Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1840 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1840 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7839/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME tutti rappresentati e difesi dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
Banco BPM RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 2634/2020, depositata il 6 ottobre 2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’8 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna,
Oggetto: intermediazione finanziaria
depositata il 6 ottobre 2020, di reiezione del loro appello per la riforma dell ‘ordinanza del Tribunale di Parma che aveva respinto le domande dai medesimi formulate nei confronti della Intermarket Diamond Business s.p.a. e della Banco BPM s.p.a. di accertamento della nullità del contratto di acquisto di diamanti e di condanna alle relative restituzioni, di risoluzione di tale contratto per inadempimento delle convenute e di risarcimento dei danni;
la Corte di appello, dopo aver dato atto del l’interruzione del giudizio per sopravvenuto fallimento della RAGIONE_SOCIALE e della riassunzione del medesimo unicamente nei confronti della banca, ha confermato la sentenza di primo grado evidenziando, in particolare, che non trovava applicazione all’operazione in esame la disciplina di cui al Testo unico finanza, non venendo in rilievo l’acquisto di un prodotto finanziario, e che la banca era rimasta estranea all’attività posta in essere dalla predetta RAGIONE_SOCIALE, per cui nessun illecito poteva alla stessa essere ascritto;
il ricorso è affidato a due motivi;
resiste con controricorso la Banco BPM s.p.a.;
le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
– va preliminarmente affermata la validità della procura speciale per il ricorso per cassazione conferita dai ricorrenti e materialmente congiunta a questo, contestata dalla controricorrente in relazione alla asserita carenza del requisito della specialità, atteso che tale requisito, richiesto dall’art. 365 cod. proc. civ., è integrato, anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, dalla sua collocazione topografica, nel senso che la procura rilasciata su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso (cfr. Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2022, n. 36057), non
risultando in modo assolutamente evidente la non riferibilità della stessa al giudizio di cassazione;
il ricorso è, tuttavia, inammissibile per inosservanza del requisito imposto dall’art. 366, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., mancando una chiara ed esauriente esposizione dei fatti di causa, in particolare dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto posti a fondamento della domanda introduttiva e dell’atto di appello e, conseguentemente, non consentendo al giudice di legittimità di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto (cfr. Cass. 3 novembre 2020, n. 24432, la quale sottolinea, altresì, che i motivi, essendo deputati ad esporre gli argomenti difensivi, non possano ritenersi funzionalmente idonei ad una precisa enucleazione dei fatti di causa); – può, comunque, osservarsi che i motivi sono inammissibili anche singolarmente esaminati;
con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ., per aver la Corte di appello ritenuto che i motivi di gravame proposti fossero estremamente generici benché nell’ incipit di tale atto di appello fosse stato esplicitato che l’acquisto in oggetto aveva a oggetto diamanti ed era stato effettuato presso un’agenzia del Banco Popolare s.p.a., poi Banco BPM s.p.a., senza la preventiva stipulazione del contratto generale di investimento;
orbene, la Corte territoriale, pur ritenendo che i motivi di appello fossero «estremamente generici», in quanto articolati sul fondamento di orientamenti giurisprudenziali e di un provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato non pertinenti, ha proceduto all’esame del merito delle doglianze articolate dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza di primo grado, ritenendole prive di pregio;
-ne consegue che il paradigma di cui all’art. 342 cod. proc. civ. non risulta correttamente evocato in quanto la ragione del mancato accoglimento dell’appello non risiede nell’assenza di una sua
motivazione prevista, a pena di inammissibilità, da tale disposizione normativa, nella formulazione applicabile ratione temporis;
– con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1338 e 2043 cod. civ. e 2 e 5 cod. cons., per aver la sentenza impugnata ritenuto scarsamente comprensibile il motivo di appello vertente sulla statuizione di rigetto della domanda risarcitoria in ragione del suo assorbimento in quella di rigetto della domanda di risoluzione per inadempimento;
– evidenziano, sul punto, che le due domande presentano un carattere distintivo, in relazione al diverso regime dell’onere della prova, e che l’inadempimento delle società convenute era stato adeguatamente dedotto mediante il richiamo alla decisione dell’Au torità Garante della Concorrenza e del Mercato, che aveva resistito all’impugnazione dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, secondo la quale le modalità di offerta dei diamanti da investimento da parte della RAGIONE_SOCIALE, realizzata anche attraverso la banca controricorrente, erano gravemente ingannevoli e omissive, nonché a diverse sentenza di merito che avevano accertato l’illiceità della condotta (anche) delle banche attraverso le quali le vendite si erano perfezionate;
– in proposito, si rileva che la Corte di appello, nel ritenere che il motivo di appello formulato sul punto fosse generico, ha osservato che risultava «del tutto sfumata e mai chiarita la posizione della banca rispetto al rapporto contrattuale commerciale instaurato tra i clienti e la IDB … Si rammenta che tutta la documentazione contrattuale reca il nome e il logo della IDB senza alcune evidente contributo in termini causali da parte della banca … In definitiva, tutte le censure relativ e al contratto concluso con la IDB non possono essere imputate alla banca che allo stesso è rimasta estranea … »;
– orbene, a fronte di una siffatta argomentazione, fondata sull’assenza di responsabilità della banca per le condotte dedotte in giudizio
(ascrivibili, secondo la Corte, unicamente alla società venditrice), i ricorrenti si sono limitati a censurare la mancata valutazione dell’avvenuta produzione in giudizio dei documenti fonda nti la propria pretesa nei confronti (anche) della banca, senza tuttavia aggredire puntualmente la riferita ratio decidendi ;
per le suesposte considerazioni, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 7.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale dell’8 gennaio 2025 .