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Ricorso inammissibile: oneri di specificità del gravame

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un garante contro una società di leasing. La decisione si fonda su vizi procedurali: il ricorrente non ha contestato una delle autonome ragioni della sentenza d’appello e non ha rispettato il principio di autosufficienza del ricorso, omettendo di indicare dove e quando aveva sollevato una specifica eccezione nei gradi di merito. La sentenza ribadisce il rigore formale richiesto per l’accesso al giudizio di legittimità.

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Ricorso inammissibile: gli oneri di specificità del gravame

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui requisiti procedurali per presentare un ricorso, evidenziando come la mancata osservanza di precise regole possa condurre a una declaratoria di ricorso inammissibile. Questo significa che i giudici non entrano neppure nel merito della questione, fermandosi a un controllo preliminare di natura formale. Analizziamo la vicenda per comprendere gli errori da evitare.

I Fatti del Caso: La Garanzia per i Contratti di Leasing

La controversia ha origine da una garanzia (fideiussione) prestata da due persone a favore di una società di calcestruzzi per alcuni contratti di leasing aventi ad oggetto autocarri attrezzati a betoniera. A seguito dell’inadempimento della società utilizzatrice, la società di leasing ha ottenuto un decreto ingiuntivo contro i garanti per il pagamento del debito residuo. Uno dei garanti si è opposto, dando il via a un lungo percorso giudiziario.

Il Percorso Giudiziario: Dal Tribunale alla Corte d’Appello

In primo grado, il Tribunale ha parzialmente accolto l’opposizione, escludendo la responsabilità di uno dei garanti la cui firma sul contratto era risultata falsa a seguito di una perizia grafica. Tuttavia, ha confermato il decreto ingiuntivo nei confronti dell’altro garante. Quest’ultimo ha proposto appello, ma la Corte d’Appello ha rigettato il suo gravame, confermando integralmente la decisione del Tribunale. Di conseguenza, il garante ha deciso di portare la questione davanti alla Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente ha basato il suo ricorso su due motivi principali.

La Presunta Violazione dell’Exceptio Doli

Il garante lamentava che la società di leasing avesse agito in modo doloso o, quantomeno, contrario a buona fede. A suo dire, la società aveva atteso troppo a lungo per recuperare e vendere i veicoli, causandone la vendita a un prezzo molto inferiore al loro valore e, di conseguenza, lasciando un debito residuo più alto a suo carico. Invocava quindi il principio dell’ exceptio doli e la violazione dell’art. 1227 c.c. sul concorso del fatto colposo del creditore.

L’Omessa Valutazione sulla Chiamata in Causa del Ministero

In via subordinata, il ricorrente denunciava un vizio di omessa valutazione su un fatto decisivo: la mancata autorizzazione, da parte del giudice di primo grado, a chiamare in causa il Ministero della Giustizia. Secondo la sua tesi, i ritardi nella restituzione dei beni erano imputabili a un sequestro disposto nell’ambito di misure di prevenzione, e quindi la responsabilità dell’inadempimento sarebbe stata del Ministero.

La Decisione della Corte: Un Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’intero ricorso inammissibile, senza analizzare nel dettaglio le questioni sollevate. La decisione non si è basata sulla fondatezza o meno delle argomentazioni del garante, ma esclusivamente sulla violazione di due principi cardine della procedura civile.

Le Motivazioni: I Pilastri della Procedura Civile

La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri procedurali che ogni ricorrente deve rispettare.

La Mancata Impugnazione di una ‘Ratio Decidendi’ Autonoma

Con riferimento al primo motivo, i giudici hanno osservato che la Corte d’Appello aveva basato la sua decisione su una specifica argomentazione (una ratio decidendi): il garante stesso era a conoscenza fin dal 2008 della possibilità di vendere i mezzi per ridurre il debito, ma non si era mai attivato per sollecitare la creditrice in tal senso. Questa motivazione, da sola, era sufficiente a sorreggere la decisione di rigetto dell’appello. Il ricorrente, nel suo ricorso, ha completamente ignorato questa argomentazione, concentrandosi solo su altri aspetti. La giurisprudenza costante afferma che, quando una sentenza si fonda su più ragioni autonome, il ricorrente ha l’onere di contestarle tutte. Ometterne anche solo una rende il motivo di ricorso inammissibile.

La Violazione del Principio di Autosufficienza

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha applicato il principio di autosufficienza del ricorso. Il ricorrente lamentava una mancata pronuncia sulla richiesta di chiamata in causa del Ministero, ma ha omesso di indicare in modo preciso, nel suo atto, dove e quando (cioè in quale atto del giudizio d’appello) avesse riproposto tale specifica censura. Il ricorso in Cassazione deve contenere tutti gli elementi necessari per essere deciso, senza che i giudici debbano ricercare atti e documenti nei fascicoli dei gradi precedenti. La mancata localizzazione della censura negli atti di appello ha reso anche questo motivo inammissibile per violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Ricorrenti

Questa ordinanza è un monito sull’importanza del rigore tecnico nella redazione degli atti processuali, specialmente nel giudizio di Cassazione. Evidenzia che non è sufficiente avere delle ragioni nel merito, ma è indispensabile esporle nel rispetto delle forme e degli oneri previsti dal codice di procedura civile. In particolare, insegna che ogni autonoma ragione di una decisione impugnata deve essere specificamente contestata e che ogni censura deve essere ‘autosufficiente’, permettendo alla Corte di comprendere la questione senza dover compiere indagini esterne all’atto di ricorso.

Perché il motivo di ricorso basato sulla presunta malafede della società di leasing è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché il ricorrente non ha contestato una delle ragioni autonome e sufficienti su cui si fondava la sentenza d’appello. La Corte d’Appello aveva infatti stabilito che lo stesso garante era a conoscenza della situazione e non si era attivato per sollecitare la vendita dei beni; il ricorrente ha ignorato questa motivazione nel suo ricorso, rendendolo inefficace.

Cosa significa ‘principio di autosufficienza’ del ricorso in Cassazione?
Significa che l’atto di ricorso deve contenere in sé tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari per permettere alla Corte di Cassazione di decidere, senza che i giudici debbano consultare altri atti o documenti del processo. Il ricorrente deve indicare precisamente dove si trovano, negli atti dei precedenti gradi di giudizio, i documenti o le censure su cui basa il suo ricorso.

Per quale motivo è stato respinto l’argomento relativo alla mancata chiamata in causa del Ministero della Giustizia?
Questo motivo è stato respinto perché il ricorrente ha violato il principio di autosufficienza. Egli ha omesso di precisare, trascrivere e localizzare nel suo ricorso in quale atto del giudizio di appello avesse specificamente sollevato la questione. Senza questa indicazione, la Corte di Cassazione non può verificare se la censura era stata correttamente proposta nel grado precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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