Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14695 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14695 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19443/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende.
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ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE
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intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 1368/2023 depositata il 23/06/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di fideiussori della RAGIONE_SOCIALE proponevano opposizione al decreto con cui si ingiungeva loro il pagamento della somma dovuta a seguito della risoluzione per inadempimento di alcuni contratti di leasing stipulati dalla società ed aventi ad oggetto autocarri attrezzati a betoniera.
Si costituiva, resistendo, Mediocredito RAGIONE_SOCIALE (subentrato nel comparto leasing di Intesa Sanpaolo, già RAGIONE_SOCIALE).
Espletata c.t.u. grafologica, che escludeva l’attribuibilità alla COGNOME delle sottoscrizioni sul contratto di fideiussione, con sentenza n. 1901/2018 il Tribunale di Bologna accoglieva parzialmente l’opposizione, mentre nei confronti del Giacobbe confermava il decreto ingiuntivo opposto.
Avverso tale sentenza entrambi i fideiussori proponevano appello, la COGNOME solo in punto spese; si costituiva, resistendo al gravame, Intesa Sanpaolo Provis s.p.a. e per essa RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, quale mandataria.
3.1. Con sentenza n. 1368 del 23 giugno 2023 la Corte d’Appello di Bologna rigettava il gravame.
Avverso tale sentenza il solo NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resta intimata RAGIONE_SOCIALE, e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denunzia: ‘Violazione e/o falsa applicazione del principio dell’exceptio doli nel contratto autonomo di garanzia -violazione dell’art. 1227 c.c. (art. 360
comma 3 cpc)’.
Lamenta, riproponendo una doglianza già dedotta nei motivi di appello, che la banca concedente aveva dolosamente taciuto sia di essersi tardivamente attivata per ottenere la restituzione degli automezzi, che, quindi, erano stati venduti tardivamente ed a un prezzo basso, sia di aver percepito canoni di locazione finanziaria, e che la corte di merito avrebbe omesso di considerare tali circostanze in relazione sia al possibile rimedio della exceptio doli sia alla necessità di rideterminare, in misura inferiore, la somma ingiunta ai fideiussori.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Non si correla alla motivazione dell’impugnata sentenza, la quale -poiché l’allora appellante oggi ricorrente aveva invocato la violazione sia dell’art. 1227 cod. civ. sia dei principi in tema di esercizio dell’ exceptio doli in relazione al comportamento tenuto dalla banca e qualificato come abusivo – ha espressamente rilevato: ‘D’altra parte lo stesso garante, era conoscenza sin dal 2008 del fatto che si sarebbe potuto provvedere a defalcare dalla somma dovuta il prezzo ricavato dalla vendita degli automezzi, ma non risulta che si sia attivato per sollecitare la concedente in tal senso – pur essendo nel suo interesse -, al fine ottenere una somma maggiore da portare in detrazione al debito complessivo’.
Orbene, il ricorrente non si fa carico dell’affermazione che lo stesso garante era a conoscenza della possibilità di defalcare dalla somma dovuta il prezzo di vendita degli automezzi, per cui la banca concedente non aveva dolosamente taciuto alcunché, e trascura di impugnare siffatta motivazione, che da sola è sufficiente a sorreggere la qui impugnata sentenza.
Questa Corte ha infatti avuto più volte modo di affermare che quando la sentenza di merito impugnata si fonda, come nel caso in esame, su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa
giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le censuri tutte, dato che l’omessa impugnazione di una di essere rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641; Cass., 14/02/2012, n. 2108; Cass., 03/11/.2011, n. 22753).
1.2. Infine, là dove lamenta che la sentenza impugnata erra, altresì, nella interpretazione e conseguente applicazione dell’art. 1227 cod. civ., il ricorrente svolge una censura fondata su una propria ricostruzione, dei fatti e dell’esito della c.t.u. espletata sui veicoli, diversa ed oppositiva rispetto a quella illustrata nella sentenza, finendo per sollecitare un riesame del fatto e della prova, estraneo al giudizio di legittimità (v., tra le tante, Cass., Sez. Unite Sent., 27/12/2019, n. 34476; Cass., 04/03/2021, n. 5987; Cass., n. 1620/2016).
Con il secondo motivo, dedotto in via subordinata al primo, il ricorrente denunzia ‘Omessa valutazione su un fatto decisivo del giudizio: incidenza sulla mancata autorizzazione alla chiamata in causa del Ministero della Giustizia (art. 360, comma 5, cod. proc. civ.)’.
Lamenta che, nel confermare integralmente la sentenza di primo grado, la corte di merito non si è pronunciata sulla eccepita richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del Ministero della Giustizia, a fini di manleva della posizione debitoria di NOME NOME; se, invece, tale chiamata fosse stata autorizzata, si sarebbe potuta accertare e dichiarare la responsabilità esclusiva del Ministero nell’inadempimento ai contratti di leasing.
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. Il ricorrente espressamente afferma che ‘In relazione alla chiamata in causa del Ministero della Giustizia, il Tribunale
riteneva che tale domanda non fosse ammissibile in quanto la risoluzione per inadempimento del Giacobbe sarebbe avvenuta nell’aprile del 2008, antecedentemente al sequestro misure di prevenzione disposto dal Tribunale di Reggio Calabria che, a dire del primo giudice, avrebbe impedito la restituzione dei beni all’avente diritto fino al 30 luglio 2013. Il Giudice di prime cure ometteva di considerare, nel proprio iter argomentativo, che il primo sequestro avveniva in data 14 gennaio 2008 (Tribunale di Reggio Calabria n. 57/07 DDA/GIP/RC, a carico dell’intero patrimonio aziendale della RAGIONE_SOCIALE. (…) In data 21.07.2008 seguiva il provvedimento n. 27/08 Provv. Seq. nell’ambito del proc. n. 49/08 + 51/08 Reg. Mis. Prev., il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Misure di Prevenzione) La disponibilità dei beni da parte della RAGIONE_SOCIALE veniva meno nel gennaio 2008 (con la nomina degli amministratori giudiziari). Successivamente, in data 04.09.2010, si ordinava la confisca della società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Tanto premesso, va rilevato che, là dove censura l’impugnata sentenza per vizio di omessa pronuncia, il ricorrente omette tuttavia di precisare, trascrivere e localizzare se, dove e quando egli già avesse formulato codesta censura in appello, e dunque incorre nella patente violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
Questa Corte ha infatti avuto modo di precisare (v., ancora di recente, Cass., n. 8117/2022) che il requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., consiste in un’esposizione che deve garantire alla Corte di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia ma anche del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. Un., 28/11/2018, n. 30754, che richiama Cass., n. 21396 del 2018); la valutazione in termini d’inammissibilità del ricorso non esprime, naturalmente, un
formalismo fine a sé stesso, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 e ribaditi da Cass., Sez. Un., 18/03/2022, n. 8950, bensì il richiamo al rispetto di una precisa previsione legislativa volta ad assicurare uno “standard” di redazione degli atti che, declinando la qualificata prestazione professionale svolta dalla difesa e presupposta dall’ordinamento, si traduce nel sottoporre al giudice nel modo più chiaro la vicenda processuale permettendo, in quel perimetro, l’apprezzamento delle ragioni della parte (Cass., Sez. Un., n. 30754 del 2018, cit.); si tratta, come evidente, di una ricaduta del principio di specificità del gravame, calato nel giudizio a critica vincolata qual è quello della presente sede di legittimità.
Alla inammissibilità dei motivi consegue l’ inammissibilità del ricorso.
Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’ intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza