Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7109 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7109 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
Oggetto: Appalto – Rideterminazione del prezzo.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19530/2019 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME -ricorrente – contro
CONDOMINIO INDIRIZZO-B-C-D, in Civitavecchia -intimato – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma, n. 225/2019, pubblicata il 9/1/2019 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/1/2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Civitavecchia, il Condominio di INDIRIZZO, in Civitavecchia, perché rettificasse il contratto d’appalto, sottoscritto il 21/05/2010, per lavori di manutenzione straordinaria di demolizione e ripristino dell’impermeabilizzazione del lastrico
solare per le palazzine A-B-C-D, accertando che l’importo dovuto era di € 100.485,94, oltre Iva, anziché di € 63.496,60, come, invece, erroneamente indicato in contratto, con condanna del convenuto al pagamento della differenza tra quanto rettificato e quanto corrisposto.
Con sentenza n. 570/2017, il Tribunale di Civitavecchia respinse la domanda.
Il giudizio di gravame, instaurato dalla medesima Società, si concluse, nella resistenza del Condominio appellato, con la sentenza n. 225/2019, pubblicata il 09/01/2019, con la quale la Corte d’Appello di Roma dichiarò inammissibile l’appello, per non avere l’appellante intaccato, sotto il profilo logico-giuridico, il punto di motivazione con cui il Tribunale aveva escluso la fondatezza della domanda in relazione al tenore letterale dell’accordo – che riportava l’importo del corrispettivo preventivato per ciascuna coppia di palazzine – e per avere proposto una domanda nuova, allorché aveva chiesto la rideterminazione del corrispettivo in applicazione dell’art. 1657 cod. civ. o, per analogia, dell’art. 1537 cod. civ., e lamentato la mancata corresponsione di una parte del prezzo, nella misura di € 4.600,00, condannando la società RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite.
Contro la predetta sentenza, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Il Condominio INDIRIZZO-B-C-D, in Civitavecchia, è rimasto intimato.
Considerato che :
1.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza o del procedimento con riferimento agli artt. 342 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.; la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,
1363, 1371 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello dichiarato inammissibile il gravame ai sensi dell’art. 342 cod. civ., nella parte in cui si chiedeva la riforma della sentenza di primo grado, richiamando la fattispecie dell’errore di calcolo, poiché l’impugnazione non avrebbe intaccato, sotto il profilo logico-giuridico, il punto di motivazione con cui il Tribunale aveva escluso la fondatezza dell’assunto dell’impresa edile circa il tenore letterale dell’accordo, che riportava l’importo del corrispettivo, preventivato a corpo per ciascuna coppia di palazzine; il Tribunale aveva rigettato la richiesta dell’appaltatore senza considerare il principale argomento dal medesimo portato e cioè il preventivo approvato dall’assemblea condominiale e allegato al contratto di appalto per formarne parte integrante. Ad avviso della ricorrente, la Corte d’Appello non aveva compreso che il preventivo era stato redatto non sulle uniche due palazzine di cui era composto il condominio, ma per ciascuna coppia di palazzine, come evincibile dagli allegati al contratto, così omettendo sia di valutare il fatto decisivo dato dalla circostanza che il corrispettivo di euro 63.496,60 -indicato nel preventivo allegato al contratto -si riferisse a ciascuna coppia di palazzine e che vi fosse contrasto tra i diversi importi contenuti nel contratto d’appalto, sia di indagare le reali intenzioni dei contraenti, sia di pronunciarsi sulla domanda proposta.
1.2 Il primo motivo è inammissibile.
Come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, nel giudizio di cassazione, i motivi che, a fronte della dichiarazione di inammissibilità del gravame, attingano direttamente l’apprezzamento di merito operato dal giudice d’appello, senza censurare l’ error in procedendo cui questi è incorso, così da rimuovere la ragione in rito che aveva impedito la valutazione nel merito delle censure mosse con l’atto di appello, determinano
l’inammissibilità del ricorso, derivando da tale omissione il passaggio in giudicato della statuizione di inammissibilità e il conseguente venir meno dell’interesse della parte a far valere in sede di legittimità l’erroneità delle ulteriori statuizioni della decisione impugnata (Cass., Sez. 2, 11/08/2023, n. 24550).
Pertanto, la parte rimasta soccombente che ricorra in cassazione contro una siffatta sentenza, ove intenda impedirne il passaggio in giudicato nella parte relativa alla dichiarata inammissibilità, ha l’onere di denunziare l’errore in cui è incorsa la sentenza gravata e di dimostrare che il motivo d’appello, ritenuto non specifico, aveva invece i requisiti richiesti dell’art. 342 cod. proc. civ. (Cass., Sez. 3, 04/07/2023, n. 18776; Cass., Sez. 2, 20/08/2019, n. 21514).
Tale deduzione, integrante error in procedendo , legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, purché, però, sia ammissibile il motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, cod. proc. civ., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass., Sez. L, 04/02/2022, n. 3612; Cass., Sez. 1, 23/12/2020, n. 29495).
Il ricorrente non è, perciò, dispensato dall’onere di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando
anche puntualmente, nello stesso ricorso per cassazione in ragione del principio di autosufficienza di esso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto al giudice d’appello, riportandone il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità, non potendo limitarsi a rinviare all’atto di appello (Cass., Sez. 1, 06/09/2021, n. 24048; Cass., Sez. 1, 23/12/2020, n. 29495; Cass., Sez. 5, 29/09/2017, n. 22880).
Nella specie, la ricorrente, dopo avere lamentato la declaratoria di inammissibilità dell’appello per non avere attinto la ratio decidendi della sentenza di primo grado, è passata direttamente ad esaminare i motivi posti a fondamento della propria pretesa, descrivendo le questioni relative ai contenuti del contratto di appalto, ai preventivi esibiti e alla determinazione del prezzo, nonché alla delibera condominiale, senza mai precisare in che termini avesse proposto il motivo di gravame, ciò che comporta l’inammissibilità della censura.
2.1 Col secondo motivo, si lamenta la nullità della sentenza o del procedimento, con riguardo agli artt. 342 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ.; l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ.; e la violazione o falsa applicazione degli artt. 1430 e 1431 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., perché la Corte d’Appello, ritenuta ammissibile l’impugnazione, avrebbe dovuto statuire anche sul resto della domanda, posto che il prezzo di euro 63.496,60, contenuto nel preventivo allegato al contratto di appalto, era riferito alle misure di una sola delle due palazzine, mentre i lavori commissionati ed eseguiti riguardavano entrambe le palazzine, sicché, non avendolo fatto, aveva omesso di confrontare il diverso numero di palazzine considerate nel preventivo, rispetto a quelle
indicate nel testo del contratto, benché il prezzo da pagare fosse doppio rispetto a quello ritenuto dalla controparte.
2.2 Il secondo motivo è inammissibile, atteso che, passando in giudicato la statuizione di inammissibilità, pronunciata dalla Corte d’Appello, per effetto della reiezione della prima censura, viene meno l’interesse della ricorrente a far valere in questa sede le ulteriori statuizioni della decisione impugnata o le omissioni sulla questione di merito nelle quali sarebbe incorso il giudice di merito (si veda sul punto Cass., Sez. 2, 11/8/2023, n. 24550).
3.1 Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento agli artt. 345 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., e la violazione o falsa applicazione dell’art. 1657 cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello dichiarato inammissibile la richiesta di applicazione dell’art. 1657 cod. civ., in quanto domanda nuova, siccome proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale di primo grado, senza considerare che tale norma avrebbe dovuto essere applicata d’ufficio in quanto afferente all’interpretazione del contratto.
3.2 Il motivo è infondato, anche se deve procedersi alla correzione della motivazione.
Infatti, questa Corte, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 cod. proc. civ., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo , quale la declaratoria di inammissibilità per novità della domanda, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in
fatto (Cass. Sez. U, 2/2/2017, n. 2731; Cass., Sez. 1, 15/5/2023, n. 13161).
L’art. 1675 cod. civ., invocato dalla ricorrente, stabilisce, infatti, che ‘ Se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è determinata dal giudice ‘.
Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto ai sensi della norma citata, che è esercitabile solo ove non si controverta sulle opere eseguite dall’appaltatore, atteso che, in tal caso, questi deve provare l’entità e la consistenza delle opere, non potendo il giudice stabilire il prezzo di cose indeterminate né consentire all’attore di sottrarsi all’onere probatorio che lo riguarda (Cass., Sez. 3, 07/09/2022, n. 26365; Cass, Sez. 2, 13/09/2016, n. 17959), postula però che le parti non ne abbiano pattuito la misura, né stabilito il modo per calcolarlo o comunque fornita la prova dell’entità del compenso o della sua congruità alla stregua della particolare natura e dell’entità dell’opera stessa, giacché, nell’appalto, la mancanza del corrispettivo non è causa di nullità del contratto, in deroga all’art. 1346 cod. civ. (Cass., Sez. 3, 16/05/2006, n. 11364; Cass., Sez. 2, 30/08/2004, n. 17386; Cass., Sez. 2, 28/07/2000, n. 9926; Cass., Sez. 2, 05/04/2000, n. 4192), essendo sufficiente, ai fini dell’insorgere del diritto dell’appaltatore al suo pagamento, l’accettazione dell’opera da parte del committente, stante il disposto dell’art. 1665, ultimo comma, cod. civ. (Cass., Sez. 2, 20/04/1994, n. 3742).
Il potere del giudice di determinare il corrispettivo dell’appalto ai sensi dell’art. 1657 cod. civ., essendo integrativo della volontà negoziale e avendo carattere sussidiario, sussiste, dunque, soltanto quando nel contratto non siano stati stabiliti specifici criteri di determinazione del quantum con riferimento a precisi prezzi
unitari, mentre esso non opera nel caso in cui, essendo certi i detti elementi per essere stati indicati in contratto, debba sopperirsi all’inerzia probatoria dell’appaltatore in ordine all’entità delle opere che egli assume di aver compiuto e delle quali richiede il pagamento (Cass., Sez. 2, 29/3/1989, n. 1511; Cass., Sez. 1, 28/02/1989, n. 1094; Cass., Sez. 2, 28/04/1988, n. 3208).
E’ allora evidente che, vertendosi, nella specie, in materia di pagamento del prezzo dell’appalto, il giudice avrebbe potuto, anche senza esplicita domanda della parte, provvedere alla determinazione del prezzo ai sensi della norma invocata dalla ricorrente, se non fosse che le parti hanno in questo caso pattuito il prezzo, siccome chiaramente indicato nel contratto, come rimasto accertato nella fase di merito.
Per tali motivi, la censura deve considerarsi infondata.
4.1 Con il quarto motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento agli artt. 345 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., e la violazione o falsa applicazione dell’art. 1537 cod. civ., anche con riferimento all’art. 12 Preleggi, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello dichiarato inammissibile la richiesta di applicazione dell’art. 1537 cod. civ., in quanto domanda nuova, siccome proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale di primo grado, senza considerare che tale norma avrebbe dovuto essere applicata d’ufficio in quanto afferente all’interpretazione del contratto.
4.2 Il quarto motivo è infondato, sebbene debba correggersi anche in questo caso la motivazione della sentenza.
La ricorrente pretende infatti di applicare alla specie l’art. 1537 cod. civ., che, nello stabilire che ‘ quando un determinato immobile è venduto con l’indicazione della sua misura e per un prezzo stabilito in ragione di un tanto per ogni unità di misura, il
compratore ha diritto a una riduzione, se la misura effettiva dell’immobile è inferiore a quella indicata nel contratto ‘ e ‘ Se la misura risulta superiore a quella indicata nel contratto, il compratore deve corrispondere il supplemento del prezzo, ma ha facoltà di recedere dal contratto qualora l’eccedenza oltrepassi la ventesima parte della misura dichiarata ‘, attiene espressamente al solo contratto di compravendita immobiliare a corpo e su misura e alle divergenze tra la misura reale e quella indicata nel contratto e nulla ha a che vedere con l’appalto, regolando i rapporti tra alienante ed acquirente quando sorga contestazione sul prezzo del fondo in rapporto alla sua superficie (Cass., Sez. 2, 1/9/1997, n. 8327).
Consegue da quanto detto l’infondatezza della censura.
5.1 Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta la nullità della sentenza o del procedimento, con riferimento agli artt. 345 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., per avere la Corte d’Appello dichiarato inammissibile la richiesta di pagamento dell’importo corrispondente alla fattura n. 17/2011 di euro 4.600,00, in quanto domanda nuova, siccome proposta per la prima volta nella comparsa conclusionale di primo grado, benché il mancato pagamento di tale fattura, che costituiva il saldo dell’importo non contestato di euro 63.496,60, fosse stato lamentato già con l’atto di citazione davanti al Tribunale e la domanda di suo pagamento fosse stata proposta in quella sede, allorché era stata chiesta la condanna del condominio al pagamento della somma di euro 43.485,94, oltre Iva, detratti gli acconti già versati e ad oggi pari a euro 58.000,00, oltre Iva, ovvero la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, così da esservi compresa. In tal modo, i giudici di merito avevano
omesso l’esame di un fatto decisivo per una delle domande e di esaminare l’importo ancora dovuto, con conseguente violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
5.2 Il quinto motivo è inammissibile, atteso che, passando in giudicato la statuizione di inammissibilità, pronunciata dalla Corte d’Appello, per effetto della reiezione della prima censura, viene meno l’interesse della ricorrente a far valere in questa sede le ulteriori statuizioni della decisione impugnata o le omissioni sulla questione di merito nelle quali sarebbe incorso il giudice di merito (si veda sul punto Cass., Sez. 2, 11/8/2023, n. 24550).
In conclusione, dichiarata l’inammissibilità del primo, secondo e quinto motivo e l’infondatezza del terzo e quarto, il ricorso deve essere rigettato. Nulla deve disporsi sulle spese, non avendo l’intimato spiegato difesa.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29/1/2025.
Il Presidente NOME COGNOME