Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12797 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12797 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4577/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso gli uffici dell’RAGIONE_SOCIALE . rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NOME n. 53/2022 depositata il 10/01/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma ha respinto il reclamo ex art. 18 l.fall. proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza dichiarativa di fallimento emessa a suo carico dal Tribunale di Roma su istanza di Roma Capitale, titolare di un credito di € 31.082.276,33 (oltre interessi e spese) originatosi nell’ambito di una vicenda a lquanto complessa, con implicazioni di carattere internazionale, a seguito del giudicato formatosi sul suo diritto di vedersi restituite le somme versate a COGNOME, quale cessionaria del credito risarcitorio da occupazione acquisitiva di terreni di proprietà di RAGIONE_SOCIALE
-Avverso detta decisione COGNOME propone ricorso per cassazione in tre motivi, cui Roma Capitale resiste con controricorso illustrato da memoria. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE non svolge difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1185, 1285, 1286, 1288, 1362 e ss. c.c. , in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c., nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto persistere l’obbligazione della RAGIONE_SOCIALE di pagamento in favore di Roma Capitale, come sancita nelle sentenze n. 4060/2009 e n. 2555/2006 della Corte di Appello di Roma (« In definitiva non risulta in alcun modo che l’originaria obbligazione restitutoria sia stata sostituita con altra obbligazione da parte di soggetti diversi dalla RAGIONE_SOCIALE, essendosi Roma Capitale sempre riservata di recuperare il proprio credito »), così legittimando la presentazione dell’istanza di fallimento , nonostante l’ allegazione di fatti estintivi del credito.
Secondo il ricorrente, una corretta applicazione delle regole di interpretazione dei contratti (Convenzione del 28.10.2015; Convenzione integrativa e non novativa dell’Accordo Quadro 11.09.2012 e della Convenzione Integrativa 28.10.2015 sottoscritta il 24.03.2017 contestualmente al Contratto di compravendita con ‘venditore’ Roma Capitale ed ‘acquirente’ il
RAGIONE_SOCIALE) avrebbe dovuto condurre, per la perdurante e ribadita coerenza delle due convenzioni, ad individuare in quelle previsioni negoziali una fattispecie di obbligazione alternativa, con ‘scelta’ attribuita al creditore Roma Capitale tra le due ipotesi ivi disciplinate, ai sensi dell’art. 1286 , comma 1, c.c.
Deduce inoltre che, nella valutazione incidentale dei giudici del reclamo circa la persistenza del credito di Roma Capitale posto a presupposto dell’istanza di fallimento , «il ragionamento motivazionale avrebbe dovuto condursi secondo le norme di corretta interpretazione delle fattispecie astratta, da rapportare alla specifica volontà negoziale negli atti contrattuali sottoposti».
2.2. -Il secondo mezzo denunzia la nullità della sentenza per ultrapetizione ex art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c., poiché, sulla base delle argomentazioni svolte nel primo motivo, la corte territoriale avrebbe accertato -comunque erroneamente -« un’esistenza di ragione di credito di Roma Capitale, nonostante evidentemente preclusa al suo sindacato ogni valutazione di ‘merito’ in ordine alla contestata e contrastata esistenza/esigibilità di quella stessa ragione di credito (…), ‘invadendo’ la competenza del Giudice di merito dinanzi al quale la problematica è stata demandata per la decisone».
2.3. -Il terzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l.fall. , in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c. nonché la nullità della sentenza per motivazione apparente, ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per insussistenza dei cinque ‘indicatori sintomatici’ dello stato di insolvenza della RAGIONE_SOCIALE partitamente individuati dalla corte di merito, la cui motivazione sarebbe perciò apparente in quanto non sorretta «dal dovuto approfondimento tecnico e giuridico».
-Tutti e tre i motivi risultano inammissibili poiché rivelano, sotto l’apparente deduzione di errores in iudicando e in procedendo , l’ effettivo intento di ottenere in questa sede una diversa valutazione delle circostanze di fatto e degli elementi di prova scrutinati dai giudici di primo e secondo grado, finendo per trasformare surrettiziamente il giudizio di legittimit à̀ in un ulteriore
grado di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019; Cass. 7119/2020, 40495/2021, 6866/2022).
Al riguardo è quasi superfluo ricordare che la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale, dovendo limitarsi ad esercitare un controllo sulla correttezza giuridica e sulla coerenza logico-formale delle argomentazioni spese dal giudice n ella decisione; d’altronde, ammettere in sede di legittimità un sindacato in ordine alle quaestiones facti significherebbe consentire un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice di merito (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017).
Né il ricorrente per cassazione può pretendere di contrapporre le proprie valutazioni a quelle del giudicante (Cass. 9097/2017, 30516/2018, 205/2022), poiché non rientra nei compiti di questa Corte procedere alla rilettura delle risultanze processuali, per assecondare l’aspirazione della parte ad una diversa decisione, più consona alle sue aspettative (Cass. 12052/2007, 3267/2008).
3.1. -A ciò si aggiunga, con specifico riguardo al primo motivo, che, per consolidato orientamento di questa Corte, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo in relazione al profilo della mancata osservanza dei criteri legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. -qui solo genericamente evocati -o della radicale inadeguatezza della motivazione (Cass. 7945/2020, 21576/2019), mentre in nessun caso il sindacato sull’interpretazione dei contratti e degli atti unilaterali in sede di legittimità può risolversi -come avvenuto -nella contrapposizione fra l’interpretazione proposta dal ricorrente e quella diversa che, tra le varie opzioni possibili, sia stata divisata dai giudici di merito ( ex multis , Cass. 27136/2017, 11254/2018, 873/2019, 995/2021, 9461/2021), tanto più che nel caso in esame non si rinvengono vizi logici o giuridici nella ricostruzione della volontà delle parti ad opera dei giudici di merito (Cass. 8810/2020, 1547/2019).
3.2. -Sul secondo mezzo v’è da rilevare, oltre all ‘estrema genericità, anche l’ intrinseca contraddittorietà della censura, che mette in discussione l’esistenza stessa di quel potere giudiziale di accertamento incidentale del credito, ai fini della legittimazione ex art. 6 l.fall., della cui necessità si da invece (e giustamente) atto nel motivo precedente.
3.2. -Con riguardo al terzo si rivela altresì inconsistente il preteso vizio di nullità della sentenza per apparenza della sua motivazione, la quale al contrario risulta effettiva, chiara e sicuramente al di sopra del cd. ‘minimo costituzionale’ cui è ora circoscritto il sindacato di legittimità (Cass. Sez.U, 8053/2014; cfr. Cass. 9017/2018, 26199/2021, 33961/2022, 956/2023, 4784/2023).
Difatti, il vizio di motivazione apparente ricorre solo quando le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’ iter logico seguito per giungervi, risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprenderne la ratio decidendi , senza che possano venire mai in rilievo la correttezza della soluzione adottata o la sufficienza delle argomentazioni offerte (Cass. 4784/2023, 33961/2022, 27501/2022, 395/2021, 26893/2020, 22598/2018, 23940/2017).
Nessuno di quei vizi affligge la decisione impugnata. E, del resto, la conformità della sentenza al modello dell’art. 132, co.1, n. 4, c.p.c. non richiede che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti, essendo necessario e sufficiente che il giudice abbia indicato -come nel caso di specie -le ragioni del proprio convincimento, in modo da rendere evidente che quelle logicamente incompatibili siano state implicitamente rigettate (Cass. 956/2023, 29860/2022, 3126/2021, 25509/2014, 5586/2011, 17145/2006, 12121/2004, 1374/2002, 13359/1999).
-Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna alle spese in favore del controricorrente, liquidate in dispositivo.
-Sussistono i presupposti di cui all’ art. 13, comma 1quater, d.P.R. 115/02 (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 8.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25/03/2024.