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Ricorso inammissibile: onere della prova in Cassazione

Una garante donava un immobile al figlio. L’istituto di credito creditore agiva con successo in revocatoria. La garante proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che le garanzie prestate da un altro fideiussore fossero sufficienti. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetti procedurali, in particolare per la violazione del principio di autosufficienza, ribadendo che non può riesaminare nel merito le valutazioni dei giudici dei gradi precedenti.

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Ricorso Inammissibile: L’Onere di Specificità negli Atti di Cassazione

Il percorso verso la giustizia è scandito da regole e procedure precise, la cui osservanza è fondamentale per la validità stessa dell’azione legale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ci ricorda quanto sia cruciale il rispetto dei requisiti formali, specialmente nel giudizio di legittimità. La vicenda analizzata si conclude con una dichiarazione di ricorso inammissibile, non perché le ragioni del ricorrente fossero infondate nel merito, ma perché il modo in cui sono state presentate non rispettava i canoni imposti dal codice di procedura civile. Questo caso offre uno spaccato chiaro sul principio di autosufficienza del ricorso e sui limiti del sindacato della Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Donazione e l’Azione Revocatoria

La controversia nasce quando una società finanziaria, in qualità di procuratrice di un istituto di credito, conviene in giudizio una donna e suo figlio. La donna, in qualità di fideiussore per una società debitrice, aveva donato al figlio un compendio immobiliare. L’istituto di credito, titolare di un credito nei confronti della società garantita, riteneva che tale atto di donazione pregiudicasse le proprie ragioni creditorie e, pertanto, ne chiedeva la revoca tramite l’esercizio dell’azione pauliana.

Il Giudizio di Merito: La Conferma della Revocatoria

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione all’istituto di credito. I giudici di merito hanno stabilito che, sebbene la donazione fosse avvenuta prima dell’emissione di un decreto ingiuntivo, essa era comunque successiva al sorgere del credito, coincidente con la prestazione della fideiussione anni prima. Pertanto, per dichiarare l’inefficacia dell’atto, erano sufficienti due elementi: il pregiudizio oggettivo arrecato alle ragioni del creditore (eventus damni) e la consapevolezza del fideiussore di arrecare tale pregiudizio (scientia damni). La Corte d’Appello, in particolare, ha ritenuto che la donazione dell’immobile rendesse oggettivamente più difficoltoso il soddisfacimento del credito, integrando così i presupposti dell’azione revocatoria.

Il Ricorso in Cassazione: I Motivi dell’Appellante

La fideiussore ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su due motivi principali:
1. La violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia su un punto decisivo. Secondo la ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe considerato la presenza di un altro fideiussore (il marito), il cui patrimonio, e in particolare il quinto pignorabile della sua pensione, sarebbe stato sufficiente a garantire il credito, facendo così venire meno il presupposto dell’ eventus damni.
2. La violazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c., per aver omesso di considerare un fatto decisivo, ovvero l’esistenza di un altro coobbligato solidale il cui patrimonio poteva essere aggredito dal creditore.

Le Motivazioni della Suprema Corte: Le ragioni di un ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si fonda su principi procedurali inderogabili che governano il giudizio di legittimità.

La Violazione del Principio di Autosufficienza del Ricorso

Il motivo principale dell’inammissibilità risiede nella violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c. Questo articolo impone al ricorrente di indicare specificamente gli atti processuali e i documenti su cui si fonda il ricorso, non limitandosi a un mero richiamo. Nel caso di specie, la ricorrente ha fatto riferimento a vari atti (es. “l’atto notificato il 24/7/2012”, la “memoria ex art. 183 c.p.c.”) senza riprodurne le parti rilevanti e senza fornire indicazioni precise per la loro localizzazione nei fascicoli processuali. La Corte ha ribadito che, per consentire l’esame delle censure, il ricorso deve essere “autosufficiente”, ovvero contenere tutti gli elementi necessari a comprenderne la portata, senza che i giudici debbano procedere a una ricerca autonoma degli atti.

L’Impossibilità di un Riesame del Merito

La Suprema Corte ha inoltre sottolineato che le doglianze della ricorrente, al di là della loro intestazione formale, miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle emergenze processuali. Si chiedeva, in sostanza, alla Cassazione di riesaminare i fatti e le prove per giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito. Questo, però, è precluso. Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non un terzo grado di merito. Il suo compito non è stabilire come sono andati i fatti, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e seguito una motivazione logica e non apparente. Le censure proposte si traducevano in una inammissibile richiesta di rivalutazione del merito della vicenda.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per chi Ricorre in Cassazione

Questa ordinanza è un monito fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Il successo di un ricorso non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche e soprattutto dal rigore formale con cui queste vengono esposte. È indispensabile che il ricorso sia redatto nel pieno rispetto del principio di autosufficienza, fornendo alla Corte tutti gli elementi per decidere, attraverso la riproduzione testuale degli atti e documenti rilevanti o la loro precisa indicazione. Tentare di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione dei fatti è una strategia destinata al fallimento, poiché esula completamente dalla funzione e dai poteri della Suprema Corte.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile principalmente per la violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., ovvero del principio di autosufficienza. La ricorrente si è limitata a richiamare atti e documenti dei precedenti gradi di giudizio senza riprodurne le parti essenziali o fornire indicazioni precise per la loro individuazione, impedendo di fatto alla Corte di esaminare le censure.

Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove e i fatti già valutati dai giudici di merito?
No. L’ordinanza ribadisce con fermezza che il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità e non un terzo grado di merito. La Corte non può procedere a una nuova valutazione dei fatti o delle prove, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Cosa significa che un ricorso deve essere ‘autosufficiente’?
Significa che l’atto di ricorso deve contenere in sé tutti gli elementi di fatto e di diritto necessari per permettere alla Corte di Cassazione di comprendere pienamente le censure mosse, senza dover consultare altri atti o fascicoli. Deve quindi riportare le parti rilevanti dei documenti e degli atti processuali a cui fa riferimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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