Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9687 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9687 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13268-2019 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1526/2018 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 02/01/2019 R.G.N. 446/2016;
Oggetto
Spese e CTU
R.G.N. 13268/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 26/11/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Lecce, decidendo sulla domanda di NOME COGNOME volta a conseguire il ricalcolo della pensione di vecchiaia includendo nella base di calcolo della retribuzione pensionabile, ai fini della determinazione delle contribuzioni figurative, anche gli emolumenti extramensili relativi ai periodi di disoccupazione volontaria, ha respinto il gravame proposto dalla parte privata, titolare di pensione dal gennaio 2002 ed in cassa integrazione e mobilità nell’ultimo decennio antecedente, non essendo stato possibile accertare tramite consulenza tecnica contabile, l’esistenza dei predetti emolumenti non reperibili presso INPS una volta decorso un periodo superiore al decennio; per soccombenza ha condannato la richiedente al pagamento delle spese di lite.
Avverso la sentenza, NOME COGNOME ricorre con un motivo a cui INPS resiste con controricorso.
La controversia è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 26 novembre 2024.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo di ricorso viene dedotto il vizio della sentenza per errata valutazione dei documenti e prove in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non essendo stato ‘verificato il contenuto degli allegati al ricorso, per avere violato l’art. 152 c.p.c.’; in particolare, la ricorrente lamenta che non sia stata considerata la dichiarazione allegata all’atto di appello di aver conseguito un reddito familiare per l’anno 2015 di Euro 12.750,00, che per l’anno 2016 aveva un reddito familiare di
Euro 13.302,64 e che il coniuge era disoccupato e non aveva conseguito reddito; inoltre, lamenta che l’ente previdenziale non abbia conservato il fascicolo del pensionato finché in vita, né abbia provveduto alla sua digitalizzazione, di tal ché il consulente non ha potuto integrare la sua relazione, come richiesto dal giudice di appello, acquisendo presso INPS i mod. SR41 (concernenti la comunicazione ad INPS delle informazioni relative al pagamento delle integrazioni salariali, necessarie per avere l’accredito della contribuzione figurativa sull’estratto contributivo del lavoratore) introdotti soltanto nel 2009, mancando qualsiasi documentazione equipollente utilizzabile per il calcolo della prestazione negli anni di attività lavorativa. Pertanto, la ricorr ente chiede l’annullamento della sentenza nella parte relativa alla condanna alle spese ed al pagamento della CTU, non essendo colpevole della mancanza dei documenti presso l’ente e pur avendo conseguito un reddito inferiore.
Nel suo controricorso l’INPS, premesso che ai sensi dell’art. 8 co.4 della L. n. 155/1981 -per la cassa integrazione guadagnie dell’art. 7 co.9 L.223/91 -per l’indennità di mobilità – la valorizzazione dei contributi figurativi è operata sulla base della retribuzione comunicata dal datore di lavoro e posta a base delle rispettive indennità, già comprensiva della tredicesima mensilità e di tutti gli altri emolumenti, eccepisce l’inammissibilità del ricorso volto ad ottenere un riesame dei fatti acquisiti sulla base di un accertamento rimesso alla competenza esclusiva dei giudici di merito, e rileva che l’unico motivo si articola, in realtà in due profili: l’uno attinente alla condanna alle spese, per il quale vi sarebbe un vizio di autosufficienza non essendo riportato il tenore della dichiarazione che si assume essere stata prodotta in appello, l’altro alla non condivisibilità dell’accertamento compiuto nei primi due gradi di giudizio,
basato su una prova tecnica che aveva tenuto conto di un calcolo di contributi figurativi comprensivo di tutti gli elementi conglobati nella retribuzione posta a base della integrazione salariale comunicata dal datore di lavoro, senza alcuna inversione di onere probatorio.
3. Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente va rilevato che la ricorrente, con un unico motivo, censura la sentenza sotto due profili di ‘ errata valutazione dei documenti e delle prove ‘, riportando il primo, relativo alla soglia reddituale idonea a beneficiare dell’esonero dalle spese in caso di soccombenza, nell’alveo della violazione di una norma del codice di rito impropriamente richiamata (si menziona l’art. 152 c.p.c., ma è verosim ile che intendesse riferirai all’art. 152 disp. att. c.p.c.), ed il secondo, relativo alla omessa verifica dei documenti presenti nel fascicolo del pensionato qualora non fossero stati distrutti o fossero stati conservati mediante digitalizzazione, in tal modo consultabili dal CTU, sì da evitare la condanna alle spese e consentirne la richiesta compen sazione all’esito del giudizio.
Il primo rilievo difetta di specifica indicazione del documento ed illustrazione del suo contenuto rilevante, essendo genericamente riportato in ricorso la circostanza di aver allegato all’ atto di appello la dichiarazione di esonero di cui al citato art. 152; tuttavia manca l’indicazione dell’avvenuta allegazione, neppure attraverso la menzione dell’elenco di documenti allegati all’atto di appello, e neppure è trascritto il contenuto della dichiarazione e la finalità per la quale, ove prodotta, sia stata resa. Peraltro, la sentenza impugnata non contiene alcun riferimento alla sua esistenza né alla sua eventuale valutazione di inidoneità. Si osservi che anche per il presente grado di
giudizio manca la dichiarazione di esonero dal pagamento delle spese processuali essendo invece presente una dichiarazione di esenzione dal pagamento del contributo unificato. La trascrizione essenziale dell’atto e del documento, per la parte d’interesse a sostegno del motivo di ricorso, consente, invero, di contemperare la semplificazione dell’attività di controllo di legittimità con la garanzia di certezza e corretta amministrazione della giustizia (sul tema della autosufficienza, e sull’osservanza del cr iterio contenutistico del ricorso ex art. 366 n.6 c.p.c., si veda la recente pronuncia della Corte, ord. n. 21346/2024), dovendosi all’uopo individuare anche la sede processuale in cui sono state dedotte le circostanze disattese dal giudice della impugnata sentenza (cfr. ord. n.15058/2024). A fronte di una lamentata erronea valutazione, è decisivo conoscere il contenuto, la modalità e la paternità del documento dichiarativo, finalizzato all’esenzione dal pagamento delle spese in caso di soccombenza, valutazione che, per la carente specificità del motivo di impugnazione, resta preclusa in questa fase.
6. Anche sotto il secondo profilo il ricorso è inammissibile: la ricorrente lamenta la disposta condanna alle spese di lite di secondo grado, che invece trova fondamento nella diretta applicazione del principio di soccombenza. Con il ricorso non sono introdotte argomentazioni puntuali sulla giustificazione causale della invocata compensazione con riferimento alle diverse ipotesi previste dall’art. 92 c.p.c. ed all’interpretazione costituzionale resa con sentenza n.77/2018. In particolare, l’ostacolo ricostr uttivo delle voci extramensili ai fini della determinazione del ricalcolo contributivo non discende da un inadempiuto obbligo di conservazione di documenti, ma da una carenza di allegazione non sopperibile attraverso l’acquisizione
dei mod. SR41, introdotti in epoca successiva, né tramite l’utilizzo di documentazione equipollente, di cui neppure si indica la preesistenza, il contenuto e la rilevanza.
Impropria è, dunque, la doglianza dell’ingiusta condanna alle spese ‘ pur non essendo colpevole della mancanza di documenti presso l’INPS ‘, poiché, nel tentativo di introdurre un alleggerimento del proprio onere dimostrativo sull’esistenza di elementi a sostegno della pretesa creditoria, essa di fonda su una mera critica agli argomenti valutativi rassegnati nelle conclusioni della relazione peritale sul tema del mancato rinvenimento di documentazione utile e sulla carenza di acquisizione in sede INPS di documenti risalenti al decennio antecedente la domanda amministrativa. Il tema della carenza documentale ridonda sulla doluta condanna alle spese: anche sotto questo profilo, il motivo difetta di specificità non essendo stati riportati il tenore contenutistico delle conclusioni che in appello sarebbero state volte a conseguire la compensazione delle spese (peraltro non compatibile con la richiesta di esenzione in caso di soccombenza) e l’eventuale ragione giustificatrice di una deroga al principio di soccombenza.
Alla pronuncia di inammissibilità del ricorso fa seguito la condanna alle spese della presente fase di giudizio, mancando alcuna dichiarazione esonerativa dalle spese ex art. 152 disp. att. c.p.c.; segue anche la previsione del raddoppio del contributo unificato, ove ne sussistano le condizioni.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 350,00, oltre accessori di rito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Roma, deciso all’adunanza camerale del 26.11. 2024