 c.c. o di dichiararlo risolto per inadempimento di controparte, condannando questa comunque a risarcirle i danni; in subordine, chiedeva la riduzione della penale ex articolo 1384 c.c.
Controparte si costituiva, resistendo.
Il tribunale, con sentenza n. 122/2017, rigettava le domande attoree.
NOME proponeva appello, cui resisteva controparte, divenuta RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello di Ancona, con sentenza n. 482/2021, respingeva il gravame.
NOME ha presentato ricorso, articolato in tre motivi, da cui NOME COGNOME si è difesa con controricorso.
Considerato che:
1.1 Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo riguardo all’inadempimento contrattuale di controparte, nonché, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1375, 1453, 1455 c.c. e l. 129/2004.
Si argomenta su un preteso ‘ritardo di SMA’ nel risolvere le criticità del software gestionale che aveva fornito; al riguardo una e-mail di controparte del 26 giugno 2012 NOME valenza confessoria. Non sarebbero stati inoltre considerati due documenti (nn.8 e 9) e si argomenta ampiamente sulle ‘anomalie’ dei prezzi, attribuendo infine ‘negligenza grave, perché tecnica e qualificata’ a controparte, pure in relazione ai suoi obblighi di cui alla l. 129/2004 (in particolare la necessaria tempestività) e agli articoli 1375 e 1176 c.c.
1.2 Si tratta di un esteso motivo (illustrato in dieci pagine del ricorso) che, per giungere a riferimenti normativi nella parte finale, si sviluppa in realtà su una serie di censure direttamente fattuali, non identificando neppure, quindi, quella specifica che sarebbe riconducibile all’articolo 360 n.5 c.p.c.
La pretesa confessione del messaggio del 26 giugno 2012, poi, non è affatto tale, perché pone il difetto cui attiene come una mera eventualità (‘SMA darà la disponibilità a risolvere ciò che risulterà errato’, ma dopo ‘le verifiche’: si veda a pagina 20 del ricorso).
Il motivo, in conclusione, patisce inammissibilità.
2.1 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., nonché, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo quanto all’inadempimento contrattuale di NOME; e ancora denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1375, 1453, 1455 c.c. e l. 129/2004.
Si ricostruisce la vicenda dell’esecuzione del contratto (pagine 29 -32 del ricorso) per concludere che NOME si sarebbe comportata secondo buona fede e in modo collaborativo e che pertanto (susseguente pagina 33) il giudice d’appello non NOME correttamente applicato gli articoli 1375 e 1455 c.c., per di più offrendo una motivazione contraddittoria o comunque carente per ‘omesso esame su un punto decisivo’.
2.2 Come il motivo precedente, anche qui viene richiesto un accertamento di merito alternativo rispetto a quello effettuato dal giudice d’appello ponendolo come base delle pretese violazioni normative. È pertanto parimenti inammissibile.
3.1 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione del principio del giudicato e dell’articolo 1384 c.c.
Il giudice d’appello ha rigettato la domanda di riduzione della penale di cui all’articolo 9.3 del contratto ritenendo e qui NOME errato – che NOME non avesse censurato la motivazione con cui il primo giudice aveva rigettato tale domanda subordinata. A l contrario, l’attuale ricorrente av rebbe censurato il tribunale per non avere tenuto conto del suo adempimento delle ulteriori obbligazioni contrattuali, e quindi della sua correttezza; vengono trascritte le pagine 2223 dell’appello. Se ne deduce che la corte territoriale NOME appunto errato nel ritenere formatosi un giudicato sull’interpretazione compiuta dal tribunale sulla clausola penale.
Inoltre, il giudice d’appello ha affermato che l’attuale ricorrente non av rebbe chiesto la riduzione della penale per l’eccessiva onerosità, aggiungendo: ‘né essa è rilevabile d’ufficio’. Invece NOME NOME chiesto la riduzione ai sensi dell’articolo 1384 c.c., ‘senza dunque limitare la domanda alla prima o alla seconda fattispecie’ dell’articolo; nella conclusionale del primo grado av rebbe poi espressamente definito ‘assolutamente sproporzionata la previsione unilaterale della penale’, giudicandola ‘com unque profondamente ingiusta, nell’ an e nel quantum ‘; nella conclusionale del secondo grado , infine, si sarebbe ancora lamentata della ‘eccessività della penale’, elencando le proprie
obbligazioni adempiute che a suo avviso sostenevano l’eccessività, e osservando che ‘diversamente’ vi sarebbe stato un ‘indebito arricchimento’ di controparte, già pagata per tutte le forniture.
Non sarebbe poi vero che il giudice non abbia il potere di ridurre d’ufficio la penale, se la parte interessata abbia adempiuto i suoi oneri di allegazione e di prova per cui le circostanze rilevanti siano ex actis (si invoca Cass. 24166/2006); e le allegazioni nel caso in esame sarebbero sussistenti.
3.2 Il giudice d’appello effettivamente erra (oltre ad errare sul diniego del potere d’ufficio riguardo al l’entità della penale) affermando che si sarebbe formato giudicato in ordine alla decisione del primo giudice sulla penale: emerge proprio da quanto la stessa corte territoriale trascrive della sentenza del tribunale nella penultima pagina della propria sentenza (riportata correttamente nel ricorso nelle pagine 35-36).
In realtà , secondo la corte territoriale, il motivo d’appello non investiva l’interpretazione del primo giudice sulla penale applicabile oltre all’ipotesi dell’inadempimento dei crediti già scaduti (si veda la sentenza d’appello, nella penultima pagina, laddove nell’ampio passo estratto dalla prima sentenza emerge l’affermazione che la penale ‘è diretta a compensare un danno ulteriore rispetto all’eventuale mancato pagamento dei crediti scaduti’); ma è ovvio che la penale era nel caso in esame applicabile. Diversa però è la questione della sua ri ducibilità, ai sensi proprio dell’articolo 1384 c.c., su cui, a ben guardare, neanche il tribunale si era pronunciato, limitandosi a determinare il quantum della penale stessa come contrattualmente prevista, previo appunto riconoscimento che la penale ‘è diretta a compensare un danno ulteriore rispetto all’eventuale mancato pagamento dei crediti scaduti’.
D’altronde, invocando l’articolo 1384 c.c. si include automaticamente anche la classica fattispecie della penale eccessiva, qualora gli argomenti di chi invoca la norma non siano limitati all’obbligazione eseguita in parte : e qui, ictu oculi , ciò non è. Pertanto il giudice d’appello ha violato proprio il principio del giudicato ed è quindi incorso nel l’ omessa pronuncia ex articolo 112 c.p.c.
Il motivo, dunque, va accolto.
In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente al terzo motivo, e conseguentemente la sentenza impugnata deve cassarsi per quanto di ragione con rinvio, anche per le spese processuali, alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il terzo motivo del ricorso, disattesi gli altri, cassa la sentenza per quanto di ragione e rinvia, anche per le spese processuali, alla Corte d’appello di Ancona.
Così deciso in Roma il 4 marzo 2024