Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33249 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33249 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19374/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME
Pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la RAGIONE_SOCIALE della CORTE di CASSAZIONE,
Pec:
-controricorrente-
avverso la SENTENZA DELLA CORTE D’APPELLO DI SALERNO n. 565/2021 depositata il 21/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’1 1/07/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE Ruggiero’, operante nel settore sanitario, conduceva in locazione un immobile sito in Cava dei Tirreni che, per una parte minore, era locato al Centro di RAGIONE_SOCIALE; la RAGIONE_SOCIALE, determinatasi ad effettuare opere di manutenzione straordinaria della struttura che coinvolgevano l’intero edificio, stipulò con il Centro una prima scrittura privata, in base alla quale il Centro riceveva in permuta – per il tempo necessario ai lavori e in luogo della porzione di immobile locata- alcuni ambienti siti al lato sinistro del primo piano fuori terra dell’immobile; con un successivo accordo il Centro acconsentì a restare negli spazi originari, parzialmente ridotti a causa del completamento dei lavori, con la previsione che l’intera porzione locata sarebbe stata riconsegnata entro un termine di 45 giorni, e che, per ogni giorno di ritardo, sarebbe stata applicata una penale pari ad € 77,50 e complessivamente non superiore ad € 27.800,00.
Il Centro, allegando di aver ricevuto il bene in consegna con 233 giorni di ritardo e ritenendosi creditore della complessiva somma di € 43.503,00, propose ricorso per decreto ingiuntivo al Tribunale di Salerno perché ingiungesse all’RAGIONE_SOCIALE il pagamento della relativa somma; a seguito di opposizione dell’intimata la quale, tra le altre difese, sostenne che l’applicazione della penale fosse del tutto priva di fondamento, avendo il Centro trasferito la propria attività altrove, e dunque non avendo subìto alcun danno, il Tribunale di Salerno ritenne che la riconsegna della porzione dell’immobile fosse avvenuta in conformità alle pattuizioni intervenute tra le parti e che la previsione della penale fosse ingiustificata in quanto la società non aveva subìto danni; accolse integralmente l’opposizione e revocò il decreto ingiuntivo.
A seguito di appello del Centro, che chiese una rivalutazione delle prove al fine di dimostrare che la riconsegna non era stata tempestiva e
che la penale era, invece, giustificata e comunque applicabile a prescindere dalla prova del danno, la Corte d’Appello di Salerno, con sentenza n. 565 del 21/4/2021, ha accolto il gravame, ritenendo che la documentazione prodotta non consentisse di ritenere provata la restituzione dell’immobile né tantomeno l’offerta formale del medesimo, utile a costituire la mora del creditore; che la riconsegna fosse avvenuta in ritardo e che la penale dovesse essere applicata, esonerando la parte dalla prova sull’esistenza del danno e del suo ammontare.
Quanto al potere del giudice di ridurre la penale ai sensi dell’art. 1384 c.c., la corte ha ritenuto che lo stesso avrebbe potuto essere esercitato solo se la parte obbligata al pagamento avesse correttamente allegato e provato i fatti dai quali potesse evincersi l’eccessività della penale, allegazione che era del tutto mancata.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Resiste il Centro di RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis. 1 c.p.c.
Il P .G. ha depositato conclusioni scritte nel senso dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso e della cassazione in parte qua con rinvio della impugnata sentenza.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che:
con il primo motivo – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, difetto di motivazione in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. – la ricorrente lamenta che la corte del merito abbia dato rilevanza al compendio probatorio interpretandolo in senso favorevole al Centro di Radiologia, quando, invece, nessuna delle note prodotte in giudizio
proverebbe il ritardo di Artemisia nella riconsegna della porzione di immobile occupata.
Il motivo deduce la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c., nella versione anteriormente vigente la modifica dell’art. 54 d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, ed è effettivamente articolato nella logica del medesimo, sul versante della c.d. decisività allora riferita al ‘punto decisivo’. Esso, al di là di pur non pochi dubbi sulla pretesa decisività del punto individuato dalla ricorrente e dell’erronea intestazione del motivo- si risolve in una sollecitazione ad una diversa valutazione delle emergenze probatorie in alcun modo riconducibile all’attuale n. 5 dell’art. 360 c.p.c. nell’esegesi datane da Cass., Sez. Un., n. 8053 e 8054 del 2014.
Fra l’altro – lo si osserva ad abundantiam – nemmeno dette risultanze sono indicate nel rispetto dell’art. 366 n. 6 c.p.c. quanto all’onere di localizzazione in questo giudizio di legittimità (e ciò neppure alla stregua di quanto stabilito da Cass., Sez. Un., n. 22726 del 3/11/2011).
Il Collegio rileva, dunque, l’inammissibilità del motivo che sollecita una rivalutazione del compendio probatorio a fronte di un apparato motivazionale solido, rispettoso del dettato costituzionale e incentrato sul rilevo per cui non vi erano elementi in grado di di comprovare che l’RAGIONE_SOCIALE avesse invitato il Centro, anche solo informalmente, a riprendere la detenzione dei locali. E’ evidente infatti che la richiesta di rivalutazione delle prove testimoniali è volta ad evocare, da parte di questa Corte, il controllo sull’attendibilità e sulla concludenza delle prove, nonché la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti, scelta rimessa alla valutazione del giudice del merito e non idoneamente censurata dalla ricorrente.
Con il secondo motivo – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, difetto di motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1384 c.c. in relazione agli artt. 360, n. 3 e 5 c.p.c. – la ricorrente lamenta che il giudice del merito ha escluso la possibilità di ridurre la penale ritenendo che, avendo essa la funzione di liquidazione anticipata del risarcimento del danno da ritardo, la parte in favore della quale era prevista,
fosse esonerata dalla prova dell’esistenza del danno e del suo ammontare; impugna in particolare la statuizione secondo cui il potere del giudice di ridurre la penale, anche d’ufficio, non poteva nel caso in esame essere esercitato in mancanza di elementi atti a sostenere il presupposto per la riduzione. Questa statuizione e l’applicazione tout court della penale quale pattuita tra le parti -che ne è derivata- ad avviso della ricorrente, avrebbe determinato una ingiustificata misura a carico della NOME, integrando una sorta di danno punitivo.
Il secondo motivo nuovamente deduce lo stesso erroneo paradigma dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (anteriormente vigente) e, quanto alla deduzione della violazione e falsa applicazione dell’art. 1384 c.c., si risolve nell’apodittica postulazione che il potere di riduzione della penale si sarebbe dovuto esercitare perché la stessa controparte, come emergerebbe da un passo della sua conclusionale, aveva continuato a svolgere la sua attività <>.
Sotto questo secondo profilo si rileva che – anche al di là della circostanza che il preteso fatto giustificativo non venne prospettato dalla ricorrente, posto che il potere di riduzione è esercitabile anche d’ufficio secondo l’insegnamento di questa Corte a S.U. n. 18128 del 13/9/2005 – non è dato comprendere (ed il rilievo è pertinente anche quanto alla prospettazione assunta dal P.G., che non se ne fa carico) come potrebbe spiegare rilievo, ai fini della riduzione della penale, una circostanza del tutto estranea al rapporto fra le parti e relativa ad una attività diversamente localizzata della resistente, evocata del tutto genericamente ed anzi già in essere prima dell’inizio del rapporto di cui è processo e conosciuta, secondo quanto affermato dalla stessa resistente (vedi pag. 12 del controricorso, primi tre righi), dalla ricorrente.
Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di una somma, a titolo di contributo unificato, pari a quella versata per il ricorso, se dovuta.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione in favore della parte controricorrente, che liquida in € 3.000 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile