Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 79 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 79 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5347/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME , elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME e COGNOME
-controricorrenti – nonché contro
Oggetto: Azione di simulazione -Azione revocatoria
R.G.N. 5347/2019
Ud. 14/11/2023 CC
NOME COGNOME
-intimata – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO TORINO n. 1960/2018 depositata il 16/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 14/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 novembre 2018, la Corte d’appello di Torino, decidendo in sede di rinvio a seguito della sentenza di questa Corte n. 6987/2016, ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 57/2006 del Tribunale di Alba -Sezione Distaccata di Brà.
Per qual che qui ancora rileva, RAGIONE_SOCIALE aveva evocato la RAGIONE_SOCIALE (successivamente divenuta, prima, RAGIONE_SOCIALE, poi, RAGIONE_SOCIALE infine, RAGIONE_SOCIALE) chiedendo, in via principale, di accertare la natura simulata della vendita di un immobile, effettuata da NOME COGNOME e NOME COGNOME -debitori dell’attrice in quanto fideiussori di due società dichiarate fallite ed incapienti sul credito della medesima banca -a favore, appunto, della RAGIONE_SOCIALE e, in via subordinata, di dichiarare l’inefficacia ex art. 2901 c.c. della medesima vendita.
L’attrice, oltre a NOME COGNOME e NOME COGNOME, aveva citato non solo la RAGIONE_SOCIALE ma anche la socia ed amministratrice della società RAGIONE_SOCIALE
La vicenda processuale si era, poi, sviluppata nei vari gradi di giudizio, ed in particolare:
-con la sentenza n. 57/2006 del Tribunale di Alba -Sezione Distaccata di Brà, la quale aveva respinto entrambe le domande della RAGIONE_SOCIALE
-con la sentenza n. 1336/2010 della Corte d’appello di Torino, la quale, in data 7 settembre 2010, aveva, invece, aveva accolto la domanda di accertamento della simulazione;
-con la sentenza di questa Corte n. 6987/2016, la quale aveva invece accolto il ricorso della (allora) RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME, cassando con rinvio la decisione della Corte torinese.
Riassunto il giudizio da RAGIONE_SOCIALE -nelle more divenuta RAGIONE_SOCIALE – e da NOME COGNOME, costituitasi la RAGIONE_SOCIALE rimasto contumace il CURATORE DELL’EREDITA’ NOME DI NOME COGNOME la Corte d’ appello -per quel che ancora rileva -ha escluso che le prove assunte nel corso del giudizio valessero a suffragare la tesi della natura simulata della vendita, concludendo, altresì, per l’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda ex art. 2901 c.c., ed in particolare della consapevolezza in capo alla società acquirente del pregiudizio arrecato dalla vendita alle ragioni della creditrice.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Torino ricorre ora RAGIONE_SOCIALE
Resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME.
È rimasto intimato il CURATORE DELL’EREDITA’ GIACENTE DI NOME COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Hanno depositato memorie la ricorrente e RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è affidato a due motivi, rispettivamente rubricati: ‘I Carenza, contraddittoria ed erronea motivazione in ordine alla mancanza di prova dell’esistenza dei presupposti della simulazione assoluta ex art. 1414 c.c. in violazione degli artt. 1417, 2727, 2729 e 2697 c.c. (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.). Carenza, contraddittoria ed erronea motivazione in ordine alla mancanza di prova dell’esistenza dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. in violazione degli artt. 2907, 2727, 2729 e 2697 c.c., 99 e 112 c.p.c. (art. 360 n. 3 e
II -5 c.p.c.)’;
ed oggetto di illustrazione unitaria.
La ricorrente viene a dolersi della decisione della Corte d’appello ed ancor prima della sentenza di questa Corte n. 6987/2016 -in quanto le medesime non avrebbero operato una valutazione complessiva degli elementi indiziari che deporrebbero nel senso della fondatezza della domanda di simulazione o della domanda di inefficacia ex art. 2901 c.c.
Si duole la ricorrente che gli elementi indiziari siano stati valutati singolarmente e non nella loro complessiva valenza e che, ulteriormente, la Corte territoriale abbia omesso di valutare elementi rilevanti o lo abbia erroneamente valutati.
I motivi sono inammissibili.
Ciò per almeno tre ordini di ragioni.
La prima è costituita dallo sviluppo inammissibilmente promiscuo dei due motivi, i quali non hanno ricevuto autonomo sviluppo, in tal modo violandosi il disposto di cui all’art. 366 c.p.c.
La seconda è costituita dal fatto che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., con L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, mentre al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
L’ultima è costituita dal fatto che i due motivi si pongono radicalmente al di fuori dell’ambito della deducibilità della doglianza ex art. 360, n. 3), c.p.c. la quale deve essere dedotta, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual
modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. (Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 24298 del 29/11/2016).
Il ricorrente, quindi, a pena d’inammissibilità della censura, ha l’onere di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. Sez. U – Sentenza n. 23745 del 28/10/2020).
I due motivi, nella loro promiscua esposizione, invece, si limitano a proporre una serie di profili squisitamente fattuali, senza riuscire ad individuare anche una sola affermazione della Corte territoriale che possa integrare una violazione o falsa applicazione delle previsioni di legge richiamate nel motivo medesimo, traducendosi pertanto in un inammissibile sindacato sulla valutazione delle prove riservata al giudice di merito (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dei
contro
ricorrenti costituiti, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020 – Rv. 657198 – 05).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 12.300,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater , nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis , ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre