Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25793 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25793 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23275/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 211/2021 depositata il 08/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 . RAGIONE_SOCIALE concedeva, con contratto di locazione finanziaria, in leasing a NOME un immobile sito ad Arcugnano (VI) consistente in una porzione di capannone artigianale, appositamente acquistato su richiesta del futuro utilizzatore.
Il 19 gennaio 2012 RAGIONE_SOCIALE conferiva il ramo d’azienda, relativo alle operazioni non performing , alla societ à RAGIONE_SOCIALE, (oggi RAGIONE_SOCIALE), che subentrava nel rapporto di leasing con il COGNOME.
A seguito del mancato pagamento da parte dell’utilizzatore dei canoni mensili di leasing la concedente gli comunicava la risoluzione del contratto, giusta clausola risolutiva espressa pattuita all’art. 7 delle condizioni generali di contratto.
In mancanza di rilascio dell’immobile, RAGIONE_SOCIALE conveniva il COGNOME avanti il Tribunale di Udine, per sentirlo condanna a rilasciare l’immobile, previo accertamento dell’intervenuta risoluzione del contratto.
Il COGNOME si costituiva in giudizio eccependo ex art. 1460 c.c. l’inadempimento della concedente, e chiedendo, in via riconvenzionale: a) dichiararsi la nullit à del contratto di leasing o pronunciarsi l’annullamento del contratto per vizio del consenso o per inadempimento della concedente; b) in ogni caso, la restituzione degli importi pagati e il risarcimento dei danni subiti per l’asserita necessità di trasferire i macchinari aziendali in altro immobile causa l’inagibilità di quello ora
utilizzato, per spese di impiantistica necessarie allo svolgimento dell’ attività aziendale e per spese notarili, nell’importo complessivo di € 62.516,60, oltre a ulteriori € 60.000,00 per il danno da lucro cessante causato da una impossibilit à di svolgere nell’immobile la sua attività d’impresa e oltre a € 20.000,00 per danni non patrimoniali conseguenti alla segnalazione della sua esposizione debitoria nella Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia.
RAGIONE_SOCIALE contestava la fondatezza delle eccezione e delle domande del convenuto e, in via di reconventio reconventionis , chiedeva condannarsi il COGNOME a pagare gli importi: a) stabiliti dall’art. 7 delle condizioni generali di contratto per il caso di risoluzione del contratto in misura pari all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati alla data di risoluzione del contratto; b) di quelli a scadere e del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione d’acquisto, dedotto il valore di vendita o di riallocazione o di stima dell’immobile, purch é effettivamente restituito; c) oltre al risarcimento del danno per l’occupazione senza titolo dell’immobile dopo la risoluzione del contratto.
Il Tribunale di Udine, con sentenza n. 1096/2019, accertava la risoluzione di diritto del contratto di leasing ex art. 1456 c.c. e condannava il convenuto a rilasciare immediatamente l’immobile, nonché a pagare all’attrice gli importi di € 85.088,03 quale penale per la risoluzione del contratto e di € 335,83 mensili dal 30.9.2015 fino all’effettivo rilascio del bene, quale indennit à di occupazione senza titolo, oltre agli interessi e alle spese.
Quanto alle domande riconvenzionali del COGNOME, il Tribunale rigettava la domanda di annullamento del contratto per vizio del consenso, escludendo la sussistenza di un presunto dolo omissivo della concedente per aver taciuto l’esistenza di
irregolarit à urbanistiche, rilevando che il COGNOME non aveva in alcun modo dimostrato che la Banca avesse conoscenza dell’irregolarità dell’immobile nel momento in cui lo aveva acquistato e aveva concluso il contratto di leasing;
Il Tribunale riteneva che COGNOME non avesse in alcun modo dimostrato di essere incorso in errore circa la regolarit à urbanistica dell’immobile, anche considerato che, al momento dell’acquisto del bene da parte della concedente, aveva dichiarato di conoscerne lo stato di fatto e di averne accertato la regolarit à e la qualit à , nonch é la conformit à a tutte le disposizioni vigenti in materia edilizio-urbanistica, ci ò che implicava la piena conoscenza da parte sua delle effettive condizioni dell’immobile anche sotto quest’ultimo profilo.
La Corte d’appello di Trieste, con la sentenza n. 211 del 13 aprile 2021, rigettava l’appello e confermava la sentenza del Tribunale.
Propone ricorso per cassazione NOME, sulla base di quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. L’atto dalla medesima depositato e denominato ‘Memoria illustrativa ex art. 378 2° comma c.p.c.>> non può essere considerato come tale, difettandone i requisiti di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5.1 . Con il primo motivo il ricorrente denuncia: (i) la violazione degli artt. 115, 195, 244245 c.p.c., dell’art. 87 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 1460 c.c. e all’art. 2 Cost., nonché agli artt. 1362-1367 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.); (ii) la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 115 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.); (iii) l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, relativo alla valutazione
delle prove, documentali e orali, da parte del giudice del merito (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
Sostiene che la Corte d’appello, nel rigettare per carenza di prove l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. del contratto di leasing traslativo, sollevata dall’appellante per contrastare la domanda di risoluzione contrattuale proposta dall’appellato, avrebbe omesso di valutare gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio, non preso in esame la relazione peritale dell’ing. COGNOME, respinto senza motivazione la prova per testi richiesta dall’utilizzatore. Quando invece, tali esiti, ove valutati correttamente, avrebbero dimostrato che la condotta del concedente non sarebbe stata improntata a buona fede, a correttezza e al rispetto del senso di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., per aver con consapevolezza e dolo taciuto l’esistenza di gravi irregolarità urbanistiche sull’immobile oggetto di contratto, avanzando poi richieste di pagamento fraudolente.
La sentenza impugnata, inoltre, sarebbe affetta da motivazione inesistente, oltre che carente in merito al provvedimento istruttorio di rigetto della prova per testi, alla valutazione della CTU e alla relazione dell’ing. COGNOME. Quest’ultima, invece, sarebbe stata decisiva, perché avrebbe condotto ad una decisione diversa da quella assunta dal giudice del gravame.
5.2. Con il secondo motivo, COGNOME denuncia la sentenza del giudice dell’appello per:
(i) violazione degli artt. 115, 195, 244245 c.p.c., l’art. 87 disp. att. c.p.c., degli artt. 1362-1371, 1427, 1439, 1440, c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.); (ii) nullità stante l’asserita violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 115 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.); (iii) l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti,
sempre in relazione alla valutazione delle prove, da parte del giudice del merito (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
Denuncia, riproponendo le medesime censure svolte nel primo motivo in ordine alla omessa valutazione delle risultanze istruttorie, che la Corte di merito, pure con riguardo all’eccezione di annullamento del contratto, avrebbe errato, non avendo ritenuto provato il dolo della concedente, riprendendo in modo pressocché pedissequo la statuizione di primo grado. In ordine all’elemento soggettivo, sostiene l’assenza totale di motivazione nella pronuncia di primo grado.
5.3 . Con il terzo motivo, parte ricorrente denuncia ancora:
(i) la violazione degli artt. 115, 195, 244245 c.p.c., dell’art. 87 disp. att. c.p.c., degli artt. 1490, 1494 e 1495, pure in relazione agli artt. 1362-1371 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.); (i) la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 115 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.); (iii) l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, alla valutazione del materiale istruttorio da parte del giudice del merito (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
Dopo aver richiamato per relationem le censure del primo e secondo motivo con riferimento ai vizi di cui ai nn. 3, 4 e 5, dell’art. 360 c.p.c., lamenta, in merito all’eccezione di annullamento del contratto per errore e alla domanda di risarcimento danni, che la Corte triestina avrebbe errato nel ritenere non raggiunta la prova e, in particolare, nel non affermare che il concedente conosceva i vizi e le irregolarità dell’immobile e aveva indotto in errore l’utilizzatore.
5.4. Con il quarto motivo di ricorso, il signor COGNOME prospetta:
(i) la violazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c., 195, 244245 c.p.c., dell’art. 87 disp. att. c.p.c., degli artt. 1470, 1526
c.c. (anche in relazione agli artt. 1362-1371, 1459 e 1526 c.c.), (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.); (ii) ancora la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 115 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.); (iii) l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, sempre in ordine alla valutazione delle prove del giudice del merito (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
Secondo parte ricorrente, la decisione di secondo grado meriterebbe di essere riformata laddove, con riferimento alla domanda di risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c., esclude l’ipotesi di una vendita di aliud pro alio , stante l’asserita violazione di legge in punto di interpretazione delle norme in materia di compravendita e di leasing (artt. 1460 e 1526 c.c.), nonché l’incomprensibilità fino alla mera apparenza o inesistenza della pronuncia, sempre con riguardo all’aspetto istruttorio.
I motivi, che possono scrutinarsi congiuntamente stante l’uniformità delle argomentazioni e l’oggettiva connessione delle questioni sottoposte all’esame di questo giudice di legittimità, sono inammissibili sotto plurimi profili.
Innanzitutto, sono stati formulati in modo non conforme alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6 c.p.c., stante l’inosservanza dei principi di specificità, anche declinato secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, Succi e altri c/ Italia, la quale ha ribadito, in sintesi, che il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso è la semplificazione dell’attività del giudice di legittimità unitamente alla garanzia della certezza del diritto e alla corretta amministrazione della giustizia, (ai p.ti 74 e 75 in motivazione), investendo questa Corte del compito di non farne una interpretazione troppo formale che limiti il diritto di accesso ad un organo giudiziario
(al p.to 81 in motivazione), esso (il principio di autosufficienza) può dirsi soddisfatto solo se la parte riproduce il contenuto del documento o degli atti processuali su cui si fonda il ricorso e se sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (così Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950): requisito che può essere concretamente soddisfatto ‘anche’ fornendo nel ricorso, in ottemperanza dell’art. 369, comma 2°, n. 4 cod. proc. civ., i riferimenti idonei ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati rispettivamente, i documenti e gli atti processuali su cui il ricorso si fonda’ (Cass. 19/04/2022, n. 12481);
Qualunque sia il tipo di errore denunciato (in procedendo o in iudicando), il ricorrente ha l’onere di indicare specificatamente, a pena di inammissibilità, i motivi di impugnazione, esplicandone il contenuto e individuando, in modo puntuale, gli atti processuali e i documenti sui quali il ricorso si fonda, oltre ai fatti che potevano condurre, se adeguatamente considerati, ad una diversa decisione. E ciò perché il ricorso deve ‘contenere, in sé, tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata’ (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 8/08/2023, n. 24179; Cass. civ., Sez. III, Ord., 13/07/2023, n. 20139; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10/07/2023, n. 19524; Cass. civ., Sez. V, Ord., 22/06/2023, n. 17983; Cass. civ., Sez. I, Ord., 25/05/2023, n. 14595; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14/02/2023, n. 4571; Cass. civ., Sez. V, 20/07/2022, n. 22680; Cass. civ., Sez. 1, 19/04/2022, n. 12481; Cass. civ., Sez. V, Ord., 13/01/2021, n. 342; Cass. civ., Sez. 1, 10/12/2020, n. 28184; Cass. civ., SS. UU., 27/12/2019, n. 34469).
La censura, inoltre, è inammissibile perché il ricorrente, che denunci il vizio di cui all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., deve non solo indicare le norme di legge asseritamente violate, ma anche esaminarne il contenuto precettivo e confrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, richiamandole in modo specifico (cfr. ex multis , Cass. civ. SS.UU. n. 23745/2020; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18/08/2023, n. 24819; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 20/07/2023, n. 21798; Cass. civ., Sez. II, 13/07/2023, n. 20059; Cass. civ., Sez. II, Ord., 19/06/2023, n. 17430; Cass. civ., Sez. III, Ord., 11/05/2023, n. 12954; Cass. civ., Sez. V, 24/03/2023, n. 8472; Cass. civ., Sez. I, Ord., 20/12/2022, n. 37257; Cass. civ., Sez. VI-2, Ord., 11/03/2022, n. 8003).
Parimenti inammissibile è la censura di omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., trattandosi di un’ipotesi di c.d. doppia conforme, in quanto le statuizioni di merito sono fondate sul medesimo iter logico argomentativo (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. II, Ord., 26/07/2023, n. 22497; Cass. civ., Sez. V, Ord., 25/07/2023, n. 22261; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 20/07/2023, n. 21682; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 28/06/2023, n. 18491; Cass. civ., Sez. V, 14/03/2023, n. 7382; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 1/03/2023, n. 6169; Cass. civ., Sez. V, Ord., 24/02/2023, n. 5803; Cass. civ., Sez. VI-2, Ord., 9/03/2022, n. 7724).
Tale motivo, in disparte ogni preclusione derivante dalla configurabilità della suddetta ipotesi, in ogni caso, lungi dal prospettare un’effettiva violazione e falsa applicazione di legge, consistendo in realtà in una doglianza della valutazione delle risultanze processuali compiuta dalla Corte territoriale, e prima di lei dal Tribunale, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Questo perché spetta al solo giudice di merito individuare le fonti del suo
convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi. Né detto giudice è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (cfr. ex plurimis , v., tra le più recenti, Cass. civ., Sez. lav., Ord., 1/08/2023, n. 23351; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26/07/2023, n. 22540; Cass. civ., Sez. V, 3/07/2023, n. 18758; Cass. civ., Sez. I, Ord., 15/06/2023, n. 17154; Cass. civ., Sez. III, Ord., 10/02/2023, n. 4247; Cass. civ., Sez. I, Ord. 4/04/2023, n. 9293; Cass. civ., Sez. III, Ord., 22/02/2023, n. 5490; Cass. civ., Sez. I, Ord., 16/01/2023, n. 1015; Cass. civ. Sez. V, Ord., 5/09/2022, n. 26018 Cass. civ., Sez. VI-2, Ord., 9/03/2022, n. 7724; Cass. civ., SS. UU., 16/11/2020, n. 25950).
Infine, non si sottraggono ad analoga declaratoria di inammissibilità le questioni di nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 115 c.p.c., perché non specificamente articolate come vizio di cui al n. 4 dell’art. 360 c.p.c. e, comunque, inidonee a far comprendere le esatte ragioni di doglianza del ricorrente.
Osserva il collegio come, con specifico riferimento alla valutazione delle prove, sia ormai consolidato il principio di diritto per cui ‘il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione
del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione’ (cfr. ex plurimis, Cass. civ., Sez. lav., 27 febbraio 2024, n. 5169; Cass. civ., Sez. I, Ord., 15 febbraio 2024, n. 4162; Cass. civ., Sez. V, 29 gennaio 2024, n. 2703; Cass. civ., Sez. II, Ord., 27 novembre 2023, n. 32879; Cass. civ. Sez. V, Ord., 22 novembre 2023, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Nel caso di specie, il signor COGNOME, dietro la prospettazione di errores in procedendo , in realtà censura la ricostruzione fattuale ed il governo delle prove operati dal giudice di merito, proponendo un’inammissibile lettura alternativa degli atti e delle prove poste a fondamento della decisione impugnata, peraltro ampiamente e logicamente argomentata, sicuramente rispettosa del minimo costituzionale (principio sancito da Cass. civ., SS.UU., 7 aprile 2014, n. 8053).
Del resto, il principio del libero convincimento del giudice che presiede la valutazione delle prove, come affermato da consolidato orientamento di questa Corte, ‘opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, c.p.c.’ (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5405; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26 febbraio 2024, n. 4980; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 18 gennaio 2024, n. 1982; Cass. civ., Sez. V, Ord., 10 novembre 2023, n. 31292;
Cass. civ., Sez. III, 26 giugno 2023, n. 18217; Cass. civ., Sez. II, 20 giugno 2023, n. 17659; Cass. civ. Sez. VI-Lav., Ord., 3 marzo 2023, n. 6374).
Limiti, nel caso de quo, non superabili attese le preclusioni determinate dalla c.d. doppia conforme per le ragioni sopra illustrate.
Le spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo a favore della controricorrente seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione