Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5809 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5809 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25374/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avAVV_NOTAIO COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende,
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avAVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4916/2022 depositata il 15/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma , con sentenza n. 4916/2022, pubblicata il 15/7/2022, in giudizio promosso dalla RAGIONE_SOCIALE e dall’amministratore NOME COGNOME, nei confronti dell’artista NOME COGNOME, al fine di sentire accertare l’inadempimento del convenuto al contratto di collaborazione artistica stipulato inter partes in data 20/3/2008, poi modificato con scrittura del 22/9/2008, con condanna dello stesso al risarcimento dei danni, ha parzialmente riformato la decisione del Tribunale di Roma che, dichiarata la carenza di legittimazione attiva dell’COGNOME, in proprio, aveva condannato il COGNOME al pagamento alla società attrice di € 150.000,00, respinte le altre domande.
In particolare, i giudici di appello hanno rilevato, quanto al merito della lite, che: a) contraddittoriamente il Tribunale, dopo avere individuato e accertato i vari inadempimenti in cui era incorsa la società, era giunta a ritenere che il recesso del COGNOME non fosse sorretto da giusta causa; b) il contratto non contemplava il recesso ad nutum dell’artista , ma il COGNOME, con lettera del 25/9/2009 aveva comunicato di voler chiudere il rapporto a fronte di numerosi inadempimenti della RAGIONE_SOCIALE (mancato allestimento di un numero minimo di quindici spettacoli l’anno, essendo stati allestiti, pur essendo decorso un anno e mezzo, solo tre spettacoli; mancata corresponsione del compenso dovuto per alcune serate; mancata percezione della percentuale pattuita per le vendite delle registrazioni e degli album); c) a fronte dei numerosi inadempimenti accertati della società (mancato rendiconto e versamento delle royalties, mancato versamento del compenso
pattuito, realizzazione di soli tre o quattro spettacoli) ed essendo rimaste indimostrate le inadempienze del COGNOME (per violazione del patto di esclusiva, per mancata presenza dell’artista ad alcuni spettacoli), il recesso del COGNOME doveva ritenersi assistito da giusta causa. Di conseguenza dovevano essere respinte le domande attrici e annullata la penale, per violazione del patto di esclusiva.
Avverso la suddetta pronuncia, RAGIONE_SOCIALE liquidazione e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione, notificato il 17/10/2022, affidato a due motivi, nei confronti di NOME COGNOME (che resiste con controricorso). La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La ricorrente lamenta: a) con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.1453 c.c. e 2119 c.c., avendo la corte d’appello trasformato senza alcun motivo un atto di risoluzione contrattuale unilaterale in un recesso per giusta causa; b) con il secondo motivo, l’omesso esame, ex art.360 n. 5 c.p.c., di fatti decisivi, stante la mancata considerazione di clausole contrattuali, anche del contratto modificato e delle risultanze probatorie sugli inadempimenti del COGNOME.
Nel corpo del secondo motivo, si ribadisce la piena legittimazione attiva dell’COGNOME, che avrebbe « rivestito un ruolo attivo come legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE » fino alla sua messa in liquidazione e che avrebbe risentito dalla vicenda un grave danno personale quale compositore delle musiche e regista dello spettacolo, nonché cantante, compositore, arrangiatore, produttore.
2.Il controricorrente ha eccepito che la società ricorrente, come da visura camerale che ha depositato (All. 7), ancor prima della notifica del ricorso, avvenuto in data 17 ottobre 2022, è stata
cancellata d’ufficio, ai sensi dell’art.2490 c.c. (per mancato deposito del bilancio d’esercizio in fase di liquidazione per oltre tre anni consecutivi) dal Registro delle Imprese tenuto presso la RAGIONE_SOCIALE con Atto del 14 ottobre 2022, con conseguente perdita della capacità di stare in giudizio e inammissibilità del ricorso, mentre il ricorso dell’COGNOME deve essere respinto per carenza di legittimazione attiva, come già statuito nel merito.
3.Nella memoria, i ricorrenti deducono di non avere saputo nulla della cancellazione della società, disposta, ex art.2490 c.c., d’ufficio il 14/10/2022, e che la procura speciale era stata conferita il 12/10/2022, non avendo rilevanza la data della notifica del ricorso a mezzo p.e.c. , cosicché il giudizio deve proseguire regolarmente «poiché trattasi di una cessazione tecnica ma non sostanziale» e comunque in ipotesi subordinata chiedono che il giudizio venga interrotto, al fine di consentire ai soci, NOME COGNOME e NOME COGNOME, di esercitare i diritti della società cessata e di riassumere il giudizio.
4.L’eccezione è fondata e il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione deve essere dichiarato inammissibile.
Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 15295/2014) ha affermato che la morte o la perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex art. 285 cod. proc. civ., è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore, qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per
cassazione, per cui è richiesta la procura speciale -in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330, primo comma, cod. proc. civ., senza che rilevi la conoscenza « aliunde » di uno degli eventi previsti dall’art. 299 cod. proc. civ. da parte del notificante.
Ne consegue che, laddove l’evento estintivo si verifichi nel corso del giudizio di secondo grado, prima che la causa sia trattenuta per la decisione e senza che lo stesso sia stato dichiarato, né notificato, dal procuratore della società medesima, ai sensi dell’art. 300 cod. proc. civ., mentre, per il principio dell’ «ultrattività del mandato», il suddetto difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si fosse verificato, sicché il ricorso per cassazione notificato alla (pur estinta) società, presso il difensore costituito nei gradi di merito, risulta ritualmente proposto (Cass. 26495/2014; Cass. 20964/2018), dall’altro lato, deve ritenersi inammissibile -per carenza di capacità processuale ex art. 75, terzo comma, cod. proc. civ. il ricorso per cassazione proposto dall’ex rappresentante di una società che sia stata cancellata dal registro delle imprese, non potendo invocarsi l’ultrattività del mandato eventualmente conferito al difensore dei precedenti gradi di giudizio, sia perché l’operatività di tale principio presuppone che si agisca in nome di un soggetto esistente e capace di stare in giudizio, sia perché la proposizione di quel ricorso richiede apposita procura speciale (Cass. 2444/2017; Cass. 23563/2017).
Da ultimo, si è ribadito (Cass. 12603/2018; conf. Cass.1392/2020; Cass. 17360/2021) che « il ricorso per cassazione proposto dall’ex rappresentante di società (nella specie, in nome collettivo) cancellata dal registro delle imprese è inammissibile, sia per le peculiarità della operatività del mandato nel giudizio di legittimità,
sia per la necessità che il relativo conferimento provenga da un soggetto esistente e capace di stare in giudizio ».
In ordine alle conseguenze in punto spese, si è precisato che « La procura speciale necessaria per la proposizione del ricorso per cassazione è inesistente ove conferita al difensore da una società estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese, in quanto essa presuppone un rapporto di mandato tra l’avAVV_NOTAIO ed il cliente che non può sussistere in mancanza del mandante, con la conseguenza che l’attività processuale svolta resta nell’esclusiva responsabilità del legale, del quale è, pertanto, ammissibile la condanna a pagare le spese del giudizio, indipendentemente dalla sua concreta consapevolezza circa la carenza della qualità di legale rappresentante in capo a colui che ebbe a conferirgli la procura » (Cass. 16225/2022; conf. Cass. 27847/2022).
5.Quanto ribadito in memoria, in ordine all’essere stata rilasciata la procura speciale in un momento in cui la società non era stata ancora cancellata d’ufficio, non vale ad escludere l’inammissibilità del ricorso, assumendo a tal fine unicamente rilievo il momento in cui il ricorso per cassazione è notificato.
Questa Corte ha infatti chiarito che « la sottoscrizione del ricorso per cassazione e l’esistenza di una valida procura speciale devono necessariamente sussistere all’atto della notificazione dell’impugnazione, connotandosi alla stregua di requisiti di ritualità della stessa, la cui mancanza è insanabile, senza che assumano rilievo attività o atti successivi al momento della notifica » (Cass. 15706/2021).
Nella specie, rileva il momento della notificazione del ricorso quale momento in cui si instaura il rapporto processuale e a quella data la società era stata da giorni cancellata dal Registro delle Imprese.
In generale, e non con riguardo specifico al giudizio di cassazione, si è affermato (Cass. 27302/2020) « ferma l’inefficacia della procura conferita da chi, alla data di costituzione in giudizio, sia già cessato
dalla carica di amministratore, perché dimissionario o sostituito con altra persona dall’assemblea, l’eventuale morte o cessazione del potere di rappresentanza del medesimo, già costituito in giudizio a mezzo di procuratore, possono comportare la sua interruzione, a norma dell’art. 300 c.p.c., soltanto se e quando l’evento sia stato dichiarato in udienza, ovvero sia notificato alle altre parti dal procuratore costituito, proseguendo altrimenti il rapporto processuale senza soluzione di continuità ».
Ma nel giudizio per cassazione non opera l’interruzione del processo ex artt. 299 e ss. c.p.c., trattandosi di procedimento dominato dall’impulso d’ufficio.
6. Quanto al ricorso proposto dall’COGNOME in proprio (senza spendita della qualità di socio), lo stesso è inammissibile, poiché l’unico motivo, il secondo, che affronta la questione della legittimazione attiva (esclusa dalla Corte d’appello), integra un vizio di omesso esame di fatto decisivo, ex art.360 n. 5 c.p.c. e, al riguardo, la Corte d’appello ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale dell’COGNOME per assoluta genericità in quanto non si confrontava neppure con la esaustiva motivazione della sentenza di primo grado, con la quale si era rilevato che il contratto di collaborazione artistica del 20/3/2008 e la successiva modifica del 22/9/2008 avevano esclusivamente riguardato la società a responsabilità limitata e non anche l’COGNOME come persona fisica, rispetto al quale il contratto era res inter alios , e che era mancata ogni allegazione e prova circa una eventuale ricaduta dell’asserito danno patrimoniale della società sul patrimonio personale dell’attore o del danno all’immagine sulla persona di costui.
A fronte di tale statuizione, non ricorre il lamentato omesso esame di un fatto storico (anche perché la doglianza specifica è articolata in appena nove righe, a pagg.13-14 del ricorso, facendo rinvio ad un « link » relativo alla carriera dell’COGNOME).
In definitiva, si rileva che, nel mezzo di ricorso, non si indicano fatti storici (della cui deduzione nel giudizio di merito venga dato conto nel rispetto del canone dell’autosufficienza del ricorso per cassazione) il cui esame, omesso nella sentenza gravata, avrebbe portato ad una diversa ricostruzione dei fatti di causa, ma ci si limita a criticare l’apprezzamento delle risultanze processuali operato dal giudice di merito, contrapponendo a tale apprezzamento quello ritenuto pi ù corretto dalla parte e sviluppando argomenti di mero fatto che non possono essere scrutinati in sede di legittimit à .
Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e vanno poste a carico solidale dell’avAVV_NOTAIO COGNOME e dell’COGNOME.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’avAVV_NOTAIO NOME COGNOME e il ricorrente NOME COGNOME, in solido, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 7.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dell’AVV_NOTAIO e del ricorrente NOME COGNOME dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione