Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14287 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14287 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14057/2023 R.G. proposto da Azienda Sanitaria Provinciale di Trapani , elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente –
contro
, rappresentato e dife so dall’avv. NOME COGNOME controricorrente – avverso la sentenza n. 723/2023 del la Corte d’Appello di Palermo, depositata l’11 .4.2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Partanna ottenne dal Tribunale di Marsala decreto ingiuntivo nei confronti della Azienda Sanitaria Provinciale di Trapani per il pagamento della somma capitale di € 195.276,42 a titolo di rimborso delle spese sostenute dall’ente locale negli anni dal 2000 al 2004 per l’assistenza ad anziani non autosufficienti ospiti in strutture di ricovero.
L’opposizione al decreto ingiuntivo dell’Azienda Sanitaria venne parzialmente accolta dal Tribunale, che ridusse l’importo dovuto, e la relativa condanna, a € 118.958,15, ovverosia nei limiti di quanto stanziato a tal fine dal Fondo Sanitario Regionale, ai sensi dell’ art. 59 della legge regionale siciliana n. 33 del 1996.
L’A SP di Trapani appellò la sentenza , chiedendo l’ulteriore riduzione dell’importo dovuto a € 95.166,52, in considerazione del fatto che lo stesso Tribunale aveva riconosciuto che, per l’anno 2002, non risultava la somma assegnata al Comune dal Fondo Sanitario Reginale.
Il Comune di Partanna propose a sua volta appello incidentale , insistendo per l’accoglimento integrale della sua domanda, parametrata all’intero importo speso per l’assistenza agli anziani non autosufficienti.
La Corte d’Appello di Palermo respinse l’appello principale e, in parziale accoglimento del gravame incidentale, elevò a € 145.992,70 l’importo della condanna a carico dell’ASP di Trapani. Ciò sulla base del rilievo che, mentre gli esborsi del Comune erano stati interamente provati per ciascun anno di riferimento, non era stato invece provato il limite della assegnazione da parte del Fondo Sanitario Regionale relativamente al l’anno 2002 . Limite ritenuto dalla Corte territoriale un fatto estintivo del diritto del Comune, con conseguente onere della prova a carico dell’Azienda Sanitaria .
Contro la sentenza della Corte territoriale l’Azienda Sanitaria ha presentato ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Il Comune di Partanna si è difeso con controricorso.
A seguito di proposta di definizione del giudizio, formulata da questa Corte ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. e ritualmente comunicata alle parti, l’ASP di Trapani ha depositato istanza per la decisione del ricorso.
Infine, la ricorrente ha depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 132 , comma 2, n. 4, c.p.c. in relazione all’art . 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
Con il secondo motivo, condizionato al mancato accoglimento del primo, la ricorrente denuncia nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 5 c.p.c.
Come osservato nella proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., « entrambi i motivi si fondano essenzialmente sulla omessa considerazione da parte della Corte di appello di un documento (nota n. 4353 del 27.6.2007) da cui si evincerebbe l’importo complessivamente erogato dall’Assessorato regionale per gli anni dal 2001 al 2004 e quindi anche per il 2002, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di appello ».
2.1. Nella proposta di definizione anticipata del giudizio il ricorso è stato ritenuto inammissibile sulla base della seguente motivazione:
« La violazione dell ‘ articolo 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi, riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre.
Analogamente, la violazione dell ‘ articolo 116 c.p.c. è idonea a integrare il vizio di cui all ‘ articolo 360, n. 4, c.p.c., denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova; detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che a altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell ‘ articolo 116 del c.p.c., che non a caso è rubricato ‘ della valutazione delle prove ‘ (Sez. 3, 28.02.2017, n. 5009; Sez. 2, 14.03.2018, n. 6231).
Così facendo, la ricorrente chiede alla Corte di legittimità una rivalutazione indebita delle risultanze istruttorie.
In secondo luogo, la ricorrente non indica in ricorso esattamente quando e come il documento asseritamente pretermesso sarebbe stato prodotto e anzi afferma
testualmente che esso sarebbe stato ‘trasmesso dall’Ass.to reg.le Sanità alla Cancelleria del Tribunale di Marsala ‘ senza riferire specificamente le rituali modalità di produzione da parte del difensore costituito o le diverse circostanze della predetta trasmissione.
In terzo luogo, la ricorrente non trascrive e neppure sintetizza adeguatamente il contenuto del documento di cui invoca l’efficacia probatoria dirimente, così viziando di non autosufficienza il ricorso.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., è compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l’indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell ‘ assolvimento dell ‘ onere di deposito previsto dall ‘ art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l’atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati (Sez. 1, Sentenza n. 12481 del 19/04/2022, Rv. 664738 -01; Sez. U., Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022, Rv. 664409 – 01).
Infine, anche volendo esaminare direttamente il documento allegato (e non specificamente «localizzato» in atti) le informazioni a cui fa riferimento la ricorrente sarebbero contenute in allegati del documento non prodotti né localizzati ».
2.2. Nella memoria illustrativa che ha fatto seguito all’istanza per la decisione del ricorso l’Azienda Sanitaria non contesta la correttezza, in diritto, dei rilievi formulati nella proposta di definizione del giudizio, ma si limita ad aggiungere indicazioni su « quando e come il documento asseritamente pretermesso sarebbe stato prodotto » (indicazioni a questo punto tardive, trattandosi di un requisito di ammissibilità del ricorso), nonché a sostenere di avere «sintetizzato in maniera adeguata il contenuto della nota a pag. 12 e 13 del ricorso» (ove invece la parte ha soltanto espresso la propria opinione su cosa, secondo lei, «si evince» dal -non descritto -contenuto del ricorso).
2.3. Va dunque ribadito: che la denuncia di una pretesa violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non fa altro che celare una richiesta di riesame del merito fattuale della causa; che non sono nemmeno illustrati i termini della prospettata carenza di motivazione (carenza censurabile in sede di legittimità soltanto nei ben noti limiti posti da Cass. S.u. n. 8053/2014); e che la denuncia di omesso esame di un documento decisivo deve rispettare il requisito di specificità che necessariamente connota il ricorso per cassazione.
Ciò fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 17005/2024).
Le spese di lite del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Poiché l’esito del giudizio è conforme alla proposta di definizione di cui all’art. 380 -bis c.p.c., la ricorrente viene condannata altresì al pagamento, in favore del controricorrente, di una ulteriore somma pari a quella liquidata a titolo di compensi di avvocato.
Inoltre, per il combinato disposto degli artt. 380 -bis , comma 3, e 96, comma 4, c.p.c., la ricorrente viene condannata al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500 in favore della cassa delle ammende.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in € 6. 200 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, dell’ulteriore somma equitativamente determinata in € 6. 200;
condanna la ricorrente al pagamento della somma di € 2.500 in favore della cassa delle ammende;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I