Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25695 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25695 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5480/2021 R.G. proposto da:
CORSANO TIZIANA, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in INDIRIZZO INDIRIZZO,
pec:
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice speciale di DEUTSCHE RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvo cato COGNOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata in ROMA presso lo studio della medesima in INDIRIZZO
pec:
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 3610/2020 depositata il 17/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Rilevato che
la società RAGIONE_SOCIALE in qualità di procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio NOME COGNOME ed NOME COGNOME, in qualità di fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE, allegando che alla società erano stati concessi diversi affidamenti bancari con la garanzia dei fideiussori, che sussisteva un credito di essa attrice nei confronti della società e che tale credito era pregiudicato dall’atto di donazione con il quale la COGNOME aveva donato al figlio NOME COGNOME la proprietà di un compendio immobiliare sito in Roma, in INDIRIZZO, atto di cui la RAGIONE_SOCIALE chiese la revocatoria;
il Tribunale di Roma ritenne che, pur essendo stata la donazione stipulata in data 30/7/2007 ed il credito portato da un decreto ingiuntivo emesso in data 24/11/2007, l’atto dispositivo era comunque successivo al sorgere del credito perché occorreva considerare, a tal fine, la fideiussione prestata anteriormente, anni prima, contestualmente all’apertura di un conto corrente in favore della società; era pertanto sufficiente il fatto oggettivo dell’accreditamento del finanziamento e la consapevolezza del fideiussore di arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie per pronunciare l’inefficacia dell’atto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
a seguito di appello di NOME COGNOME la Corte d’ Appello di Roma, con sentenza n. 2610 del 17/7/2020, ha rigettato il gravame,
confermando la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi dell’ actio pauliana; in particolare, e per quanto ancora rileva, la corte del gravame ha ritenuto che la donazione dell’immobile dalla COGNOME NOME figlio non poteva che rendere più difficoltoso il soddisfacimento delle ragioni creditorie, tanto da integrare la scientia damni;
avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria;
resiste la società RAGIONE_SOCIALE con controricorso, illustrato da memoria;
l’altro intimato non ha svolto attività difensiva ;
Considerato che
con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 cpc (art. 360 n. 3 cpc) per avere la corte di merito asseritamente omesso di pronunciare sul motivo di gravame con cui era stato eccepito che doveva essere accertata e dichiarata l’inesistenza del pregiudizio , essendovi altro fideiussore, il marito NOME COGNOME, tenuto per l’intero ex art. 1946 c.c. con patrimonio tale da garantire la speditezza e la fruttuosità dell’azione esecutiva; essendo infatti pignorabile il quinto della pensione del COGNOME la corte del gravame avrebbe dovuto ritenere insussistente l’ eventus damni ;
con il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 360, 1° co. n. 5, c.p.c., dolendosi che la corte del merito non abbia considerato il fatto decisivo costituito dalla presenza di altro fideiussore la cui pensione era pignorabile per un quinto sicché ciò avrebbe di per sé consentito di escludere la ricorrenza dell’ eventus damni ;
il ricorso è inammissibile
esso risulta formulato in violazione dei requisiti a pena d’inammissibilità prescritti all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., atteso che a fronte dell’ accertamento in fatto e delle ragioni poste dai giudici di
merito a base delle conclusioni raggiunte nell’impugnata sentenza, l’odierna ricorrente prospetta invero censure che risultano anzitutto formulate in violazione del requisito a pena di inammissibilità richiesto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c. là dove fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito ( in particolare, <>, la <>, i <> ) che si limita a meramente richiamare, senza invero debitamente riprodurre -per la parte strettamente d’interesse in questa sede- nel ricorso ovvero, laddove riprodotti ( es., parte dell’atto di appello ) , senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione ( anche ) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile ( v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 ).
A tale stregua, non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non essendo invero sufficienti affermazioni -come nel caso- del tutto apodittiche ( v. già Cass., 21/8/1997, n. 7851 ).
Risponde d’altro canto a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che i requisiti di formazione del ricorso
vanno sempre ed indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.
Essi rilevano infatti ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso ( cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221 ).
Va altresì posto in rilievo che al di là della formale intestazione dei motivi- la ricorrente prospetta invero inammissibili doglianze di erronea valutazione delle emergenze processuali e di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti in particolare dalla vigente formulazione dell’art. 360, 1° co. n. 5, c.p.c. (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie vizi della motivazione ovvero l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312), inammissibilmente prospettanti in realtà una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale
fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi ( cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443 ).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza.
Non è viceversa a farsi lugo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altro intimato, non avendo il medesimo svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione