Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22526 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22526 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
Oggetto
OPPOSIZIONE ESECUZIONE
Inammissibilità del ricorso ex art. 366, co. 1, n. 6), c.p.c. ‘nuovo testo’
R.G.N. 14133/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 26/3/2025
Adunanza camerale sul ricorso 14133-2023 proposto da:
COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ Avvocato NOME COGNOME ma domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l ‘ indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE e per essa la sua mandataria e procuratrice speciale RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale Dott. NOME COGNOME domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’ indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE PUGLIA RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME
– intimate –
Avverso la sentenza n. 271/2023, della Corte d ‘ appello di Bari, depositata in data 22/02/2023;
udita la relazione della causa svolta nell ‘ adunanza camerale del 26/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di dieci motivi, per la cassazione della sentenza n. 271/23, del 22 febbraio 2023, della Corte d ‘ appello di Bari, che – nel pronunciarsi quale giudice del rinvio, all ‘ esito della sentenza di questa Corte n. 26328/21, del 29 settembre 2021, che aveva provveduto a norma dell ‘ art. 383, comma 3, cod. proc. civ., rilevando un difetto di integrazione del contraddittorio in relazione al giudizio di secondo grado, al quale non era stata messa in condizione di partecipare la debitrice esecutata, RAGIONE_SOCIALE – ha accolto solo parzialmente il gravame esperito avverso la sentenza n. 4030/12 del Tribunale di Bari, di reiezione dell ‘ opposizione proposta, tra gli altri, dall ‘ odierna ricorrente avverso l ‘ atto di precetto notificatole, ex art. 602 cod. proc. civ., quale terza datrice d ‘ ipoteca, da Banca Popolare di Puglia e Basilicata S.c.p.a. (d ‘ora in poi, ‘BPPB’), compensando integralmente le spese di lite.
Riferisce, in punto di fatto, l ‘ odierna ricorrente di essersi opposta – unitamente a NOME COGNOME e NOME COGNOME anch ‘ esse terze datrici d ‘ ipoteca – al suddetto atto di precetto,
relativo ad un debito della RAGIONE_SOCIALE portato da ‘ titolo esecutivo giudiziale ‘ .
Intervenivano in giudizio la società debitrice e le socie di questa, NOME e NOME COGNOME, aderendo all ‘ opposizione, che veniva però rigettata dal giudice di prime cure.
Cassata da questa Corte, per le ragioni già indicate, la decisione con cui il giudice d ‘ appello – su gravame esperito delle opponenti e dalle già socie della debitrice Newcom – aveva accolto parzialmente l ‘ opposizione (riconoscendo il limite della garanzia reale prestata dalle terze datrici di ipoteca nell ‘importo di € 103.291,38, per sorte capitale, nonché per accessori, interessi e spese), il giudizio di rinvio veniva instaurato su iniziativa della sola odierna ricorrente.
Convenute, dunque, da NOME COGNOME tutte le altre socie della fallita società RAGIONE_SOCIALE, nel giudizio di rinvio interveniva la società RAGIONE_SOCIALE assumendo di essere cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE, eccependo, tra l ‘ altro, l ‘ estinzione del giudizio per intempestività della riassunzione. Giudicata sanata l ‘ estinzione del processo a seguito della costituzione della cessionaria, nonché ritenuta tardiva l ‘ eccezione di NOME COGNOME relativa alla mancata dimostrazione della cessione in favore di COGNOME (eccezione della quale, comunque, veniva esclusa la fondatezza nel merito, e ciò in ragione dell ‘ avvenuta pubblicazione dell ‘ atto di cessione sulla Gazzetta Ufficiale ), per il resto il giudice del rinvio confermava quanto già statuito in occasione del giudizio d ‘ appello.
In particolare, esso non riconosceva ‘la fondatezza del richiamo al precedente giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo n. 3742/1992 in considerazione della dichiarata improcedibilità di quel giudizio nei confronti della società e delle socie soggette a procedura concorsuale’, così ‘non considerando che la ricorrente e la sorella NOME non erano fallite’.
Inoltre, il secondo motivo, ‘relativo all’ eccezione di inefficacia del decreto ingiuntivo non veniva condiviso in quanto a parere della Corte barese il decreto monitorio sarebbe stato regolarmente notificato al curatore del fallimento Newcom’, rilevando, inoltre, il giudice del rinvio che ‘l’ omessa notifica del decreto alla fallita non manifestava la volontà del creditore di abbandonare ogni pretesa, perché consentiva alla fallita di far valere le proprie ragioni con l ‘opposizione al decreto ingiuntivo’.
In relazione al terzo motivo, il giudice del rinvio ‘riteneva infondato il rilievo dell ‘ opponente secondo cui la banca aveva perso la garanzia ipotecaria del proprio credito non proponendo opposizione ex art. 98 legge fall.’, così impedendo ‘alle terze datrici di surrogarsi nei diritti della banca’. Infatti, l’ attivo realizzato in sede fallimentare in € 16.894,35 risultava ‘inferiore al credito della banca pari € 103.291,38’, di talché, ‘seppure la banca avesse conseguito il suo credito in via ipotecaria, non sarebbe stato sufficiente alla soddisfazione del suo credito’; in ogni caso riteneva ‘indimostrato un pregiudizio per la terza datrice’.
In merito al quarto motivo, il giudice del rinvio ‘riteneva corretta l ‘ intimazione di pagamento perché manifestava la volontà della banca di agire nei soli limiti delle quote immobiliari gravate da ipoteca come era risultato dal successivo pignoramento’. Rigettava, inoltre, ‘la censura relativa alla dimostrazione del credito perché lo stesso era portato da effetti cambiari protestati, girati per l ‘ incasso alla banca e successivi al contratto di apertura del credito con garanzia ipotecaria’.
Inoltre, pure ‘l’ eccezione di prescrizione degli effetti cambiari azionati dalla banca’ – prosegue l ‘ odierna ricorrente ‘veniva ritenuta infondata, in quanto la domanda di insinuazione al passivo aveva interrotto i termini di prescrizione’.
Ritornando, poi, sul diritto di garanzia ipotecaria, la Corte barese ne riteneva la prescrizione ‘in vent’ anni dall ‘ ultima iscrizione risalente al 1991’, escludendone , però, il decorso, dato ‘che la banca aveva rinnovato l’ iscrizione ipotecaria l ‘ 11 febbraio 2005’.
Anche il motivo relativo all ‘ eccezione di disconoscimento delle sottoscrizioni degli effetti cambiari veniva ritenuto infondato, e ciò ‘in quanto gli effetti erano stati già azionati col primo decreto ingiuntivo del 1992 ed in quella sede non erano stati disconosciuti’, come del resto neppure avvenuto in sede fallimentare (e ciò sebbene il disconoscimento fosse proponibile dal curatore ex art. 43 legge fall.), venendo, anzi, il credito ammesso al passivo.
In ordine al ‘ quantum ‘ azionato dalla banca, veniva riconosciuto – come già fatto dalla sentenza poi cassata da questa Corte – che lo stesso non potesse essere superiore al credito garantito dalle ipoteche concesse dalle terze datrici in € 103.291,38, maggiorandolo, però, di spese ed interessi già comprese nell ‘ importo dell ‘ ipoteca.
Inoltre, il giudice del rinvio ‘riteneva infondata l’ eccezione di simulazione o nullità dell ‘atto Somma del 23 gennaio 1991’, al riguardo affermando ‘che era logico che non vi fossero effetti scaduti alla data della stipula e che dalla documentazione depositata in atti non emergeva l ‘eccepita simulazione’.
Rigettava, infine, il giudice del rinvio ‘l’ eccezione ex art. 96 cod. proc. civ. e compensava le spese dei tre gradi di giudizio’.
Avverso la sentenza della Corte barese ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base – come detto – di dieci motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione degli artt. 58 d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 e dell ‘ art. 157, comma 2, cod. proc. civ., in relazione all ‘ eccezione sollevata da COGNOME, presunta cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE verso Newcom, di estinzione del processo per tardiva riassunzione del giudizio nei suoi confronti, quale, appunto, cessionaria del credito litigioso.
Si evidenzia che RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla società RAGIONE_SOCIALE (d ‘ora in poi, ‘RAGIONE_SOCIALE‘) , ha sostenuto di essere cessionaria del credito litigioso, in forza di un ‘ operazione di cartolarizzazione avvenuta il 18 novembre 2018, con cui asserisce di aver acquistato in blocco da RAGIONE_SOCIALE una serie di crediti, tra cui quelli relativi alla posizione RAGIONE_SOCIALE. Aporti, poi, avrebbe nominato sua mandataria RAGIONE_SOCIALE e quest ‘ ultima, a sua volta, RAGIONE_SOCIALE. Per tale motivo la riassunzione della causa, effettuata nei riguardi della cedente RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata inefficace.
Eccepiva l ‘ odierna ricorrente che la cessione sarebbe stata invalida, ‘perché mai dichiarata dapprima nei precedenti anni del processo, e comunque indimostrata perché il riferimento fatto alla Gazzetta Ufficiale ‘era generico e non probante attesa l’ esigenza di una maggiore precisazione delle posizioni cedute’.
Il giudice del rinvio riteneva tale eccezione tardiva e, comunque, infondata.
NOME COGNOME censura, con il presente motivo, entrambe tali affermazioni, ora rilevando che essa – in ragione della tardiva costituzione della pretesa cessionaria, avvenuta alla stessa data alla quale risale la citazione in riassunzione ‘ebbe appena il tempo di conoscere l ‘eccezione’ avversaria (relativa alla pretesa tardività della riassunzione), ma ‘ciò nonostante ebbe modo di contestarla sia nelle note per il 15 marzo 2022 (prima udienza), sia nelle successive del 12 luglio 2022’ (udienza di prec isazione delle conclusioni).
Inoltre, la ‘infondatezza dell’eccezione’ di RAGIONE_SOCIALE sarebbe ‘parimenti evidente’, e ciò ‘in quanto l’ annotazione della cessione era assolutamente generica e non consentiva di rilevare quali fossero le posizioni cedute’.
Di conseguenza, ‘la mancata costituzione della banca cedente, e quella inefficace della cessionaria RAGIONE_SOCIALE, rappresentata da Cribis, determina la loro contumacia nella precedente fase di rinvio’.
3.2. Il secondo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione degli artt. 644, 645, 647 e 650 cod. proc. civ., nonché degli artt. 395, comma 1, n. 1), e 615 cod. proc. civ. , per inefficacia del ‘decreto ingiuntivo per inesistenza notifica o nullità dello ( sic .) stessa’.
La ricorrente ribadisce di aver ‘eccepito che il decreto ingiuntivo richiesto dalla creditrice nei confronti della debitrice principale’ – ma per agire nei confronti di essa NOME COGNOME terza datrice d ‘ ipoteca ‘era divenuto inefficace ex art. 644 cod. proc. civ. per inesistenza o nullità della notifica al soggetto obbligato’, in quanto avvenuta nei confronti del curatore del fallimento di Newcom e non del legale rappresentante della stessa, come invece necessario, trattandosi di azione esperita in via ordinaria.
Orbene, siffatta eccezione, ‘in un processo avente ad oggetto opposizione all ‘esecuzione’, quale quello presente, ‘riguarda prioritariamente l ‘ esistenza stessa del titolo a base dell ‘ esecuzione, per cui poteva essere sollevata in ogni stato e grado della procedura’. Errata, dunque, risultava ‘la motivazione del Giudice di primo grado’, avendo ‘ritenuto l’eccezione tardiva’, poiché nella specie ‘non si trattava di verificare solo l’ inefficacia della notifica del decreto ingiuntivo, perché non notificato, ma l ‘ esistenza stessa del titolo esecutivo in quanto notificato ad un
soggetto (curatore) del tutto differente da quello cui andava notificato (legale rappresentante)’.
3.3. Il terzo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione dell ‘art. 2909 cod. civ. ‘con riferimento alla precedente sentenza di questa Corte resa tra le stesse parti ed alla stessa questione dell ‘ obbligazione del terzo datore di ipoteca’.
Deduce la ricorrente di essere stata – al pari della madre, NOME COGNOME e delle sorelle, NOME, NOME e NOME (le ultime due poi dichiarate fallite) – terza datrice d ‘ ipoteca, a garanzia di un credito dapprima della Cassa Rurale e Artigiana di Bitetto, la cui ragione sociale mutava in Banca di Credito Terra degli Ulivi, credito poi divenuto di BPPB. La garanzia, in particolare, concerneva l ‘ obbligazione della debitrice principale RAGIONE_SOCIALE nascente da atto per Notaio Somma del 23 gennaio 1991.
Orbene, l ‘ originaria domanda monitoria della creditrice, dopo alterne vicende processuali, veniva rigettata dalla Corte d ‘ appello di Bari (sentenza n. 60/06), con statuizione divenuta definita a seguito di decisione di questa Corte (sentenza n. 16673/12). Entrambe tali pronunce hanno affermato che ‘il titolo per agire nei riguardi delle terze datrici doveva essere emesso in danno della debitrice principale per poi essere azionato in sede esecutiva contro di esse’. Il giudicato formatosi in tale sede, pertan to, ha coperto il dedotto e il deducibile, ‘impedendo che sulla stessa questione’ – assume la ricorrente ‘possa essere emessa un ‘ulteriore pronuncia che potrebbe creare contrasto di giudicati’.
Avrebbe, pertanto, errato il giudice del rinvio nel disattendere l ‘eccezione di giudicato, sostenendo ‘non potersi riconoscere alcuna valenza al precedente giudizio di opposizione al d.i. n. 3742/1992 in considerazione della pronuncia di improcedibilità
conclusiva di quel giudizio nei confronti della società e delle socie perché sottoposte procedura concorsuale’.
Rileva, al riguardo, la ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe, innanzitutto, ignorato ‘un fatto essenziale’, e cioè che solo due delle terze datrici (vale a dire NOME e NOME COGNOME), socie della fallita Newcom, furono a loro volta dichiarate fallite, ma non pure NOME COGNOME e le altre due sue figlie, ovvero l ‘ odierna ricorrente e l ‘ altra sorella NOME COGNOME. Inoltre, la pronuncia della quale si invoca l ‘ autorità di giudicato ‘non affrontò solamente l’ improcedibilità delle domande sollevate dalla fallita e dalle sue socie’, procedendo pure all ‘esame ‘delle domande di accertamento del credito da parte delle debitrici in forza degli artt. 2839 e 2870 cod. civ.’, dichiarando che ‘il terzo datore di ipoteca si trova in una situazione di responsabilità limitata al bene ipotecato’.
Si ribadisce, infine, che ‘il creditore è titolare nei confronti del terzo datore solo dell ‘ azione esecutiva diretta a conseguire il titolo esecutivo nei confronti del debitore per poterlo azionare contro il terzo datore’, sicché, nella specie, la banca creditrice ‘avrebbe dovuto spiegare immediatamente domanda di condanna nei confronti della debitrice principale, per poi agire in danno delle socie in bonis e non parcellizzare la tutela del proprio presunto credito in una pluralità di giudizi, come sta facendo da anni trascinando la ricorrente in un contenzioso infinito’.
3.4. Il quarto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione degli artt. 2869, 2859, 2870, 2871 e 2697 cod. civ. e dell ‘art. 112 cod. proc. civ., ‘con riferimento all ‘ inerzia della banca avverso la sua esclusione dallo stato passivo del fallimento Newcom e conseguente perdita del privilegio ipotecario che non aveva permesso la surroga della terza garante nella posizione della banca’.
NOME COGNOME aveva ‘chiesto la sua liberazione dalla garanzia ipotecaria, perché se la banca avesse coltivato diligentemente le sue azioni, avrebbe potuto ottenere la soddisfazione del debito ex art. 2869 cod. civ.’.
La sentenza impugnata ha rigettato la domanda, sul presupposto dell ‘ assenza di pregiudizio conseguente all ‘ inerzia della creditrice, pervenendo a tale esito sul rilievo del ‘ridotto ricavo dalla vendita’, e della ‘circostanza che l’ ipoteca che gravava sulle socie fallite (NOME NOME, non era di primo grado’.
Assume la ricorrente di aver già contestato tali affermazioni, rilevando, per un verso, che RAGIONE_SOCIALE aveva ‘proposto domanda di ammissione al passivo del fallimento Newcom in privilegio per la somma di £. 280.000.000’ (pari a € 144.607,93), non essendo ‘stata ammessa al passivo’, però, ‘perché le cambiali prodotte’ (per £. 270.000.000) ‘in parte non erano protestate’, in parte erano state ‘prodotte in fotocopia’. Avverso tale esclusione, ‘la banca non aveva fatto opposizione’ ex art. 98 legge fallimentare, così ‘decadendo dal relativo diritto verso la debitrice fallita e soprattutto verso le terze datrici’. Per altro verso, si rileva che in contrario ‘l’ atto Somma del 23 gennaio 1991 con la conseguente iscrizione ipotecaria del 28/01/1991 attestava l ‘ esistenza di un credito ipotecario di primo grado garantito comprensivo di interessi e spese’.
