CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE FAMIGLIA
La Corte, così composta NOME COGNOME Presidente relatore NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere riunita in camera di consiglio, ha emesso il seguente
D E C R E T O _N._R.G._00050348_2024 DEPOSITO_MINUTA 09_06_2025_ PUBBLICAZIONE_09_06_2025
nel procedimento in secondo grado iscritto al n. R.G.V.G. 50348
dell’anno 2024 riservato in decisione all’udienza del 16.01.2025, sostituita con deposito di note scritte, vertente t r a , rappresentata e difesa dall’avv. per procura allegata al reclamo reclamante rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME per procura allegata alla comparsa di costituzione reclamato con la partecipazione del Procuratore Generale oggetto:
reclamo avverso il decreto ex art. 710 c.p.c. del Tribunale di Latina n. 35/2024 reso nel proc. n. R.G. 1744/2022 e pubblicato il 22.02.2024 che con ricorso depositato il 27.6.2022 adiva il Tribunale di Latina per richiedere, in revisione delle condizioni di divorzio stabilite con sentenza dello stesso Tribunale n. 2050/2011, la revoca degli assegni dovuti alla coniuge divorziata per lei stessa (100 euro mensili) e per il mantenimento della figlia (400 euro mensili);
, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda;
a definizione del procedimento, con il decreto ex art. 9 legge 898/70 indicato in epigrafe, il Tribunale, accogliendo la domanda, revocava entrambi gli assegni a decorrere dal deposito del ricorso e compensava tra le parti le spese processuali;
con ricorso depositato il 4.3.2024 la ha proposto reclamo per ottenere, in riforma del provvedimento impugnato, il rigetto della domanda di revisione introdotta dalla controparte, lamentando l’erroneità della valutazione del Tribunale in merito sia al miglioramento delle proprie condizioni economiche sia al raggiungimento dell’autonomia economica della figlia;
ha chiesto altresì la condanna della controparte al pagamento delle spese di lite;
costituitosi con comparsa depositata il 30.9.2024, ha preliminarmente eccepito la tardività del reclamo e ne ha comunque contestato il fondamento nel merito, chiedendone il rigetto;
con il decreto di fissazione dei termini per il contraddittorio le parti sono state invitate ad integrare la documentazione sulle rispettive capacità economiche e autorizzate a depositare note successive alla produzione istruttoria richiesta;
il Procuratore Generale non ha avanzato osservazioni non ricorrendo interessi di soggetti minori o incapaci;
l’udienza del 16.1.2025 è stata sostituita con trattazione scritta ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c.;
nelle note a tal fine depositate i procuratori delle parti hanno ribadito le proprie conclusioni;
la Corte ha deciso la causa nella camera di consiglio di seguito indicata;
Rilevato che la contestazione di inammissibilità del reclamo avanzata dal reclamato è infondata:
in vigenza della disciplina processuale precedente alla riforma introdotta con il d. lgs.vo 28.2.2023, il termine perentorio di dieci giorni per la proponibilità del reclamo decorre esclusivamente dalla notificazione del provvedimento, intendendosi per tale la notifica ad istanza di una delle parti, che nella specie non è stata effettuata, e non dalla comunicazione da parte della cancelleria, fattispecie inidonea, alla stregua del dettato normativo, a far decorrere il predetto termine;
nel merito, il reclamo è in parte fondato e viene accolto per quanto di ragione;
–assegno divorzile il Tribunale ha revocato l’assegno divorzile in favore della reclamante accertando che negli anni successivi alla separazione e al divorzio la risultava essersi più volte dimessa da rapporti di lavoro, anche a tempo indeterminato, ed aver ripetutamente svolto lavori non regolarmente denunciati;
tale condotta, e in particolare le ripetute dimissioni da posti di lavoro, tenuto conto dell’importo esiguo dell’assegno divorzile, dimostrava -secondo il primo giudice– una concreta capacità lavorativa in capo alla ex-coniuge o comunque l’imputabilità a quest’ultima della situazione di non occupazione da ultimo dedotta;
la decisione non è censurabile;
dagli atti di causa è invero ricostruibile che:
lo e la contraevano matrimonio nel giugno 1998, si separavano nel 2001, ottenevano la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio con sentenza del luglio 2006;
già in sede di pronuncia sulle condizioni economiche connesse al divorzio, con la sentenza del luglio 2011, attribuendo alla l’assegno divorzile nell’esiguo importo di 100,00 euro mensili, il Giudice del divorzio evidenziava la giovane età della (36 anni all’epoca) – 31 anni all’epoca della pronuncia sullo status e 26 anni all’epoca della cessazione della convivenza coniugale-, l’età non più infante della figlia presso lei collocata (12 anni), il sostegno della nonna materna convivente per la gestione della minore, l’attività di lavoro pregressa al matrimonio (quale cassiera e segretaria), al fine di ritenere la richiedente in obbligo e comunque nella possibilità di attivarsi nel reperimento di attività di lavoro e quindi di raggiungere una propria autonomia economica; ciò è in concreto avvenuto poiché la non regolari, dimettendosi ripetutamente da rapporti di lavoro, anche a tempo indeterminato;
correttamente, dunque, il Tribunale, accertato, a distanza di molti anni, il concretizzarsi della capacità di lavoro prevista già con la sentenza del luglio 2011, ha ritenuto cessata la funzione assistenziale dell’assegno divorzile a suo tempo riconosciuto, strettamente correlata ad un primo tempo necessario all’avvio e reperimento di una attività di lavoro e non altrimenti giustificabile, considerata la brevità della convivenza coniugale e la giovanissima età della parte al momento in cui detta convivenza era venuta meno; né suddette valutazioni risultano inficiate in ragione delle recenti difficoltà dedotte dalla reclamante relativamente alla propria condizione di salute, per le quali ella avrebbe inoltrato domanda di riconoscimento del trattamento di invalidità:
manca invero l’accertamento di inabilità fisica al lavoro da parte dell’ente competente, a fronte di un presupposto davvero di minima significatività quanto alla durata della convivenza coniugale che giustifichi la permanenza dell’obbligo di solidarietà post-coniugale;
-mantenimento figlia il Tribunale ha, inoltre, revocato l’assegno paterno per il mantenimento della figlia, ritenendo quest’ultima ormai inserita nel mondo del lavoro e titolare di una capacità di reddito tale da poter essere considerata economicamente autonoma;
a tale convincimento, in particolare, è giunto sulla base di una presunzione fondata sui riscontri parziali relativi agli emolumenti mensili percepiti dalla figlia, documentati dalla madre e sulla mancata ulteriore produzione istruttoria richiesta nel giudizio;
la decisione è censurabile;
la Corte ritiene, invero, non condivisibile la valutazione della sopraggiunta indipendenza economica della figlia dal momento che l’istruttoria compiuta in entrambi i gradi di giudizio consente di dimostrare, al più, una parziale autonomia della stessa ovvero un’autonomia in divenire:
oggi venticinquenne, risulta avere lavorato come operaia in un esercizio commerciale, a far data dal dicembre 2021 e sino al settembre 2023, con contratti a tempo determinato e ad orario parziale ripetutamente prorogati, percependo un corrispettivo mensile medio di 750,00 euro;
dunque è dimostrato che la figlia abbia svolto un’attività di lavoro e sia proiettata ormai verso il mondo del lavoro, non può invece ritenersi dimostrato, in ragione delle caratteristiche del rapporto di lavoro -non stabile e ad orario parziale- che la condizione raggiunta possa consentire alla figlia una vita economicamente autonoma;
NOME può invero considerarsi nella condizione, comune a molti giovani, di inserimento non semplice in un mondo del lavoro caratterizzato da precarietà del posto di lavoro e conseguente maggiore difficoltà di autonomia economica;
non è perciò giustificata la revoca ma una riduzione del contributo paterno, che viene equamente rideterminato nell’importo mensile di 250,00 euro con decorrenza dalla domanda introduttiva del giudizio in primo grado;
la decisione di primo grado va pertanto in detti termini riformata;
il tenore della decisione, tenuto conto dell’esito complessivo della lite, giustifica l’intera compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio;
p.q.m.
la Corte definitivamente pronunziando, in parziale accoglimento del reclamo proposto da nei confronti di e in parziale riforma del decreto n. 35/24 del Tribunale di Latina pubblicato il 22.2.2024, così dispone:
-fermi restando onere di adeguamento automatico al costo della vita e termini di pagamento stabiliti nelle condizioni di divorzio, ridetermina nell’importo mensile di 250,00 euro l’assegno per il mantenimento della figlia dovuto da a decorrere dal mese successivo al deposito del ricorso in primo grado;
-rigetta il reclamo nel resto;
-compensa interamente tra le parti le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
Manda alla cancelleria per gli ulteriori adempimenti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione, il 29.5.2025 Il Presidente estensore NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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