Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8362 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8362 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/03/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19248/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in Napoli INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende,
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME Antonio, COGNOME Giovanni, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende,
-controricorrenti,- avverso il decreto di Corte d’Appello di Roma di cui al procedimento nr. 50949/2021 depositato il 30/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
di
dichiarazione fallimento
Ud.12/02/2025
CC
FATTI DI CAUSA
1 La Corte d’Appello di Roma, con il gravato decreto, ha rigettato il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (di seguito denominata per brevita ‘RAGIONE_SOCIALE‘) avverso il decreto del Tribunale di Cassino che aveva respinto le istanze proposte da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in via principale, di accertamento della società di fatto tra la fallita RAGIONE_SOCIALE, le persone fisiche COGNOME Giovanni, COGNOME Antonio e COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE (breviter ‘MIT srl’) e di dichiarazione del fallimento in estensione della società di fatto e dei soci illimitatamente responsabili; in via subordinata, di accertamento dell’esistenza di una holding societaria nella forma di società di fatto costituita e partecipata da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME, e di dichiarazione del fallimento della predetta società di fatto e dei soci persone fisiche illimitatamente responsabili e,in ogni caso, di accertamento dell’avvenuto trasferimento dell’azienda da parte della fallita RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE e, quindi, di accertamento della responsabilità solidale di quest’ultima per tutti i debiti della fallita ammessi al passivo, ex art. 2560 comma 2 c.c. e di dichiarazione del fallimento della RAGIONE_SOCIALE.
1.1 Le ragioni poste a fondamento del decreto della Corte capitolina sono le seguenti: i) come accertato dal Tribunale di Cassino, la produzione documentale non aveva fatto emergere elementi di prova di una asserita super-società di fatto; in particolare, i dati esposti nei bilanci 20132014 con riferimento all’entità dei ‘costi per dipendenti e per godimento dei beni dei terzo’ non erano indicativi neanche in astratto dello svolgimento della comune attività di impresa con altro soggetto; RAGIONE_SOCIALE, costituita nel 2013, dal socio unico RAGIONE_SOCIALE nei primi anni, stante i modesti ricavi. non aveva dipendenti ma collaborazioni non formalizzate,
solo con l’incremento delle vendite nel 2015 MIT assunse quattro marmisti; non risultava che MIT avesse utilizzato forza lavoro della RAGIONE_SOCIALE (successivamente divenuta RAGIONE_SOCIALE); non era stato evidenziato alcun collegamento fattuale di una attività comune di impresa tra le due società; l’uso contestuale del marchio RAGIONE_SOCIALE e del profilo Facebook RAGIONE_SOCIALE rilevava unicamente ai fini comunicativi e non gestionali; le due società svolgevano attività diverse per tipologia (commercializzazione di lastre in Okite rispetto alla progettazione e realizzazione di lavorazione in marmo e pietre naturali), ambito territoriale e clientela; ii) non erano, quindi, ravvisabili gli elementi caratterizzanti il contratto sociale ai sensi dell’art. 2247 c.c. cioè l’esercizio comune di un’attività di impresa, nel patrimonio unitario, costituito con i conferimenti dei soci di fatto, e nella partecipazione di tutti i soci agli utili e alle perdite della super-società; iii) il denunciato trasferimento dell’azienda ad un diverso soggetto e le dedotte condotte illecite ed abusive da parte di soggetti dominanti, proprio perché perseguivano un interesse contrario alla società fallita, costituivano condotte ostative alla configurabilità della società di fatto; iv) la dimostrazione della sussistenza della società di fatto richiedeva maggior rigore in presenza (come nella specie) di rapporti familiari tra i partecipanti in quanto l’intervento del familiare può trovare fondamento dall’ affectio familiaris ; v) mancavano le tipiche manifestazioni esteriori dell’ affectio societatis costituite dal rilascio sistematico di fideiussioni o garanzie ipotecarie, l’erogazione di finanziamenti con esclusione del diritto di regresso, l’incasso degli assegni, l’utilizzazione di altre forme di liquidità di impresa; vi) le persone fisiche avevano collaborato, quali consulenti e/o dipendenti per periodi determinati o assunto cariche sociali nell’ambito delle società percependo compensi e retribuzioni ma non avevano mai conseguito alcun utile né da RAGIONE_SOCIALE né da RAGIONE_SOCIALE, né avevano partecipato alle perdite; vii) non era emerso dall’esame degli atti di
causa alcun negozio di trasferimento di azienda da parte della RAGIONE_SOCIALE alla nuova società RAGIONE_SOCIALE da cui evincersi la responsabilità della cessionaria per debiti commerciali e tributari della cedente né poteva configurarsi un trasferimento di azienda di fatto alla luce della ontologica diversità degli elementi costitutivi che caratterizzano RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
2 RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per Cassazione sulla base di nove motivi, illustrati con memoria; RAGIONE_SOCIALE, COGNOME Antonio, COGNOME Giovanni, COGNOME hanno svolto difese mediante controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 I mezzi di impugnazione possono così riassumersi: primo motivo: violazione degli artt. 132, comma 2 nr. 4, e 18 disp. att. c.p.c. e art.115 c.p.c. , in relazione all’art . 360, comma 1 nr. 4, c.p.c.: il decreto sarebbe affetto da nullità per mancanza assoluta di motivazione nella parte in cui il Collegio ha definito come ‘diverse’ le attività di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE;
secondo motivo: violazione degli artt.112 c.p.c., in relazione all’art . 360, comma 1 nr. 4, c.p.c., 132, comma 2 nr 4, c.p.c. e 18 disp. att. c.p.c., in relazione all’art . 360 comma 1 nr. 4 c.p.c.: la Corte non avrebbe correttamente valutato gli specifici documenti (la relazione ex art. 492 comma 8 c.p.c. e e gli allegati) desumendo la non esistenza di una ‘comunanza di commesse’, quando invece i reclamanti avevano dedotto che le due società esercitavano la medesima attività dedita alla lavorazione delle pietre: una simile incongruenza integrava il vizio di mancata corrispondenza fra domanda e pronuncia e una motivazione apparente;
terzo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 2555, 2563 e 2565 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 nr 3, c.p.c. per avere la Corte fondato la differenziazione tra le due aziende sulla
base della materia prima lavorata e sulla mancanza di commesse comuni non valorizzando l’utilizzo in comune del marchio RAGIONE_SOCIALE e dell’immobile;
quarto motivo: violazione dell’art 115 c.p.c., in relazione all’art . 360 c.p.c., comma 1 nr 4, c.p.c. perché l’impugnato decreto ha ritenuto non provata l’esistenza della società di fatto sulla base della ritenuta diversità delle aziende anche se la documentazione versata in atti provava l’esatto opposto , per cui vi sarebbe un errore percettivo sul contenuto di una prova;
quinto motivo: violazione degli artt. 116 c.p.c. e degli artt. 2730, 2731 e 2735 c.c., in relazione all’art . 360, comma 1, c.p.c.: i ricorrenti lamentano che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte circa la differenziazione delle due aziende per tipologia, le pagine facebook denominate ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e il sito internet mostravano che esisteva un’unica azienda avente ad oggetto la lavorazione in pietre; tale forma di comunicazione integrava, sempre a dire dei ricorrenti, non una circostanza liberamente apprezzabile bensì una vera e propria confessione stragiudiziale;
sesto motivo: omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, comma 1 nr 5, c.p.c., costituito dai post pubblicati su facebook dalla fallita nel periodo 27.1.2013-07.03.2014 che ritraevano lavorazioni in marmo e pietre naturali effettuati dalla fallita nonché dalle pagine internet che documentavano il legame tra le due società;
settimo motivo: violazione degli artt. 4, 147, commi 1 e 5, l.fall. e 2291 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 1 nr3, c.p.c. per avere la Corte escluso lo stato di insolvenza della RAGIONE_SOCIALE perché la stessa disponeva di risorse liquide, quando invece, accertata la società di fatto, il fallimento si estende automaticamente nei confronti di tutti i soci;
ottavo motivo: violazione dell’art. 2560, comma 2 c.c. e dell’art . 14 d.lvo 471/1977, in relazione all’art. 360, comma 1 nr 3, c.p.c. per
non essere stato affermato il principio secondo il quale, in caso di trasferimento dell’azienda, la cessionaria è responsabile di tutti i debiti della cedente che risultano dalle scritture contabili e quindi la verifica dell’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE andava condotta avuto riguardo all’intero passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE; nono motivo: nullità del decreto per carenza e/o intrinseca contraddittorietà della motivazione, ex art. 132, comma 2 nr. 4, e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1 nr. 4, c.p.c.: la Corte da un lato ha riconosciuto il progressivo trasferimento dei beni dalla società fallita alla società fallenda e dall’altra parte ha negato che tra le parti sia intercorso un trasferimento d’azienda.
2 Il ricorso è inammissibile.
2.1 Secondo il consolidato orientamento della Corte, al quale questo collegio intende dare continuità, avverso il decreto reiettivo dell’istanza di fallimento, anche in estensione ex art. 147 l.fall., o il decreto che conferma il rigetto, non è ammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111, comma 7, Cost. trattandosi di provvedimenti privi di attitudine al giudicato nè essendo astrattamente configurabile un diritto all’altrui fallimento (cfr. Cass. 15809/2021, 5069/2017, 20297/2015, 6683/2015, 19446/2011, 21834/2009, S.U. 26181/2006 e 15018/2001).
2.2 I recenti precedenti indicati dai ricorrenti nella memoria ex art. 380.bis.1 c.p.c. (Cass. 74/2024 e 204/2024) si riferiscono ad una fattispecie diversa dal caso in esame in quanto il ricorso per cassazione aveva ad oggetto una sentenza di accoglimento del reclamo avverso una pronuncia del Tribunale di dichiarazione del fallimento.
5 Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano complessivamente in € 8.200, di cui € 200 per esborsi, oltre Iva, Cap e rimborso forfettario al 15%; dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 12 febbraio