Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2705 Anno 2024
sul ricorso n.1910/2021 R.G. proposto da:
NOME NOME, rappresentato e difeso quale avvocato da sé medesimo;
-ricorrente –
contro
Eredi di COGNOME NOME;
– intimati –
nonchè contro
COGNOME NOME in proprio e quale erede di COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente –
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2705 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
avverso la sentenza n. 802/2020 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 24 luglio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che: 1910/2021
La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 24 luglio 2020, accoglieva l’ appello interposto da NOME COGNOME e dal figlio NOME COGNOME avverso la sentenza del 24 agosto 2016 del Tribunale di Fermo, di accoglimento della domanda ex articolo 2901 c.c. proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione ad una donazione effettuata il 25 settembre 2006 dalla madre al figlio.
In particolare, la Corte d’appello riteneva mancante la prova dell ‘ eventus damni per non avere NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dimostrato il quantum della loro pretesa creditoria e quindi la maggiore difficoltà a soddisfarsi in conseguenza di tale donazione.
Ravvisava altresì non provata la scientia damni .
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso NOME COGNOME, in proprio e quale erede della defunta NOME COGNOME.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Considerato che:
1.1 Dei sei motivi risulta logicamente prioritaria la disamina del quinto, rubricato come segue: ‘N ullità del procedimento: l’appello era improcedibile ‘.
Il ricorrente lamenta che l’eccezione di improcedibilità dell’appello ‘ per mancanza di prova ‘ del relativo deposito ‘ nei termini ex artt. 347- 348 c.p.c.’ asseritamente proposta nella comparsa d’appello, e precisamente nelle pagine 2-5, non è stata invero vagliata dalla corte territoriale, pur trattandosi di eccezione rilevabile anche d’ufficio, perché ‘ le norme che la configurano curano un interesse pubblico ‘.
1.2 Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente fonda la propria censura sulla deduzione che ‘L’ eccezione di improcedibilità de qua era stata svolta in Comparsa di Costituzione in Appello dello scrivente da pag .2 a pag.5′.
Nel motivo non è peraltro dato rinvenire alcun riassunto del contenuto della eccezione de qua , risultando il medesimo formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c.
Né può sottacersi che il giudice d’appello ha fondato la sua decisione su una ratio decidendi invero del tutto non considerata dal ricorrente (vedasi a pag.5 della sentenza), a tale stregua il motivo risultando inammissibile anche sotto tale ulteriore profilo (cfr., p. es., Cass. sez. 3, 18 aprile 2019 n.10815 e Cass. sez. 1, ord. 14 agosto 2020 n.17182).
Con il 1° e il 2° motivo (articolati alle pagine 6-15 del ricorso) il ricorrente si duole dell’omesso esame di determinati fatti asseritamente decisivi per la decisione.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
Essi contemplano invero censure proprie di un gravame, essendo palesemente volti a prospettare un terzo grado di merito e non già questioni di legittimità, a tale stregua in violazione della struttura e della funzione del ricorso per cassazione.
Con il terzo motivo ( articolato alle pagine 15-18 del ricorso ) il ricorrente lamenta ‘ carenza di motivazione della statuita non consapevolezza di COGNOME di arrecar pregiudizio con la sua donazione ‘ .
Il motivo è inammissibile.
Esso contempla censure meramente fattuali, volte a contestare il passo motivazionale in ordine alla consapevolezza o meno della donante COGNOME, presupponenti accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità.
Il quarto motivo contempla tre profili di doglianza (esplicati alle pagine 18-26 del ricorso) che si sostanziano invero in una ricostruzione probatoria differente e alternativa a quella asseritamente inadeguata compiuta dal giudice di merito, dal medesimo motivata con motivazione scarna ma comunque in termini deponenti per un livello motivazionale sicuramente non inferiore al minimo costituzionale.
Trattasi anche nel caso di censure ictu oculi proprie di un gravame, inammissibilmente volte a prospettare una inammissibile rivalutazione del merito, in violazione della struttura e della funzione del ricorso per cassazione.
Con il sesto motivo il ricorrente non si discosta dalla conformazione inammissibilmente fattuale di quelli sin qui esaminati, con unica eccezione del quinto motivo che, come si è visto, patisce inammissibilità per altre ragioni.
Invero, con quest’ultimo motivo (articolato alle pagine 30-32 del ricorso) il ricorrente denunzia violazione del principio del devolutum quantum appellatum , limitandosi peraltro a formulare doglianze invero sostanziantesi in mera critica della motivazione dell’impugnata sentenza, all’operata ricostruzione della vicenda in fatto e alla valutazione del compendio probatorio operata dai giudici di merito.
All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo in favore del controricorrente, in proprio e nella qualità, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater , d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 5 ottobre 2023