3.5. Il quinto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione dell ‘ art. 602 cod. proc. civ.
La ricorrente rammenta di aver ‘censurato l’ operato della banca per inosservanza dell ‘ art. 602 cod. proc. civ. in quanto si era limitata a chiedere il pagamento direttamente alle terze datrici senza intimare preventivamente il pagamento all ‘ obbligata principale’. Difatti, ‘l’ intimazione prevedeva che, in caso di
mancato pagamento, la banca avrebbe escusso le terze datrici, ricorrendo «ad esecuzione forzata, mobiliare e/o immobiliare ed anche presso terzi»’.
Ha osservato, al riguardo, la sentenza impugnata che, nella specie, ‘l’ intimazione opposta enuncia l ‘ intenzione del creditore procedente di agire esecutivamente nei soli limiti delle quote immobiliari offerte in garanzia dalle terze datrici di ipoteca immobiliare come, del resto, confermato di fatto dall ‘espropriazione immobiliare che ne è seguita’.
Secondo la ricorrente la motivazione non può essere condivisa, in primo luogo, perché, nell ‘intimazione, ‘difettava la premessa che l ‘ esecuzione contro le terze datrici sarebbe stata intrapresa solo in mancanza del pagamento da parte della debitrice principale’, tale carenza essendo ‘sufficiente a determinare la nullità del precetto’. In secondo luogo, perché l ‘ intimazione prevedeva ‘ l ‘ espropriazione su tutti i beni mobili, immobili delle terze datrici ed anche presso terzi’, ciò che ‘contrastava anche con quanto in precedenza statuito sia dalla Corte barese con la sentenza n. 60/2006, sia dalla Corte di Cassazione n. 16673/2012’ e, non ultimo, ‘dal disposto ex art. 602 cod. proc. civ.’ .
3.6. Il sesto motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione dell ‘ art. 2697 e 2946 cod. civ. e degli artt. 214215 cod. proc. civ., in riferimento ‘alla prova del credito azionato e violando il disposto degli artt. 633 e segg. cod. proc. civ.’.
Si duole, in questo caso, la ricorrente del rigetto dell ‘ eccezione di prescrizione del credito in quanto non azionati gli effetti cambiari.
La sentenza impugnata ‘ha ritenuto infondata la censura sul punto’, sul rilievo che ‘la prova del credito trovava riscontro negli
effetti cambiari girati dalla fallita alla banca, e che era infondata l ‘eccezione della loro prescrizione’, ritenendo pure il disconoscimento delle loro sottoscrizioni ‘irrilevante ed infondato poiché nel precedente giudizio (concluso con sentenza n. 16673/2012) nessuno aveva disconosciuto le sottoscrizioni’.
Dette ‘difese’, secondo la ricorrente, sarebbero infondate, perché:
a) quanto alla prova del credito, essa NOME COGNOMEha eccepito che gli effetti cambiari prodotti dalla banca col decreto ingiuntivo si erano prescritti per non essere stati azionati dalla creditrice nel decennio decorrente dalla loro scadenza fino al decimo anno del decennio successivo’ (dal 31 dicembre 1991 al 31 dicembre 2001), essendo l ‘ ingiunzione opposta datata 8 novembre 2006;
-b) la domanda della banca in sede fallimentare relativamente al privilegio ipotecario ‘era stata rigettata, tout court, per negligenza della banca (non l ‘ aveva proposta correttamente e non aveva fatto opposizione alla sua esclusione) quindi non aveva un effetto interruttivo’, giacché essa ‘aveva efficacia endofallimentare e non riguardava la terza datrice’;
-c) ‘la censura delle opponenti/appellanti nel primo giudizio, riguardava solo quegli effetti che avrebbero dovuto essere garantiti dal privilegio ipotecario’, avendo, inoltre, la ricorrente addirittura ‘fornito dimostrazione contraria provando che la ban ca aveva perso il privilegio ipotecario per cui non si può sostenere che la sua azione a tutela del credito fosse stata tempestiva e soprattutto efficace’;
-d) ‘il Giudice di secondo grado ha ritenuto non serio il disconoscimento delle sottoscrizioni degli effetti cambiari perché nel precedente giudizio inter partes (conclusosi con la sentenza della Corte di legittimità n. 16673/2012) le stesse sottoscrizioni non erano state disconosciute’, così svolgendo, però, un
ragionamento ‘errato sotto un duplice aspetto’, giacché ‘non vi è prova che gli effetti azionati nella precedente sede, fossero quelli scontati dalla debitrice principale e quindi garantiti dall ‘ ipoteca di cui all ‘atto Somma del 1991’ e, comunque, perché ‘la circostanza che nell ‘ altro processo gli effetti non erano stati disconosciuti nelle loro sottoscrizioni, non esclude che potessero essere validamente disconosciuti nel presente giudizio’.
e) il rilievo secondo cui essa NOME COGNOMEnon avesse interesse a sollevare detta eccezione’ risulta infondato, essendo la medesima ‘legittimata a eccepire tutte le azioni ed eccezioni spettanti al debitore principale ex artt. 2870 e 2859 cod. civ. per ottenere il rigetto della domanda della banca e la sua liberazione dalla garanzia’;
-f) ‘non si è formato alcun giudicato preclusivo atteso che la sentenza di primo grado è stata censurata sotto detto aspetto, e la pronuncia di appello ha esaminato la questione sia pure rigettandola’.
3.7. Il settimo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. – violazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ., dell ‘ art. 2697 cod. civ. e dell ‘art. 633 cod. proc. civ. ‘con riguardo alla mancata dimostrazione della domanda monitoria’.
La ricorrente assume di aver sempre sostenuto che mancava la prova del credito azionato in via monitoria da BPPB, la quale avrebbe ‘cercato di dribblare l’ eccezione con la scusate tipica del cattivo pagatore’, ovvero ‘asserendo che gli atti relativi alla pratica de qua erano andati smarriti o distrutti a seguito di furto/incendio’.
Nella fattispecie in esame, tuttavia, ‘la banca non ha proposto azione cambiaria per la quale sarebbero stati appena sufficienti gli effetti, ma un azione causale avendo necessità di agganciare la domanda di pagamento alle garanzie derivanti dall ‘ atto Somma
per cui doveva produrre la documentazione anzi indicata a supporto della domanda stessa’.
Infine, non fondata sarebbe ‘la deduzione che il decreto ingiuntivo sia passato in cosa giudicata, poiché essendo inesistente ovvero nulla la sua notifica, non è passato in cosa giudicata, è solo divenuto inefficace’.
3.8. L ‘ ottavo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. il carattere simulato ‘dell’atto Somma del 1991’, e dunque violazione degli artt. 1414 e 1417 cod. civ, oltre che dell ‘ art. 2697 cod. civ.
Si sottolinea che, ‘in precedenza’ il motivo ‘è stato ritenuto indimostrato perché dagli atti sarebbe risultata la comune volontà delle parti di concedere alla banca una garanzia reale a fronte di sconto di effetti cambiari’.
Tuttavia, la ricorrente evidenzia che ‘non era debitrice e non aveva alcuna ragione di concedere una garanzia reale alla banca’, giacché un motivo, semmai, ‘forse lo avrebbero potuto avere le due sorelle socie, dichiarate fallite, per non subire ( rectius rinviare) azioni concorsuali da parte della banca’. La ricorrente, invece, ‘non si trovava in dette condizioni’, sicché ‘non aveva interesse alcuno a concedere una garanzia rilevante a supporto di un debito altrui’.
Per contro, ‘la banca si trovava in una posizione finanziaria molto sbilanciata poiché aveva concesso incautamente ampio credito a Newcom ma non aveva garanzie a suo favore per cui aveva indotto, con la simulazione di un atto non voluto effettivamente, le fallite ma soprattutto le loro sorelle non socie e non debitrici alla stipula dell ‘ atto Somma, con la costante minaccia del fallimento di Newcom e di sue possibili estensioni alle terze datrici’.
3.9. Il nono motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione dell ‘ art. 2033 cod. civ. in relazione all ‘ obbligo della banca di procedere alla restituzione delle somme ingiustamente percepite.
Assume la ricorrente – sul presupposto di aver versato somme non dovute – di aver richiesto, in sede di rinvio, la restituzione delle somme corrisposte, perché trattasi di somme erogate senza titolo e quindi ripetibili ex art. 2033 cod. civ.
In particolare, NOME COGNOME assume di aver diritto alle seguenti somme (tutte da maggiorare di rivalutazione e interessi):
-€ 39.319,81, ‘quale corrispettivo della propria quota di comproprietà dell ‘ immobile di INDIRIZZO Valenzano -sottoposto all ‘ ipoteca de qua – e che è stato incamerato dalla banca’;
-€ 3.750,00, ‘per quota delle spese della procedura di divisione endoesecutiva che la banca ha preteso’;
-€ 7.468,71, ‘per spese e competenze del professionista delegato che sono andate a carico della procedura di divisione endoesecutiva, ma che stante l ‘ inesistenza del titolo e del credito la banca creditrice procedente dovrà restituire all ‘appellante’.
3.10. Il decimo motivo denuncia – ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. – violazione dell ‘ art. 96, commi 1, 2 e 3, cod. proc. civ. e dell ‘ art. 2043 cod. civ.
La ricorrente assume di essere ‘perseguitata dalla presunta creditrice da quasi trent ‘ anni senza che questa disponga di un minimo di prova del suo presunto credito’, la quale ‘agisce in modo scomposto, scorretto e temerario’.
Donde il diritto a conseguire le spese di lite e la condanna della presunta creditrice ai sensi dell ‘ art. 96 cod. proc. civ.
Ha resistito all ‘ avversaria impugnazione, con controricorso, Banca Finanziaria Internazionale S.p.a. (o meglio, per essa, la sua mandataria e procuratrice speciale ex art. 77 cod. proc. civ. RAGIONE_SOCIALE), già RAGIONE_SOCIALE fin qui presente in giudizio tramite RAGIONE_SOCIALE, o meglio per essa la sua mandataria RAGIONE_SOCIALE
La controricorrente ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, comunque, rigettato.
Sono rimasti solo intimati gli altri soggetti meglio identificati in epigrafe.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis .1 cod. proc. civ. e la ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, ex art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ.
8.1. L ‘ atto d ‘ impugnazione di NOME COGNOME reca, per vero, una singolare – e del tutto carente – ricostruzione dei fatti di causa, giacché non riferisce i dati identificavi, né il contenuto, tanto del titolo esecutivo azionato dal creditore (indicato genericamente in un ‘titolo giudiziale’), né dell’ atto di precetto, senza neppure indicare i motivi svolti dalle terze datrici d ‘ ipoteca con la proposta opposizione ex art. 615 cod. proc. civ.
La narrativa dei fatti è appena più analitica solo quanto ai motivi di censura (ri)proposti con l ‘ atto di riassunzione innanzi al
giudice del rinvio, nonché al contraddittorio svoltosi innanzi ad esso.
Invero, solo la lettura del controricorso – anche la sentenza impugnata tace sul punto – permette di comprendere la vicenda, sostanziale e processuale, portata all ‘ esame di questa Corte.
Dallo stesso emerge che non RAGIONE_SOCIALE (come, invece, si legge in ricorso), bensì la Cassa Rurale Artigiana di Bitetto, conseguiva, nel 1992, un primo decreto ingiuntivo nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e delle terze datrici di ipoteca, e ciò in forza di talune cambiali scontate per effetto di atto pubblico notarile – l ‘ atto ‘Somma’ del 23 gennaio 1991, più volte menzionat o nell ‘ illustrazione del ricorso, senza offrire migliori delucidazione sullo stesso – su un conto corrente intestato alla società e rimaste impagate alla scadenza.
Detto provvedimento monitorio veniva fatto oggetto, dalla debitrice e dalle terze datrici di ipoteca, di opposizione, così instaurando un giudizio poi conclusasi con la sentenza n. 60/06 della Corte d ‘ appello di Bari (la cui efficacia di giudicato è invocata con il terzo motivo di ricorso, senza però riprodurne il testo, comprensivo di motivazione è dispositivo, come invece necessario a norma dell ‘ art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ.; Cass. Sez. Lav., sent. 8 marzo 2018, n. 5508, Rv. 647532-01), avendo essa accolto il motivo di opposizione con le quali le datrici di ipoteca lamentavano che, in difetto della qualità di debitrici dell ‘ Istituto di credito, nessuna pronuncia di condanna al pagamento di somme poteva essere emessa nei loro confronti. Nelle more dello svolgimento di tale giudizio ex art. 645 cod. proc. civ., RAGIONE_SOCIALE, nuova titolare del credito, oltre a intervenire in tale causa, veniva surrogata nell ‘ ammissione allo stato passivo.
Conclusosi, come detto, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo con esito negativo per l ‘ Istituto di credito, esso richiedeva l ‘ adozione di un nuovo provvedimento monitorio nei
confronti della curatela fallimentare, onde ottenere un titolo esecutivo valido ad escutere i beni concessi a garanzia ipotecaria delle obbligazioni derivanti dal già indicato contratto di sconto effetti commerciali del 23 gennaio 1991, a rogito notaio Somma (ovvero per agire nei confronti della società, nel caso fosse tornata ‘ in bonis ‘).
Tale (secondo) provvedimento monitorio, notificato al curatore del fallimento Newcom’ e non al rappresentante legale della stessa, è, dunque, il titolo dell ‘ intrapresa esecuzione, oggetto dell ‘ opposizione ex art. 615 cod. proc. per cui è causa.
Orbene, la ricostruzione dei fatti di causa contenuta in ricorso, nel suo essere frammentaria, incompleta, e, a tratti, persino oscura, risulta assolutamente inidonea a soddisfare il requisito di ‘contenuto forma’ di cui all’ art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., applicabile nel testo novellato dall ‘ art. 3, comma 27, lett. d), n. 1), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149.
Ai sensi, infatti, di quanto disposto dal comma 5 dell ‘ art. 35 del medesimo d.lgs. n. 149 del 2022, le modifiche apportate all ‘art. 366 cod. proc. civ. ‘hanno effetto a decorrere dal 1° gennaio 2023 e si applicano ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere da tale data’ (nel caso di specie, il ricorso è stato notificato nel giugno 2023).
Invero, già ai sensi del vecchio testo dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. (che richiedeva l ‘esposizione ‘sommaria’ dei fatti della causa), si esigeva una narrativa idonea garantire al giudice di legittimità ‘di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia ed oggetto di impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata’ (Cass. Sez. Un., sent. 18 maggio 2006, n. 11653, Rv. 588760-01).
Difatti, la prescrizione di tale requisito veniva ritenuta rispondente ‘non ad un’ esigenza di mero formalismo, ma a quella
di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato’ (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2003 n. 2602, Rv . 560622-01).
Stante, dunque, tale funzione, per soddisfare il requisito ‘ de quo ‘ occorre che il ricorso per cassazione rechi ‘l’ esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito’ (Cass. Sez. 6-3, ord. 3 febbraio 2015, n. 1926, Rv. 634266-01; in senso conforme, Cass. Sez. 1, sent. 31 luglio 2017, n. 19018, Rv. 645086-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 28 maggio 2018, n. 13312, Rv. 648924-01, nonché, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 12 gennaio 2024, n. 1352 Rv. 669797-01).
Resta, infine, inteso che detto requisito ‘deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato da altri atti, quali la sentenza impugnata o il controricorso’, e ciò ‘perché la causa di inammissibilità non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo, peraltro, riferibile ad un unico atto’ ( tra moltissime: Cass. Sez. 6-3, ord. 22 settembre 2016, n. 18623, Rv. 642617-01).
Orbene, se tali esiti venivano prospettati con riferimento al testo della norma che predicava la necessità di una esposizione pur sempre ‘sommaria’ dei fatti di causa, essi vanno, vieppiù,
ribaditi avuto riguardo all ‘ attuale formulazione dell ‘ art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., la quale esige addirittura una ‘chiara’ esposizione, e ciò nella prospettiva della loro essenzialità ‘alla illustrazione dei motivi di ricorso’.
Nella specie, la lettura dell ‘ intero testo del ricorso, che non sia integrata con le risultanze degli altri atti del giudizio, non permette di individuare quale sia il provvedimento monitorio (peraltro, mai neppure esattamente identificato, quanto ad autorità emittente, estremi e data di emissione) che fu posto quale il titolo dell ‘ intrapresa esecuzione, rimanendo, inoltre, del tutto ignoto sia il contenuto dell ‘ atto di precetto, sia dei motivi della proposta opposizione esecutiva, nonché, come detto, oscuro lo sviluppo dell ‘ intera vicenda processuale.
Tanto, dunque, porta alla conclusione dell ‘ inammissibilità del ricorso, non potendo le suddette lacune ritenersi colmate con la memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., atteso che essa non può ‘ svolgere alcuna funzione, con le argomentazioni o le difese ivi contenute, diversa od ulteriore rispetto alla mera chiarificazione od illustrazione degli argomenti e delle ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente -e non inammissibilmente – enunciati nel ricorso ‘ (così, in motivazione, in particolare al § 5., Cass. Sez. Un., sent. 9 marzo 2020, n. 6691, non massimata sul punto).
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l ‘ obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all ‘ amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20
febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, alla società Banca Finanziaria Internazionale S.p.a., le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 4.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all ‘ esito dell ‘ adunanza camerale della