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Ricorso per cassazione: inammissibile se non è chiaro

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una società fallita contro una decisione in materia di esecuzione immobiliare. Il motivo principale è la violazione dei principi di chiarezza e autosufficienza del ricorso per cassazione, in quanto l’atto presentato era confuso e non permetteva alla Corte di comprendere i fatti di causa senza consultare altri documenti. La sentenza ribadisce che l’appello deve essere redatto in modo chiaro e conciso, pena la sua inammissibilità.

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Ricorso per cassazione: la chiarezza è un requisito essenziale

Un ricorso per cassazione deve essere redatto secondo criteri di chiarezza e sinteticità. Se l’esposizione dei fatti è confusa e intricata, tanto da non permettere alla Corte di comprendere la controversia, l’impugnazione è destinata a essere dichiarata inammissibile. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, riaffermando un principio fondamentale per chi si rivolge al giudice di legittimità.

I Fatti del Caso: Una Complessa Esecuzione Immobiliare

La vicenda nasce da una complessa procedura di esecuzione immobiliare. Una società finanziaria aveva avviato un pignoramento su due immobili di proprietà di un debitore e della sua consorte, quest’ultima terza datrice di ipoteca. Nel corso della procedura, interveniva anche una società fallita, creditrice del debitore per somme ingenti a titolo di risarcimento danni.

Dopo la vendita forzata di uno degli immobili, il professionista delegato preparava un progetto di riparto delle somme ricavate. Sorgeva una controversia su come distribuire il denaro tra i vari creditori, in particolare su come imputare il credito della società finanziaria sulle diverse masse attive. Il Giudice dell’Esecuzione, con un’ordinanza del maggio 2021, dettava i criteri specifici per la redazione di un nuovo piano di riparto, risolvendo di fatto la questione controversa.

Tuttavia, la società fallita non impugnava questa ordinanza, ma presentava opposizione solo contro il successivo provvedimento di luglio 2021, che si limitava a rendere esecutivo il piano finale. Il Tribunale dichiarava l’opposizione inammissibile perché tardiva, sostenendo che l’atto da contestare era l’ordinanza di maggio, che aveva un contenuto decisorio.

La Decisione e le Motivazioni della Cassazione

La società fallita proponeva quindi ricorso per cassazione contro la decisione del Tribunale. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile per una ragione pregiudiziale: la violazione dell’art. 366 del codice di procedura civile, che impone requisiti di forma-contenuto ben precisi.

Il Principio di Autosufficienza e Chiarezza del Ricorso per Cassazione

La Corte ha sottolineato che il ricorso era stato redatto in modo “tortuoso”, con un’esposizione dei fatti “intricata e confusa”. Il ricorrente non aveva riportato il contenuto essenziale dei provvedimenti del giudice dell’esecuzione, rendendo impossibile per la Corte comprendere la vicenda processuale e i motivi di doglianza senza dover consultare autonomamente gli atti del fascicolo. Questo viola il principio di autosufficienza, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere tutti gli elementi necessari per essere deciso.

La giurisprudenza è costante nell’affermare che un’esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa, che pregiudica l’intelligibilità delle censure, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Non si tratta di un mero formalismo, ma di un’esigenza fondamentale per consentire alla Corte di svolgere la sua funzione.

L’Errore nell’Individuazione del Provvedimento da Impugnare

Anche nel merito, la Corte ha ritenuto infondate le censure. Ha ribadito il principio, già affermato in precedenza, secondo cui, in una controversia distributiva, l’atto da impugnare con l’opposizione agli atti esecutivi è l’ordinanza con cui il giudice risolve la controversia e detta i criteri per il riparto. Non si può attendere l’approvazione finale del piano per sollevare contestazioni che dovevano essere proposte contro il provvedimento precedente, che è l’unico ad avere natura decisoria sulla questione.

Nel caso specifico, l’ordinanza di maggio 2021 aveva deciso che il creditore fondiario dovesse essere soddisfatto primariamente con il ricavato del bene del debitore principale. Questa era la decisione che risolveva la controversia, e che la società fallita avrebbe dovuto impugnare tempestivamente.

Le Conclusioni: Una Lezione di Tecnica Processuale

Questa ordinanza offre una lezione importante sulla tecnica di redazione degli atti processuali, in particolare del ricorso per cassazione. La chiarezza, la sinteticità e il rispetto del principio di autosufficienza non sono optional, ma requisiti di ammissibilità la cui violazione può precludere l’esame nel merito delle proprie ragioni, anche se potenzialmente fondate. Inoltre, la pronuncia conferma l’importanza di individuare con precisione il provvedimento avente carattere decisorio da impugnare nei termini di legge, per non incorrere in decadenze insanabili.

Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché violava i requisiti di forma previsti dall’art. 366 c.p.c. L’esposizione dei fatti era confusa, intricata e non autosufficiente, impedendo alla Corte di comprendere la controversia senza dover consultare altri atti processuali.

Quale provvedimento doveva essere impugnato nella fase di distribuzione del ricavato?
Secondo la Corte, l’atto da impugnare era l’ordinanza con cui il Giudice dell’Esecuzione aveva risolto la controversia sui criteri di riparto. Questo provvedimento, avendo natura decisoria, doveva essere contestato con l’opposizione agli atti esecutivi, e non il successivo atto che si limitava a rendere esecutivo il piano di riparto finale.

Cosa significa il principio di chiarezza e autosufficienza del ricorso per cassazione?
Significa che il ricorso deve essere redatto in modo chiaro, sintetico e completo. Deve contenere tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari a inquadrare la questione e a valutare le censure, permettendo alla Corte di decidere sulla base del solo atto di impugnazione, senza dover cercare informazioni altrove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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